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abusivismo

Vi ricordate il sindaco e l’ingegnere a Ischia che definivano “sciacalli” chi poneva il tema dell’abusivismo? Sono a processo, per abusivimo.

Ne scrive Enrico Paoli per ”Libero Quotidiano”

E ora come la mettiamo? E ora chi sono gli «sciacalli»? I mezzi d’ informazione o coloro che sul lungomare di Casamicciola hanno aggredito verbalmente gli inviati di tutte le testate? Prima di parlare, forse, sarebbe il caso di guardare in casa propria. Il sindaco di Casamicciola, Giovan Battista Castagna, è sotto processo davanti al Tribunale di Napoli per presunti abusi edilizi eseguiti nella sua abitazione, nel comune ischitano di Lacco Ameno. Ischia non sarà l’ isola dell’ abusivismo, come dicono i paladini della realtà campana, però il dubbio che qui si sia «abusato» è quanto mai legittimo.

Le contestazioni si riferiscono al periodo compreso tra il 2003 e il 2007, quando l’ ingegnere Castagna era presidente del consiglio comunale di Casamicciola Terme. I reati sarebbero quindi ormai prescritti. Il processo, per una serie di rinvii dovuti a questioni procedurali e alla sostituzione di un precedente giudice assegnato ad altro incarico, è tuttora in corso davanti al giudice monocratico. Difeso dall’ avvocato Arturo Froio, Castagna ha sempre respinto gli addebiti,compresa una presunta violazione dei sigilli contestata dal pm. Le indagini preliminari, condotte dal pm Antonio D’ Alessio, si sono concluse nel 2009. Nel processo è imputato anche un tecnico del comune di Lacco Ameno che, incaricato di eseguire un sopralluogo, avrebbe attestato circostanze false. I presunti abusi riguarderebbero, tra l’ altro, la realizzazione di un solaio interno, un piano sottostante e una scala interna. L’ area è sottoposta a vincolo paesaggistico. Il processo si avvia verso la conclusione della istruttoria dibattimentale. «È una vicenda che risale a quando erano vivi mia madre e mio padre. Io sono fiducioso che si risolva con il riconoscimento della mia estraneità ai fatti contestati, anche se i reati sono ampiamente prescritti. Purtroppo i tempi della giustizia sono questi», commenta laconicamente il sindaco di Casamicciola.

Eppure lo stesso sindaco, all’ indomani del terremoto che ha colpito l’ isola, non sembra aver voluto contribuire ad «accelerare» il corso della giustizia. A più riprese a negato di conoscere le carte relative all’ abitazione crollata, sostenendo che in «questi due anni non ha passato il tempo sulle carte dell’ ufficio edile del Comune».

Come se Casamicciola fosse New York e un comune dove tutti sanno tutto di tutti. Alla fine è toccato ai carabinieri effettuare un vero e proprio blitz negli uffici dell’ amministrazione comunale guidata da Castagna, accompagnati dai vigili del fuoco, per prelevare nell’ ufficio tecnico municipale i documenti relativi agli edifici crollati. È su quelle strutture che i pm, nell’ inchiesta per omicidio plurimo e crollo colposi, aperta dalla Procura di Napoli per ora contro ignoti, intendono concentrare le verifiche.
Nei prossimi giorni verrà eseguito un censimento di tutti i cedimenti avvenuti in seguito alla scossa di lunedì, per indirizzare l’ attività investigativa, e stabilire se vi siano state responsabilità legate a casi di abusivismo edilizio oppure nell’ esecuzione di lavori di consolidamento antisismico in strutture che poi hanno ceduto, come la scuola Manzoni di Casamicciola. Intanto i carabinieri, in una nota, ribadiscono il fatto che non c’ è stato nessun abuso edilizio durante la costruzione della Caserma dell’ ex Corpo Forestale di Casamicciola.

Ecco perché con l’abusivismo non si scherza

“Con l’abusivismo non si scherza, altrimenti queste sono le conseguenze”. Al Corriere della Sera il magistrato Aldo De Chiara, da poco in pensione e che è stato procuratore aggiunto di Napoli fra il 2007 e il 2012 non le manda a dire su quanto successo a Ischia a causa del terremoto. Lui che si occupò del coordinamento della sezione tutela del territorio da anni prova a far luce sull’abusivismo dell’isola. Ecco alcuni passaggi dell’intervista al Corsera.

Quel che dice lo ricava da quegli anni in prima linea?

«È chiaro. Con i miei colleghi abbiamo sempre detto: le costruzioni abusive sono una minaccia, soprattutto per chi le abita».

Perché una scossa modesta ha fatto tanti danni e anche morti e feriti?

