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A proposito del Crotone calcio e del suo storico presidente

Qualche mese fa (era aprile del 2016) scrissi del Crotone calcio e della suo turbolenta storia (trovate tutto qui): ci du una mezza sollevazione di massa da parte di alcuni amici crotonesi che rimasero parecchio turbati di “certa stampa che vuole rovinare la favola del Crotone”.

Ora, sempre sui Vrenna, escono alcune informazioni (contenute tra le carte dell’inchiesta “Stige”) che aggiungono altri elementi. Ne scrive il sempre puntuale Lucio Musolino per Il Fatto Quotidiano:

Rifiuti ospedalieri trasportati con i camion di Raffaele Vrenna e interrati vicino a una scuola elementare. Monnezza e ‘ndrangheta, un binomio imprescindibile tanto per la cosca dei “cirotani” quanto per le altre famiglie mafiose calabresi. Non ci sono solo i rifiuti dell’Ilva di Taranto nelle carte dell’inchiesta “Stige”, condotta dai carabinieri del Ros con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

Nell’ordinanza di custodia cautelare, che martedì ha portato all’arresto di 170 persone della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, il gip Giulio De Gregorio ha inserito anche alcuni verbali di collaboratori di giustizia che hanno consentito al procuratore Nicola Gratteri, all’aggiunto Vincenzo Luberto e ai pm Domenico Guarascio, Fabiana Rapino e Alessandro Prontera, di aprire uno squarcio sugli affari della ‘ndrangheta crotonese.

Tra i pentiti c’è anche Vincenzo Marino, fino al 2007 organico della cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura padrona incontrastata di Crotone. La sua attendibilità – scrive il gip –  “veniva positivamente valutata da diversi giudici e tra questi quelli del Tribunale di Catanzaro nell’ambito del processo ‘Scacco Matto’”.

Il 25 settembre 2015, Marino è di nuovo davanti ai pm di Catanzaro e a loro “riferiva dell’esistenza di un legame tra la sua cosca e quella dei cirotani”. In particolare, il pentito ha raccontato “l’ingerenza della cosca cirotana in diversi ambiti imprenditoriali con la ‘creazione’ di monopoli per il tramite della carica di intimidazione”.

Oltre che su una “grossa estorsione” ai danni di un imprenditore che a Crotone “stava costruendo la caserma dei vigili del fuoco” e su “un grosso traffico di stupefacenti” gestito “con Peppe Spagnolo e Martino Cariati”, prima che l’interrogatorio si concludesse, Vincenzo Marino si è soffermato su un giro di “rifiuti ospedalieri” che partivano da Cosenza. Ed è a questo punto che il pentito fa il nome dello storico presidente del Crotone Calcio Raffaele Vrenna, dimessosi lo scorso marzo, già assolto in Cassazione per associazione mafiosa, estorsionecorruzione e voto di scambio (nell’ambito dell’inchiesta “Puma”) e più recentemente, in primo grado, dall’accusa di intestazione fittizia.

“Con i cosentini, in particolare, con tale Bella Bella un ragazzo distinto che parlava sempre in italiano, ho gestito un traffico di rifiuti ospedalieri – fa mettere a verbale Marino – I rifiuti provenivano da Cosenza, ho incontrato questo ragazzo in una stazione di servizio carburante sita in territorio sibaritide. I rifiuti venivano presi in carico dai camion delle impresa di Raffaele Vrenna e scaricati in Crotone nei pressi della scuola elementare, vicino a casa di Pino Vrenna”. Quest’ultimo era il boss di Crotone che, nel 2010, ha saltato il fosso e ha iniziato a collaborare con la giustizia.

“Ho solo accennato a queste vicende – conclude il pentito Marino che, rivolgendosi ai pm, li ha invitati a verificare – Se scavate potete trovare ancora oggi qualcosa. Sono disponibile ad effettuare un sopralluogo per indicare il posto dove sono stati interrati i rifiuti”.

