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beppe grillo

Quando non è “né destra né sinistra” è quasi sempre destra

In fondo rimane la consolazione che forse un po’ se ne vergognano anche loro di lucrare sul terrorismo xenofobo che inietta paure senza nemmeno bisogno di bombe. Mi illudo di credere che Grillo, quello che girava i teatri per aprirci gli occhi sul mondo, sappia in cuor suo di avere deciso di cavalcare una “cagata pazzesca” solo per uno’ di autopreservazione, buttandosi mani e piedi tra le braccia di un salvinismo che per sua natura ora gli chiederà ogni giorno di essere un po’ peggio, di urlare un po’ più forte, di sputare un po’ di bava.

E mi piacerebbe vedere l’orda di analisti politici della domenica pomeriggio che insistevano nel dirci che lì, dentro il M5S, ci sarebbero i voti della “sinistra delusa” oppure chi metteva il broncio ogni volta che si faceva notare come il Movimento 5 Stelle (com’è nella natura delle cose in politica) nonostante si sforzi di apparire al di sopra delle parti ogni volta che deve ritornare con i piedi per terra si sieda a destra.

Mi viene da pensare che questi, almeno, non sono fieramente razzisti come quelle quattro teste rasate che rimestano nei conati della nostalgia o come quei leghisti lepenisti da discount che strisciano da leoni da tastiera. Ma mi sbaglio, temo: essendo all’inizio del disvelamento i toni bassi potrebbero essere semplicemente l’inizio di un crescendo che non tarderà di passare dall’osceno al pubblicamente rivendicato.

Beppe Grillo dopo le elezioni amministrative (che dice di avere vinto, come tutti, ogni volta, così allineato anche in questo) ha sparato in sequenza strali contro i migranti, i rom, il Regolamento di Dublino e le solite multinazionali cattive. Il francescano che con l’acqua alla gola non trova di meglio che scalciare contro i deboli è la fotografia perfetta di una fede che più attenta al valore elettorale che ai valori. Quelli che volevano liberare i deboli dalle prepotenze dei potenti ora hanno deciso di dedicarsi alla liberazione degli sfoghi dei prepotenti deboli con i forti che fanno i forti con i deboli. Dentro, tanto per non farsi mancare nulla, ci hanno buttato anche una legge (quella sullo ius soli) che non ha nulla a che vedere con l’immigrazione ma torna utile per un po’ di propaganda sulla razza.

Chissà che ne direbbe, san Francesco. E chissà cosa direbbe, se potesse, Di Battista a guardarsi a braccetto con i beceri che ci aveva promesso di stanare.

Bene. Avanti così.

Buon giovedì.

(continua su Left)

«Grillo ringrazi i bravi giornalisti» (di Marco Lillo)

(di Marco Lillo, fonte)

I buoni giornalisti, così come i buoni politici, sono utili alla democrazia. È questa la lezione che Beppe Grillo dovrebbe trarre dal caso Raggi-Marra. Invece che continuare a definirli   “morti che camminano” o  “gossippari pennivendoli” il leader del Movimento 5 stelle dovrebbe ringraziare e scusarsi con tutti quei cronisti che, a partire da quelli de L’Espresso, hanno svelato gli affari immobiliari di Raffaele Marra. Giornalisti che, come spesso accade, fanno solo il loro dovere e, come in questa storia (non sempre) si dimostrano migliori del blog di Beppe Grillo, più efficaci della Casaleggio Associati e più utili del M5s nella formazione della conoscenza e coscienza dell’opinione pubblica. Non scrivo questo commento per dire: noi giornalisti siamo meglio di Grillo e dei suoi seguaci che ci insultano.

Scrivo perché vorrei mettere in guardia i nostri lettori e i suoi elettori sul fatto che le idee di Beppe Grillo sui giornalisti sono pericolose per la democrazia e che il caso Marra-Raggi ne è la migliore cartina di tornasole.

Ora che le carte della Procura di Roma sono state in parte depositate è possibile fare chiarezza su un punto chiave di questa storia: le indagini e il successivo arresto di Marra per i 367mila euro forniti dal costruttore Sergio Scarpellini per l’acquisto della casa intestata alla moglie sono partite dopo i pezzi de L’Espresso.

