Vai al contenuto

austria

Rifugiati, dove è la crisi? L’Italia ultima nell’accoglienza tra i big d’Europa

Sono piccoli dettagli ma torneranno presto a essere argomenti. Mario Draghi ha parlato poco, pochissimo, quasi niente di immigrazione se non in una sua replica al Senato lo scorso 17 febbraio e di sfuggita in qualche suo discorso con la solita retorica di un sovraccarico di rifugiati che pesa sull’Italia, eppure appena si placherà la discussione sulla pandemia la politica nostrana si incaglierà ancora lì, c’è da scommetterci. Matteo Salvini, parlando del suo rinvio a giudizio a Palermo per il caso della nave Open Arms, ha già messo il tema sul tavolo annunciando la sua intenzione di confrontarsi con la ministra Lamorgese per “cambiare registro”.

Draghi per formazione professionale e per forma mentis dovrebbe essere un uomo che ragiona sulla base dei numeri e allora conviene ripassarle le cifre di una crisi che non esiste: in Italia ci sono 3,4 rifugiati ogni 1000 abitanti, in Svezia sono 25 ogni 1000, 134 in Germania e 6 in Francia. Queste sono le proporzioni, tanto per capire di cosa stiamo parlando. I dati sono contenuti in una ricerca pubblicata da Eurostat che si riferisce alle richieste di asilo nei Paesi europei nel 2020 e il risultato piuttosto sorprendente rispetto alla retorica da cui siamo circondati dice che l’Italia, con 26.535 domande, sia addirittura all’ultimo posto nell’accoglienza di migranti tra gli Stati più grandi, perfino dietro alla Grecia che, nonostante abbia una popolazione pari a un sesto dell’Italia (e un Pil pari a un decimo del nostro) ha ricevuto 40.560 domande nell’anno appena passato.

La Germania, ad esempio, che viene indicata spesso in Europa come la nazione che “scarica” i rifugiati sugli altri Paesi mettendoli in difficoltà, è la meta privilegiata dei migranti in Europa avendo ricevuto il 20% delle richieste totali. Seguono Francia e Spagna, rispettivamente con 93.475 e 88.525 rifugiati, mentre il Regno Unito con 31.410 domande si pone alle spalle della Grecia e precede l’Italia. Se teniamo conto delle dimensioni dei Paesi risultano sorprendenti anche i dati di Belgio, Svezia e Olanda che hanno circa 15.000 domande ciascuno, sono 13.640 per l’Austria e 11.540 per la Svizzera. Cipro, con una popolazione totale che non raggiunge i 900 mila abitanti ha ricevuto 7.000 richieste di asilo.

Ma se rapportiamo il numero di richieste al numero di abitanti la situazione diventa ancora più lampante: per l’Italia siamo allo 0,04% rispetto allo 0,14% di Svizzera e Francia, lo 0,15% di Germania, Belgio, Austria e Svezia, lo 0,19% della Spagna, lo 0,37% della Grecia e addirittura lo 0,79% di Cipro. L’Italia insomma è uno dei Paesi europei che nel 2020 ha accolto meno richiedenti asilo. Sono numeri da tenere portata di mano, appuntarsi su un foglio da tenere in tasca, almeno per evitare le intossicazioni di un tema che non riesce mai ad essere discusso senza diventare bieca propaganda. E di sicuro il presidente del Consiglio, che da sempre usa i numeri per costruire la sua visione di mondo, non cadrà nella tentazione di valutare un’emergenza in base al volume degli strilli. Speriamo.

L’articolo Rifugiati, dove è la crisi? L’Italia ultima nell’accoglienza tra i big d’Europa proviene da Il Riformista.

Fonte

Un Presidente verde. Del verde giusto, però.

In Austria è quasi fatta per la vittoria di Van Der Bellen alla presidenza. Un rappresentante dei Verdi vince nell’Austria in cui la xenofobia dell’ultra destra cavalca veloce. Una bella notizia. Intanto. Per cominciare.

Ecco cose scrive Repubblica:

«”Alexander Van der Bellen è il nuovo presidente austriaco”. E’ stata per prima la tv pubblica Orf a comunicare la vittoria del candidato ecologista che con il 53,6% dei voti ha di nuovo sconfitto nel ballottaggio l’avversario populista Norbert Hofer che aveva ottenuto l’annulamento delle precedenti consultazioni per irregolarità nel voto.
“Vorrei congratularmi con il signor Van der Bellen per la sua vittoria”, ha dichiarato il segretario generale del Fpoe, Herbert Kickl che ha guidato la campagna del populista Hofer, alla televisione pubblica austriaca Orf. “Per l’ultima volta le forze, che sono contro il rinnovamento, ci hanno fermati”, ha aggiunto Kickl facendo chiaro riferimento alle elezioni politiche che probabilmente saranno anticipate alla prossima primavera.
Il ministero degli Interni ha detto che non ci sono state irregolarità. Proprio la denuncia del partito Fpö del candidato ultranazionalista aveva portato al ripetersi del ballottaggio. Per soli 31mila voti, l’ex presidente dei Verdi era stato dichiarato vincitore. Il conteggio del voto per posta e la diffusione di alcuni dati parziali erano stati alcune delle irregolarità rilevate, sebbene secondo la Corte costituzionale non abbiano influito sul risultato.»

Cosa ci insegnano le elezioni austriache

charlie-hebdo-arte-contro-violenza-630624

Un’analisi condivisibile di Giordano Masini:

«Ma è l’esistenza stessa di una Große Koalition a esaurire le alternative elettorali, e a costringere gli elettori a orientarsi, per esprimere un malcontento che può essere anche fisiologico e razionale, verso opzioni populiste e antisistema. E infatti il processo di erosione della coalizione dei popolari e socialdemocratici era già in corso da anni, l’emergenza migranti non ha fatto che accelerarla facendo esplodere i consensi del FPÖ di Heinz-Christian Strache e del candidato alla presidenza Norbert Hofer, che del suo partito incarna l’immagine più rassicurante e colta, ma i numeri di Van der Bellen (Verdi) e dell’indipendente Irmgrad Griss (sostenuta anche dai liberali di Neos) che si contendono un posto al ballottaggio rende la misura di come gli austriaci stiano cercando non tanto e non solo di difendere il Brennero dall’assalto dei profughi, quanto di trovare alternative al governo in carica e di esprimere un deciso malcontento verso di esso.

Oggi i partiti che governano l’Austria insieme superano di poco il 20% dei voti, nessuno di loro andrà al ballottaggio, e più di un elettore su tre ha votato il candidato dell’estrema destra. In mezzo, due candidati che hanno saputo raccogliere quasi il 20% circa dei consensi ciascuno, mentre l’Austria sia avvia verso un ballottaggio surreale, tra un candidato verde e uno ultranazionalista dai tratti smaccatamente xenofobi. Se qualcuno vede ancora il modello del Partito della Nazione come argine ai populismi di destra e di sinistra, dovrebbe guardare all’Austria come il banco di prova di un clamoroso e allarmante fallimento.»

Continua qui.