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Dire le cose in faccia al Consiglio comunale di Bollate

A Bollate l’amministrazione comunale decide di tenere una seduta di Consiglio “aperta” per affrontare il problema delle infiltrazioni di ‘ndrangheta emerso violentemente dopo gli arresti di Luglio. In mezzo alla sonnolenza filosofica antimafiosa qualcuno ha cercato di fare nomi e cognomi e parlare di responsabilità. Nel poco tempo a disposizione io ho provato a raccontarlo così:

http://www.youtube.com/watch?v=1L16gzTdTWo

Bollate, giovedì 14 ottobre: NO MANDALARI DAY. Fuori la mafia!

Un losco figuro si aggira per le campagne lombarde. Ha la lingua lunga (e intercettata) ed è il nuovo che avanza della ‘ndrangheta lombarda. I nuovi boss che si nascondono sotto il tappeto. Ad ascoltarli fanno tenerezza. Lontani anni luce dall’icona del boss tra cacchette di capra e ricotte che scriveva in codice sui pizzini stropicciati come Binnu Provenzano, oggi gli aspiranti boss lombardi sono un misto di prepotenti con la cazzuola ed esosi da periferia. Il guappo Vincenzo Mandalari al telefono nel febbraio del 2009 si incensa come fanno le sciantose sotto il portico della Scala: “C’è stato un momento, in cui ad Assago comandavo io! credimi! per mia negligenza, sempre per il fatto di essere abusivista, io ce l’ho nel sangue di essere abusivista!”. Poi, resosi presto conto che “i politicanti vedi che sono scemi” decide di scendere in campo. Aveva in mente di darsi da fare a Bollate per le elezioni comunali. Una strategia precisa: far cadere l’attuale amministrazione, prima, ed eleggere un sindaco amico, poi. “Adesso riusciamo a farla cadere, perché io mi sono intrufolato in politica»”dice in una conversazione del 13 febbraio 2009 Mandalari, e poi l’idea di fondare un partito “non è importante destra o sinistra a livello locale”. Un politico con le idee chiare, senza dubbio. Se è vero che Calderoli è diventato ministro non possiamo che ringraziare la Boccassini per avere frenato la rincorsa di Vincenzino verso la Presidenza del Consiglio. Ma la lingua lunga, nell’opera buffa della ‘ndrangheta milanese si paga: così oggi al Mandalari latitante per la sgarrupata periferia milanese forse converrebbe una residenza certa in carcere piuttosto che un bossolo lucido infilato nella schiena. Le malelingue dicono che stia facendo le primarie per decidere se costituirsi.Intanto, di sicuro, ha chiesto che vengano dissequestrati i suoi beni perché in questi tempi di crisi anche le latitanze costano.

Domani, giovedì 14 ottobre, dalle ore 18.30/19.00 nella piazza di fronte al Comune di Bollate (MI) proveremo tutti insieme a raccontare e fare chiarezza sulle vicende che qualcuno vorrebbe taciute con una manifestazione tra le gente: NO MANDALARI DAY.

Siamo scesi in piazza per condonati, prescritti e salvati. Domani scendiamo in piazza per sgretolare l’onore.

Chi è Vincenzo Mandalari? Ecco cosa scrive l’ordinanza di cattura:

