Cantava Francesco De Gregori che “non è mica da questi piccoli particolari che si giudica un calciatore”, ma il decreto che abroga il cosiddetto “ius soli sportivo” – che dal 2016 permetteva ai minori stranieri residenti in Italia, almeno dal loro decimo anno d’età, di potersi tesserare nelle società sportive con le stesse procedure previste per i loro coetanei italiani – dice molto di chi governa.
Qualcuno minimizza spiegando che è “solo un problema di burocrazia”. Il risultato comunque è raggiunto
Finora un minorenne poteva tesserarsi alla federazione di un Paese non suo rispettando alcune condizioni, come un trasferimento dettato da motivi umanitari o per seguire un programma di scambio studentesco o dopo avere vissuto per almeno cinque anni nel Paese in cui desidera essere tesserato. Ora ai ragazzi viene richiesta una documentazione aggiuntiva e le pratiche non sono più gestite dal comitato regionale, ma da una commissione minori della Figc, istituita a Roma, allungando enormemente i tempi di risposta e le autorizzazioni che ne consentono l’iscrizione al campionato.
A Reggio Emilia, nel quartiere Santa Croce, la Progetto Aurora, ha ritirato la propria squadra dal campionato dilettanti non potendo iscrivere i suoi 8 ragazzi extracomunitari. “Avevamo inviato i tesseramenti dei nostri otto atleti dieci giorni fa – spiega a Il Resto del Carlino il presidente del Progetto Aurora, Gianni Salsi – come da vecchia normativa, alla federazione regionale. Ma poi ci hanno detto che per effetti della nuova legge dovevamo mandarli a Roma. Così ci hanno bocciato i tesseramenti per i quali ora ci vorranno mesi prima di recuperare la documentazione utile e prima che venga dato il nullaosta dalla Figc”. Qualcuno minimizza spiegando che è “solo un problema di burocrazia”. Il risultato comunque è raggiunto.
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