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Un regalo (se vi piace): leggo il secondo capitolo

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Come promesso, ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ diventa podcast con la lettura a voce alta. Ha qualcosa di magico, la lettura di un libro, perché mi tiene in bilico tra i miei diversi lavori, tra la scrittura e il palco, e per questo ci tengo moltissimo. Quindi pian piano aggiungeremo tutti i capitoli, un cammino svolto insieme, una compagnia prima di dormire. Eccoci al secondo, “le botte in piazza”, che rientra personalmente tra i miei preferiti.
Il podcast è anche facilmente scaricabile da iTunes qui (oppure abbonarvi via mail qui). Ma tra qualche giorno vi racconto anche come le portiamo sul palco. Restiamo in contatto. Buon ascolto.

Niente Coppi senza i Carrea

In morte di Andrea Carrea, detto Sandrino forse per affrontare con un diminutivo la solennità del suo corpaccione contaidno, 89 anni, nato a Gavi ma cresciuto a Cassano Spinola, si è ricordato l ultimo gregario storico di Fausto Coppi e quindi di un certo ciclismo. Il penultimo ad andarsene era stato, poco più di un anno fa, Ettore Milano, 86 anni, anche lui di quella provincia di Alessandria che ha dato allo sport italiano campioni enormi di ciclismo e calcio, con una concentrazione di talenti che forse meriterebbe un qualche studio serio: Girardengo, Coppi, Baloncieri, Giovani Ferrari, Rivera

Milano, erre “roulée” alla francese proprio come Rivera e come tanti di quella provincia (idem per Parma), era in corsa il paggio psicologo di Coppi, Carrea era il suo diesel da traino e spinta.

Scelti entrambi, per aiutare il Campionissimo, da Biagio Cavanna detto l orbo di Novi Ligure, il massaggiatore cieco che tastava i muscoli e indovinava le carriere (e a Milano diede pure la figlia in sposa).

I due non avevano vinto mai in prima persona, Fausto vinceva anche per loro che lavoravano per lui portandogli in corsa acqua,panini,conforti vari, tubolari, amicizia. Un giorno al Tour de France del1952 Carrera si trovò, ”a sua insaputa”come uno Scaiola del ciclismo, in maglia gialla.

Un gendarme lo pescò in albergo per portarlo alla vestizione. Carrrea si scusò con Coppi per eccesso di iniziativa, avendo fatto parte di un gruppetto, teoricamente innocuo, di fuggitivi non ripresi.

Il giorno dopo il suo capitano gli prese, come da copione, la maglia gialla scalando l Alped Huez e arrivò da dominatore a Parigi. Un cantante ciclofilo, Donatello, che ha fatto anche Sanremo, ha composto una canzone splendida che è un sogno di bambino e dice: “Un giorno, per un giorno, vorrei essere Carrea”.

Il gregario nel ciclismo non c è più, almeno nel senso classico: libertà di rifornimento continuo dalle ammiraglie, licenza per ogni assistenza tecnica in corsa, severità della giuria quando, specialmente in salita, ci sono troppe spinte per i capisquadra, che facevano chilometri senza dare una pedalata, hanno procurato dignità aduna collaborazione che non è più umiliante e servile, e che consiste soprattutto nel pedalare con accelerazioni giuste al momento giusto, nell aiutare, aprendogli un tunnel nell aria, il capitano quando è il momento di tirare per rimediare aduna sua défaillance o rafforzare una sua iniziativa. Nello sport tutto i gregari sono di tipo nuovo.

Diceva Platini genio del calcio: “Importante non è che io non fumi, è che non fumi Bonini”. Il quale Bonini gli gocava dietro, riempiva il campo del suo gran correre, cercava palloni per servirglieli. Adesso i grandi gregari del calcio, alla Gattuso, guadagnano bene, sono stimati, cercati. Coppi lasciava comunque ai gregari tutti i suoi premi, e così li ha fatti ricchi.

Chi è adesso il gregario? Nell automobilismo il pilota che esegue gli ordini di scuderia, lascia passare il compagno che ha bisogno di punti, fa da “tappo” mettendosi davanti a chi lo insegue, e al limite “criminoso” sbatte fuoripista il concorrente pericoloso.

Nel ciclismo è ormai quello che sa propiziare il sonno al campione nelle dure prove a tappe, sa dargli allegrie o comunque distensione in corsa. Nel mondo dell atletica il gregario si chiama lepre, ed è pagato, nelle corse lunghe,per tenere alto il ritmo nella prima parte, sfiancando gli avversari e propiziando un tempo di finale di eccellenza: poi può ritirarsi. Sta sul mercato, è ingaggiabile anche al momento, per una corsa sola.

Nella scherma magari è quello che tiene per il campione il conteggio delle vittorie regalate in tornei di ridotta importanza o comunque prospettanti al campione stesso una eliminazione ormai sicura, gli fa il calcolo dei crediti e dei debiti così messi insieme nel rapporto con avversari importanti, gli dice quando è tempo di “passar vittoria”.

Il gregario nuovo può anche arrivare a sperimentare su se stesso il prodotto dopante o il prodotto coprente, correndo dei rischi. Ma la sua funzione diventa sempre meno materiale. E si deve ricordare che il prototipo altamente psicologico del gregario che dà serenità, oltre a procurare una buona compagnia negli allenamenti, tiene quattro gambe anzi zampe. E un cavallo: si chiamava Magistris, era un quasi brocco, ma senza di lui vicino, in pista come nella stalla,il favoloso Ribot era nervoso, tirava calci e nitriva di rabbiosa tristezza.