Emiliano Fittipaldi pubblica il 14 settembre il primo pezzo sull’acquisto anomalo di una casa a 728mila euro mentre un appartamento identico nello stesso stabile era stato venduto a un milione e 200mila euro nello stesso periodo. Già questo sarebbe dovuto bastare a Virginia Raggi per mollare il suo dirigente ma la sindaca andò avanti e confermò Marra alla direzione del personale.

Nonostante Beppe Grillo – questo va riconosciuto al leader del M5s – la mise in guardia. Poi, il 28 ottobre, Fittipaldi pubblica il secondo pezzo nel quale ricostruisce i rapporti tra il Comune di Roma e il costruttore Fabrizio Amore, indagato per turbativa di gara. In quel pezzo descrive anche l’acquisto da parte della moglie della casa Enasarco a 375 mila euro. Ovviamente Fittipaldi non sa e non può sapere che quei soldi sono stati messi a disposizione da Scarpellini e il focus del suo articolo non è chi ha pagato ma lo sconto ottenuto da Enasarco. Dieci giorni dopo, l’8 novembre del 2016, il procuratore aggiunto Paolo Ielo incontra i dirigenti dell’ l’UIF e chiede ai segugi di Bankitalia di fargli sapere tutte le movimentazioni finanziarie di Marra. Il 30 novembre l’UIF risponde e scrive a Ielo che la casa è stata pagata con assegni circolari coperti da Scarpellini. A quel punto – dopo aver verificato che dai flussi dei conti correnti non risulta che i soldi siano stati restituiti – parte la richiesta d’arresto.

I pm mettono Marra in galera per il secondo acquisto ma ricordano nella richiesta di arresto anche il primo, nonostante sia ormai prescritto perché è del 2009. Se Marra è un virus, è evidente che in questa storia il M5s introduce il virus nella vita politica romana e la stampa lo individua e lo isola mentre la magistratura lo rimuove.

Il primo acquisto scontato mezzo milione da Scarpellini è stato scoperto dalla stampa e Virginia Raggi si è girata dall’altra parte. Il secondo acquisto, effettuato con 375mila euro di Scarpellini probabilmente è stato scoperto anche grazie alla stampa. Cosa ha da dire Beppe Grillo su questa prova della categoria dei ‘dead man walking‘?

Il punto non è se siano meglio i politici M5s o i giornalisti. Non si tratta di fare classifiche di utilità sociale o di etica pubblica. Per dire, non si conoscono giornali che abbiano rifiutato i contributi che spettavano per legge alla loro testata come il M5s ha rifiutato decine e decine di milioni di rimborsi elettorali.

Il punto è che i buoni giornalisti sono utili alla democrazia come lo sono i buoni politici. Il vecchio sistema, un po’ acciaccato dal tempo, nel quale esiste un quarto potere che controlla gli altri tre è ancora il migliore su piazza. Nonostante i conflitti di interesse degli editori, nonostante la crisi, nonostante la concorrenza del web, per scoprire che Marra non ha pagato la casa è stato più utile un giornalista di una società editoriale tradizionale, con tutti i suoi vizi e difetti, di un blogger grillino.

La colpa di Grillo in questa storia non è solo quella di avere scelto e supportato Virginia Raggi, definita da chi scrive nell’aprile scorso un candidato senza le carte in regola per guidare Roma. La colpa è anche quella di avere illuso i suoi elettori sul fatto che – per informarsi – sia meglio leggere un post sul suo blog che un articolo su L’Espresso o sul Fatto Quotidiano.

Quando abbiamo analizzato le omissioni di Virginia Raggi nelle sue comunicazioni pubbliche prescritte dalla legge Severino sia sul suo curriculum (praticantato presso lo studio di Cesare Previti) sia sui suoi incarichi (Asl di Civitavecchia), il M5s si è chiuso a riccio per difenderla.

Un esponente di spicco del M5s in quei giorni, dopo avermi garantito la sua presenza alla presentazione del mio libro ‘Il Potere dei segreti‘ a Roma, insieme a Michele Emiliano, non si presentò sostenendo che non aveva ricevuto gli sms e le mail che confermavano l’incontro. Il M5s non gradisce i giornalisti che trovano le notizie o che pongono le domande. Come ha spiegato una volta Grillo preferiscono i monologhi o le passerelle da Bruno Vespa.