«Per ciò che abbiamo detto in questi anni e che è emerso dalle indagini. In molti casi è stato accertato che viene utilizzato cemento impoverito. E noi avevamo lanciato l’allarme sul rischio di crolli anche in caso di scosse non particolarmente forti. Purtroppo quello che denunciavamo è successo ieri sera».

Ma è possibile che in quella zona siano così tante le costruzioni abusive?

«L’isola è gravata da una serie di vincoli e tutte le costruzioni degli ultimi anni sono in gran parte fuori legge. Entro i 500 metri dal mare c’è un vincolo di inedificabilità assoluta. Ci sono poi i vincoli idrogeologici. Ricordo che alcuni anni fa ci fu un grosso temporale proprio a Casamicciola che provocò una frana e la morte di alcune persone. Anche in quel caso per il mancato rispetto della legge».

E dunque?

«E dunque si può dire che molte delle costruzioni realizzate negli ultimi anni non avrebbero mai dovuto esistere».

(fonte)

Gli amici dell’abusivismo? I Comuni. Collusi.

“Inefficienza”. “Collusioni”. “Inadeguatezza”. Qual è il vero ruolo della politica nel proliferare degli abusi edilizi e nell’incredibile lentezza che contraddistingue le demolizioni? FQ_L’inchiesta in questa quarta e ultima puntata sul fenomeno dell’abusivismo prova a guardare il fenomeno dalla prospettiva della magistratura. Qualche esempio. Se in Calabria, negli ultimi 25-30 anni, l’abusivismo è cresciuto in maniera così esponenziale è colpa dei Comuni. Sindaci, assessori e dirigenti degli uffici: sono loro i primi nemici della lotta all’abusivismo. A spiegarlo è il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Gaetano Paci. Che non ha dubbi: “Questo fenomeno, in realtà, è legato all’inefficienza, alla collusione e all’inadeguatezza degli uffici pubblici che nel corso degli anni non sono stati in grado di imporre il rispetto delle regole”. Insomma, tutto ruota attorno alla relazione tra abusivi e amministratori comunali, ed è proprio nelle pieghe di questo rapporto che si trovano le ragioni di un fenomeno dinanzi al quale, troppo spesso, piuttosto che pretendere il rispetto della legge, la politica e alcune istituzioni fanno spallucce. Non vedo, non sento, non demolisco. Reggio Calabria, dal 2014 scoperte 700 sentenze mai eseguite Paci cerca di spiegarlo in maniera semplice: “Diciamo che i Comuni raramente subiscono l’abusivismo edilizio. Il più delle volte semplicemente lo tollerano, non esercitando i controlli che dovrebbero esercitare”. Non si tratta di affermazioni di carattere generale. Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria va nel dettaglio: “Abbiamo verificato – spiega Paci – che immobili abusivi costruiti per fini industriali, a Bagnara Calabra come a Reggio, posti in una posizione visibile a tutti, sono stati utilizzati per anni, senza che nessuno mai svolgesse alcun controllo”. Non stiamo parlando della casetta per l’estate, ma di capannoni industriali, venuti su e utilizzati senza alcuna difficoltà. “È chiaro – continua Paci – che c’è una compiacenza, quantomeno degli uffici tecnici comunali e della polizia municipale, che sul territorio deve fare controlli, verificare e denunziare le situazioni di abuso”. È da oltre un anno ormai che il procuratore Federico Cafiero De Raho ha affidato all’aggiunto Paci il compito di occuparsi dell’abusivismo in provincia di Reggio Calabria, dove le demolizioni sono praticamente nulle se si escludono, appunto, quelle disposte, negli ultimi mesi, dalla Procura in seguito alle sentenze definitive. Sulla sua scrivania c’è un report dettagliato sulle sentenze del Tribunale che ha disposto l’abbattimento di immobili abusivi: “Abbiamo verificato che, a partire dal settembre 2014, oltre 700 sentenze di demolizione passate in giudicato non erano mai state eseguite”. Mai eseguite. “Eppure, da un punto di vista generale – sottolinea Paci – i comuni non dovrebbero incontrare difficoltà. È vero che questa attività comporta delle spese, ma vengono sostenute da una legge dello Stato, che ha stanziato un fondo di 50 milioni di euro gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti. All’amministrazione comunale non rimane altro che accedere a questo fondo, rivalendosi poi sul proprietario abusivo”. Questo però non avviene. E il motivo è semplice. La lotta all’abusivismo è impopolare. E non porta voti. Anzi, rischia di farteli perdere.

