Ciò che turba più di tutto è come il malaffare sia figlio di un quadro normativo che rende possibili e quasi legali queste pratiche indegne. E che tutto questo avvenga nel luogo che dovrebbe essere la massima rappresentazione della cultura e del sapere sottolinea come questo Paese sia incrostato dai potentati e dalle baronie in tutti i suoi settori. Continua a leggere
E il commento migliore non poteva non essere di Riccardo Orioles, ovviamente:
Il signor Mario Ciancio, proprietario di quattrocentomila catanesi nonché di un numero indefinito di centri commerciali, sindaci, giornali, politici, tv, massoni, imprese edili e rare monete antiche è stato rinviato a giudizio, poco fa, per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo comincerà il 20 marzo 2018: dieci mesi dunque, ciascuno di 30 giorni, per un totale di circa 300 giorni durante i quali, dedicando alla lettura diciamo tre ore al giorno, potrà riuscire a rileggersi tutto ciò che I Siciliani, negli ultimi trentacinque anni, hanno scritto di lui. Non è una lettura noiosa, e con l’ausilio di essa riuscirà certamente ad arrivare in gran forma al giorno del processo. Buon lavoro.
Ormai sta diventando una saga. Della becera idiozia.
Salvini vaneggia di un fantomatico “dossier segreto” (pensa di essere 007 e invece ha l’acume di Superpippo) e viene smentito. La secchiata di fango gliela versa in testa Giacomo Stucchi presidente del Copasir (e leghista, giuro, da morire dal ridere): «Con riferimento alle notizie circolate circa l’esistenza di un rapporto (dossier) predisposto dai Servizi segreti italiani e attestante rapporti tra scafisti e ONG per il controllo del traffico dei migranti nel Mediterraneo – scrive Stucchi – , dopo le verifiche del caso, alla luce di informazioni assunte, ritengo corretto evidenziare come tali notizie risultino prive di fondamento».
Poi c’è il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, che, in audizione al Senato, sulle parole di Zuccaro, procuratore capo a Catania ha risposto: «A noi come ufficio non risulta nulla per quanto riguarda presunti collegamenti obliqui o inquinanti tra ong o parti di esse con i trafficanti di migranti. Nessun elemento investigativo». Una risposta che non stupisce: che non esistano elementi investigativi in fondo si capisce anche dalle (troppe) parole di Zuccaro ma qui, se serve, un dubbio vale come un’accusa, per fare baccano.
In compenso ci sono le parole di alcune ONG. MSF: «Che si indaghi, che sia fatta chiarezza. Ciò che stiamo facendo da tre anni è tutto trasparente, tutto tracciabile. Noi non abbiamo nulla da nascondere […] Se parliamo di soccorso in mare, a segnalazione si interviene. Quando noi avvistiamo imbarcazioni in difficoltà, prima segnaliamo alla Guardia costiera e attendiamo da loro l’autorizzazione per intervenire. Non abbiamo alcun contatto con i trafficanti».
Per cominciare dobbiamo andare a riprenderci un’immagine. Non servono foto, la narrazione renziana ce l’ha propinata talmente a lungo che ce l’abbiamo in testa: Matteo Renzi, fresco presidente del Consiglio dopo aver uccellato Enrico Letta, si recava Palazzo Chigi con passo lesto buttandosi in mezzo alle gente, tra negozianti intenti a sollevare la saracinesca, baristi con i cappuccini sul vassoio, passanti in estasi per un selfie e turisti incuriositi. «La mia scorta è la gente» ripeteva Matteo Renzi riprendendo un vecchio adagio di Sandro Pertini che negli ultimi anni sembra diventato un mantra. Chissà poi perché.
E mentre Renzi esibiva ovunque l’accoglienza che gli veniva riservata per le strade, con la felicità ferale di un molestatore in impermeabile al parco, la renziade aggiungeva un capitolo tutto riservato al “politico tra la gente”, il presidente “amato da tutti” e il “Renzi uno di noi”. Tutto bello, per carità: del resto anche i bidoni calcistici quando arrivano in ritiro con la loro nuova squadra si meritano qualche tempo di fiducia incondizionata. È successo a Darko Pancev con l’Inter, figuriamoci Matteo Renzi con gli italiani.
Ora torniamo alle immagini degli ultimi due giorni. A Catania (dove il premier ha fatto tappa per partecipare alla Festa de l’Unità locale) la manifestazione contro il premier superava per numero di presenza di gran lunga il comitato di benvenuto. Senza tenere conto che tra i festosi accoglienti di Renzi si contavano politici, politichetti, assessorini e tutti quelli che sperano che al premier scivoli dalle tasche qualche prebenda. I manifestanti critici invece (persone comuni, giovani, pensionati e nemmeno una vetrina rotta da sparare in mondovisione) si sono presi un po’ di manganellate al civico 8 di via Umberto: quello era il limite invalicabile deciso dalle forze dell’ordine, la zona rossa. Niente più foto e sorrisi: Renzi ora prende le distanze e le fa presidiare con i manganelli.
