La presidente del Consiglio Giorgia Meloni – che da due anni viene chiamata “il presidente” da giornalisti ancora abbagliati dai vestiti nuovi dell’imperatore – festeggia il primo biennio del suo governo. Non c’è bisogno di riportare le iperboli del suo messaggio ufficiale. In un Paese normale la presidente del Consiglio si sarebbe presentata di fronte alla stampa, noi qui ci accontentiamo di un soliloquio sui social. Questo è uno dei risultati di governo: abolite le domande, i giornalisti si riducono a megafoni del potere e chi non ci sta rientra nella schiera dei traditori della patria.
Nei due anni in cui l’Italia avrebbe dovuto recuperare credibilità internazionale la presidente Meloni è diventata la versione omeopatica dell’autoritarismo in salsa occidentale. Amica di Orbàn ha simulato europeismo in Europa, sovranismo in patria e ha sfoggiato atlantismo a braccetto di Salvini. Alla fine si è svelata messa all’angolo a Bruxelles.
In due anni di governo ha scritto leggi incagliatesi nei tribunali nazionali e internazionali di ogni ordine e grado. In due anni di Pnrr ,che fatica a rispettare, ha esacerbato la povertà (lo dice l’Istat), s’è rimangiata gli obiettivi e ha un’infrastruttura nazionale che inceppa i treni e supplica Elon Musk per ottenere una connessione decente.
Dice Meloni che il programma elettorale è stato rispettato. Non mente. La vendetta è una portata quotidiana contro i suoi storici nemici immaginari: poveri, stranieri, gay, studenti, operai, sindacati, giornalisti, donne che non figliano, artisti che non propagandano, magistrati che rispettano le leggi più dei poteri. Ma non finirà bene, no.
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