Con gli abbattimenti si perdono voti e consenso. E le imprese convocate dalle procure si rifiutano di demolire “Demolire l’immobile di una persona che ha commesso un abuso edilizio – aggiunge il magistrato reggino – significa comunque inimicarsi per chi la dispone (soprattutto se è legato al territorio da un mandato di tipo politico-elettorale) quel tipo di elettore o addirittura quel tipo di elettorato”. Ecco perché, per la Procura, piuttosto che con i sindaci, è più facile lavorare con i commissari dei Comuni sciolti per mafia: “Loro non sono legati al territorio da un mandato di tipo politico-elettorale. Devono svolgere un’attività per il ripristino della legalità”.

Ma non si tratta dell’unica difficoltà. Paci descrive un vero e proprio percorso a ostacoli. Il motivo? Non è facile trovare la ditta che dovrà demolire. Non tutte le imprese che si iscrivono nella white-list delle prefetture, infatti, sono poi disposte ad effettuare le demolizioni: “Manifestano delle indisponibilità, talvolta allegando preventivi di spesa particolarmente onerosi. Altre volte ci sono dei rifiuti veri e propri, perché non vogliono impegnarsi nella demolizione di immobili costruiti abusivamente. Ecco – è lo sfogo del procuratore aggiunto – il nostro lavoro, almeno in questo settore, avviene in perfetta solitudine. Ed è osteggiato, neppure tanto velatamente, proprio da parte di chi dovrebbe sostenerlo”. E non esistono soltanto i furbetti convinti di farla franca. A volte c’è anche la criminalità organizzata: “Dentro questo fenomeno, chiaramente anche la ’ndrangheta ha avuto i suoi interessi e il suo tornaconto. Diverse famiglie mafiose, anche di un certo spessore, hanno operato con la compiacenza delle amministrazioni che dovevano controllarne e inibirne le manifestazioni criminali. Hanno realizzato immobili abusivi che poi, comunque, sono stati confiscati e diventati patrimonio dello Stato”. Dalla Calabria spostiamoci in Campania.

L’analisi del procuratore di Napoli. “In Campania amministrazioni compromesse con gli abusi” Nella provincia di Napoli, dal 1991 al 2016, l’83 per cento dei comuni commissariati lo è anche per il diffuso abuso e la corruzione dell’edilizia: il 77 per cento a Caserta e l’81 per cento in tutta la Campania. Sempre a Napoli, negli ultimi 11 anni, su 16.837 ordinanze di demolizione ne sono state emesse solo il 4 per cento. E non soltanto perché possono compromettere il loro bacino elettorale.

Per il procuratore generale del tribunale di Napoli, Nunzio Fragliasso, la motivazione è che “spesso le amministrazioni comunali sono compromesse con gli abusi e anche per questo le pratiche rimangono inevase”. Il problema, come abbiamo visto, è complesso e riguarda anche le procedure che coinvolgono comuni e procure. I primi sono gli unici interlocutori con la Cassa Depositi e Prestiti per accedere ai fondi necessari per le demolizioni delle strutture abusive, possibilità che non hanno le procure che, anzi, denunciano la mancata presentazione, da parte dei comuni, delle domande di accesso ai fondi. E se non bastasse, la classe politica al Governo, annunciando di volerci mettere una pezza, presenta un decreto legge – presentato dal senatore di Ala, Ciro Falanga – che secondo i Verdi e le associazioni ambientaliste rischia di trasformarsi in un codono permanente.

In attesa di approvazione definitiva alla Camera, la proposta di legge stabilisce per le procure dei criteri di priorità per la demolizione: in cima alla lista ci sono gli immobili costruiti in aree demaniali, o in zone soggette a vincolo ambientale, paesaggistico, idrologico, archeologico o storico artistico. Poi quelli che costituiscono un pericolo per l’incolumità. Infine quelli in uso ai mafiosi. Ma il nodo centrale della questione sono gli “abusi di necessità” e, in questo caso, la legge stabilisce che avranno la priorità gli immobili di titolari appartenenti a nuclei familiari che dispongono di altre abitazioni, escludendo quelli che ne hanno una. Se questo è l’apporto della politica, ecco cosa ne pensa la magistratura che, nel marzo 2016, viene chiamata dal Governo a dire la sua sulla legge.

Durante l’audizione in commissione Giustizia, il procuratore generale della corte di Appello di Napoli, Luigi Riello, spiega: “Passare per i comuni non è producente, perché sono loro i veri dominus e le demolizioni sono iniziate grazie all’autorità giudiziaria”. Per Riello, il ddl Falanga comporterebbe “la proliferazione degli incidenti di esecuzione, mentre un procedimento dovrebbe essere rapido”. E sulla rapidità, il nostro sistema non è di certo un modello, visto che, nella maggior parte dei casi per i reati di abusivismo, non si arriva nemmeno al primo grado di giudizio. Mentre l’abbattimento è previsto solo con la certezza della pena. Anche se si dovesse arrivare alla condanna, subentra il problema dei fondi necessari per la demolizione, quindi la palla ritorna ai comuni, che il ddl lascia come unici interlocutori con la Cassa Depositi e Prestiti. E i comuni, per usare le parole del procuratore Fragliasso, spesso “sono latitanti e di regola non eseguono le ordinanze di demolizione”.

