Il rapporto Freedom on the Net 2024 traccia un quadro preoccupante. E non solo nei regimi autocratici, visto che la civilissima Europa sta adottando misure restrittive con la scusa di combattere la disinformazione o garantire la sicurezza nazionale. In Italia preoccupa anche il divario digitale che amplifica le disuguaglianze sociali ed economiche. Senza un accesso a internet equo e sicuro, rischiamo di trasformare il web in un’altra arena di repressioni.
C’è un’immagine che il rapporto Freedom on the Net 2024 disegna con chirurgica precisione: una Rete sempre meno libera, dove la promessa dell’accesso universale e della democrazia digitale si sgretola sotto il peso della censura, della manipolazione politica e della sorveglianza di Stato. Internet è diventato il riflesso delle fratture del mondo: chiuso, oppresso e stratificato. Il dato più inquietante? Per il 14esimo anno consecutivo, la libertà online registra un declino globale. Questo significa che, per milioni di persone, il web non è più uno spazio neutrale, ma un campo di battaglia dove si gioca il controllo delle informazioni, della narrazione e, in ultima istanza, della verità.
La censura e il controllo non riguardano solo i regimi autocratici ma anche le democrazie avanzate
La Cina, con il suo modello iper-repressivo, e il Myanmar, schiacciato sotto il regime militare, sono i due peggiori esempi di come il digitale possa diventare un’arma contro la popolazione. In Myanmar, nuove tecnologie di censura hanno tagliato l’accesso alla Vpn e a strumenti che garantivano un minimo di libertà; in Cina, le multe per chi aggira i blocchi online raggiungono cifre che trasformano la ribellione in un lusso per pochi. Ma non è solo una questione di regimi autocratici: il rapporto evidenzia come anche molte democrazie avanzate stiano adottando misure che riducono spazi di libertà con la scusa di combattere la disinformazione o garantire la sicurezza nazionale. Ci sono numeri che spaventano. Il 79 per cento degli utenti globali vive in Paesi dove esprimere un’opinione politica online può portare all’arresto. In 43 Stati, documenta Freedom House, si è arrivati al picco dell’orrore: violenze fisiche, omicidi e repressioni mirate contro chi osa parlare, anche in contesti non conflittuali. Il web non è più una piazza, ma un’arena in cui i più deboli vengono schiacciati dal peso di legislazioni repressive e dalla manipolazione sistematica delle informazioni.
In Europa il Digital Services Act è già finito sotto accusa
Guardare all’Europa potrebbe far pensare che almeno qui la situazione sia sotto controllo, che il continente delle libertà possa rappresentare un’eccezione. Ma il rapporto racconta un’Europa meno virtuosa di quanto ci piaccia credere. È vero, non ci sono repressioni brutali come in Myanmar, ma il confine tra regolamentazione e controllo si fa ogni giorno più sottile. Il Digital Services Act (Dsa), celebrato come un passo avanti per disciplinare le piattaforme digitali, è già finito sotto accusa. La sua applicazione, pensata per garantire trasparenza e limitare la disinformazione, ha aperto spazi di ambiguità che potrebbero trasformarlo in uno strumento di censura. L’Unione europea ha avviato procedimenti contro Meta e X (ex Twitter) per non aver rispettato le regole sulla trasparenza delle campagne elettorali. Apparentemente una misura giusta, ma che solleva dubbi sull’equilibrio tra la necessità di regolare e il diritto alla libertà di espressione. Meta, ad esempio, ha denunciato l’impossibilità di rispettare le richieste senza compromettere il funzionamento delle sue piattaforme, un argomento che mette in evidenza le complessità di questa regolamentazione. In Francia, nel territorio della Nuova Caledonia, il governo ha bloccato TikTok per reprimere le proteste della comunità indigena Kanak. Una decisione che mostra il lato più inquietante delle democrazie europee: quando il dissenso si fa difficile da gestire, anche la libertà digitale diventa un bersaglio. Il rapporto documenta come misure simili siano sempre più frequenti, e trasformino l’Europa in un continente che, pur vantando un quadro normativo avanzato, non è immune da contraddizioni.
In Italia preoccupa il divario digitale che amplifica le disuguaglianze sociali ed economiche
L’Italia è uno dei Paesi europei dove la libertà online assume connotazioni ambigue. Se da un lato le normative europee garantiscono una certa protezione, dall’altro il contesto politico solleva preoccupazioni crescenti. Il governo Meloni ha mostrato una particolare attenzione al controllo dell’informazione digitale, tra tentativi di limitare il dissenso online e un uso selettivo delle leggi contro la disinformazione. Il rapporto evidenzia come il nostro rientri tra i Paesi dove il rischio di censura tecnica – come il blocco di siti web o la rimozione di contenuti critici – sia in aumento. Ma c’è un’altra faccia della medaglia, forse più drammatica: il divario digitale. In un’epoca in cui l’accesso alla Rete dovrebbe essere un diritto universale, l’Italia è spaccata in due. Nel Sud, intere aree soffrono di connessioni lente, costose e inadeguate. Qui, l’esclusione digitale non è solo una questione tecnica, ma un fattore che amplifica le disuguaglianze sociali ed economiche. Mentre si parla di innovazione, di intelligenza artificiale e di smart city, ci sono comunità che non possono nemmeno accedere a una connessione stabile per studiare, lavorare o partecipare al dibattito pubblico.
In gioco c’è la credibilità stessa delle democrazie che si dicono pronte a difendere la libertà digitale
Il rapporto Freedom on the Net 2024 chiama l’Occidente a un confronto scomodo con le proprie contraddizioni. La libertà digitale, da promessa di emancipazione, rischia di diventare un privilegio per pochi. Le democrazie, che avrebbero dovuto proteggere internet come uno spazio libero e pluralista, si trovano invischiate in dinamiche di controllo e restrizione che le avvicinano più di quanto vorrebbero ai modelli autoritari. Il futuro di internet è in bilico. La scelta non riguarda solo la tecnologia, ma la capacità di difendere i valori fondamentali su cui si basa la democrazia. L’Europa, e con essa l’Italia, possono ancora invertire la rotta, ma servono coraggio e visione. Senza un impegno concreto per garantire un accesso equo, libero e sicuro, rischiamo di trasformare la Rete in un’altra arena di disuguaglianze e repressioni. E il prezzo da pagare sarà non solo la perdita di libertà digitale, ma la credibilità stessa delle democrazie che si dicono pronte a difenderla.
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