Sarà un caso? Vediamo. Ieri a Napoli stessa scena; Renzi arriva in città e i manifestanti (vi prego, guardatevi le foto per rendervi conto di chi stiamo parlando) cominciano a prendersi un po’ di randellate in testa. Tra loro c’è anche una consigliera comunale, Eleonora De Majo, che si mette in un angolo a telefonare mentre il bernoccolo le tira la fronte. Gli scontri accadono in diverse parti della città mentre il premier si preparava ad accomodarsi per gustarsi un’opera lirica al Teatro San Carlo.
Blitz della Squadra Mobile della questura di Catania la notte scorsa contro il clan dei Cursoti milanesi che si identificava nel boss catanese Jonny Miano che agiva anche a Milano.
L’operazione antimafia si è conclusa con 27 ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano altrettante persone che dovranno rispondere a vario titolo di associazione mafiosa, traffico di droga ed estorsione. L’operazione trae origine dalle dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia.
Ventitré arresti e cinquanta milioni di euro sequestrati sono le cifre dell’operazione “Caronte” condotta dai Ros di Catania sotto il coordinamento dei magistrati Agata Santonocito e Antonino Fanara sul connubio tra mafia, politica e imprenditoria nel settore dei trasporti in Sicilia. In manette è finito il noto imprenditore catanese Vincenzo Ercolano titolare della ‘Geotrans Srl’ ed ex presidente della Federazione Autotrasportatori Italiana nella provincia etnea, che solo alle pendici dell’Etna conta circa 1500 addetti. Ercolano fa parte di una famiglia legata al mondo dei trasporti e nello stesso tempo a Cosa Nostra, il padre Giuseppe, detto anche “Zu Pippu”, era considerato da molti ‘il re degli ortofrutticoli’ e più volte coinvolto in inchieste di mafia, mentre il fratello Aldo e lo zio Benedetto Santapaola sono ormai da anni al 41bis, condannati all’ergastolo come capi di Cosa Nostra etnea. Nell’ordinanza di custudia cautelare emessa dal Gip anche i fratelli Vincenzo Aiello, già detenuto e condannato in primo grado nel processo “Iblis” a 22 anni per mafia, e Alfio Aiello, condannato in appello per associazione mafiosa.
Secondo gli inquirenti, l’asse Ercolano-Aiello operava nel settore logistico avvalendosi degli “imprenditori-affiliati” Francesco Caruso e Giuseppe Scuto, titolari di alcune ditte di trasporti, fornendo loro il sostegno negli affari avendone un notevole tornaconto. Tra gli interessi finiti sotto la lente della Procura di Catania guidata da Giovanni Salvi, anche il contratto stipulato, tra il 2005 e il 2006, dalla ‘Servizi Autostrade del Mare’ di Caruso con la ‘Amadeus Spa’, società riconducibile ad Amadeo Matacena, parlamentare Pdl e imprenditore calabrese attualmente latitante a Dubai già condannato in via definitiva a cinque anni di reclusione, più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per concorso esterno in associazione mafiosa, vicenda nella quale è stato coinvolto anche l’ex ministro Scajola, arrestato dalla Dia di Reggio Calabria, accusato di aver favorito la sua fuga all’estero. Matacena avrebbe fornito l’affitto di tre navi per permettere il transito dei tir e favorire il collegamento tra la Sicilia e la Calabria, per un costo complessivo stimato intorno a 120 mila euro al mese. Nonostante l’attività avesse ottenuto risultati notevoli, dopo circa 90 giorni il contratto venne interrotto e le parti si divisero.
Ercolano, qualche anno più tardi, proverà nuovamente ad usufruire degli ‘ecobonus’ europei per autotrasportatori che usano gli spostamenti marittmi, facendo il suo ingresso nel ‘Consorzio Ruote sul Mare’, senza però riuscirci in quando la società era già in fase di liquidazione. L’interesse verso gli ‘ecobonus’, aggiunge il Gip, aveva spinto la coppia Caruso-Scuto a prendere contatti anche con “esponenti politici di alto livello” che potessero in qualche modo aiutarli ad “accellerare le pratiche amministrative”. Nel 2008 fondano quindi il Partito Nazionale degli Autotrasportatori, con l’interesse di tutelare l’intera categoria della logistica e tramite l’ex deputato regionale Giovanni Cristaudo, condannato in appello a cinque anni per concorso esterno, sostengono alle elezioni europee del 2009 l’ex presidente della Regione Sicilia e leader del Movimento per le Autonomie Raffalele Lombardo, recentemente condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi per mafia nel processo Iblis. Durante la campagna elettorale vennero utilizzati i camion dell’PNA per pubblicizzare il logo del partito e l’immagine di Lombardo.
