(di Salvo Ognibene, fonte)
“Forse è meglio che mi presenti ma non sono mai stato forte, vi confesso, né con gli inizi e ancora meno con i finali: solitamente finisco dentro qualcosa da cui mi sfilo vigliaccamente nel modo più indolore possibile. Cerco il protagonismo e poi ne soffro. Ogni volta ci ricasco. Deve essere per questa mia ossessione di scrivermi un inizio. Sono Carlo Gatti e sono nato con un buco” Ecco chi è il protagonista di “Santa Mamma”. Un bambino adottato all’età di tre anni che, alla soglia dei 70 anni, racconta la sua storia con un’indole poetica e narrativa che solo la penna di Giulio Cavalli poteva raccontare. In Santa Mamma ci ricorda il valore degli affetti e non nasconde le debolezze dell’uomo che ogni tanto viene sopraffatto dal peso di una società troppo egoista per vedere al di là del proprio naso.
Un romanzo legato a storie del presente che segue “Mio padre in una scatola da scarpe” (Rizzoli, 2015) e “L’innocenza di Giulio. Andreotti e la mafia” (Chiarelettere, 2012). Un libro sull’essere figli e genitori, sull’importanza della scuola e delle insegnanti che ci mettono il cuore, l’anima e la testa. Una storia che stupisce, intima a tal punto da far provare vergogna a chi legge e dove non manca uno schiaffo all’antimafia che “non scende il naso”, che non incide. Restituisce dignità a chi immancabilmente fa bene il proprio lavoro, anche quello del clown Exupéry, che per il solo fatto di far bene il suo mestiere (far ridere la gente) si ritrova a vivere sotto scorta.
Impossibile non notare le diverse coincidenze biografiche tra il protagonista del romanzo ed il suo autore: dalla data del giorno di nascita fino a giungere ad una vita sottoscorta. Dettagli che in una storia densa e avvolgente come questa cadono in secondo piano ma che lasciano il segno.
A Giulio Cavalli il riconoscimento di aver saputo raccontare una storia difficile e che lo toglie da quell’imbarazzo di chi non vorrebbe scrivere un libro perchè “ogni lettore annoiato su una storia che è costata sangue e cuore è una doppia dannazione e io, scusatemi, sono troppo fragile per correre questo doppio rischio”.
E rimane il sorriso, di chi, nonostante tutto, continua a farcela.
Leggetelo, vi farà bene.