 

La lezione di Thuram: «Quelli che usano Anna Frank per insultare, sanno esattamente cos’è il fascismo»

«Giusta la mobilitazione contro l’antisemitismo negli stadi, a costo di rischiare i fischi e nuovi insulti. Non fare niente sarebbe la scelta peggiore». Lilian Thuram è stato il grande difensore della Francia campione del mondo nel 1998 e d’Europa nel 2000, del Parma e della Juventus. Poi ha creato la sua Fondazione contro il razzismo, e il suo impegno continua con i libri «Le mie stelle nere» e «Per l’uguaglianza» (editi in Italia da Add). Ha seguito lo scandalo degli adesivi con Anna Frank degli ultrà della Lazio, e lancia un appello perché tutti, non solo le società di calcio, reagiscano.

Oggi nei stadi italiani si è tornato a giocare, prima delle partite sono stati letti brani del Diario di Anna Frank. È una reazione efficace secondo lei?
«Tutte le iniziative in questa direzione sono importanti, non c’è altra scelta. Quando succedono situazioni così gravi non si può fare finta di niente. Bisogna fare qualsiasi cosa per fare capire che non ci si comporta così. Qualche giorno fa ho parlato con una persona, un tifoso della Lazio, qua a Parigi. Eravamo un gruppo di amici, tutti stupiti e indignati, ma la cosa strana è che lui ha detto subito ”ehi, guardate che succede anche nelle curve delle altre squadre, non è solo un problema della Lazio”. Gli ho risposto che da tifoso della Lazio per prima cosa avrebbe dovuto riconoscere che gli autori degli adesivi con Anna Frank in maglia giallorossa avevano sbagliato, non provare ad attenuare le colpe dicendo ”ma lo fanno anche gli altri”. Quando ci si sente attaccati si reagisce ma non sempre nel modo giusto. È molto importante combattere l’ideologia che invoca la morte e isolare quelli che fanno gesti così stupidi».

Quando lei giocava in Italia succedevano cose simili?
«Sì, già alla mia epoca mi ricordo degli episodi di questo tipo. E siamo di nuovo a parlarne. C’è da chiedersi che cosa hanno fatto e fanno le società, la federazione, il governo, per togliere queste manifestazioni di odio dagli stadi».

Il presidente della Lazio, Claudio Lotito, dice di avere emarginato i tifosi violenti e razzisti tanto da subire minacce e da essere costretto a vivere con la scorta.
«Io comunque da ex calciatore e da tifoso di calcio mi chiedo come sia possibile non riuscire a cambiare le cose. Non ho la risposta, però mi sembra incredibile».

La magistratura ordinaria dovrebbe intervenire in modo più efficace?
«Non so dirlo. Mi chiedo se c’è una vera volontà politica di smetterla con l’odio. Certo che se tra 10 o 20 anni ci ritroveremo a fare gli stessi discorsi sarà un vero peccato, sarà grave per la società civile e per lo sport».

Nell’ambiente del calcio la storia di Anna Frank è conosciuta? O è anche una questione di ignoranza?
«Basta dire che i razzisti sono stupidi. Difendono una idea di società dove si sentono superiori. Stiamo parlando di adulti, almeno in maggioranza. Quelli che usano Anna Frank per insultare, sanno esattamente cos’è il fascismo».

In Francia esiste lo stesso problema?
«No. Il che non vuole dire che dentro gli stadi non ci siano antisemiti, attenzione. Però nessun gruppo potrebbe dare una dimostrazione così sfacciata davanti a tutti. Non so se sia per maggiori controlli o per altri motivi, non sono in grado di identificare esattamente le cause. Però in Francia una cosa simile negli stadi è impossibile. Perché i politici, i media e la società in generale sarebbero così sconvolti che non potrebbe succedere una seconda volta».

