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Cosa c’è dietro la bufala del “gender”

Nell’Ungheria di Orbán è stata approvata una legge che paragona l’omosessualità alla pedofilia e impedisce che si parli di persone gay o trans ai minorenni. Ecco a cosa puntano le destre quando parlano del pericolo “gender nelle scuole”: negare le differenze e togliere diritti

Volete sapere perché la destra continua ripetere tutti i santi giorni la manfrina del “gender” nelle scuole, senza tra l’altro mai essere riusciti a spiegare cosa sia esattamente? Basta spostarsi in Ungheria, nella patria di Orbán che infatti mica per niente è un eroe per Salvini, Meloni e compagnia cantante. Ieri il Parlamento ungherese ha approvato una legge che di fatto paragona l’omosessualità alla pedofilia, tesi smontata da decenni in tutto il mondo ma che continua a trovare molta fortuna in certi ambienti di destra e infatti non è un caso che qualcosa del genere si sia ascoltato anche durante le audizioni per il ddl Zan.

La nuova legge ufficialmente dovrebbe preservare i bambini dalla pedofilia ma di fatto servirà a vietare alle associazioni legate alla comunità Lgbt+ di promuovere percorsi educativi e di diffondere informazioni sull’omosessualità per arginare le discriminazioni. Nonostante le critiche di Amnesty international e la manifestazione di più di 5mila persone davanti al Parlamento a Budapest, la legge presentata dal partito di estrema destra Fidesz (lo stesso del presidente Orban) è passata con 157 voti a favore e un solo contrario (lo sentite il profumo di democrazia?). «Al fine di garantire la protezione dei diritti dei bambini – si legge nel testo della legge – la pornografia e i contenuti che raffigurano la sessualità fine a se stessa o che promuovono la deviazione dall’identità di genere, il cambiamento di genere e l’omosessualità non devono essere messi a disposizione delle persone di età inferiore ai diciotto anni».

Con la nuova legge, tanto per capirsi, sarebbe vietata la campagna pubblicitaria della Coca cola realizzata nel 2019 proprio in Ungheria e il canale televisivo commerciale RTL Klub Hungary ha già detto che pellicole come Il diario di Bridget Jones, Harry Potter e Billy Elliot saranno trasmesse d’ora in avanti solo in seconda serata e con il divieto ai minori di 18 anni.

Quando li sentite parlare di libertà, della presunta oppressione del politicamente corretto, di gender e di tutte quelle altre cretinate sappiate che loro hanno in mente solo una cosa: negare le differenze, sempre, comunque, in ogni modo.

I diritti sono fragili, anche quando abbiamo la sensazione che si stia solo facendo caciara. Vengono derisi e infine negati. Pensateci.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Fingeranno sempre di passare lì per caso

Il governo ha deciso di chiudere le piste da sci sulla base dei dati del Cts sui contagi. Apriti cielo. Da Salvini a Zingaretti si levano voci sdegnate. E a parlare così sono i politici di quegli stessi partiti che hanno ministri nell’esecutivo Draghi. Ecco cosa c’e dietro il “governo dei sogni”

Giornata interessante, quella di ieri. Giornata significativa anche per quelli che da qualche giorno sospirano petali di rosa sognanti per un Draghi taumaturgo che avrebbe il potere di cancellare i partiti, la politica, la mediocrità di certi leader e soprattutto i normali meccanismi democratici di un Parlamento.

Accade che il governo decida di chiudere le piste da sci che invece avrebbero dovuto aprire. Accade che lo faccia all’ultimo momento: l’ultimo momento del resto è il primo momento utile con i nuovi dati che arrivano dal Comitato tecnico scientifico e volendo ben vedere anche il primo giorno utile da un governo che è naufragato per regalarci il governo dei sogni, il governo dei migliori, il governo che avrebbe cambiato tutto. Accade che di fronte i dati dei nuovi contagi (perché la curva non si abbassa più e anzi in modo preoccupante tende a rialzarsi probabilmente a causa delle varianti del virus) si decide di tenere chiuse le piste sciistiche. Apriti cielo: ogni volta che qualcuno tocca un settore qualsiasi ovviamente (e giustamente) si levano voci sdegnate. Ma badate bene, qui non si tratta delle voci dei lavoratori, che si sono ritrovati nella pessima situazione di dover cancellare una riapertura programmata che è costata organizzazione, soldi, fatica e che inevitabilmente costa moltissimo in termini economici e di spirito. No, qui si levano le voci sdegnate dei politici.

