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cavalli

Mafia e rifiuti: "Italia 90" in Lombardia questa volta ha preso il palo

matassa

I carabinieri del Noe, Nucleo Operativo Ecologico, di Milano hanno smascherato i presunti componenti di un’associazione a delinquere finalizzata all’aggiudicazione e all’acquisizione di appalti pubblici aventi per oggetto la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di alcune cittadine lombarde. I militari, in collaborazione con il personale dei Gruppi Tutela Ambiente di Treviso e Napoli nonche’ dei Comandi provinciali dei carabinieri di Lodi, Piacenza, Palermo e Trapani, hanno eseguito nove ordinanze di custodia cautelare: due in carcere e sette agli arresti domiciliari. Le ipotesi di reato contestate agli indagati sono di turbativa d’asta aggravata; traffico illecito di rifiuti; falso ideologico; e associazione a delinquere finalizzata ai reati di falso e truffa.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip presso il Tribunale di Lodi. Al centro delle indagini e’ finita la societa’ “Italia 90 srl”, con sede legale in via dello Spasimo a Palermo e sede operativa in via Fermi, ad Ospedaletto Lodigiano (LO). Cinque delle ordinanze sono state eseguite a Palermo. Agli arresti domiciliari sono finiti Mario Madonia, titolare della concessionaria autocarri Renault Mavi srl, Maria Abbate, dipendente della societa’ Italia 90 srl e sorella dei boss del quartiere kalsa di Palermo, Tiziana Gatti, impiegata amministrativa della stessa societa’ e Susanna Ingargiola, amministratore unico sempre della Italia 90 srl. Mentre in carcere e’ stato condotto Claudio Demma, socio ma di fatto – secondo gli investigatori – gestore sempre della societa’ Italia 90 srl, con sede a Palermo. Nel corso delle indagini e’ stato accertato che alcune gare d’asta sarebbero state vinte aggirando le procedure relative al possesso delle qualita’ soggettive degli amministratori delle societa’ concorrenti.
L’attenzione investigativa e’ ricaduta anche su una gara pubblica bandita nel mese di ottobre 2008 dal comune di Zelo Buon Persico per l’affidamento del servizio di igiene urbana dell’importo a base d’asta di 255.000 euro l’anno per cinque anni, servizio di appalto gia’ condotto da “Italia 90 srl” nel corso di altri anni.
Dopo l’aggiudicazione provvisoria a favore della societa’, unica partecipante alla gara, il comune aveva richiesto la prevista certificazione antimafia alla Questura di Palermo. Ma L’esito della richiesta ha evidenziato “infiltrazioni mafiose”, cosi’ il comune di Zelo Buon Persico ha avviato immediatamente il procedimento di annullamento dell’affidamento provvisorio della gara.
I carabinieri avrebbero individuato anche un traffico illecito di ingenti quantita’ di rifiuti prodotti presso il cimitero di Sant’Angelo Lodigiano e illecitamente smaltiti con falso codice Cer presso un impianto di trattamento rifiuti di Montanaso Lombardo. Inoltre, sarebbero state evidenziate una serie di truffe consumate dalla societa’ “Italia 90 srl” nei confronti di alcuni comuni del lodigiano, consistenti nell’indebita attribuzione del costo di smaltimento di alcune tipologie di rifiuto – che avrebbe dovuto sopportare la stessa societa’ per via del contratto d’appalto – a ignare amministrazioni comunali.

Stagione 09/10 Teatro Nebiolo: A CIASCUNO IL SUO

weblight_campagna_abbE’ online il programma della stagione del Nebiolo 2009/2010

A Ciascuno il suo

tutti gli appuntamenti di Prosa, Musica, gli incontri e le iniziative.

E’ possibile acquistare o prenotare gli abbonamenti scegliendo la propria poltrona, disponibili anche le informazioni su costi e modalità di acquisto.

Attualmente in via di definizione Teatro che passione! la rassegna di Compagnie Filodrammatiche;
La II edizione di Teatrock, concorso per band musicali;
I Musical.

A breve il calendario completo anche degli incontri del Centro di documentazione.

STAGIONE DI PROSA 2009/2010

sabato 3 ottobre ’09 Dionisi Compagnia Teatrale
Patate Una parola senza denti sulla guerra
Sul palco tre donne anziane, molto anziane, raccontano la guerra vista dagli occhi di chi “allora” era bambino, o ragazzo, trasformando quelle piccole storie in storie universali. Non è la guerra raccontata dall’informazione e nemmeno quella rielaborata dagli storici attraverso i documenti, è la guerra del vissuto, è la storia degli uomini e delle donne che nessuno si ricorderà più: non comandanti, non soldati, “solo” persone.
Spettacolo inserito in “LUOGHI COMUNI – residenze teatrali in giro per la Lombardia”

