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cassonetto

Un bambino nel cassonetto

Karim aveva 10 anni e spesso i piedi scalzi come i suoi quattro fratelli. I vicini di casa raccontano che li vedevano scalzi per strada perché troppo poveri per indossare scarpe. Accade a Boltiere, in provincia di Bergamo.

Nel tardo pomeriggio del 19 maggio Karim si ritrova nel piazzale civico 19 di via Monte Grappa, la strada che taglia il paese della Bassa, dopo essere uscito di casa. Lì c’è uno di quei cassonetti per la raccolta di vestiti usati e Karim deve avere pensato che forse, frugando bene, avrebbe potuto trovare qualcosa da indossare, avrebbe potuto lasciare perdere quelle ciabatte con cui aveva attraversato il paese.

Si è arrampicato sul cassonetto, si è intrufolato, come i topi con gli avanzi solo che Karim era un bambino, e quando il portellone del cassonetto gli si è chiuso all’altezza dello stomaco deve avere pensato che forse se lo voleva mangiare. E infatti se l’è mangiato. Karim è morto, ritrovato verso sera da una donna che lavora in uno studio dentistico lì vicino e che stava andando a riprendere la sua auto. Ha visto solo le gambe che uscivano, il corpo senza sensi. Per recuperare Karim i vigili del fuoco hanno dovuto smontare tutto, tagliando le lamiere, poco dopo Karim non ce l’ha più fatta a continuare a respirare.

Un bambino morto mentre rovista tra i rifiuti degli altri per provare a indossarli è una storia che ha tutta la sua morale nei fatti, senza nemmeno bisogno di troppi commenti. È la povertà che viene facile nascondere perché si intrufola nelle fogne e negli scarti della vita normale e si nota poco, quasi niente. Eppure contiene un dolore che dovrebbe essere nazionale, contiene un lutto che è figlio di molti padri prima del cassonetto assassino. La fase 2 la ricorderemo anche così: è stata il via libera a Karim per recuperare un po’ di vestiti. Andrà tutto bene, dicono. Andrà tutto bene.

Buon giovedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Mi terrorizza la ferocia di questi, oltre al terrore

Questa mattina, se mi permettete, non scriverò il mio consueto buongiorno. Quindi non mi dedicherò alle notizia di oggi (da Londra alla bagarre sui vitalizi fino alla prossima celebrazione dei trattati europei) ma vi racconto una sensazione.

Nella casella di posta stamattina molto presto mi è arrivato un messaggio, ovviamente da un profilo Facebook che non è riconducibile a nessuna persona reale: la foto del profilo è un soldato ripreso di spalle e il “nome” una semplice sigla “Dem Ken”. Dice, il messaggio, letteralmente:

«cara zecca, prenditela con gli extracomunitari terroristi, volevi anche tu l’europa dell’accoglienza? eccoti servito!»

Mi sono sforzato di immaginare quale strana connessione possa scattare nell’animo di qualcuno per prendersi la briga di scrivere una frase del genere a un insignificante editorialista, quale sia quell’organo così peloso che possa vomitare in una frase del genere gli accadimenti di Londra.

Poi, per immergermi nella meglio nel cassonetto a toccare con mano il percolato della ferocia, mi sono fatto un giro sulle pagine dei fomentatori professionisti (niente nomi, oggi nessuna pubblicità), ancora:

“Ennesimo attentato terroristico islamico a Londra ci conferma che l’Europa è ormai una fabbrica del terrorismo islamico.
Continuiamo ad importare “arricchimento” culturale…i risultati sono questi”

“QUANDO C’ERA IL FASCISMO MIO PADRE DICEVA SEMPRE TUTTI AVEVANO UN LAVORO E NON C’ERA DELIQUENZA!”

“adesso ho capito perche’ la boldrini vuole dare la cittadinanza ha tutti quelli che arrivano nel nostro paese , cosi risultano italiani quando uccidono qualcuno”

“E adesso ?… I buonisti quale caxxata si inventeranno per l’ennesimo attentato facendo passare per un squilibrato un paranoico ecc. senza ragionare un attimino che questi signori perbene attentatori stanno dichiarando guerra ai fessi della UE fallimentare?”

(continua su Left)