Rispetto ad altri sport il calcio è più colpito?
«Il calcio è lo sport più seguito al mondo. Gli stadi sono immensi. Qualcuno lì dentro ha l’impressione di perdersi nella folla, di potere fare qualsiasi cosa senza essere individuato. Negli altri sport non c’è la politica dentro le curve e il rapporto tra le gli ultrà e le società è meno stretto. Però lo stadio è lo specchio della società. Se in curva troviamo l’antisemitismo e il razzismo è perché esistono prima di tutto fuori».

Quindi la reazione deve cominciare fuori degli stadi?
«Io penso che ci debba essere ovunque una educazione intransigente contro l’antisemitismo e il razzismo. Noi tutti non dovremmo fare passare niente, nella vita di tutti i giorni. Se tu senti un tuo amico che dice qualcosa di sbagliato su un gruppo di persone, devi avere il coraggio di dirgli “guarda che non si fa, non puoi dire questo”. È un compito che abbiamo tutti. Quante volte c’è qualcuno che fa una battuta sugli omosessuali, per esempio, e quelli che gli stanno intorno si mettono a ridere anche se sanno benissimo che non è giusto? È lo stesso meccanismo. Chi non reagisce, di fatto, accetta».

Questa vicenda è stata seguita all’estero?
«Sì, e mi dispiace perché dà un’immagine sbagliata, negativa dell’Italia. Anche per questo dico che le persone di buona volontà devono prendere le distanze e denunciare questi fatti».

(fonte)

Una serie C da Champions

Si chiama Lega Pro ed è la storica “serie C”, quella in cui il cuore (e i giovani) fanno la differenza davvero sui campi di calcio. Il suo presidente, Gabriele Gravina, ha rinunciato a tre milioni di euro (che da quelle parti sono un bel gruzzolo) da un’azienda di scommesse sportive. Racconta Gravina:

«Mi sono tirato indietro per una questione mia personale. Non la ritenevo in linea con i nostri principi. Non era coerente con i valori che dal mio insediamento abbiamo deciso di darci e di testimoniare. Le basti sapere che Lega Pro ha una convenzione con Siipac, un’associazione di volontari psicologi che, attraverso numeri verdi, aiutano e assistono i malati di gioco d’azzardo. Il nostro obbiettivo poi è di lanciare e proporre una nuova idea di calcio, con al centro l’educazione. Quell’accordo avrebbe sostanzialmente vanificato e fatto naufragare tutto il lavoro degli ultimi 9 mesi. […] Ho vissuto un dramma interiore. Parliamoci chiaro, i soldi sono importanti e senza risorse non si può andare avanti. Io sono qui per fare sì che la Lega migliori e prosperi. C’è però anche il risvolto politico, etico oserei dire, delle scelte. Non stavamo facendo nulla di illegale chiaramente. Ma ciò che è sbagliato non sempre è illegale.»

Ciò che è sbagliato non è sempre illegale. Già.

(L’intervista è qui)

Cosa c’è dietro al Crotone

crotonecalcio

Tanto per capire di cosa stiamo parlando quando parliamo di Vrenna e della ‘ndrina collegata, due articoli chiari. Tanto poi ci torniamo:

Maria Scopece per il Fatto Quotidiano:

«L’inno del Crotone Calcio è la splendida canzone di Rino Gaetano “Il cielo è sempre più blu“, in omaggio ai natali del cantautore romano d’adozione e che ben si addice allo stato di grazia della formazione calabrese che domina la classifica di Serie B insieme al Cagliari. Il cielo del Crotone però sta per tingersi di tinte fosche dopo che la DDA di Catanzaro ha chiesto il sequestro della società calcistica facente parte dell’ingente patrimonio, circa 800mln di euro, dei fratelli Giovanni e Raffaele Vrenna imprenditori operanti nei settori dello smaltimento dei rifiuti e nelle costruzioni.

