Lacrime, lacrime di coccodrillo dappertutto. E chissà come si sarebbe incazzato Gino osservando questi politici impudichi che si atteggiano a prefiche mentre spremono lacrime artificiali dai loro profili social, mentre usano la faccia di Gino per accelerare gli algoritmi, per allinearsi al lutto in tendenza e meritarsi un trafiletto. Il giorno dopo la morte di Gino Strada l’ipocrisia fa perfino più schifo del giorno prima, ci sono tutti in prima fila, come se si fossero tolti un peso, serbando la speranza che la morte cancelli il più in fretta possibile anche la memoria, quella recente e quella passata. Perché Gino possa essere immolato a santo laico diventando un simbolo e svuotandone il senso.
Le opinioni di Gino Strada scivolate come il vento
Sì, perché se è vero che Strada ha dato con Emergency un contributo monumentale alla cura nelle zone di guerra è vero anche che Gino Strada ha ribadito spesso giudizi e opinioni che sono scivolate via come vento. Il Gino medico nelle zone più oscure del mondo andava benissimo ma gli occhi e la lingua di Gino sulle cose nostre erano trattati come si fa per gli ospiti indesiderati. Onorano Gino da morto, mica l’hanno ascoltato da vivo. Però, vorrebbero essere credibili. Vorrebbero essere credibili coloro che hanno insozzato il Mediterraneo più di quanto possano fare i cadaveri e che oggi lo piangono. I protagonisti dei Decreti Sicurezza e della becera propaganda sovranista: lo piange ipocrita Conte che è stato presidente del governo più apertamente inumano, lo piange ipocrita il Pd che ha spianato la strada fin dai tempi di Minniti, lo piange Draghi che però non aveva trovato il tempo di rispondergli sulla Libia, lo piange Gentiloni, lo piange Renzi, lo piange perfino Salvini. Che prega per Gino Strada dopo averlo additato come protagonista della «mangiatoia dell’immigrazione clandestina» è la fotografia perfetta del sudiciume che vorrebbe odorare d’incenso.
Con la morte di Gino Strada, l’Italia perde un uomo di valore. La diversità delle idee politiche lascia spazio al cordoglio e alla preghiera. #ginostrada
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) August 13, 2021
Alla fine basterebbe leggere i commenti sotto il (finto) cordoglio di Zaia per capire il tilt a cui stiamo assistendo: «Quanta retorica! Ma che fine ha fatto la Lega? Ah già! Sta al governo con quelli che una volta erano gli antagonisti. Che fine miserabile! Pensare che vi ho creduto! Bleah!», scrive un elettore leghista, poi «Governatore non mi sembra il caso di santificare», «Per lui esisteva chiunque che non era italiano», «Se per impegno umanitario s’intende quello di far arrivare migranti in Italia a iosa è meglio se ti iscrivi al Pd caro Zaia. Sei sempre più come il latte scaduto caro governatore». Questo per capire il livello della discussione.
Nessuna risposta prima e onore oggi
La politica omaggia Strada eppure è la stessa politica che ha pensato e attuato una sanità diventata profitto, a disposizione in base al reddito, mercificata attraverso le privatizzazioni. Nessuna risposta prima e onore oggi. Gino Strada stava con quelle Ong che sono state combattute da Renzi, Minniti, Gentiloni, Di Maio, Conte, Lamorgese e Draghi: morto Gino gabbato lo santo. Lo definivano burbero Gino, perché caratterizzarlo come un perenne stizzito era il modo migliore per annacquare le sue parole e per delegittimarlo in modo dolce: è un nevrastenico che esagera, uno che dice cose giuste ma estreme. Non prendetelo alla lettera e semplicemente ringraziatelo con un buffetto. Questo era il messaggio.
La convinzione che sarà difficile trovare un altro come lui
È proprio per questo che la perdita di Gino è enorme: si annusa nell’aria una certa convinzione feroce che ci vorrà parecchio tempo prima di trovare un altro che come lui ha guardato dritto negli occhi il potere dalle mani insanguinate con il coraggio che può dare il salvataggio estremo di un bambino saltato in aria su una mina a forma di giocattolo. C’è molta politica che si è tolta un grande peso nella quotidiana battaglia per riaffermare valori non negoziabili come i diritti che siano davvero di tutti. O come il dovere di salvare anche l’uomo più sconosciuto nell’angolo più nascosto del mondo.
Piangono ma sono lacrime di coccodrillo, posture finte che dureranno giusto il tempo del funerale eppure nessuno che abbia il coraggio di dire che Emergency, in un mondo umano e normale, nemmeno avrebbe dovuto esistere. E basta leggere gli editoriali di oggi per rendersi conto che si sta raccontando una storia di buoni dappertutto, in guerra contro la guerra e contro i mali del mondo. Tutto bellissimo, certo, anche piuttosto funzionale per scriverci un editoriale ma mancano i cattivi. Qualcuno è responsabile del dolore che Gino Strada e Emergency curano e hanno curato. Almeno non lasciamogli la facoltà di mimetizzarsi in mezzo al dolore.
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