Radio Mafiopoli 25 – Il negazionismo certificato e l’antimafia pregiudicata

Buongiorno a tutti. Da oggi Radio Mafiopoli viene trasmessa in video direttamente dal nostro studio, che non è ovale ma fecondo, a tratti spassosamente ovulatorio. Del resto a quanto pare basta spesso una cartellonistica di spalle, anche nella forma di una Disneyland in tetrapak, per arrogarsi il diritto di fare informazione e questo a Mafiopoli non è consentito. Ormai sono anni che il principe Cacchiavellico, monarca despocratico della repubblica di Mafiopoli, sta ripetendo che l’informazione è un’infezione virulenta, contraffatta dalla Cina, che sta uccidendo quella meravigliosa coscienza civile mafiopolitana sempre così delicatamente dormiente, assopita, pressoché comatosa: rivedendo l’ultimo decreto legge sembra che siano in molti tra gli eletti reggipancia del re a volerle staccare la spina. Il lupotto Fini ha dichiarato che “ormai l’informazione mafiopolitana non ha più speranze ed è meglio staccare il sondino”. Poi come al solito è stato sculacciato per avere detto una cosa troppo di sinistra. A Mafiopoli non passa una settimana senza che ci sia una di quelle novità che ti facciano addormentare con quel retrogusto al dixan che è tutto un gioco di scambio di fustini due meglio di uno.
Pino Maniaci è stato denunciato. Il che di per sé non sarebbe nemmeno una notizia buona per il settimanale dell’oratorio. È la sua 270esima denuncia, del resto, e non è un segreto da servizi segreti il fatto che Pino sia l’inventore di un nuovo modello di antimafia: l’antimafia pregiudicata. Questa volta è stato denunciato per abuso di professione, che è una forma particolare di reato esclusiva proprio della legislazione di Mafiopoli: tutti coloro che non si allineano agli albi dei soprusi per professione vengono portati davanti alla santa inquisizione della delazione pubblica. Una volta, nell’era paleomafiusa, la delazione era coltivata al bar insieme alle patatine e ai tramezzini dell’aperitivo, mentre al tavolo si davano lezioni sulla legalità rigorosamente quella degli altri. Ora, purtroppo, a causa della nuova legge delle intercettazioni che rende carta straccia qualsiasi dichiarazione che non sia fatta in una notte di luna piena con una coda di gatto nero e un occhio di topo, i delatori devono prendersi la briga di fare le portinaie per denuncia bollata. Arrivata la denuncia il magistrato, dicono, ha dovuto aprire l’inchiesta. Ci sono cose a Mafiopoli a cui la giustizia non può sfuggire: verificare le mestruazioni delle malelingue, prescrivere Andreotti o fingere di trovare 400.000 trascrizioni secretate dentro il calzino di Genchi nel comodino. “L’informazione deve essere fatta di pregiudizi e non di pregiudicati!” ha urlato il Ministro al Giudizio di Stato durante l’inaugurazione del ponte da Messina all’Expo, “ i pregiudicati stiano al loro posto!” ed è scattato l’applauso alla bouvette del Parlamento. Non tutti hanno applaudito, solo i capigruppo, per tenere libere qualche paio di mani a toccarsi i Maroni, senza nessuna allusione a quelli dell’Interno. E così a Pino ci toccherà portarci le arance e le sigarette. Per il caffè magari chissà si offrirà di portarglielo qualcuno dei Fardazza (soprannominati Vitale, famigliola immafusita di Partinico) o della Bertolino (famosa distilleria di querele al Maniaci e famosa per la sua grappa “Scacciacani” ecocompatibile) , il caffè specialità del posto, detto anche “il caffè alla Sindona”.
Intanto, si sono aperti i balli e scaldati i cotechini per la famosa sagra mafiopolitana della negazione: a Lodi in provincia di Mafiopoli la mafia non esiste, non è mai esistita, e non esisterà. Bum bum. Solo una volta all’anno arriva a Lodi vestita da befana per portare una bara ai bambini che sono stati cattivi. A Parma il prefetto Paolo Scarpis ha dichiarato: “da Saviano solo sparate”. Al verbo sparare Riina ad Opera è corso in mensa a giocare ai pirati mentre gli brillavano gli occhi. A Parma la mafia non c’è. Non c’è mai stata e non ci sarà mai. La Moratti sindachessa di Milano, provincia di Mafiopoli, appena sentite le parole magiche “mafia” e “non c’è” si è illuminata e con il parrucchino in erezione ha convocato una conferenza stampa all’urlo “tana libera tutti!”. Un trionfo. Bum bum. A Genova il questore Parenti dichiara “mafia a Genova? A noi non risulta”, ha ragione al massimo un paio di puttane. A Buccinasco intanto il sindaco Ceresa organizza a sorpresa una giornata contro la mafia, titolo dell’iniziativa: “la storia della mafia dai fasci siciliani ai primi anni 50 quando è stata debellata”.
L’onorevole Fini, promosso proprio in questi giorni a onorevole fermacarte sulla scrivania del Re, ha dichiarato “la mafia è una dittatura!”, soddisfazione inaspettata. Poi ha aggiunto “non votate per chi offre un posto di lavoro”, e il Popolp della Pubertà è sceso sotto il 5%. Poi ha aggiunto “non ci sono mafiosi alla Camera”, e a quel punto sono entrati dei signori con un camice bianco che in camicia di forza l’hanno portato via.
C’è stata davanti alle questure d’Italia una manifestazione di solidarietà verso Gioacchino Genchi. L’avete vista? Ne avete sentito parlare? No. Allora non è vero. Ricredetevi. Alla negaziopolitana.