sabato 24 ottobre ’09 Scarlattine teatro
Scirocco. Ballata di viaggio
Un Caronte scafista di nome Joseph aiuta il pubblico ad attraversare il mare, introducendo lo spettacolo con un racconto sull’origine del male. È il mare quotidiano dell’indifferenza, dove abitano i cinque migranti protagonisti di Scirocco, spettacolo in movimento tra musica ed azione teatrale che al tema dell’immigrazione associa il tema del viaggio, del cammino e, indissolubilmente, del ritorno…
Spettacolo inserito in “LUOGHI COMUNI – residenze teatrali in giro per la Lombardia”

sabato 28 novembre ‘09 Compagnia Stabile del Teatro del Popolo
Montedidio
Di Erri De Luca
In poco tempo, a Montedidio, un quartiere di Napoli, un ragazzino di tredici anni si ritrova a crescere per diventare uomo. È bastato compiere tredici anni che subito è stato messo tra gli uomini ad occuparsi di cose adulte. Impara il lavoro, scopre l’amore e il dolore della perdita. Si ritrova solo a fare i conti con la vita. La guarda, la osserva con gli occhi puri di chi ancora non sa, si lascia trasportare dagli eventi per imparare poi a gestirli.

sabato 23 gennaio ‘10 Bottega dei Mestieri Teatrali
A cento passi dal Duomo
Di Giulio Cavalli e Gianni Barbacetto.Con Giulio Cavalli
colpisce l’essenza stessa della mafia al Nord, mettendola a nudo, mostrandone la collusione con la politica e la sua capacità di infiltrarsi nei gangli di potere. Ma la mafia al Nord non rappresenta solo un pericolo per il corretto svolgimento della libera concorrenza…. a Milano e in Lombardia si uccide, come nel profondo sud. Uno spettacolo supportato da dati e documenti per mappare l’attuale situazione, non per creare facile allarmismo, ma per segnalare alla coscienza civile la concreta e reale esistenza di un fenomeno criminale che si muove silenziosamente anche nell’operoso Nord Italia. “una ninna nanna dolce per un risveglio brusco di quella Lombardia che si crede immune dalla mafia”.

Sabato 6 febbraio ’10 Ilinx
Ilinx Machine.  A.T.A. Azienda Traghettatori Anime
Spettacolo per autovettura

La finzione del teatro entra nella realtà, la trasforma. La scena è paesaggio vero e proprio. Artificiale o  naturale che sia. I due parabrezza, i quattro finestrini, sono schermi, occhi che danno sul mondo.
Ma è dentro che succede. Voi, la macchina e la faccenda. La realtà si trasformerà. Trapasserete…
Immaginatevi di essere accompagnati in una macchina.
Immaginatevi di scoprire che siete erroneamente creduti morti.
Immaginatevi la più nobile fra le professioni: i traghettatori di anime.
spettacolo inserito in “LUOGHI COMUNI – residenze teatrali in giro per la Lombardia”

sabato 13 febbraio ‘10 amnesiA vivacE/Circo Bordeaux
Risorgimento Pop
L’Italia non risorge. L’Italia non c’è. La Storia non c’è. Perché è sempre inattendibile, la Storia. Nella
ricostruzione dello storico, come nei ricordi dei testimoni, nelle fiction, come nei romanzi, negli spettacoli. E
allora bisogna prendere tutto con le pinze perché tutto, ahinoi, dev’essere interpretato, aggiornato e
discusso.
Risorgimento pop è uno spettacolo sull’Italia che non c’è, sull’Italia che non sorge, che se è risorta, è
rimorta, uno spettacolo sul Risorgimento, sui quattro padri della patria, Mazzini, Garibaldi, Cavour,
Vittorio Emanuele, e sul suo antipapà, Pio IX. Due attori, risorti e rimorti, immortali cadaveri, soli in scena,
in mancanza di Italia. Per un risorgimento pop.

Venerdì 26 marzo ‘10 Bottega dei Mestieri Teatrali/Napoli Teatro Festival Italia/Next
L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe
Di Dario Fo e Franca Rame. Adattamento, regia e interpretazione di Giulio Cavalli
Siamo dinnanzi all’apocalisse più grave di ogni tempo, il disastro ambientale del quale noi stessi siamo responsabili. L’unica via d’uscita sembra essere paradossalmente una catastrofe, che faccia fare al mondo un passo indietro. Giulio Cavalli mette in scena il testo di Fo e Rame aprendolo a contaminazioni diverse e mettendo in moto un singolare teatro d’inchiesta.
Quante volte negli ultimi anni abbiamo sentito parlare di ambiente, ecologia, energie sostenibili e rinnovabili? Quante volte subiamo l’inquinamento nozionistico di teorie e strategie che subito dopo si contraddicono o rimangono oscure? Il teatro può (e forse, deve) raccontare questo nostro rapporto prevaricante con l’energia in modo diretto, semplice ma non banalizzato e, perché no, istruttivo. L’apocalisse rimandata non è un campanello d’allarme (quello è suonato già tempo fa e non cene siamo accorti) ma piuttosto una “riunione condominiale”in teatro per decidere come rimboccarsi le maniche e chi fa cosa.