Secondo i magistrati dell’antimafia di Catanzaro i fratelli Vrenna “Sono imprenditori attigui al fenomeno mafioso, per essersi sin dalla genesi della loro attività, accordati con le consorterie criminalie segnatamente con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura“. Secondo i magistrati i fratelli Vrenna avrebbero garantito posti di lavoro in cambio di “sicurezza”, alla quale avrebbe dovuto pensarci Luigi Bonaventura nipote del boss Pino Vrenna e ora collaboratore di giustizia.

Già nel 2006 l’imprenditore Raffaele Vrenna era stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, condannato in primo grado e poi assolto. Il cosiddetto “concorso esterno” pur non essendo una fattispecie presente nel Codice Penale ma di creazione giurisprudenziale ed espressione con la quale si indica un certo tipo di collaborazione al reato di associazione di tipo mafioso, è un’onta difficile da cancellare. Tanto che i magistrati della DDA trovano proprio nella sentenza di assoluzione le ragioni per portare a questa nuova richiesta di misure cautelari. La sentenza della Corte di Appello di Catanzaro infatti recita “Esistono certamente rapporti di frequentazione e di interesse tra VrennaRaffaele, suo fratello Giovanni ed i componenti della cosca sopracitata”.

Questa vicenda ricorda da vicino una storia degli anni 90‘, quella dell’imprenditore e patron del Foggia Calcio Pasquale Casillo che nel ’94 venne accusato e arrestato proprio per concorso esterno in associazione mafiosa. L’assoluzione arrivò 13 anni dopo, nel 2007, quando ormai la sua ex squadra era passata attraverso un fallimento a militare in Lega Pro, condizione dalla quale non si è ancora ripresa.

Ma forse questa è anche una storia che racconta quanto sia difficile per le imprese e quindi per lesocietà calcistiche del Sud sganciarsi dalle catene della criminalità organizzata che permea profondamente ogni settore della vita economica e sociale rendendo molto difficile distinguere tra cosa è reato e cosa no.

Una posizione netta è quella presa dal Presidente della Lega B Andrea Abodi per il quale questa faccenda “Col calcio non ha niente a che fare e non macchia nella misura in cui i pronunciamenti formali hanno scagionato i fratelli Vrenna. Al di là di quello che dice e scrive la DDA, per la quale c’è grande rispetto, ce n’è altrettanto per chi già si è espresso mettendo i fratelli Vrenna in posizione di assoluta tranquillità“.

Dal canto loro i fratelli Vrenna in un comunicato si sono definiti ” vittime di angherie e vessazioni delinquenziali mafiose e non già conniventi“.

Ora la palla passa alla Corte di Appello di Catanzaro che dovranno decidere se confermare la richiesta della DDA di Catanzaro o confermare la decisione di respingimento già effettuata dai giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Crotone.»

Da TgCom:

Dal sogno della Serie A al sequestro da parte della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. E’ il futuro che potrebbe attendere il Crotone Football Club, secondo in Serie B, che rientra in un lungo elenco di beni, per un valore totale di circa 800 milioni di euro, su cui l’antimafia vorrebbe apporre i sigilli. Sulla base di dichiarazioni da parte di pentiti della ‘ndrangheta, la procura ha aperto un’inchiesta sul patron della squadra, Raffaele Vrenna, e sul fratello, definiti “imprenditori attigui al fenomeno mafioso”.

La decisione dei giudici – Come si legge su La Stampa, il Tribunale di Crotone ha però rigettato la richiesta di confisca di tutti i beni del gruppo imprenditoriale che fa capo ai fratelli Vrenna e della misura di prevenzione richiesta nei loro confronti che consiste nella sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per 5 anni. I due imprenditori sono stati infatti ritenuti “del tutto estranei alla criminalità organizzata crotonese, da cui hanno subito viceversa angherie e danni”.