«I ministri hanno la nostra fiducia. ma serve cambiare qualche tecnico – ha avvertito Salvini – La comunità scientifica è piena di persone in gamba». Il presidente di Regione Lombardia, il leghista Fontana dice: «Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato». «Sono allibito da questa decisione che giunge a poche ore dalla riapertura», dice il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Piste da sci aperte in Friuli Venezia Giulia dal 19 febbraio anche per gli sciatori amatoriali. Il governatore Massimiliano Fedriga ha firmato l’ordinanza urgente n. 4/2021 con cui apre anche agli sciatori amatoriali, a decorrere dal 19 febbraio e fino al 5 marzo, gli impianti nelle stazioni e nei comprensori sciistici. «Per noi viene prima di tutto la salute dei cittadini ma è raccapricciante e imbarazzante vedere un’ordinanza che proroga la chiusura degli impianti da sci pubblicata 4 ore prima di mezzanotte», dice il presidente veneto Luca Zaia. Ma badate bene, non è mica solo la Lega: «Il danno per l’economia dello #sci e della #montagna è davvero immenso. Il Governo si adoperi subito per indennizzi e ristori a chi è stato colpito. Questa è la priorità assoluta», spara il segretario del Pd Zingaretti. «Non posso non esprimere stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a poche ore dalla annunciata e condivisa ripartenza», dice il presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini. Italia Viva (figurarsi) chiede “un cambio di passo”. E via così.

Tant’è che a un certo punto si diffonde l’opinione che la decisione sia stata presa dal ministro Speranza, da solo rinchiuso nella sua stanzetta e che loro non ne sapessero niente. Peccato che a metà giornata Palazzo Chigi (quindi Draghi) fa sapere all’Agi che la decisione sugli impianti sciistici è stata adottata in base alle informazioni fornite dal Cts e condivisa dal governo e dal presidente del Consiglio Mario Draghi. Cioè la decisione è stata discussa con tutti i ministri e quindi si presume che i ministri abbiano avvisato i segretari del proprio partito e quindi si presume che sia tutta una posa, una finta sorpresa, un giochetto facile facile: questi fingeranno sempre di essere presi alla sprovvista perché appoggeranno il governo nella comoda posizione di chi comunque si sente un battitore libero. E continueranno a sparare cannonate perché Draghi potrà (forse) riuscire a tenere a bada i ministri e non i partiti, com’è normale che sia.

Ora capite perché la favola del “governo tecnico” è una bufala? Questi continueranno a fingere di passare di lì per caso, in Consiglio dei ministri, rimanendo stupiti tutte le volte, ognuno per proprio tornaconto elettorale. Il “governo dei sogni” è un governo che ha messo sul palcoscenico tutte le mediocrità, nessuna esclusa, e che rende facilissima la vita agli “oppositori interni”, quelli che sfasciano tutto per sentirsi vivi. Un capolavoro, insomma.

Buon martedì.

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E insomma galleggiano

I partiti e i leader dopo le elezioni regionali. E i cittadini italiani dopo il referendum costituzionale, in attesa delle riforme che sono state promesse

Primo dato, appariscente e importante: questo refrain che gli italiani non vedessero l’ora di andare a votare per prendere a calci i partiti del governo e per incoronare la destra di Salvini e di Meloni è una bufala pazzesca. Nei giorni scorsi qualcuno, Salvini in testa, sognava e sparlava di una vittoria clamorosa e invece quel turbine sovranista che latra sui social, sui giornali e in televisione è solo un ruttino. Matteo Salvini ha voluto trasformare questo voto in un voto nazionale e ha sbagliato. A proposito: la Lega stravince in Veneto ma la lista di Zaia stravince relegando la lista ufficiale del partito a percentuali per niente eclatanti. Per intendersi: ha stravinto Zaia, più della Lega e presto farà valere il suo peso politico anche sul resto del partito. Il centrodestra galleggia.

Il Partito Democratico tiene, vince in Toscana e si afferma come partito, vince in Puglia con candidato che non voleva nessuno (Emiliano) e stravince in Campania con De Luca (ma quella è una vittoria di De Luca). Zingaretti ha rischiato ma è riuscito a rimanere in piedi. C’è da dire che nessuno dei candidati è un “suo” uomo. Ora chissà se riuscirà a fare il segretario e a governare con decisionismo il partito. Si rimane in attesa, come sempre. Una notazione: Zingaretti in conferenza stampa è riuscito a proporsi come rappresentante di chi ha votato Sì e anche di chi ha votato No al referendum, come se con un po’ di retorica si potesse tenere i piedi in tutte le scarpe. Il Pd galleggia.

