Un’esigenza culturale
Mi ha molto colpito l’articolo di Maria Teresa Santaguida sul patrimonio culturale italiano e sulle condizioni di una reale valorizzazione che passi attraverso un’evoluzione dei cittadini oltre che delle amministrazioni. Dice la Santaguida che deve nascere “un’esigenza culturale” e proprio su questa definizione rimane a nudo questa Italia che non legge, non osserva e non gode di arte e cultura. Siamo esigenti nel lavoro, con i figli, con i colleghi con i propri compagni e abbiamo abdicato invece alla bellezza:
Alcuni dati sulla comparazione dei flussi turistici fra Italia e altri paesi del mondo dimostrano che il nostro paese, riconosciuto come grande contenitore di valore artistico e culturale a livello mondiale, non riesce tuttavia a produrre risultati economici soddisfacenti. Secondo gli studi presentati alla conferenza sul tema tenuta da Banca d’Italia nel 2012 i flussi turistici Italiani nel decennio 2000-2010 si sono ridotti dal 9 al 4% (incidenza del turismo internazionale in Italia), quelli degli USA sono rimasti al 9%, e persino paesi colpiti dalla crisi come la Spagna dimostrano risultati migliori. Tra il 2000-2010 la quota di mercato dell’Italia sugli introiti turistici mondiali è scesa dal 5,8 al 4%, con una riduzione di quasi il 30 per cento. Questioni politiche e sociali che coinvolgono il sistema Paese sono probabilmente alla radice di questa mancata messa a valore, tanto che le aree a maggiore specializzazione turistica, ma con maggiori problemi, cioè quelle del Sud, subiscono gli arretramenti più ampi. Ma si deve andare oltre: consapevolezza e cittadinanza attiva La tutela e gli investimenti non bastano, però. Bisogna creare un’esigenza personale e sociale. La creazione di questa esigenza è, ad esempio, fra gli strumenti individuati alla conferenza di Montreal: perché il Paesaggio Culturale sia tutelato e valorizzato le autorità hanno l’obbligo di stimolare ed incentivare la consapevolezza dei cittadini e la loro azione e partecipazione diretta. I cittadini dovranno essere propulsori di questo stimolo e recettori finali, fruitori e trasmettitori contribuendo all’amministrazione partecipata del patrimonio. Ecco il senso dell’interazione effettiva fra patrimonio, paesaggio e biodiversità. Interazione che incontra intimamente i diritti fondamentali dell’uomo sanciti dalla Universal Delcaration of Human Rights, all’articolo 27: “Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici”. Si prenda il caso della ricostruzione del centro storico de L’Aquila dopo il terremoto del 2009: la rimessa in sesto degli edifici storici della città non è solo un’opera di ricostruzione architettonica, ma ha un profondo valore sociale ed umano. Ricostruire l’Aquila ed i paesini del Cratere Aquilano significa ricreare una comunità umana attiva e dinamica. Valorizzazione della biodiversita’ culturale come motore di rilancio Ecco perché la questione del patrimonio culturale come bene comune e della sua gestione si trova dunque al centro di un rivoluzione civile: l’investimento in cultura genera fruitori attivi e non passivi e dunque sviluppo. Da ciò dipende il senso di comunità, della coscienza singola e collettiva e di quella nazionale. Una comunità coesa, benestante e attiva, integrata con il proprio territorio e il proprio paesaggio corrisponde ad una dinamica economica più vincente: le persone saranno in grado di fare scelte consapevoli, di raggiungere standard lavorativi superiori e dunque più produttivi. I risultati di una migliore conservazione, valorizzazione e fruibilità del patrimonio e della biodiversità culturale potrebbero essere sorprendenti, costituendo il vero motore di una generale ripresa, economica e civile. di Maria Teresa Santaguida
Ps in bocca al lupo al nuovo progetto pagina99.it, l’inizio mi sembra promettente.