L’opinione di Celeste Cosantino. Direi chiara:
Quando De Luca è sceso in campo autocandidandosi a Presidente della Regione Campania, il Pd di Renzi era in forte imbarazzo: non lo voleva il sindaco di Salerno come governatore. E non solo perché non incarnava l’immaginario giovane e bello (arrogante sì, senz’altro) del renzismo, ma perché le voci e le ombre su De Luca erano insistenti a tal punto da ostacolare anche una parvenza minima di cambiamento.
Ce l’hanno messa tutta per metterlo da parte. Hanno provato con Luigi Nicolais, Pina Picerno, hanno tentato di imporre il neo arrivato Gennaro Migliore. Hanno messo in campo ogni diplomazia con i dirigenti nazionali. Si sono anche inventati una Leopolda in salsa napoletana dal nome Fonderia per dare l’idea che la candidatura doveva nascere dal basso. De Luca, dimostrando una scaltrezza che ad altri è mancata, si è presentato senza essere invitato, è intervenuto, ha conquistato la scena.
Hanno deciso allora, dopo mille rinvii, di fare le primarie. Qualcuno più ravveduto non si è proprio cimentato, qualche altro ha insistito salvo poi doversi miseramente ritirare qualche giorno prima del voto. E così De Luca ha spazzato via tutti e si è lanciato ufficialmente nella sua campagna elettorale.
E così la freddezza di Renzi e dei renziani si è magicamente trasformata in entusiasmo senza se e senza ma. Peccato che c’era ancora qualche piccolo problema da risolvere: le alleanze con gli amici di Nicola Cosentino, un vecchio processo per concussione, la condanna in primo grado per abuso d’ufficio che, per colpa della legge Severino, gli fa rischiare la sospensione dopo l’elezione.
Quindi il Pd candida una persona che molto probabilmente non potrà svolgere il suo mandato. Renzi tace ma De Luca parla, altroché se parla. Ci racconta che si sente più volte al giorno con il premier, ci spiega che nominerà subito un vice che potrà governare al posto suo. Ma soprattutto ci confessa candidamente che quella legge Severino che tanto ci preoccupa lui ha la sensazione che verrà modificata. E il cerchio si chiude.
Fino all’arrivo della commissione antimafia. Che cosa ha fatto la Commissione antimafia? Ha analizzato le candidature alle elezioni regionali in base a un codice etico che anche il Pd ha sottoscritto. Di fronte alle domande su presunti impresentabili, il Pd s’è sempre rifugiato dietro banali trovate come “io non li avrei candidati, io non li voterei, non saranno eletti”. Come se i voti non venissero comunque conteggiati. Strategie di marketing. Ma a due giorni dal voto, esce fuori che nella lista delle candidature che non rispettano questo codice etico c’è anche il nome di De Luca. Che sorpresa ragazzi, e chi se lo aspettava! Alla luce della ricostruzione di questi mesi per Matteo Renzi e corte deve essere stata davvero una notizia.
Contrordine compagni. Qui può finire addirittura 5 a 2. Tutti pancia a terra per De Luca. Ed ecco che, in un batter d’occhio, anche i detrattori di De Luca si trasformano in fan, in sostenitori sfegatati. Si sprecano le dichiarazioni, i tweet: tutti allineati e coperti. Dai colonnelli battezzati, a quelli che ambiscono a diventarlo fino ai penosi servi sciocchi.
Una pagina davvero triste per la politica. Due cose lasciano più – eufemisticamente – perplessi in questa vicenda. La prima. Per spostare l’attenzione dalla sostanza della questione, e cioè il fatto che De Luca era ed è un impresentabile, il Pd è disposto a uccidere simbolicamente, delegittimando completamente la sua figura, una personalità come Rosi Bindi. Senza scrupoli, senza tentennamenti. Altro che rottamazione: siamo alle purghe staliniste. È stato sbagliato dare i nomi a due giorni dalle elezioni? Sì. Ma tanto il Pd lo sapeva sin dall’inizio, tant’è vero che non lo voleva candidare. Quindi le reazioni di oggi sono soltanto frutto della paura di perdere il potere in Campania. Se poi ci aggiungiamo il fatto che si può approfittare per farsi fuori anche un pezzo della minoranza, ancora meglio.
La seconda, la più importante. Qui si sta trattando il tema della legalità e della trasparenza delle istituzioni come un gioco, come una sfida interna, come una qualsiasi gara da vincere. La capacità di una forza politica di contrapporsi alla camorra, di offrire un’alternativa ai cittadini campani, di mostrare che può esistere altro non sono questioni al centro delle preoccupazioni del partito che governa questo Paese. Altro che a testa alta…
Adesso vanno alla ricerca di legittimazioni esterne. Non so chi si presterà a benedire quest’ultimo passaggio per De Luca, sinceramente non mi interessa. Il giudizio su alcune figure, l’opportunità di candidarle e di sostenerle rimangono a prescindere da quello che dicono – o non dicono – alcuni professionisti dell’antimafia. Personalmente non ho bisogno né di Saviano e né di Cantone per dire non solo che De Luca è un impresentabile a 48 ore dalle elezioni, ma che non andava candidato. Per il profilo che ha, per le alleanze che ha messo in campo. E questo è il compito della politica che ha a cuore il futuro dei cittadini
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