Il Movimento 5 Stelle si sa che avrebbe deluso e infatti Di Maio corre in conferenza stampa intestandosi la vittoria del referendum e poi lascia agli altri l’incombenza di analizzare i deludenti risultati delle regionali. Ora si giocherà la battaglia interna nei prossimi Stati Generali e lì si capirà di più. Insomma il M5S galleggia.

Matteo Renzi si è tolto la soddisfazione di esistere solo per fare perdere il centrosinistra e non ci è riuscito. Incassa un risultato patetico ma non se ne renderà conto. Sono anni che non riesce a fare i conti con la realtà. E quindi galleggerà continuando a pestare i piedi.

Intanto per il taglio dei parlamentari stravince il Sì ma verrebbe da chiedersi chi rappresenti quel 30% di No. Ora tutti ci promettono che faranno le riforme. Restiamo in attesa di sapere quali siano le idee. Insomma, galleggiamo anche noi.

Buon martedì.

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Contrordine, sovranisti: ora la mascherina va messa. La ridicola retromarcia di Trump e Salvini

Dice Trump che chi usa la mascherina è un vero patriota. Dice Salvini che bisogna usare la testa (è credibile come un bradipo che ci insegna come correre lesti) e che bisogna mettere la mascherina nei posti chiusi. Contrordine camerati! La mascherina non è più la spada con cui il sovranismo combatte la sua sacra guerra contro l’ordine mondiale e ora di colpo si diventa tutti responsabili. Bellissimi i messaggi disorientati di quelli che hanno creduto al Covid come una messinscena e avevano trovato i loro falsi profeti. Non hanno mica capito che Trump, Salvini e compagnia cantante hanno come arma di propaganda quella di leccare i complotti ma poi non hanno nemmeno il coraggio di cavalcarli davvero, con la faccia tosta di chi ci mette almeno la faccia.

No, Salvini butta l’amo e poi lo ritira subito, giusto in tempo per pescare in superficie i pesci che abboccano. Non hanno idee: sono opinioni omeopatiche che durano il tempo di qualche mi piace su Facebook o di qualche retweet ma poi sono pronti a cambiare fronte se i sondaggi scendono. E così quando i collaboratori del Trump originale e del nostro Trump in versione discount gli hanno fatto notare che con questa storia della mascherina stavano perdendo voti (presumibilmente anche solo quelli dei malati, dei famigliari delle vittime e degli amici dei malati, che nel nord Italia e che negli USA sono numeri considerevoli) allora hanno inforcato la retromarcia. E così il loro bullismo suona ancora più goffo, più stonato, risibile e estremamente pericoloso.

Avere dei leader di partito che come giochetto non fanno nient’altro che dire il contrario di quello che dicono i loro avversari politici li costringerà presto a affermare che il nero è bianco, che gli alberi hanno le ruote e che i tram crescono sotto i cavoli. Un trucco di propaganda talmente banale che li mostra per quello che sono: banalissimi propagatori di bufale che devono far credere che un nemico invisibili giochi tutto il giorno per portarli alla sconfitta.

La retromarcia sulle mascherine è un manifesto politico: prima era tutto un “non usatele, non usatele, viva la libertà” e ora che si sono ammalati gli altri è tutto un correre ai ripari per salvarsi la pelle. Del resto il vero sovranista ha un’unica Patria: se stesso. E per la propria autopreservazione sono disposti a tutto, anche a apparire più ridicoli di quello che sono già stati. E continueranno così finché ci sarà una nuova bufala da cavalcare per fomentare un po’ di gratuita indignazione.

Leggi anche: Lauree in Albania, soldi scudati in Svizzera: quando “serve” la Lega diventa internazionale (di G. Cavalli)

L’articolo proviene da TPI.it qui

La “bufala” della magnitudo e perché il dato cambia nel tempo.

(Daniele Vulpi fa chiarezza. Che fatica)

La bufala viene servita puntualmente sui feed dei social ad ogni scossa di terremoto che scuote il nostro paese. Un piatto particolarmente sgradevole (tanto per usare un eufemismo) considerando le circostanze spesso portano tanti lutti e tante sofferenze. Cambiano le forme ma la sostanza del messaggio che viraleggia in rete è sempre la stessa: il governo “aggiusta” al ribasso la stima dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sui sismi in Italia per evitare di pagare tutti i danni per i fabbricati colpiti. E questo perché il risarcimento verrebbe calcolato sulla base della magnitudo. Tutto falso. Ma che sia falso non conta, basta un condividi, un retweet e le turbine del social regalano una porzione di credibilità a una storia che non ce l’ha. Vediamo perché.