Nella lista degli affari della famiglia Santapaola-Ercolano c’era pure la fornitura della carne per la grande distribuzione. I tagli che finivano sui banconi degli hard discount Forté ed Eurospin Sicilia venivano controllati, secondo gli inquirenti, da Cosa nostra catanese tramite due imprenditori compiacenti.
“Chi protegge la famiglia Ercolano?” Se lo chiede l’onorevole Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, in un’interrogazione rivolta al ministro dell’Interno Angelino Alfano, dopo aver appreso che la prefettura di Catania ha iscritto nella propria white list l’impresa Sud Trasporti di Angelo Ercolano, cugino dell’ergastolano Aldo Ercolano e nipote del defunto Pippo Ercolano che è stato il capo di una delle famiglie più irriducibili di Cosa Nostra in Sicilia.
La Sud Trasporti, ricorda Fava nella sua interrogazione, era stata colpita pochi mesi fa da un provvedimento della Procura di Catania per un giro di false fatturazioni da cinque milioni di euro e aveva subito in quell’occasione un sequestro preventivo per diversi milioni di euro.
“Come è possibile – si chiede Fava – che un’azienda legata, sia pure attraverso un nipote incensurato, a una delle più famigerate famiglie di mafia, un’azienda che ha appena subito un sequestro preventivo e che è accusata di pesantissime frodi fiscali possa essere impunemente iscritta nella white list della prefettura, con titolo per partecipare a ogni pubblica gara d’appalto?”.
“L’episodio – continua Fava – ricorda, nella sua gravità, la recente decisione, per fortuna revocata, di togliere dal regime del 41 bis il cugino di Angelo, il capomafia Aldo Ercolano, nonostante la Dia continui a ritenerlo il reggente della cosca mafiosa dei Santapaola”.
“La sensazione – afferma il vicepresidente dell’Antimafia nel suo atto ispettivo – è che una parte delle istituzioni imprenditoriali e politiche di Catania continui a manifestare una intollerabile e incomprensibile subalternità nei confronti della famiglia Ercolano che ha segnato nel sangue, è bene non dimenticarlo, la storia di Cosa Nostra in quella città”.
Il viaggiare per profitto viene incoraggiato; il viaggiare per sopravvivenza viene condannato, con grande gioia dei trafficanti di “immigrati illegali” e a dispetto di occasionali ed effimere ondate di orrore e indignazione provocate dalla vista di “emigranti economici” finiti soffocati o annegati nel vano tentativo di raggiungere la terra in grado di sfamarli.
I giovani del PD di Catania preparano un bel filmatino promozionale per il tesseramento. Evi prego di guardarlo qui e vi prego di spiegarmi quale sia il senso del messaggio pubblicitario. Anche perché Catania è la terra di Pippo Fava, tanto per capirsi. E perché un video (e, generalmente, un messaggio) per il tesseramento è il manifesto programmatico detto in pochi secondi e in poche righe.
Settimana a Mafiopoli di 40 in fila per sei col resto di 2: 40 gli anni rifilati, 6 i boss pisellati, il resto di 2 è di resto bum bum.
A Palermo 6 presunti appartenenti alla famiglia mafiosa di Carini (che non vuol dire per forza simpatici) sono stati condannati. Le condanne riguardano Antonino Pipitone (7 anni e 8 mesi), il padre Angelo Antonino Pipitone e lo zio Vincenzo Pipitone che hanno avuto sei anni a testa così come i fratelli Calogero e Giuseppe Passalacqua. Sei anni anche per Giulio Comello.
Nella maxi operazione “Cerbero” 37 fermi e ordinanze di custodia per i mandamenti di Brancaccio e Portanuova, nonostante tra gli arrestati ci fosse Francesco Palermo Montagna che oltre che avere 46 anni oltre che essere mafioso oltre che essere amico del boss Rotolo, raccontano che sia un ottimo bonificatore. “E’ il mago delle microspie” urlava sempre fiero Rotolo rotolante nella sua rotolante latitanza. E infatti, troppo impegnati sul tecnologico sono rimasti fregati dal buon vecchio pizzino. Arrestati gli uomini d’onore si dice abbiamo gia’ cominciato a parlare. Voci di corridoio raccontano di un Rotolo con l’umore incagliato.