MANDALARI Vincenzo è il capo della locale di Bollate. In apparenza è un incensurato imprenditore, impegnato nel settore edilizio e delle compravendite immobiliari. Nel contesto ‘ndranghetistico ha ereditato il ruolo dal padre Giuseppe, da lui indicato come uno dei fondatori della “Lombardia”. Unitamente al fratello Nunziato ed a numerosi altri soggetti fu denunciato per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. dai Carabinieri della Compagnia di Rho nell’ ambito di indagini che prendevano lo spunto dall’omicidio ALOISIO e da altro evento omicidiario, sempre commesso in Rho il 18.01.1991 in danno di STASI Giuseppe (vedasi comunicazione di notizia di reato dei CC Rho del 18.11.1991). Il suo nome era emerso in occasione delle indagini sul sequestro SGARELLA, poiché, come si è già evidenziato trattando della “ Lombardia”, già all’epoca gli orti di Novate Milanese erano luogo di ritrovo degli affiliati ed egli ha paretecipato al summit del 30 maggio 1998 (come l’esame dei nastri allora registrati ha mostrato). MANDALARI Vincenzo era presente presso la pensione “SCACCIAPENSIERI” di Nettuno il 30 aprile 1999 in occasione di quello che fu definito dagli investigatori un summit di ‘ ndrangheta. In tale occasione erano presenti oltre a NOVELLA Carmelo, all’epoca capo della lombardia, GALLACE Giuseppe, figlio di GALLACE Vincenzo, BARRANCA Cosimo, BARBARO Domenico detto “l’australiano”, attualmente detenuto per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., MOLLUSO Giosofatto, affiliato al locale di Corsico, MINASI Saverio, affiliato al locale di Bresso, RISPOLI Vincenzo, capo del locale di Legnano, MANDALARI Nunziato, affiliato del locale di Bollate, PANETTA Pietro Francesco, PANETTA Salvatore, LAVORATA Vincenzo e BELCASTRO Pierino, capo ed affiliati del locale di Cormano, dunque, un nutrito gruppo di affiliati della “lombardia”. MANDALARI Vincenzo, come si è detto, si intrattiene quotidianamente a bordo della propria autovettura con PANETTA Pietro Francesco, con il quale è legato dalla comune appartenenza alla ‘ndrangheta, ma anche da vincoli di amicizia. Le conversazioni tra i due sono state una inesauribile fonte di informazioni sulla regole di ‘ndrangheta, sulla struttura e sulla organizzazione delle cellule di base, le locali, e degli organi di rappresentanza, la Provincia. La figura di MANDALARI è quella di un navigato uomo di ‘ ndrangheta che esprime tutta la sua ammirazione ed il suo sostegno nei confronti di un soggetto carismatico quale era NOVELLA Carmelo (anch’egli originario di Guardavalle).

Discarica di Bollate: la risposta della Regione su una storia che non è chiusa per niente

La vicenda della discarica di Bollate (ex cava Bossi) è la metafora di un settore che anche in Lombardia è diventato il banchetto ricco delle mafie, in particolare delle famiglie di ‘ndrangheta che infestano l’hinterland milanese. A Bollate si vocifera con una certa insistenza che l’ombra di un latitante arrivi in molti campi che lambiscono la movimentazione terra. Un video già pubblicato su questo sito ha dimostrato come nella discarica esistessero evidenti falle legali. Oggi, leggendo le risposte date in commissione dagli assessori Marcello Raimondi e Romano La Russa, possiamo aggiungere già qualche tassello in un puzzle che è tutto in divenire:

L’Assessore all’Ambiente Marcello Raimondi dice “L’ultima autorizzazione della ditta Rip.Am. risulta la numero 163 del 24 aprile 2009, rilasciata dalla Provincia di Milano, relativamente alle operazioni di messa in riserva, recupero, raggruppamento e ricondizionamento preliminare, miscelazione e deposito preliminare di rifiuti speciali non pericolosi, nonché all’accorpamento dell’attività svolta in regime semplificato da parte della medesima ditta” e aggiunge “risulta agli atti della Provincia di Milano un sopralluogo, effettuato in data 27 luglio 2010 dalla Polizia provinciale stessa, unitamente alla Polizia locale di Bollate. Dal verbale redatto, risulta che sono state contestate violazioni in merito alla qualità di materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e per aver accettato rifiuti senza il prescritto formulario.

L’Assessore La Russa dichiara di avere subito interpellato “peraltro ripetutamente, perché non è stato proprio facilissimo ricevere risposta, e non si capisce bene perché – il Comune di Bollate che “ci comunica che, per quanto riguarda problemi di sicurezza ai cittadini, non sussiste assolutamente nessun rischio, nessun pericolo, né sono stati segnalati negli ultimi mesi eventuali allarmi nelle adiacenze, in prossimità o sulle strade della cosiddetta cava”.

Ora il Comune di Bollate ci dovrà chiarire un paio di cose. L’ostinazione è un mio difetto che porto con una certa fierezza.

“ITR numero 3010: Interrogazione concernente le informazioni circa i gestori della cava di Bollate”

PRESIDENTE

Passiamo all’ITR/3010 ancora a firma dei Colleghi Cavalli, Sola, Patitucci e Zamponi, annunziata in Aula in data 28 luglio 2010, con risposta dell’Assessore Raimondi e dell’Assessore La Russa.

