Lo sponsor della scuola? L’inceneritore di fronte.
[di Laura Fano su Comune-info.net] Capita spesso, in Italia, di sentir lodare il modello scolastico anglosassone, meno segnato di quello italiano da preoccupazioni, magari un po’ “ideologiche”, sulle partnership con il mondo delle imprese private. Un buon esempio di questo tipo di relazione pragmatica e non viziata dal timore di chissà quali ingerenze ci arriva dal racconto della nostra corrispondente dall’Irlanda. La scuola pubblica di sua figlia non riesce a tirare avanti con i soli 150 euro l’anno per studente concessi dal governo, così le speranze del personale e dei genitori sono riposte in una somma ingente che potrebbe arrivare dalla multinazionale Covanta, che gestisce l’inceneritore situato proprio di fronte alla scuola e che sarà operativo da settembre. Covanta è nota per aver dovuto chiudere uno dei suoi impianti in Canada, visto che generava una quantità di diossina nell’aria 13 volte superiore al limite consentito dalle leggi canadesi. Quando si dice che pecunia olet…
La possibilità per i privati di contribuire al finanziamento di determinate scuole è un punto della “Buona Scuola” che ha giustamente sollevato critiche e perplessità. Se un’impresa contribuisce economicamente al funzionamento di una scuola, quest’ultima perderà necessariamente un po’ della sua indipendenza e si vedrà condizionata nelle sue scelte da quelle dell’ente donatore. Mentre questo sistema comincia a farsi strada in Italia, qui dove mi trovo, in Irlanda, è una prassi ormai consolidata e accettata. Con implicazioni molto serie.
Ad una recente riunione a scuola di mia figlia – scuola pubblica, tengo a precisare – ho scoperto che i soli fondi statali non riescono a coprirne i costi. Il Ministero dell’Istruzione infatti provvede solamente con 150 euro annuali a studente, lasciando di fatto ai genitori l’onere di provvedere alla restante somma necessaria al funzionamento della scuola. Questo si traduce in organizzazione di attività di autofinanziamento e contribuzione ad un fondo cassa – tutte cose che si fanno anche nelle scuole italiane, seppur discutibili. Significa però anche partecipare a bandi per fondi concessi da imprese private, molto spesso multinazionali. Nel caso specifico della nostra scuola, le speranze del personale scolastico e dei genitori sono riposte in una somma ingente che potrebbe essere concessa dalla multinazionale nordamericana Covanta, impresa che gestisce l’inceneritore situato proprio di fronte alla scuola, operativo a partire da settembre prossimo.
Sul suo sito, l’impresa ci tiene a precisare che non si tratta di un inceneritore, bensì di una Energy-from-Waste Facility, e sempre sul suo sito pubblicizza fondi a beneficio delle comunità “ospitanti”, ovviamente per ripulirsi l’immagine e forse la coscienza. Infatti, quando l’inceneritore entrerà in funzione non vi sarà nessun controllo regolare e indipendente delle emissioni; sarà l’impresa stessa a pubblicare sul suo sito dati mensili che, come affermano organizzazioni ambientaliste contrarie al progetto, sarebbero troppo poco frequenti per fornire un quadro preciso e trasparente della qualità dell’aria. Inoltre, Covanta è famosa per aver dovuto chiudere uno dei suoi impianti in Canada poiché la quantità di diossina nell’aria dovuta alle sue emissioni aveva superato di 13 volte il limite consentito dalle leggi canadesi.
Tornando alla nostra scuola, dopo aver ottenuto il finanziamento, cosa succederà? Sarà libera di protestare in caso di forte inquinamento dell’aria? Potrà ergersi a difesa della salute dei bambini dopo aver accettato una somma così ingente dalla stessa impresa che mette la loro salute in pericolo? Credo di no, e credo anche che questa sia la ragione principale dell’esistenza del bando. Un modo per l’impresa di zittire la protesta prima ancora che la sua attività abbia inizio; un modo per comprare l’acquiescenza di preside, insegnanti e genitori.
Di fronte alle disposizioni della “Buona Scuola” mi chiedo dunque perché i vari governi italiani ormai da anni si ostinino a voler replicare sistemi scolastici fallimentari da tanti, troppi punti di vista. Trovo questa rincorsa ad imitare il sistema anglosassone molto pericolosa. Basti pensare agli eventi recenti, Brexit nel Regno Unito e la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, per porsi serie domande sulla validità, non solo dei sistemi economici di quei paesi, ma anche di quelli educativi e valoriali.
(Pubblicato il 18 febbraio 2017)