Andreotti non è stato assolto
di Giulio Cavalli
con la collaborazione di
Giancarlo Caselli e
Carlo Lucarelli
Regia di Renato Sarti
Musiche originali di
Stefano “Cisco” Bellotti
Una produzione Bottega dei Mestieri Teatrali e Teatro della Cooperativa
Speravamo bastasse esercitarla, la memoria, perché non ci scippassero la Storia. Oggi ci tocca smentirla. Giulio Andreotti è stato al centro della scena politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Sempre presente nell’Assemblea costituente e poi nel Parlamento dal 1948; la storia umana di Giulio Andreotti si lega alla storia della politica italiana. Oggi Andreotti è l’icona di un “martirio giudiziario” con oscuri fini politici che ce lo raccontano assolto. Nella sentenza si legge: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione». Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all’articolo 416. La storia, comunque, dice che Andreotti si è seduto al tavolo della Mafia. E come, dove, con chi e “presumibilmente perché”, va raccontato.
Bottega dei Mestieri Teatrali e Teatro della Cooperativa, presentano il nuovo spettacolo scritto ed interpretato da Giulio Cavalli che descrive attraverso le testimonianze, le deposizioni, gli atti giudiziari una delle figure più controverse della politica italiana: Giulio Andreotti.
In una scena nuda ed essenziale, dove il “posto d’onore” al centro del palco spetta ad un inginocchiatoio su cui è poggiato un impermeabile, prende forma una figura, quella del Senatore ‘prescritto a vita’.
Ce lo racconta in primis un video di Giancarlo Caselli, il giudice che ha istruito il processo Andreotti, che ribadisce con forza qual è stata la sentenza e soprattutto come l’informazione sia stata manipolata in un paese che sembra aver voluto dimenticare la gravità di quanto accertato, di quanto realmente successo: cioè la concreta collaborazione di ‘Giulio Belzebù’ con esponenti di Cosa Nostra fino al 1980.
Inizia così la ricostruzione documentata dell’ascesa del Senatore che lo ha visto negli anni intessere relazioni e rapporti con alcune personalità della politica e dell’economia legati alla mafia.
Cavalli in scena racconta, racconta della Corrente Primavera della DC e dei legami con i cugini siciliani Salvo, legge le deposizioni processuali di Tommaso Buscetta, ricostruisce i rapporti di Andreotti con Salvo Lima e con “gli amici degli amici”.
Ma Giulio nega, nega di sapere e nega di conoscere ed allora ecco che Cavalli, indossato l’impermeabile e chino sull’inginocchiatoio, riporta le testimonianze rese dallo stesso Andreotti nel corso del procedimento penale.
Si susseguono così, in un alternanza ricca di tensione, tra immagini video e momenti musicali, le diverse testimonianze, i racconti e le deposizioni che illustrano i momenti chiave della storia. Tante parti di un puzzle, tante tessere che compongono un quadro, dai rapporti tra Andreotti e Michele Sindona, al delitto Ambrosoli a quello del Generale Dalla Chiesa.
Cavalli sul palco è narratore, testimone, accusa e difesa, solo in scena interpreta di volta in volta le tante facce del processo, arricchendo l’interpretazione con elementi diversi per ogni personaggio, dal tono monocorde per Andreotti, all’inflessione siciliana per la testimonianza di Balduccio di Maggio – dove si riporta, con un singolare sottofondo di musica western, dell’incontro tra il boss Totò Riina e Andreotti – .
Uno spettacolo in crescendo, con alcuni momenti ancora più forti e significativi come il serrato monologo di Cavalli “La mano di Giulio” che in un ritmo incalzante, veloce, teso ripercorre l’incontro tra il Senatore e il boss Stefano Bontade o come la lettura delle pesantissime parole che Aldo Moro dedicò dal rifugio delle BR al suo ex compagno di partito.
Cavalli in questa occasione si avvale della collaborazione (come regista) di Renato Sarti, un altro artista che ha fatto del teatro civile e dell’impegno il punto di forza e di partenza del proprio lavoro teatrale e sa come maneggiare le parole. Parole che scorrono partendo dal quotidiano dei documenti, degli articoli, delle interviste e della sentenza inequivocabile (condannato ma prosciolto grazie alla prescrizione) cercando di rendere appieno lo spessore del Belzebù della politica italiana. Il tutto accompagnato dalle musiche di Stefano “Cisco” Bellotti, che alterna diverse atmosfere, tra melodie di sottofondo e intense canzoni.
Con la collaborazione drammaturgica di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli, Cavalli offre un quadro tanto emblematico quanto inquietante della realtà italiana. Alla fine dello spettacolo, anche un piccolo bis, in cui dimostra come l’infiltrazione e la corruzione della malavita organizzata all’interno della politica degli anni Ottanta ha degli aspetti identici a quelli di oggi.
Il risultato è uno spettacolo ‘maleducato e rissoso’, per raccontare il processo al Senatore per collusione con la mafia; uno spettacolo ‘indignato’ per ribadire che Andreotti non è stato assolto.
DALLA RASSEGNA STAMPA
[…]Varia i toni, Cavalli, passando dalle deposizioni dei pentiti, con accento siciliano e musica western, alla letterarietà dei leitmotiv narrativi ripetuti come ritornelli rabbiosi (un vezzo alla Carlo Lucarelli, collaboratore ai testi), dalla freddezza dei dati alla lucida negazione di tutto delle parole dell’imputato,citate alla lettera dai verbali.
Registri difficili da armonizzare, a tratti stridenti, per un racconto documentatissimo e insieme esplicitamente partigiano, che ha il merito di essere un monito livido e duro a non dimenticare. […]
Simona Spaventa, La Repubblica
[…] Ci pensa Giulio Cavalli, che – sdoppiandosi fra attore recitante, impermeabile e vocina del Senatore, confessioni dei pentiti – ricostruisce la storia. Con l’aiuto di Giancarlo Caselli (che apre lo spettacolo in video) e di Carlo Lucarelli che supporta il tono incalzante. Da vedere perché ti fa arrabbiare, ma in modo sano. […]
Marina Cappa, Vanity fair
[…] Due momenti di pura poesia e commozione, salutati dal pubblico con applausi a scena aperta: quando Cavalli recita il monologo-apologia della “mano di Giulio” (quella mano che, come quella del papa, si bacia, si stringe, suscita devozione e cupidigia, sulla quale si piange e che si brama) e quando Cisco imbraccia la chitarra e canta I cento passi, in ricordo di Peppino Impastato, vittima della mafia- […] Persinsala Rivista di Arte e Teatro
[…] Lo spettacolo serve – come tutto il teatro di Giulio Cavalli -a non dimenticare le vicende della nostra storia, politica e non. Grazie all’intervento di Giancarlo Caselli e di Carlo Lucarelli il “racconto” acquista spessore e si tonde con la bella musica di Stefano “Cisco” Bellotti. […] Patrizia Petruso, Metro
(foto di scena di E. Boga)
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