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Fermate Fontana che vuole revocare la zona rossa alla Lombardia

Niente, non ce la fa il presidente della Lombardia Attilio Fontana a occuparsi dell’amministrazione della sua regione e alla risoluzione dei moltissimi problemi che affliggono la Lombardia. Non riesce ad occuparsi dei tamponi che continuano a essere pochi, non riesce a garantire sicurezza alla popolazione degli ospedali e delle RSA, non riesce a snellire i trasporti pubblici ma continua imperterrito nella sua personale guerra contro il governo in nome della propaganda per fare felice il suo padrone Salvini.

Così ora Fontana preme sull’uscita dalla zona rossa, come primo atto politico, lì dove ieri sono stati accertati 8.448 casi con solo 38.283 tamponi, con i decessi arrivati a 202 in un solo giorno. Con dei numeri così, la preoccupazione di Fontana è solo quella di fare sapere ai suoi cittadini che se fosse per lui aprirebbe un po’, diventerebbe almeno arancione, tanto per potere dare contro al governo nazionale.

“Diciamo che siamo arrivati in cima al plateau, a questa sorta di montagna, adesso siamo in una fase in cui camminiamo in pianura e presto inizierà la discesa”, ha dichiarato Fontana ospite di Mattino 5, ostentando un felicità un po’ fuori luogo di fronte ai numeri che continuano a salire. Ma lui ha insistito: “Il nostro Rt è sceso in maniera sostanziale, tanto che in base ai numeri noi rientreremmo oggi in una zona arancione”, ha detto con la sua faccia da sorniona.

Fa niente che da molte provincie lombarde continuino ad arrivare numeri spaventosi e che il tracciamento ormai sia completamente saltato. No, per Fontana, che sa bene che proprio anche a causa del tracciamento la sua regione si ritrova in zona rossa, “nel momento in cui si superano certi numeri è praticamente impossibile”. Capito? Se qualcosa è impossibile perché non sono stati assunti i tracciatori e perché i numeri ormai sono esplosi secondo il presidente di Regione Lombardia allora di quel dato non bisogna tenere conto.

Sembra di riascoltare le parole di Salvini quando urlava in diretta Facebook “aprite, riaprite tutto!”, solo che questa volta Attilio Fontana ha sulle spalle (e politicamente ha tutta la responsabilità) delle migliaia di contagiati e di morti. Ma la chicca è un’altra: “l’altro aspetto che noi riteniamo fondamentale – ha aggiunto Fontana – è che non si debba guardare ai dati di 15 giorni fa ma si deve fare una previsione di quelli che verranno in futuro”. In sostanza il presidente di Regione Lombardia ci dice che tutto in futuro potrebbe migliorare e quindi sarebbe il caso, ovviamente adesso subito, di aprire. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

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Aprite i cuori, oltre ai porti

Non si sa cosa sia successo nel Mediterraneo. Si dice, ma non si dice, il ministro Trenta twitta, e poi cancella, che la Guardia Costiera Libica (quella che paghiamo noi, che istruimmo noi, a cui regaliamo barche non si è mai capito perché) avrebbe messo in pericolo dei pescherecci italiani. Ovviamente Salvini, illuso ancora che la Libia esista davvero senza rendersi conto di come sia un guazzabuglio di criminali, frustrati, ricattatori, torturatori che giocano con il proprio rubinetto per mettere sotto scacco l’Europa, interviene subito. Se non polemizza non esiste. Per questo ogni giorno è una polemica. Il ministro dell’Interno, senza polemiche e senza migranti è niente fatto di niente, sarebbe solo un illustre ragazzetto che ci aggiorna sui suoi profili social di un tour gastronomico internazionale.

E fa niente che stia funzionando il velo di silenzio caduto su questi disperati che ancora provano a salvarsi. Questi sono sommersi e non salvati. Muoiono cinque bambini nel Mar Egeo, cinque bambini, e la notizia non occupa più di qualche riga sul sito dell’Ansa.

Sapete che c’è? Che ci siamo abituati alla morte e al dolore. Ma mica solo quello straniero. Anche che a Napoli una bimba venga colpita da un proiettile vagante in fondo ci interessa giusto il tempo per dire che lì è così, lì funziona così, e quindi che si fottano anche i bambini napoletani.

Intanto il ministro celebra il muro anti-immigrati di Orban e scimmiotta (male) Mussolini dal balcone di Forlì.

C’è qualcosa che mi preoccupa di più di un ministro sgangherato che defeca macerie in giro per l’Italia: è quello che siamo noi, che stiamo diventando o che forse siamo già diventati. Occupati, tutti preoccupati, del nostro piccolo cortile che si fa ogni giorno più piccolo, ogni ora un po’ più ristretto, come se avessimo una dose minima di umanità che ci basta solo per infilare gli zaini al mattino sulle spalle dei nostri figli. Non abbiamo più una visione globale della sofferenza, del maleficio mondiale, e nemmeno del dolore del nostro Paese. Questi volevano difendere la Patria e invece hanno chiuso i cuori, più che i porti. Un’occlusione cardiaca che non basterà curare con una buona raccomandazione e degenza al San Raffaele. Qualcosa che ci costerà tantissimo in termini di ricostruzione. E sarà faticoso, per tutti.

Restiamo umani.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/05/06/aprite-i-cuori-oltre-ai-porti/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.