Quando sul Fatto abbiamo descritto e documentato i metodi poco ortodossi con i quali Virginia Raggi ha messo nell’angolo il suo rivale alle comunarie, Marcello De Vito, ci hanno bollato come ‘gossipari’. Quando abbiamo raccontato gli scheletri negli armadi di alcuni assessori (i rapporti di Fiscon con Paola Muraro e i peccati fiscali di Paolo Berdini) non abbiamo ricevuto apprezzamenti ma solo critiche.

Dopo il primo scoop de L’Espresso su Marra, invece di spiegare le ragioni della permanenza di un simile personaggio in Campidoglio, Grillo nell’incontro di Palermo preferì insultare in coro con Julian Assange la stampa accorsa ad ascoltarlo. Avrebbe fatto meglio a rivolgere i suoi strali verso il palco. In questa storia la stampa ha fatto il suo dovere di controllo. Il M5s no.

Grillo cambia rotta su #Brexit ma non l’ha deciso nessuno.

Con calma. Andate qui e leggete il punto 10:

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Ora basta affidarsi alla calce di google (qui) per leggere com’era:

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Ora una domanda semplice: ma chi ha deciso questa inversione di direzione politica (come testimoniano le foto qui nel post)? In rete? Il direttorio? Il gruppo parlamentare europeo?

Il Vangelo secondo Matteo e l’avviso di Grillo

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Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti, e gli slogan sono le tangenziali delle parole buttate lì con la leggerezza di chi sa che funzionano e che nessuno si prenderà la briga di smontarle. Così mentre la Chiesa viene rimandata a cuccia da una (bella) frase di Matteo Renzi tutt’intorno viene facile giovanardare come un Adinolfi qualsiasi: se c’è un buon motivo per essere felici della fresca (mezza) legge sulle unioni civili è la sconnessa reazione dei pretini, l’abbattimento degli jihadisti episcopali e le mendaci contrizioni dei puttanieri censori delle famiglie degli altri. Perché, diciamocelo, il rumore della tradizione che scricchiola nel sarcofago a forma di fede è in queste ore uno strisciare di unghie. E allora ben venga un rinculo di laicità, benché sotto forma di slogan, e lo dico io che con Renzi e renzini non sono mai stato troppo tenero. Con un solo piccolo però: spergiurare sulla Costituzione, quello sì, sarebbe un peccato mortale. Politicamente, s’intende.

Sempre per la rubrica delle “parole che sono importanti” c’è anche l’avviso di garanzia, in senso grillino.

(il mio buongiorno per #Left continua qui)

La condanna a Grillo vista dal paese dei cialtroni e degli avvoltoi

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Senza cadere nel gioco del “tutti ladri” perché “nessuno sia ladro” mi chiedo (e non trovo una risposta) se davvero sia da un’affermazione fatta da Grillo, come mille altre, contro una lobby di pensiero che si debba ripartire per mettere argine ad una classe politica che trova nell’iperbole detta un male minore rispetto alle spericolatezze etiche delle malefatte. Mi chiedo se qualcuno di noi abbia mai pensato di denunciare una delle milioni di bugie che ci vengono propinate quotidianamente, mi chiedo se davvero qualche magistrato non abbia mai intravisto un’apologia di reato nelle parole di una Santanchè qualsiasi, tanto per citarne una?

Ben venga la condanna per un linguaggio molesto di cui avremmo bisogno di liberarci per davvero ma allora ci dovrebbero essere decine di dirigenti politici condannati subito domani per “associazione politicante di bene pubblico per interesse privato”. Un reato così, una cosa da “inettitudine al governo” o un reato di cialtroneria o un rinvio a giudizio per atteggiamento avvoltoio. Perché altrimenti se ne colpisce uno senza sapere che sarà il santo e il martire della prossima incazzatura.

Ed è patetico un Paese che trasforma un comico in un Pertini o Mandela mentre gli altri con il sangue che gli gocciola in tasca ridono fuori scena.

Ne ho scritto qui.

Beppe Grillo, bravo. Anche se non è chic.

Il 5 luglio mi capitava di scrivere un tweet. Questo:

 

 

greciaipotecataPensavo all’energia vitale di essere contro questa bruttissima Germania (curandera di questa brutta Europa) e al fatto che in fondo siamo sommersi da politici che hanno come priorità quella di stare a galla: imbarcano a destra, imbarcano a sinistra e tutti virano vero il centro. Mica il centro di gravità permanente, figurarsi, ma il centro della pozzanghera che raccoglie lo sporco al centro della strada.