L’articolo 2. Tutto nasce dal decreto legge n. 59 del 15 maggio del 2012 con il quale l’allora governo Monti tratteggiava la riorganizzazione della Protezione Civile, in particolare dall’articolo 2, nel quale si parlava di una “esclusione, anche parziale, dell’intervento statale per i danni subiti da fabbricati” allo scopo di favorire “l’avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati, a qualunque uso destinati”. Un articolo cancellato qualche mese dopo quando, il 12 luglio 2013, il decreto venne convertito in legge. Quindi non c’è.

Questione di scale. Ancora: secondo i post dei complottisti i risarcimenti dei danni sarebbero calcolati in base alla magnitudo del sisma. E anche questo non è vero: il criterio scelto dal governo è semmai l’intensità del terremoto e non la magnitudo. Tanto per capirci, la prima da sempre si misura con la scala Mercalli (quella che valuta l’evento tellurico in base ai danni che produce, sull’uomo, sugli edifici dell’area colpita dal sisma, sull’ambiente) la seconda sulla scala pensata dal geofisico americano Charles Richter (che si basa sulla magnitudo, ovvero l’energia rilasciata da un terremoto nel suo ipocentro che è poi il punto in cui si è originato). Due scale diverse, come si vede.

Come si misura la magnitudo? E perché non c’è una stima unica? Resterebbe un ultimo argomento in mano a chi vede la longa manus del governo muoversi sui sismografi: perché le stime sulla magnitudo dei terremoti spesso differiscono? Vediamo allora, a grandi linee, come si misura un terremoto. Aiuta a capire perché nei momenti successivi al sisma spesso vi siano misurazioni diverse. A Norcia la prima stima dell’USGS (United States Geological Survey) è stata di magnitudo 7.1, seguite da quella dell’Ingv (Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia) prima di 6.1 poi di 6.5 e da una seconda dell’USGS di 6.6.
Terremoto in Centro Italia, direttore Cnr: “Possibili nuove scosse, anche più forti”

Allora, per misurare la magnitudo di un terremoto, ovvero la sua potenza, si possono utilizzare diversi modi, tutti validi ma basati su parametri differenti e disponibili in tempi diversi. Si tratta però sempre di stime soggette a un certo margine di incertezza, man mano che vengono affinate le stesse misurazioni. “La rete sismica è dell’Ingv ed è comprensibile che in un primo momento ci siano delle discrepanze”, spiega Paolo Messina, direttore dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr. “Tra l’altro la rete sismica è anche sul luogo delle precendenti scosse quindi gli strumenti possono andare in saturazione. Il problema è come viene misurata: magnitudo momento o magnitudo locale. Nei primi momenti c’è stata differenza ma nel giro di poco la misura è stata aggiornata nel modo corretto”.

La scala di magnitudo del momento sismico (MMS), introdotta negli anni ’70, viene utilizzata dai sismologi per misurare le dimensioni dei terremoti in termini di energia liberata. E’ quella usata dall’USGS. La magnitudo locale (Ml), o magnitudo Richter, si esprime invece attraverso il logaritmo decimale del rapporto fra l’ampiezza registrata da un particolare strumento, il pendolo torsionale Wood-Anderson, e una ampiezza di riferimento. E’ più veloce da calcolare ma vale solo per un terremoto che avviene a meno di 600 km dalla stazione che l’ha registrato. E’ quella usata dall’Ingv.

“Per rapidità – spiega il sismologo Salvatore Massa, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) – utilizziamo la magnitudo Richter. L’Ingv utilizza inoltre un modello calibrato proprio per l’Italia centrale e basato sui dati che arrivano da una rete di stazioni sismiche con una densità decisamente maggiore rispetto a quella delle altre agenzie internazionali che utilizzano modelli diversi.

Continua Massa: “Lo stesso Richter, il sismologo che negli anni ’30 aveva elaborato la scala, non la considerava lo strumenti ideale. Per i terremoti più forti, come quelli di magnitudo superiore a 6,0, per esempio, la magnitudo Richter (o magnitudo locale) non è considerata attendibile al 100 per cento. Per questo motivo i sismologi si servono anche del calcolo della cosiddetta “magnitudo momento”. Questa, spiega Massa, “si basa sulla stima del momento sismico, si basa cioè su una durata più ampia del sismogramma, fino a 30 minuti”. Ma bisogna aspettare: se quel tempo non trascorre non è quindi possibile avere la misura. “In teoria – ha proseguito Massa – la stima della magnitudo Richter e quella della magnitudo momento dovrebbero essere analoghe. E’ comunque probabile che, a seconda dei criteri di misura, possano differire di qualche punto decimale”.

(fonte)