Il ricorso – Dalle testimonianze di alcuni pentiti raccolte dalla Dda emerge però che gli imprenditori, attivi nel settore della raccolta dei rifiuti, avrebbero pagato una cosca della ‘ndrangheta per “assicurarsi” da attentati e danneggiamenti. Da qui la decisione dell’antimafia di presentare ricorso allegando alle carte nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia. I magistrati della Dda si sono detti sicuri della vicinanza dei Vrenna al fenomeno mafioso “per essersi sin dalla genesi della loro attività accordati con le consorterie criminali”, in particolare “con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura”.

Nel 2006 Raffaele Vrenna venne di concorso esterno in associazione mafiosa, condannato in primo grado e poi assolto. Proprio quest’ultima sentenza viene richiamata dai giudici di Crotone per sostenere l’estraneità di Vrenna alle dinamiche criminali. Da parte loro, i magistrati ribadiscono la “pericolosità sociale” del patron della squadra rivelazione: “è un imprenditore disposto a tutto, a commettere falsi e abusi e anche fare affari con persone che sa o intuisce essere losche”.

La cricca del calcio

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Un’inchiesta di Lirio Abbate:

«Le prove del patto segreto che ha portato a pilotare la spartizione dei diritti televisivi delle partite di calcio del campionato di Serie A vengono descritte da l’Espresso nel numero in edicola da venerdì 22 aprile, in cui si racconta della cricca e delle trattative riservate. Per questi fatti l’Antitrust ha irrogato sanzioni per complessivi 66 milioni di euro ai principali operatori televisivi nel mercato della pay-tv, Sky e RTI/Mediaset Premium, nonché alla Lega Calcio e al suo advisor Infront per l’intesa restrittiva della concorrenza che ha alterato la gara per il triennio 2015-2018, svoltasi nel giugno 2014.

La sanzione più alta è per Mediaset Premium: oltre 51 milioni. Per la Lega 1.944.070, per Infront Italy 9 milioni, per Sky 4 milioni.

Nel servizio pubblicato da l’Espresso viene ricostruito il cartello fra le tv che si dividono i diritti e in questo guazzabuglio di interessi miliardari c’è il vicepresidente esecutivo di Mediaset Pier Silvio Berlusconi, l’amministratore delegato di Sky Italia Andrea Zappia, il numero uno di Infront e advisor della Lega calcio Marco Bogarelli. Con un unico intento: addomesticare, mettendosi d’accordo invece di farsi concorrenza, la gara d’appalto. I risvolti di questo “sistema” sono descritti nelle email dei manager televisivi, acquisiti dall’Autorità garante che ha effettuato l’istruttoria, che il settimanale pubblica e attraverso le quali emergono gli accordi e le trattative riservate.

Dalla documentazione pubblicata da l’Espresso si ricostruisce come Mediaset scenda in campo con le indicazioni fornite da Pier Silvio Berlusconi. Le sue ipotesi sono discusse per posta elettronica fra i manager del gruppo televisivo. I quali adombrano il possibile coinvolgimento di Lega e Infront«a sostegno dei propri interessi come promotori di una negoziazione nei confronti di Sky». Il gruppo del Biscione mette in campo il proprio peso politico ed economico sul “sistema” e l’amicizia del milanista Adriano Galliani con il patron di Infront Marco Bogarelli.

«Parto dal punto di vista di PS (Pier Silvio Berlusconi, ndr) che vorrebbe vedere assegnato lo scenario A+D (piattaforma satellitare e digitale terrestre), tale scenario è perfetto per andare da Sky a negoziare, ma temo, adesso faremo tutte le simulazioni, più complesso e più costoso da realizzare e non più vantaggioso», si legge in una email interna di Mediaset. Che prosegue: «Tutto questo sarà possibile se la Lega e Infront fanno capire a Sky che è più probabile la nostra vittoria». «Condivido quello che scrivi», risponde un altro manager il 7 giugno 2014, «è ovvio, meglio vincere A+D contro Sky che vince A+B (digitale terrestre, ndr), ma A+D va usata per negoziare con Sky e non da usare. Il dubbio ora è meglio vincere A+D, gestire le cause e poi con un punto di forza andare da Sky o far negoziare subito Infront? Credo sia conveniente che negozi Infront così evitiamo le cause, ma Pier (Pier Silvio Berlusconi, ndr) come sembra non è dell’idea, perché sente la vittoria in mano A+D. Questo è il punto! Comunque noi ci metteremo a lavorare agli scenari».

