Sposati con il boss (nel suo castello che dovrebbe essere confiscato)
Me ne avevano parlato giusto qualche giorno fa e se n’è parlato in Commissione Antimafia. Con risultati non soddisfacenti, direi:
Il castello «Galasso» a Miasino e la torretta sequestrata a un esponente mafioso a Borgomanero sono stati al centro di una seduta della commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie. A chiedere come mai i due beni, confiscati dallo Stato, non siano in realtà nelle mani pubbliche è stato il parlamentare milanese del Pd Franco Mirabelli, che a dicembre era stato a Borgomanero e a Miasino per verificare la situazione.
Prima ancora l’associazione Libera aveva organizzato iniziative volte a denunciare la questione. La discussione è partita dal castello di Miasino: «Questa struttura – ha detto Mirabelli – era ipotecata, per cui il Comune non ha potuto prenderla in carico, ed è stata assegnata a una società di gestione per farne un centro per cerimonie e rinfreschi. Oggi in questa società sono state rilevate consistenti quote da familiari della persona a cui è stata sequestrata la struttura».
Mirabelli ha chiesto al direttore dell’Agenzia per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, Giuseppe Caruso, come sia possibile che lo Stato di fatto non riesca ad usufruire né del castello né della torretta, appartamento chiuso da almeno 15 anni vicino alla stazione di Borgomanero. «All’edificio – ha risposto Caruso – erano interessati, dieci anni fa, il Comune e il Corpo Forestale. Il bene non è stato destinato all’ente pubblico perché a fronte di un valore stimato di 98 mila euro, c’era l’ipoteca della Banca Nazionale del Lavoro di 152 mila euro. Il Comune non può sopportare un onere del genere. Oggi io chiamerei il direttore di banca e cercheremmo di arrivare a una mediazione al ribasso».
Il castello di Miasino, 1.700 metri quadri di superficie e 41 mila di parco, era stato fatto costruire dai marchesi Solaroli nel 1867: lo aveva poi comprato Pasquale Galasso, arrestato nel 1992 e diventato collaboratore di giustizia. La moglie di Galasso, Grazia Scalise, ha fondato la società «Castello di Miasino srl» e dal 2002 ha gestito la struttura trasformata in location per matrimoni e feste. In quell’anno la Corte d’Assise di Napoli ha autorizzato la stipula di un contratto di locazione con la società di 36 mila euro l’anno, ma ridotto dell’80% per più di un lustro. I Galasso hanno anche presentato un’istanza per la restituzione del bene, che però è stata rigettata definitivamente nel marzo 2012.
L’immobile era stato valutato nel 2009 per 4,6 milioni di euro. Ma allo Stato non è mai arrivato e Mirabelli ha chiesto come sia possibile. Caruso ha risposto che nessuno fino ad oggi si è fatto avanti per rilevare l’immobile, perché troppo costoso, e quanto al fatto che il castello è ancora nel possesso dei Galasso ha precisato che è accaduto in seguito ai loro ricorsi. «Mi risulta invece – sottolinea Mirabelli – che sia stato dato in gestione a una società con quote private normali, che poi in seguito sono state acquisite da familiari della persona a cui era stato sequestrato il bene». Il castello è diventato, come dice il direttore dell’agenzia, un «compendio aziendale» e per lo Stato non è così scontato entrarne in possesso, al punto che al termine del dibattito il presidente della Commissione ha annunciato che chiederà ulteriori informazioni.