RAIMONDI Marcello

Signor Presidente, l’interrogazione numero 3010 chiede informazioni circa i gestori di una cava, ossia la ex cava Bossi di Bollate. La cava di cui si parla nell’interrogazione risulta cessata da oltre trent’anni, ossia anteriormente all’entrata in vigore delle leggi regionali numero 18 del 1982 e numero 14 del 1998. Pertanto, tale attività estrattiva non fu soggetta alla disciplina di queste leggi.

Il contenuto dell’interrogazione, quindi, si riferisce ad attività di discarica e deposito e non ad attività estrattiva. Ho comunque chiesto agli Uffici di effettuare ulteriori ricerche per agevolare il lavoro dei Consiglieri, nello spirito di collaborazione instaurato con questa Commissione.

Chiaramente la mia struttura non può rispondere su aspetti inerenti le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano o delle Procure coinvolte.

Da una ricerca effettuata presso gli Uffici regionali risulta che, in data 21 aprile 1993, la ditta Rip.Am. Srl presentò istanza di autorizzazione per la costruzione di un impianto di trattamento di materiale lapideo. L’Ufficio competente, al rilascio delle autorizzazioni per le emissioni in atmosfera, ritenne di predisporre un atto di diniego, citando il parere negativo espresso dal Sindaco di Bollate. Dal 1994 in Lombardia le Province sono titolate ad autorizzare le discariche di inerti, in forza di deliberazione della Giunta regionale, ai sensi della legge numero 142 del 1990 e della legge regionale numero 94 del 1980. La successiva legge regionale numero 26 del 2003 ha dato un assetto organico a tali competenze provinciali in materia.

Da informazioni assunte presso la Provincia di Milano – grazie al lavoro degli Uffici dell’Assessorato, che ringrazio – risulta che in data 23 aprile 1999, a seguito di un’istanza di autorizzazione per attività di discariche inerti, presentata alla Provincia di Milano dalla medesima ditta Rip.Am., funzionari della Provincia effettuarono un sopralluogo e dietro parere favorevole, non riscontrando elementi ostativi all’accoglimento della domanda, in data 30 giugno 1999 venne rilasciata l’autorizzazione, con disposizione dirigenziale numero 18 del 1999. Parliamo sempre della Provincia. In data 21 ottobre 1999 la Provincia di Milano ha segnalato la ditta in argomento all’Autorità giudiziaria per non aver ottemperato a tutte le disposizioni contenute nella sopracitata autorizzazione provinciale.

L’ultima autorizzazione della ditta Rip.Am. risulta la numero 163 del 24 aprile 2009, rilasciata dalla Provincia di Milano, relativamente alle operazioni di messa in riserva, recupero, raggruppamento e ricondizionamento preliminare, miscelazione e deposito preliminare di rifiuti speciali non pericolosi, nonché all’accorpamento dell’attività svolta in regime semplificato da parte della medesima ditta.

Relativamente ai controlli effettuati, risulta agli atti della Provincia di Milano un sopralluogo, effettuato in data 27 luglio 2010 dalla Polizia provinciale stessa, unitamente alla Polizia locale di Bollate. Dal verbale redatto, risulta che sono state contestate violazioni in merito alla qualità di materiale stoccato, alla pavimentazione dell’area, alla separazione dei rifiuti e per aver accettato rifiuti senza il prescritto formulario.

Chi volesse accedere a ulteriori informazioni, può assumerle presso la Provincia di Milano e il Comune di Bollate, che permangono competenti per il controllo delle attività esistenti nel territorio.

PRESIDENTE

Assessore La Russa, a lei la parola.

LA RUSSA Romano

Signor Presidente, in riferimento all’ITR ho poco da aggiungere, per quanto riguarda le competenze del mio Assessorato, ben poche in questo caso. Comunque, abbiamo provveduto ben volentieri a interpellare – peraltro ripetutamente, perché non è stato proprio facilissimo ricevere risposta, e non si capisce bene perché – il Comune di Bollate, il quale ci comunica che, per quanto riguarda problemi di sicurezza ai cittadini, non sussiste assolutamente nessun rischio, nessun pericolo, né sono stati segnalati negli ultimi mesi eventuali allarmi nelle adiacenze, in prossimità o sulle strade della cosiddetta cava, che peraltro – mi pare lo abbia già detto l’Assessore nel suo intervento – è una ex cava. La chiamiamo impropriamente “cava”, perché ormai è da anni che non ha questa funzione.