L’Espresso spiega attraverso i documenti utilizzati nell’istruttoria come secondo l’Authority «l’intesa è promossa da Lega e Infront e reca vantaggio principalmente a Mediaset Premium, mentre Sky vi aderisce perché indotta anche dalla condotta delle altre parti». Per il Garante l’intesa è imputabile a tutte le parti del procedimento, ma con ruoli distinti.»

È qui.

Tutti che si fingono stupiti della ‘ndrangheta nel calcio. E indovina un po’ chi ne aveva parlato?

Per fortuna qualcuno ha la memoria lunga. Questo è Claudio Forleo per ibtimes:

pallone-sgonfioL’inchiesta Dirty Soccer e il coinvolgimento diretto di quella che è ormai da anni la principale organizzazione criminale in Italia (la ‘ndrangheta) può sorprendere nell’immediato, meno se si ragiona a mente fredda.  Il calcio è terreno di caccia ideale per le mafie: un business a più zeri che calamita interessi (e consenso) di migliaia di persone. E le organizzazioni criminali sono soprattutto ‘piccioli’ e ‘controllo del consenso’, un po’ come certa politica.

La cooptazione di esponenti della criminalità organizzata alla ricerca di consenso (alcuni dei quali condannati per associazione di tipo mafioso) nelle squadre di calcio costituisce un segnale emblematico….alla stregua della duplice valenza che tali incarichi hanno per l’associazione mafiosa, consentendole da una canto l’accesso ad un canale di riciclaggio dei proventi delle attività illecite attraverso investimenti apparentemente legali mediante le società di calcio stesse e, dall’altro, la costruzione di un’immagine pubblica che ottenga consenso popolare, stante il diffuso interesse agli eventi calcistici”. Lo scrive la Direzione Nazionale Antimafia nella relazione 2014 pubblicata pochi mesi fa.

E’ del 2010 il dossier curato da Libera, Le mafie nel pallone. “Riciclaggio di soldi mediante sponsorizzazioni, partite truccate, scommesse clandestine, presidenti prestanome, il grande affare del mondo ultras, le “mani” sulle scuole calcio. Le mafie sono nel pallone. Dalla Lombardia al Lazio, abbracciando la Campania, la Basilicata, Calabria, toccando la Puglia , con sospetti in Abruzzo e con un radicamento profondo nell’isola siciliana. Più di 30 clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose ed i casi di corruzione nel mondo del calcio” si legge nella premessa del dossier.

“Per i clan il calcio è uno strumento straordinario per fare affari e controllare il territorio…Entrando nelle società la mafia riesce ad avvicinare mondi lontani come politica e imprenditoria. Per le scommesse si creano joint venture tra la mafia internazionale e i clan locali”. Lo spiegava nel 2013 Raffaele Cantone, oggi alla guida dell’ANAC, l’Authority Anticorruzione, in questa intervista.

Gli esempi, come sottolineava all’epoca lo stesso Cantone, non sono solo relativi al calcio dilettantistico o cosiddetto ‘minore’. E’ del 2006 l’inchiesta sul tentativo di scalata alla Lazio da parte del clan dei CasalesiIl pentito Luigi Bonaventura, uno dei mammasantissima dell’omonima cosca del crotonese che rivelò agli inquirenti un piano per uccidere Giulio Cavalli, ha raccontato di partite truccate e di scommesse. Ricorda che “nel 2006 per Crotone-Juventus sugli spalti c’era il gotha della ‘ndrangheta: i Nicosia, gli Arena e altri…Controllare la squadra del proprio paese porta prestigio alle ‘ndrine, crea consenso, getta le basi per il voto di scambio”. Poi ci sono le “carriere da accompagnare”, quelle dei calciatori che finiscono a giocare nelle grandi squadre del Nord.

