Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono di nuovo indagati come possibili mandanti delle stragi di mafia del 1993. La Procura di Firenze ha chiesto e ottenuto dal giudice delle indagini preliminari la riapertura del fascicolo a loro carico dopo aver ricevuto da Palermo le intercettazioni del colloqui in carcere del boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano, effettuate nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Sono i colloqui in cui il capomafia di Brancaccio diceva al suo compagno di detenzione, nell’aprile 2016, spezzoni di frasi come queste: «Novantadue già voleva scendere… e voleva tutto»; e ancora: «Berlusca… mi ha chiesto questa cortesia… (…) Ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni … in Sicilia … In mezzo la strada era Berlusca… lui voleva scendere… però in quel periodo c’erano i vecchi… lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa…».
«Ti ho portato benessere»
Frammenti di conversazione, nei quali i riferimenti al fondatore di Forza Italia seppure in un contesto di non facile interpretazione, sono abbastanza chiari. «Nel ‘94 lui si è ubriacato perché lui dice ma io non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato… Pigliò le distanze e fatto il traditore», dice ancora il boss condannato all’ergastolo per le stragi del ‘92 e del ‘93, arrestato a Milano nel gennaio 1994 , che in un altro passaggio afferma: «Venticinque anni fa mi sono seduto con te…Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi è successa una disgrazia, tu cominci a pugnalarmi… Ma vagli a dire com’è che sei al governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste…».
Identità coperte
Su questi e altri brani di intercettazioni ricevute dai colleghi palermitani, il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo ha delegato alla polizia giudiziaria lo svolgimento di alcune verifiche, e per farlo ha dovuto chiedere al gip di riaprire il fascicolo su Berlusconi e le stragi nella città dove sono concentrate le indagini sulle bombe del 1993 scoppiate a Firenze, Roma e Milano. I nomi dell’ex premier e dell’ex senatore Marcello Dell’Utri (che pure compare nei colloqui intercettati di Graviano, ed è attualmente in carcere per scontare una condanna a sette anni per concorso esterna in associazione mafiosa) sono stati iscritti con intestazioni che dovrebbero coprirne l’identità, come nelle altre occasioni.
Le confidenze di Graviano
È la terza volta, infatti, che si apre questo filone di accertamenti. Nella prima occasione «autore 1» e «autore 2», gli alias dei due esponenti politici, furono inseriti dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti come Salvatore Cancemi e altri, che parlarono del loro coinvolgimento nella metà degli anni Novanta, ma tutto finì con un’archiviazione. La seconda fu nel 2008, dopo le confessioni del nuovo collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, giudicato attendibile in molte corti d’assise e da ultimo dalla Corte di cassazione che ha confermato alcune ulteriori condanne per la strage di Capaci; Spatuzza raccontò le confidenze fattegli proprio da Giuseppe Graviano, il quale gli disse che grazie all’accordo con Berlusconi e Dell’Utri «ci siamo messi il Paese nelle mani». Anche questa seconda indagine è stata archiviata.
Facoltà di non rispondere
Ora non c’è un pentito che parla, ma sono state le parole dello stesso Graviano a far riaprire l’inchiesta, sebbene sia molto difficile che a distanza di tanto tempo possa portare a qualcosa di concreto. Al processo di Palermo, chiamato a spiegare le sue parole registrate in carcere, Graviano ha preferito tacere e s’è avvalso della facoltà di non rispondere. E ieri, a Reggio Calabria, è cominciato il processo a suo carico per l’uccisione di due carabinieri nel gennaio ’94: un altro pezzo della presunta trattativa che avrebbe coinvolto anche la ‘ndrangheta.
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