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Su Giorgia Meloni e il Mes? Altro che fax

In un pezzo da ritagliare Paolo Frosina de Il Fatto quotidiano ripercorre le tappe del governo Meloni sul Mes, il meccanismo europea di stabilità che sta facendo impazzire Giorgie Meloni, i suoi ministri e i partiti di maggioranza. 

Si parte il 30 giugno con il disegno di legge per la ratifica che passa in Commissione esteri solo con i 3 voti dell’opposizione poiché i membri della maggioranza scappano. Il 5 luglio la seconda seduta alla Camera si blocca alla discussione generale perché i quattro capigruppo del centrodestra (Tommaso Foti per FdI, Riccardo Molinari per la Lega, Paolo Barelli per Forza Italia e Maurizio Lupi per Noi Moderati) chiedono e ottengono una sospensiva per avere quattro mesi in più di riflessione “a seguito dei recenti cambiamenti nel contesto internazionale”. Irraggiungibile la dichiarazione del deputato di Fi Andrea Orsini: «non è una fuga dal problema ma un modo per affrontarlo nei tempi giusti, nei modi giusti e con le giuste condizioni». 

Il 23 novembre viene calendarizzato di nuovo ma si ritrova ad essere in fondo all’agenda. Slitta la sua discussione. Viene ricalendarizzato per il 14 dicembre (ieri) ma la maggioranza il 13 dicembre si esibisce in un capolavoro di melina che allunga i lavori. Niente da fare, saltato ancora. Nuova data: il 19 dicembre. Anche in quell’occasione però l’elenco dei temi è lungo e farlo slittare sarà un gioco da ragazzi per dei professionisti come questa maggioranza. Se ne parlerà forse nel 2024. L’Italia è l’unico Paese membro a non avere ratificato.

Buon venerdì. 

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