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apologia

Perquisita la solidarietà

La storia di Lorena e Gian Andrea va raccontata, contiene un monito che interessa tutti. A Trieste hanno un’associazione che aiuta i profughi della rotta balcanica. La polizia ha fatto irruzione nella loro casa alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

A Trieste il 24 ottobre scorso l’estrema destra è scesa in piazza in diverse fazioni, piazza Libertà, si sono anche menati perché come si sa i fascisti hanno solo quel modo di comunicare e di esprimere idee politiche. Va così. Quando ha cominciato a circolare la notizia di perquisizioni in città ieri qualcuno avrà immaginato che finalmente si fosse deciso di prendere posizione contro l’apologia di fascismo, che finalmente si muovesse qualcosa, ma niente.

L’irruzione all’alba, nel perfetto stile con cui si stanano i latitanti più pericolosi, è avvenuta nell’abitazione di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir. Lorena ha 68 anni, è psicoterapeuta e vive con il marito Gian Andrea che di anni ne ha 84 ed è un professore di filosofia in pensione. Nel 2015 hanno attivato un piccolo presidio medico appena fuori dalla stazione per offrire un primo aiuto ai ragazzi che passavano il confine con la Croazia e che hanno piedi malconci e corpi segnati dalle torture. I due coniugi viaggiano anche spesso verso la Bosnia con scarpe, coperte, vestiti e medicinali per provare a lenire il terrore e il dolore. Per questo insieme ad altri hanno costituito l’associazione Linea d’Ombra ODV.

La loro nota racconta l’accaduto: «Questa mattina all’alba la polizia ha fatto irruzione nell’abitazione privata di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, nonché sede dell’associazione Linea d’Ombra ODV. Sono stati sequestrati i telefoni personali, oltre ai libri contabili dell’associazione e diversi altri materiali, alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che noi contestiamo, perché utilizzata in modo strumentale per colpire la solidarietà».

E se ci pensate non è la prima volta che la solidarietà (o il buonismo, come lo chiamano alcuni) accenda indifferenza se non addirittura malfidenza. Tant’è che ogni volta che qualcuno compie un gesto “buono” senza nessun evidente ritorno economico o di altro tipo viene subito additato come “pericoloso”. La solidarietà che diventa “reato” o presunto reato è un crinale pericoloso. Per questo la storia di Lorena e Gian Andrea va raccontata: perché così piccola contiene un (preoccupante) monito che interessa a tutti.

Buon mercoledì.

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L’apologia dei secondi

Bisognerebbe arrivare al punto che compaia dappertutto un’elegia dei secondi. Una sorta di risarcimento morale e sociale a coloro che non ce l’hanno fatta, spesso solo per un pelo, per poco, per sfortuna oppure semplicemente perché erano nel posto giusto al momento giusto.

Bisognerebbe riuscire a smetterla di amare solo i vincitori, e scorgere tutti quelli dietro che di solito non guarda nessuno, e che non sono mica sconfitti ma sono soprattutto dei vincitori mancati per motivi diversi, per sfighe (si può dire sfighe in un editoriale mattutino?) oppure perché semplicemente non ce l’hanno fatta, non hanno abbastanza forza, non abbastanza mestiere, non hanno abbastanza conoscenze.

E quindi? Quindi pensate se improvvisamente oggi celebrassimo la giornata mondiale dei secondi, costringendoci tutti a valutare i gregari, a raccontare le gesta, a metterli in prima pagina, a fare in modo che tutto il modo si accorga che non vincere non c’entra nulla con il fallire ma semplicemente significa essere arrivati anche solo un centimetro dopo. Provate a pensare a una giornata mondiale che li celebri, semplicemente, si fermi, provi ad aspettare, provi ad ascoltare con il cuore ciò che è successo e ciò che che non è successo e poi improvvisamente si accorga di quelli di cui non si accorge nessuno.

I secondi, gli sconfitti, o addirittura i cenciosi sono quelli che hanno dei talenti che noi chiamiamo sconfitte. E sbagliamo a prenderle così sotto gamba perché dentro hanno tutte le battaglie personali ce ha ognuno di noi, dentro qualche tasca, nel nostre quotidianità sfortunate o difficoltose.

Ora ci vorrebbe un’apologia dei secondi, che di colpo diventino primi, e che non siano più un peso ma semplicemente diventino persone da raccontare, con tutti i loro nei, con tutte le loro fragilità con le loro indicibili debolezze che si vergognano di raccontare e che invece scritte sarebbero bellissime, da farci un romanzo sulla debolezza umana, su quelle che noi chiamiamo sconfitte e invece sono dei talenti fuori dal pensiero imperante.

Proviamo per un giorno a dedicarci ai secondi, dove dentro ci siamo anche noi, e ci accorgiamo che è meravigliosamente umano essere fallibili, con etica, con giustizia, mettendocela tutta.

