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Stretta contro gli attivisti per il clima, così l’Italia sceglie la parte sbagliata della storia

In un’escalation preoccupante della stretta repressiva contro i movimenti ambientalisti, la Questura di Roma ha richiesto l’applicazione della sorveglianza speciale per Giacomo Baggio, attivista di Ultima Generazione. Una misura draconiana, solitamente riservata a pericolosi criminali, che si abbatte su un giovane la cui unica “colpa” è aver partecipato a manifestazioni pacifiche per la giustizia climatica.

La richiesta prevede due anni di impossibilità di allontanarsi dal proprio Comune di residenza, coprifuoco notturno dalle 20:00 alle 7:00, obbligo di firma quotidiano e divieto di partecipare a qualsiasi manifestazione a sfondo politico. Un provvedimento che, se confermato, limiterebbe drasticamente la libertà personale di Baggio.

“Si tratta di una richiesta molto dura, il tipo di sorveglianza più limitativo della libertà personale”, spiega l’avvocato Paola Bevere, difensore di Baggio. “Questa richiesta si basa sul sospetto che questo attivista, tra l’altro incensurato, sia pericoloso per la sicurezza pubblica. Come legali sosteniamo che queste persone non possono essere equiparate ai mafiosi”.

Dalla sorveglianza speciale al Ddl anti-Gandhi

Il caso di Baggio non è isolato, ma si inserisce in un contesto più ampio di criminalizzazione del dissenso. Proprio in questi giorni, la Camera sta discutendo il cosiddetto “Ddl anti-Gandhi”, un provvedimento che inasprisce le pene per il blocco stradale e introduce nuove fattispecie di reato specificamente modellate sulle proteste ambientaliste. 

Una strategia repressiva che mira a colpire l’intero movimento per la giustizia climatica. L’obiettivo sembra essere quello di creare un effetto deterrente, il chilling effect, per scoraggiare la partecipazione alle mobilitazioni. Un approccio miope che, anziché affrontare le cause del disagio sociale, cerca di soffocare le voci di chi chiede un cambiamento urgente di fronte alla catastrofe climatica.

Disobbedienza civile sotto attacco: il caso emblematico di Giacomo Baggio

La vicenda di Baggio è emblematica della deriva autoritaria. Il 33enne consulente legale veneto si è distinto per il suo impegno nella difesa dell’ambiente attraverso azioni di disobbedienza civile nonviolenta. Il 13 maggio scorso, dopo una protesta pacifica, è stato fermato dalla polizia e, secondo la sua denuncia, maltrattato in commissariato.

“Quello che ho visto non è l’applicazione della legge che ho studiato all’università”, racconta Baggio. “La siccità sta facendo danni ovunque e il primo atto discusso alla Camera dopo la pausa estiva è il Ddl Anti-Gandhi. Non serve essere ambientalisti per provare indignazione di fronte alla devastazione del nostro territorio. Mi rifiuto di tacere davanti a un governo che pensa solo a silenziare l’opposizione”, afferma Baggio. “Il problema non è la disobbedienza civile ma l’obbedienza davanti a questa assurdità”.

La richiesta di sorveglianza speciale per Baggio sarà discussa il 14 ottobre presso il Tribunale di Roma. Ultima Generazione ha già annunciato un presidio di solidarietà. Sarà un banco di prova importante per verificare lo stato di salute della nostra democrazia. La posta in gioco va ben oltre il destino di un singolo attivista. Quello che è in discussione è il diritto stesso al dissenso, la possibilità di esprimere pacificamente il proprio disaccordo con le politiche governative. Un diritto fondamentale in ogni società democratica.

La vicenda di Baggio ci pone di fronte a un interrogativo cruciale: chi dovrebbe essere veramente sorvegliato? Gli attivisti che, con mezzi pacifici, cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica su una minaccia esistenziale come la crisi climatica O piuttosto un governo che sembra più interessato a reprimere il dissenso che ad affrontare le sfide epocali del nostro tempo?

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