Gli “interessi economici nel mondo del pallone” emergono anche in Mafia Capitale, con quella che il Messaggero descrive qui come “la rete del business in curva”. Per non parlare dei legami, le amicizie o persino le parentele pericolose che sono emerse in questi anni, da Miccoli (“quel fango di Falcone” dice all’amico Lauricella, figlio del boss della Kalsa) a Sculli, nipote del boss Giuseppe Morabito (“so che sono il suo nipote prediletto e non lo rinnegherò mai. Per me non ha mai fatto nulla di male”) fino a De Rossi, che chiamava Giovanni De Carlo, figura importante dell’inchiesta Mondo di Mezzo, perché “assieme al compagno di squadra Mehdi Benatia, aveva avuto poco prima una discussione in un locale e temendo conseguenze aveva pensato a De Carlo”.

(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

Sul calcio e le regole

Un intervento da applausi del Magistrato Marco Imperato:

Il punto non è certo salvare il calcio.
Il punto è che il calcio rivela la pancia di un paese orgoglioso della sua cultura di illegalità e prepotenza volgare, dove ad ogni partita dobbiamo impegnare centinaia di membri forze dell’ordine per evitare scontri.
Sarebbe davvero ora che chi non si riconosce in questo lo dica a voce alta.
Io amo le regole, perché sono la possibilità della libertà.
E amo il calcio.
Vorrei che le due cose non fossero in contraddizione.

Trovate l’articolo qui.

Il bambino che corre

Schermata 2014-03-06 alle 18.08.37C’è un bambino in campo dopo la partita del Sudafrica contro il Brasile. Il Sudafrica ha preso una scoppola, cinque gol a zero con una tripletta dell’attaccante brasiliano Neymar, stella del Barcellona. Per quel bambino Neymar è forse il buono delle favole che ti basta toccarlo una volta nella vita per rubargli un po’ di poesia e il suo talento e per questo corre ad assaggiarne una briciola, corre per arrivargli vicino e sentirsi per un secondo soltanto ma almeno un secondo un suo compagno nel suo stesso campo. Ha la maglia del Sudafrica, certo, ma i bambini vivono un altro tifo rispetto agli adulti: ci sono i buoni e i cattivi e i calciatori sono tutti buoni, quando perdono, quando vincono. Solo sono troppo lontani e lui ha deciso di andarseli a prendere. Gli addetti alla sicurezza stanno appiccicati con il naso sulle regole da rispettare e nelle regole della sicurezza (e troppo spesso anche del mondo) manca sempre una legge sulla fantasia. Provano a fermarlo. Ma l’abbraccio è scritto. E Neymar se lo va a prendere. Quel bambino è il fantasista della giornata.

Non solo pizze: la camorra gioca a calcio con il “principe” Giannini

Giuseppe-GianniniL’ex calciatore della Roma e della nazionale italiana Giuseppe Giannini è tra gli indagati per il reato di frode sportiva con l’aggravante della finalità mafiosa in relazione alla partita Gallipoli-Real Marcianise, disputata nel 2009 e valevole per l’ultima giornata del campionato di Lega Pro Prima divisione, girone B. La circostanza è emersa dalle indagini sulle attività del clan Contini, che hanno portato questa mattina all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 90 persone. Dalle indagini svolte dai carabinieri di Roma è emersa l’attività illecita che sarebbe stata realizzata nel maggio 2009 da Salvatore Righi e dal figlio Ivano, finalizzata a truccare il risultato della partita a favore del Gallipoli, che con la vittoria guadagnò la promozione diretta in serie B.