Buon venerdì.

 

 

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Pagherete la vostra apologia alla disperazione

C’è in giro una schiera si sgherri che in tutti i modi cerca di fare sbirciare la disperazione che potrebbe essere (anzi, secondo loro dovrebbe essere) a meno che l’uomo forte non continui a illuminarci e difenderci. È una sorta di apologia alla disperazione che non ha niente di diverso dalla rassicurante presenza che il fascismo offriva ai lavoratori che avevano provato la fame e avevano il terrore di tornare in quello stato. Qui c’è qualcosa di diverso: non abbiamo corso periodi cupi, non abbiamo provato i morsi della fame e non abbiamo mai toccato con mano la povertà dei nostri nonni eppure ci basta vedere la disperazione degli altri per provare il terrore di caderci dentro, come se potesse inghiottirci, come se non riuscissimo a scrollarci di dosso il senso di colpa che proviamo nel vedere i cenciosi trascinarsi di fronte a voi.

È curioso che coloro che spingono con questa apologia alla disperazione, quelli che ci dicono che sta arrivando l’inverno freddo dei sentimenti e dei consumi, siano poi in fondo quelli che siedono in posizioni comodissime o addirittura coloro che da soli detengono una buona fetta della ricchezza mondiale. Farci avere paura di diventare poveri mentre ci impoveriscono è il loro capolavoro più grande, degno di un trattato di psicologia sul controllo delle menti.

Ci tolgono i diritti e ci dicono che lo fanno per noi, per non fare saltare l’intero sistema. Ci tartassano e ci dicono che altrimenti tutto l’insieme non si tiene in piedi. Dicono che sono costretti a trattare con i potenti perché altrimenti cambierebbe lo status quo. Amano la frase “non c’è alternativa” e ce la ripetono all’infinito.

Ma la domanda vera è: se ogni giorno noi siamo più erosi da questo sistema che ci consuma, a noi, sinceramente, cosa cambierebbe se saltasse tutto? Dico, non potrebbe essere una fortuna?

E invece la comunicazione continua a essere univoca e d’altra parte rimane solo lo spazio per l’indignazione. Indignazione che diventa il perfetto combustibile per l’apologia alla disperazione.

Non so. A me è una cosa che mi fa saltare in aria il cervello.

Buon mercoledì.

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L’apologia dei secondi

Ho un sogno, nemmeno troppo recondito, di ribaltare le priorità. Ristabilire ad esempio un’apologia dei secondi, quelli che oggi facciamo marcire nei cassetti degli sconfitti. I secondi, badate bene, non sono quelli che sono stati toppo furbi o toppo poco furbi, nemmeno quelli che sono stati sconfitti perché stupidi, o quelli che erano troppo poco raccomandati, oppure quelli che non ci arrivano oppure quelli che non ne hanno voglia oppure quelli che si accontentano.

I secondi che sono una gran parte della nostra Italia sono quelli hanno sfiorato le stelle, le riconoscono, ma rimangono incollati al pianerottolo per quelle cose terribilmente terrene: i costi, i disagi, gli imprevisti. Non hanno nulla di diverso dai vincitori e dagli sconfitti e per questi sarebbero una razza da preservare, clonare, studiare, cullare e tutelare. Tutelare, sì. Tutelare dicendogli che non c’è sconfitta o vittoria, che il mondo non si divide tra vincitori e vinti (come vorrebbero sempre i vincitori) ma che in realtà nella terra di mezzo nonostante i significati assunti nell’indagine romana in realtà vivono i complessi. I complessi che non possono essere classificati con banalità. Sono persone complesse, i secondi: hanno bisogno di occhi, cuore e occhi puliti e puri in grado di cogliere tutti i particolari.

I secondi sono quelli che non hanno vinto. Che è ben diverso dai perdenti. I secondi sono quelli che fino alla fine sono convinti di potercela fare. I secondi sono quelli che stanno dietro ai primi, ai capipopolo che si sono autoincoronati ma i secondi ne hanno viste troppe per credere che ci possa essere un leader che riesca a contenere tutta questa dolorosa complessità. E allora resistono e desistono. Insieme.

Noi, in questo Paese, dovremmo disamorarci dei primi, aiutare gli ultimi e cominciare a seguire con passione i secondi. Quelli che non si notano finché non riescono a farsi massa.

Come diceva Logan Pearsall Smith, Ci sono due scopi nella vita: il primo è di ottenere ciò che vogliamo; il secondo di godercelo. Solo i più saggi tra gli uomini riescono a compiere il secondo.
Buon venerdì.

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L’apologia dei secondi

Come diceva Logan Pearsall Smith, Ci sono due scopi nella vita: il primo è di ottenere ciò che vogliamo; il secondo di godercelo. Solo i più saggi tra gli uomini riescono a compiere il secondo.

Buon venerdì.