Noi – lo ripeto – ci siamo attivati e questa è stata la risposta del Comune di Bollate, dove non hanno assolutamente rilevato niente di inconsueto o di strano. Questa è la risposta che ci ha dato il Comune e questa è la risposta che do io alla Commissione, naturalmente.

La politica del fare? mettere il naso nella discarica di Bollate

http://www.youtube.com/watch?v=zNI77l8R8Ck


Bollate, periferia di Milano, oggi è una di quella città che scottano. Dopo l’ultima operazione contro la ‘ndrangheta (che ha portato in dono 160 arresti solo in Lombardia) intere zone si sono scoperte impudicamente nude di fronte alla potenza e prepotenza delle famiglie criminali che ormai da anni infestano il territorio. A Bollate comanda(va?) Vincenzo Mandalari, originario di Guardavalle (CZ). residente a Bollate e oggi latitante. Mandalari, come gli altri “guappi” ‘ndranghetisti, si dilettava nel campo dell’edilizia, in quel giochino facile facile che è la movimentazione terra; ovvero spostare, nascondere, caricare e scaricare macerie e merda per riciclare denaro. A Bollate (ce lo dimostra oggi un’inchiesta dell’Associazione SOS RACKET USURA completata da un video girato con una telecamera nascosta) c’è una discarica in cui sicuramente si vede qualcosa di curioso: rifiuti scaricati con estrema facilità, formulari non compilati e qualche dubbio sul personale incaricato.

Oggi presenterò un’interrogazione urgente al presidente della Regione Lombardia per chiedere che vengano effettuati quanto prima dalla politica e dalle autorità preposte tutti i controlli necessari per chiarire la gestione dei rifiuti e delle macerie della “ex cava Bossi” a Cascina del Sole in Viale Friuli a Bollate. Con più di un dubbio e una mezza idea sulla “funzione” della discarica nell’economia criminale della zona. Qualche mio collega in Consiglio Regionale propaganda spesso la “politica del fare”, “metterci la faccia” dicono: su quella discarica oggi ci metto la mia.

La denuncia di SOS RACKET E USURA

Siamo entrati nella cava-discarica di Bollate a bordo di un furgone e, senza compilare il formulario, abbiamo scaricato rifiuti di ogni tipo, tutto rigorosamente in nero, ed abbiamo visto una decina di lavoratori boliviani ed albanesi che vi lavorano per sei euro l’ora, senza contratto di lavoro.

Questa è la storia di una cava in odore di N’drangheta.

È una mattina di giugno del 2010 e riusciamo, insieme al giornalista del Fatto, Davide Milosa, a convincere un imprenditore di Garbagnate Milanese a portarci – a bordo del suo furgone – in un luogo dove scaricare rifiuti di ogni tipo, i cosidetti rifiuti ‘sporchi’. Arriviamo così nella cava discarica di Bollate, a Cascina del Sole in viale Friuli ed esattamente nell’ex cava Bossi.

Con una microtelecamera nascosta, cominciamo a filmare il carico del nostro camion e, arrivati all’ingresso della cava, ci viene chiesto subito se vogliamo dare il formulario o pagare in nero. “Non c’e problema ci dice l’omino all’ingresso della cava andate più avanti che i ragazzi vi dicono dove dovete scaricare”.

Percorse alcune centinaia di metri ci troviamo di fronte ad una decina di ragazzi boliviani ed allbanesi che, senza chiederci il contenuto del camion, ci fanno scaricare il furgone con la ribalta in un piazzale dove sono ammassati cumuli di rifiuti di ogni tipo alti una decina di metri.

È un inferno Dantesco quello che si presenta con questi lavoratori che sotto il solo cocente mettono le mani nei rifiuiti smistando ogni cosa: eternit, bidoni e liquidi; legno, carta, plastica, polistirolo, macerie sporche provenienti da chissà quali lavori senza nessuno che controlla cosa stiamo scaricando.