Da Marsala a Terrasini. Quell’emendamento M5S che può invertire la rotta Leonardo Agate, scrivendo a red. inch. @ilfattoquotidiano.it, segnala il caso di Marsala: “Anche i sindaci siciliani avrebbero dovuto ingiungere la demolizione agli abusivi. A Marsala cominciarono nel 2012, e ne sono state abbattute, dagli stessi privati, o dal Comune per loro inerzia, poche decine su un totale di circa 400. Il ritmo delle demolizioni è di poche unità all’anno. La giustificazione accampata da sindaci e dirigenti comunali è che il bilancio non può sostenere la spesa delle demolizioni, che si aggira sui 10–20 mila euro per ciascuna, salvo abbattere il programma dei servizi essenziali. Giustificazione insostenibile: se il Comune demolisce, anticipa le spese della demolizione, che possono essere recuperate dall’abusivo con aggravio di spese, sanzioni e denuncia all’autorità penale. Se la procura della Repubblica iscrivesse i sindaci e i dirigenti comunali nel registro delle notizie di reato e proseguisse l’azione penale, si avvierebbero i processi nei riguardi degli inadempienti per le omissioni di atti di ufficio. Così si innesterebbe un processo virtuoso, perché gli abusivi demolirebbero dopo l’ingiunzione per non dovere pagare dopo un anno il doppio della spesa, e in ogni altro caso il Comune rientrerebbe in possesso delle spese fatte”. E in effetti, qualcosa si può fare, per obbligare i comuni ad eseguire le demolizioni. Per esempio, come accaduto a Terrasini, in provincia di Palermo, è possibile rimuovere i dirigenti che non adempiono ai loro doveri. E per farlo è sufficiente applicare una norma presentata dalla parlamentare del M5S Claudia Mannino.

Il punto di partenza è semplice: “I funzionari che non adempiono e rispettano i tempi previsti – spiega la deputata siciliana del M5S Claudia Mannino – sono suscettibili di causare un danno erariale”. Un anno dopo l’approvazione della sua norma Mannino è ritornata sul punto: “Ho presentato un esposto a tutte le procure siciliane, e a tutte le sedi regionali della Corte dei Conti, affinché si attivassero per far rispettare la norma e per evitare danni erariali agli enti locali”. E appena 5 giorni fa, nel comune di Terrasini, in provincia di Palermo, un dirigente comunale è stato temporaneamente rimosso dal suo incarico proprio perché – tra le altre contestazioni – ha tenuto “condotte omissive” che, oltre a determinare “un grave ritardo”, nei procedimenti che riguardano i “manufatti abusivi”, hanno provocato “un danno all’ente”. (da il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2017)

L’abusivismo e quella casa bruciata al sindaco

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Qualche ora prima era apparso nella trasmissione televisiva di Giletti, ospite per la sua battaglia personale contro l’abusivismo a Licata, la città di cui è sindaco, e poi si è ritrovato a contare i danni di un incendio (doloso, secondo gli investigatori) che ha colpito durante la notte la sua casa di campagna. Così Angelo Cambiano sindaco di centrodestra alla guida del comune agrigentino si è ritrovato di colpo sulle prime pagine di tutti i giornali.

La sua battaglia è iniziata alcuni mesi fa quando, con un protocollo sottoscritto anche dalla Prefettura di Agrigento, ha deciso di abbattere le 150 abitazioni costruite a pochi passi dal mare. Un atto che in realtà avrebbe dovuto compiersi già una decina di anni fa (e infatti la Procura ora ha aperto un’inchiesta per omissione d’atti di ufficio) ma che per ragioni da chiarirsi solo in questi mesi ha trovato uno sbocco fattivo: in città l’azione del sindaco è stata vista da alcuni come un abuso di potere contro il “diritto alla casa” e, come spesso succede, le regole sono diventate di libera interpretazione nell’agone politico.

(continua qui)

Colpe dei padri e i loro figli

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Dai, davvero siamo seri. Ora il sindaco 5 Stelle di Bagheria (beccato insieme all’assessore con un abuso edilizio) si difende dicendo che “le colpe dei padri non devono ricadere sui figli” (qui).

Ma davvero? Ma dopo che ci siamo quasi tutti indignati (giustamente) per la Boschi e suo padre?

Dai. Su.