Si è consegnato ai carabinieri Salvatore Barbaro, il boss della ‘ndrangheta di Buccinasco condannato a 9 anni per l’inchiesta Cerberus sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo del movimento terra. Barbaro era ricercato da un mese esatto, da quando la Cassazione ha confermato le condanne per associazione mafiosa a 9 anni per Barbaro e a 6 anni per il cognato Mario Miceli. Condannato a 4 anni e mezzo anche l’imprenditore Maurizio Luraghi, ex proprietario della Lavori stradali di Pregnana Milanese e accusato di essere stato l’interfaccia imprenditoriale della cosca. Luraghi, che nel tortuoso corso del processo era stato considerato prima complice (e da qui l’arresto nel luglio 2008), poi vittima (con l’assoluzione) e in fine di nuovo complice dopo il rinvio bis della Cassazione. Una vicenda durata 11 anni che aveva già portato alle condanne di Pasquale Papalia, in abbreviato, figlio del boss ergastolano Antonio, e del fratello di Salvatore Barbaro, Rosario, che non aveva presentato ricorso in Cassazione dopo aver preso 7 anni di condanna. Durante il processo era invece morto per malattia l’anziano boss Domenico Barbaro, padre di Salvatore e Rosario, detto «micu l’Australiano» ed esponente della ‘ndrina dei Barbaro «pillaru» di Platì, in provincia di Reggio Calabria. Barbaro si è consegnato direttamente ai carabinieri della sezione Catturandi del Nucleo investigativo di via Moscova, guidati dal tenente colonnello Michele Miulli. é stato rinchiuso in carcere in attesa della valutazione di eventuali cumuli di pena da parte dei giudici. In questi 30 giorni il boss non si sarebbe mai allontanato da Corisco e Buccinasco.
L’indagine «Cerberus»
L’inchiesta era stata coordinata dall’allora pm Alessandra Dolci, oggi capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, ed eseguita dal Gico della guardia di Finanza. Era stata di fatto la prima indagine sulla mafia nell’hinterland Sud-Ovest di Milano dopo l’offensiva che negli anni Novanta aveva portato (da Nord-Sud in avanti) a centinaia di arresti tra gli esponenti della cosca Barbaro-Papalia e Sergi, tutti radicati tra Buccinasco, Corsico, Assago, Cesano Boscone e Trezzano sul Naviglio. Nel mirino degli inquirenti era finito il settore del movimento terra dove i Barbaro lavoravano con diverse imprese legali e anche appoggiandosi, attraverso il sistema dei subappalti, all’azienda di Luraghi. Lo stesso imprenditore, intercettato durante le indagini, aveva raccontato di «avere costruito Buccinasco» insieme al boss Rocco Papalia. Il 68enne, scarcerato due anni fa dopo 24 anni di prigione e oggi in una casa lavoro di Vasto (Chieti), è infatti il suocero di Salvatore Barbaro, visto che il 44enne ha sposato la figlia Serafina.
Il suocero «boss»
Ai due coniugi Barbaro era anche stata confiscata una parte di villa in via Nearco a Buccinasco dove attualmente è ospitato uno Sprar per migranti non accompagnati. Una vicenda che era balzata alle cronache proprio dopo la scarcerazione di Rocco Papalia che si era trovato a «convivere» con non poche difficoltà con la presenza dei migranti. Quando Papalia era entrato in carcere all’inizio degli anni Novanta per traffico di droga e sequestri di persona, l’attenzione mediatica sul fenomeno delle infiltrazioni mafiose al Nord non era così forte. Tanto che il boss non ha gradito, per usare un eufemismo, l’interesse della stampa per la sua vicenda. Una circostanza sfociata poi nelle minacce ad una cronista che gli sono costate, insieme all’essere stato sorpreso alla guida senza patente, i due anni di casa lavoro a Vasto nonostante l’età avanzata e gli acciacchi fisici. Nel 2009 dopo Cerberus era stata la volta di altre due inchieste (Parco sud I e II) che avevano colpito anche il livello politico-imprenditoriale della cosca con l’arresto di due «immobiliaristi» e dell’ex sindaco di Trezzano sul Naviglio.
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