Una storia triste: a Washington Victoria Gotti, figlia del super Boss John Gotti, capo dei capi della mafia americana, bionda discreta come un elefante rosa sul campanile, Victoria è costretta a vendere la sua lussuosa casa di Long Island. “Me la cavo a mala pena” ha spiegato in lacrime di coccodrillo (rosa) davanti alla villa da 5 milioni. A quanto pare suo marito Carmine Agnello che nonostante il nome e la mafiosità conclamata non è ancora stato messo allo spiedo, non le verserebbe gli alimenti. Che vergogna! urla il re ridens durante l’inaugurazione del ponte da Messina a Onna, una storia così meravigliosamente vergognosa che meriterebbe un reatity in prima serata su Beghe 4. Ma il re della disinformazione si svela disinformato: lo sceneggiato tv crescere Gotti è già stato un successo sulle reti americane. Un appuntamento quotidiano come un Kebhab farcito di soldi sporchi, mafia, tradimenti, balle e principi e principesse al ballo della mafia. Gli autori di Porta una porta stanno già chiedendo i danni. E Carmine Agnello? Dopo essere stato scarcerato e avere lasciato la Grande mela si è risposato con la figlia di Mourad Topalian, un capo storico del terrorismo armeno.
Una buona notizia! Mafiopoli esulta. Non solo il latitante Nicchi è vivo, non solo ha imparato con corso accelerato in video cassetta a scrivere la sua firma in modo leggibile, ma addirittura è riuscito con le proprie gambe e la sua gelida manina ad imbucare la lettera per nominare il suo secondo difensore per il processo Gotha. E’ incredibile hanno dichiarato le gemelle Kessler Lo Piccolo dal loro carcere con stanza matrimoniale ma con letti separati “l’avevamo lasciato insieme al Rotolo ad incollare saracinesche in via dei Mille con l’attac, e lo ritroviamo oggi dottore imparato di scrivere e imbucare”. Imbucaiolo imbucato maestro nell’imbucarsi, riferiscono le malelingue, che il Nicchi abbia preso il volo per sfuggire alla ricevuta di ritorno.
Giuseppe Raffaele Nicotra, sindaco di Aci Catena pese famoso per bolli e passaggi di proprietà, è stato nominato eroe dell’anti pizzo della settimana di mafiopoli. Come insegnano quei politici che prendono di petto i problemi per fare sponda col culo di qualcuno, il sindaco nega di essere vittima di un’estorsione e si becca un’accusa di favoreggiamento aggravato dalla DDA di Catania. Come insegna il suo partito il popolo della pubertà, se una cosa si nega non esiste e si è risolta. Al massimo se insiste si rispedisce a Malta.
A Messina nel centralissimo viale San Martino, la polizia trova negli appartamenti di Antonino, Alfredo, Giovanni, Salvatore e Franco Trovato un vero e proprio laboratorio di droga e circa un milione di euro in banconote. Durante l’ispezione, gli uomini della Squadra mobile hanno trovato in un appartamento 2 chili e mezzo di cocaina pura, 157 grammi di eroina e l’attrezzatura di una vera e propria raffineria: una pressa per il confezionamento delle dosi, ben 8 chili di sostanze da taglio, altro materiale sofisticato. Poi un letto sfatto, il frigo pieno, la tv accesa. Nell’altro appartamento dello stesso stabile, invece, gli agenti hanno rinvenuto 10 pacchi, ricolmi di banconote di vario taglio, per un totale di oltre un milione di euro, nascosti in un vano ricavato sotto un mobile fioriera.
“Non è giusto” hanno gridato in coro una parola a testa come qui quo e qua. “Il milione di euro l’abbiamo vinto al bar di sotto al mafia e vinci. E i due chili di cocaina sono la dose personale di nonna Assunta”. Bravi Bene Bum bum.
Il procuratore Centrone alla guida della direzione distrettuale antimafia dell’Umbria dichiara che alcuni processi evidenziano la presenza nella zona di camorra e boss casalesi. “Dicono” aggiunge il ministro della perversione minorile di mafiopoli “che tra poco arriverà da noi il più terribile famigerato pericoloso boss della seconda repubblica”. Qualcuno l’ha preso sotto il braccio e spiegandoli che quello era il G8 l’ha portato nelle segrete stanze del ministero di Topolinia.
Umberto Ambrosoli figlio dell’eroe borghese Giorgio, liquidatore della Banca Privata Italiana, con cui Sindona ripuliva i soldi della mafia, dichiara al Corriere della Sera che suo padre ancora oggi a Milano non avrebbe solidarietà per il suo sacrificio a servizio delle Stato. “Ambrosoli?” dichiara la sindachessa di Milano lieta ma con il parrucchino triste “con tutto il da fare che abbiamo per l’Expo non abbiamo certo bisogno delle rivendicazioni postume sindacali degli apicoltori”. E scoppia l’applauso. Grazie prego tornerò bum bum.