Ci dicono che prendono sei euro l’ora e lavorano senza contratto, praticamente sono lavoratori in nero e dicono anche che quelle rare volte che vengono “i controlli”, i proprietari della cava vengono avvisati e noi scappiamo’.

Pochi minuti dopo, finito lo scarico, andiamo a pesare il camion e paghiamo 90 euro per il nostro scarico. Se avessimo presentato il formulario ci sarebbe costato 15 euro… L’omino della discarica si premunisce anche di darci un numero da segnare per le prossime volte che saremmo tornati a scaricare, numero da segnare sul formulario. Mi raccomando, ci dice, non mettete la data, così se vi ferma la Polizia voi dite che l’avete dimenticata altrimenti per voi sono grossi problemi.

Ci rilascia una ricevuta fasulla e noi andiamo via.

Bollate, terra di quella ‘ndrangheta decimata da una colossale operazione delle DDA di Milano e Reggio Calabria, dove a capo della Locale vi è Vincenzo Mandalari, padrino sfuggito all’arresto, tuttora latitante.

È lui che comanda su tutto il territorio, ed è sempre lui che cosrtuisce, asfalta, fa il movimento terra a Bollate e circondario.

Alcuni mesi fa, in un bar di Bollate, una microspia ambientale intercetta Vincenzo Mandalari ed un imprenditore edile, tale Rocco Ascone, anche lui arrestato in questa operazione, che parlano dell’arrivo di un carico di rifiuti tossici provenienti da Brescia, che devono essere smaltiti in una cava di Bollate.

Nella cava-discarica di Bollate abbiamo visto frantoi e numerosi escavatori, che risultano essere di propietà di tale Nicola Grillo, grande amico di Vincenzo Mandalari e proprietario dell’impresa SDS Srl che lavora per Mandalari.

Nicola Grillo e suo fratello Stefano vengono chiamati vent’anni fa da un paesino della provincia di Catanzaro, Davoli, proprio da Vincenzo Mandalari che gli dice “venite su che qui di lavoro al nord ce nè tanto”.

Stefano e Nicola Grillo sono amici di altri boss, i fratelli Pietro e Santo Maviglia di Nova Milanese che, guarda caso. hanno un magazzino di fronte ad un’altra cava, sempre a Nova in via delle cave.

I proprietari della cava di Bollate tentano alcuni mesi fa anche di costruire decine di palazzi sull’area della cava stessa, offrendo in cambio alla passata Giunta guidata dal sindaco Stelluti la donazione di metà area, ma il progetto non passa. Nell’ ufficio di Vincenzo Mandalari ci sono decine di targhe che la passata giunta bollatese si è premurata di consegnare, per riconoscenza dei lavori eseguiti dall’imprenditore Mandalari. Da Rho, Pero, Cesate, Garbagnate Milanese, Novate, Senago, Cesano Maderno, Bresso, Cormano, ed altre decine di comuni dell’hinterland, è cosa nota che chiunque voglia scaricare rifiuti di ogni tipo, tossici o “sporchi”, può andare alla cava dei veleni di Bollate.

Tutti gli imprenditori edili, piccoli o grandi, scaricano veleni in quella cava; la cosa è nota a tutti, e noi quel giorno abbiamo visto decine di camion che scaricavano ogni cosa.

L’Associazione SOS Racket e Usura chiede al Sindaco del comune di Bollate, Stefania Lorusso, di intervenire tempestivamente su questo scandalo da noi denunciato.

Alla Polizia Provinciale Ambientale, che propio a Bollate Ha un grosso distaccamento, chiediamo di eseguire immediati controlli sul terreno all’interno della cava.

All’Ispettorato del Lavoro di verificare che i lavoratori siano in regola con contratto di lavoro e sopratutto chiediamo – per i reati che abbiamo documentato – la chiusura immediata della cava.

L’associazione chiede che venga aperta un’inchiesta da parte dell’Autorità giudiziaria al fine di verificare i gravi fatti da noi denunciati, Al Consigliere regionale dell Idv Giulio Cavalli chiediamo una presa di posizione politica con una interrogazione in Consiglio Regionale da presentare sui gravi fatti da noi denunciati al fine di far cessare questo gravissimo scandalo.

Milano 22 luglio 2010

Frediano Manzi

Presidente Associazione SOS Racket e Usura