Ho criticato (e lo penso ancora) Grillo perché ha appoggiato Tsipras senza mettere sul tavolo le proprie proposte su una diversa Europa e perché troppo spesso l’ho visto banalmente antieuropeo come un Salvini qualsiasi.

Ma la decisione di chiedere che il Parlamento voti sulla concessione di nuovi fondi alla Grecia a queste umilianti condizioni è il passo che avrei voluto ed è avvenuto.

E non me ne frega niente se sarebbe stato chiccosissimo bisbigliare questo articolo a qualcuno delle nuove (tre? quattro?) sinistre: il M5S ha ridato la parola al Parlamento in un momento in cui il Parlamento è solo la lettiera di Matteo Renzi.

E allora chapeau. Davvero.

L’ha fatto per caso o per calcolo elettorale? Beh, ha fatto quello che servirebbe. Ce ne fossero di politici che scelgono ciò che sarebbe giusto per caso o per furbizia.

La ragionevolezza del M5S

Non ho lesinato (e non lesinerò) critiche ad alcuni comportamenti incomprensibili (e suicidi) del Movimento 5 Stelle ma non si può non sottolineare la ragionevolezza con cui Di Maio risponde oggi alla proposta di legge elettorale del PD. Tenendo conto che, in fondo, i dubbi del M5S sono gli stessi di molti all’interno del PD e a sinistra credo che Renzi oggi non possa più nascondersi dietro nessuna “mancanza di proposte” ma debba decidere con che maggioranza vuole costruire sulle riforme. Il segreto di Pulicinella (cioè che molti democratici governerebbero con il centrodestra per tutta la vita se potessero) ora non ha più nascondimenti. E alla fine forse avevamo quando invitavamo Grillo a dialogare con il Governo per metterlo alle strette.

Ora vediamo se i simboli contano più dei contenuti. Davvero.

Ancora su Farage

Scrive Andrea Scanzi e questa volta condivido in toto la sua analisi:

Oltretutto l’autodifesa di Farage contiene non poche inesattezze, come la ricostruzione della cacciata di Nikki Sinclaire (fu messa alla porta da Farage nel 2010, due anni prima del presunto peculato). Grillo dice: “Farage è spiritoso”. E uno sticazzi non ce lo mettiamo, Grillo? Anche Berlusconi è molto spiritoso a cena, ma resta Berlusconi. Grillo dice: “Farage non è razzista”. Certo, non è Goebbels. E quando vuole è efficace: alcune sue requisitorie a Bruxelles sono molto divertenti. Però Farage è anche e soprattutto quello che piace alla Lega (Speroni: “Farage è come la Le Pen, sono equivalenti, lottano su temi comuni”). E il partito di Farage (Ukip) è pieno di intellettuali che negli anni hanno regalato frasi tipo “Certe persone hanno una tendenza naturale a essere soggiogate fin dalla nascita” (David Griffith alludeva ai neri), “Non vorrei avere dei romeni vicini di casa”, “Le alluvioni sono la punizione divina per la legalizzazione dei matrimoni gay” (David Silvester), “Le donne valgono meno, è giusto guadagnino meno, vanno in maternità”.

Da un lato Farage è quello che ha cacciato Borghezio e proibisce l’iscrizione all’Ukip della destra estrema (Bnp), dall’altro è quello che vuole restringere l’uso di burqa e niqab (“Nemmeno io posso entrare in banca col casco”) e che nel 2004 ha applaudito il suo eurodeputato Godfrey Bloom per la frase “Nessun uomo d’affari con un cervello darebbe lavoro a una giovane donna single” (Farage ha poi cacciato Bloom nove anni dopo, quando ha definito le sue colleghe dell’Ukip “mignotte”). Una succinta ma mediamente agghiacciante raccolta del “peggio di Ukip” la trovate qui. Farage somiglia al M5S unicamente nella lotta all’eurocrazia. E’ sufficiente per sedergli accanto? Che effetto fa, a una forza “giustizialista” come M5S, avere poi vicino uno che lotta contro l’evasione fiscale ma gestiva un fondo fiduciario all’isola di Man che serviva – lo ha ammesso Farage stesso – per pagare meno tasse?