«Follow the money – dice Giorgia Meloni – Una intuizione di due grandi giudici italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che è diventata un modello, anche a livello internazionale, per contrastare le organizzazioni criminali».
Di fronte all’assemblea generale dell’Onu la presidente del Consiglio tira fuori dal cassetto i giudici antimafia per parlare di contrasto all’immigrazione. I due nomi – meglio ancora se in coppia – sono un feticcio comodo e funzionale. Sono comodi perché non possono più parlare e funzionano perché hanno l’impatto del mito.
Ci permettiamo quindi di “seguire i soldi” come suggerisce Meloni per capire chi siano e dove siano gli scafisti che lei aveva promesso di inseguire per tutto l’orbe terraqueo.
Il primo bonifico ormai storico parte dal conto corrente dello Stato italiano e va diretto in Libia. A ben vedere sono più bonifici, spezzettati, come accade quando si vogliono confondere le tracce: vanno ai diversi sindaci che abitano la finta democrazia libica e vanno a truppe che si confondono con pezzi di cosiddetta Guardia costiera libica. Seguite il percorso dei soldi e troverete mandanti ed esecutori.
Il secondo bonifico parte sempre dallo Stato italiano e va a finire sul conto corrente (e nelle tasche?) di Kaïs Saïed, presidente tunisino che sta apparecchiando finte elezioni. Anche in questo caso, come accade con la Libia, insieme ai soldi c’è una cessione di saperi e di attrezzature. Per fare un “lavoro pulito”, come avrebbero detto quelli che sfuggivano a Falcone e Borsellino.
I reati minori – i cosiddetti reati spia – sono tutti sul tavolo: violazione dei diritti umani, violenza, schiavitù e sfruttamento all’osso delle vittime.
Seguire i soldi, è così semplice.
Buon venerdì.
Nella foto: La presidente del Consiglio Giorgia Meloni in visita in Libia con il maresciallo Haftar, 7 maggio 2024 (governo.it)