Come capita a chi ha il terrore di avere idee troppo labili per diventare memoria, il ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini ha deciso che il Ponte sullo Stretto debba essere l’eredità da lasciare agli italiani. Che l’opera gli interessi per una mera soddisfazione personale lo dimostra la sfilza di dichiarazioni dei tempi passati in cui il leghista definiva quest’opera inutile, costosa e perfino dannosa.
Il ministro alle Infrastrutture Salvini ha deciso che il Ponte sullo Stretto debba essere l’eredità da lasciare agli italiani
Nel ruolo della mamma che limita il bimbo cattivo c’è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che due giorni fa ha fatto sapere all’alleato del governo che no, i soldi per il gioco del Ponte non ci sono. Anzi, a ben vedere, di soldi non ce ne sono nemmeno per stilare una Legge di Bilancio degna di questo nome. “Governare vuol dire fare delle scelte e darsi priorità. Il nostro scopo non deve essere quello di inseguire il consenso, ma di raggiungere risultati concreti”, ha detto Giorgia.
La traduzione è fin troppo semplice: caro Matteo smetti di cincischiare e impara a diventare un ometto. Ieri Salvini di tutta risposta ha deciso di adottare la tattica del mulo. Finge di non capire, strizza gli occhi sperando che la realtà intorno svanisca come un brutto sogno.
“Sul finanziamento all’opera non sono sereno, di più, sono assolutamente soddisfatto di quello che abbiamo pianificato”, ha detto Salvini ieri a Milano, garantendo che i cantieri si apriranno nell’estate del 2024 (la stagione dei parchi dei divertimenti) e che nel 2032 ci saranno i primi treni. “Io sono convinto che gli italiani 10 anni di tempo ce li daranno”, ha detto Salvini, sicuro di essere ancora ministro per allora. E qualcuno gli avrà detto accarezzandolo “sì certo Matteo, certo, ma adesso fai il bravo”.
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