Venerdì 23 aprile ‘10 Teatro dei Limoni
Hamburger
“…Non si sale sul ring senza un buon motivo, e io ne ho almeno due.
Il primo è la rabbia. Mi scorre nelle vene, lungo le braccia, arriva nei pugni. E’ il mio ossigeno. E’ quello che mangio, che bevo. Non posso farne a meno. Amo stare qua sopra. E’ tutto il mio mondo. Un quadrato di luce e, attorno, il nulla….”
“…Il secondo motivo, invece, è Dante. E’ per colpa sua se sono qui.”
La storia di un ragazzo affetto da Disturbo Esplosivo Intermittente, che sin dall’adolescenza mostra un carattere eccessivamente violento, che lo porterà, dopo una serie di eventi negativi ad affrontare il riformatorio prima ed il carcere poi, fino all’incontro con un terapeuta, che, scoperta la sua patologia lo indirizzerà verso la boxe….”

STAGIONE DI MUSICA 2009/2010
Sabato 7 novembre ’09  Bar Boon Band
Randagi di Cristallo
Musica e poesia con i senza tetto della Stazione Centrale di Milano

sabato 16 gennaio ‘10 Mondorchestra
La mafia non esiste
Musica popolare siciliana

sabato 20 febbraio ‘10 Contrabbanda
Musica senza frontiere
La banda degli ottoni di Milano

Domenica 20 dicembre ‘09
NANNI SVAMPA
50 anni di storia musicale lombarda

CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER UN TEATRO CIVILE 2009/2010
Giancarlo Caselli
Carlo Lucarelli
Raffaele Cantone e  Antonio Ingroia e Alberto Nobili
“L’etica libera la bellezza” video e incontro con Don Luigi Ciotti
“La santa” video e incontro con Ruben Oliva
Marco Travaglio
Biondani/ Malaguti/ Gerevini “Popolare 4 anni dopo”
Gioacchino  Genchi


BIGLIETTI
intero € 12,00
ridotto *, convenzionato € 8,00
*giovani fino a 25 anni, over 60, studenti con tessera universitaria, gruppi di oltre 10 persone
per gli spettacoli Patate, Scirocco, Ilinx Machine A.T.A ingresso unico € 3,00
per il concerto di Nanni Svampa ingresso unico € 15,00

ABBONAMENTI:
PROSA: n. 5 spettacoli a € 37,50
PROSA IN COPPIA: valido per due persone n. 5 spettacoli a €  70,00
In abbonamento: Montedidio, A 100 passi dal Duomo, Risorgimento pop, L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe, Hamburger
N.B. Gli abbonamenti Prosa e Prosa in coppia danno la possibilità di mantenere la propria poltrona anche per gli incontri gratuiti del Centro di documentazione previa prenotazione.

MUSICA: 3 concerti a € 22,50
(Nanni Svampa FUORI abbonamento)

TEATRO CHE PASSIONE ! Rassegna filodrammatiche: 4 spettacoli a € 30,00

ADOTTA UNA POLTRONA: gli spettacoli di Prosa*, Teatro che passione e Musica a € 97,50
*fuori abbonamento solo Ilinx machine ATA
N.B. con questa formula l’abbonato acquisisce il diritto di disporre delle propria poltrona previa prenotazione anche per tutte le altre manifestazioni organizzate dal Teatro Nebiolo siano esse gratuite o a pagamento.

Modalità di prenotazione e orari biglietteria:
prenotazione telefonica :  numero 331 9287538 dal lunedì al venerdì dalle ore 9:30 alle 13:00 e dalle 14:30 alle 18:00; nei giorni di spettacolo è possibile effettuare la prenotazione telefonica a partire da 1 ora prima dell’inizio spettacoli.
È possibile effettuare la prenotazione anche via mail all’indirizzo info@teatronebiolo.org (in questo caso la prenotazione si considera valida solo se viene confermata dalla biglietteria).
Orari biglietteria: da lunedì a venerdì dalle ore 10:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00 presso gli uffici del teatro ; nei giorni di spettacolo 1 ora prima dell’inizio presso il teatro.

Teatro Nebiolo
Via IV Novembre snc – Tavazzano con Villavesco (LO)

Le conclusioni della direzione artistica sulla stagione 08/09 del Teatro Nebiolo

S5002235Se la prima stagione di un teatro (in qualsiasi angolo del mondo sia ficcato) è l’anno della sorpresa e della meraviglia, la seconda stagione è sempre un respiro con un retrogusto di ansia perché si è sicuri che toccherà scegliere a qualche bivio. Seduto in sala ad ascoltare le ultime briciole di eco di questo 2008/2009 c’è il profumo di una coerenza spessa; che per quanto possa essere più o meno condivisa è almeno il privilegio di un’identità coerente, non compromettibile e degna. La soddisfazione e la responsabilità di avere guadagnato in quest’ultima stagione nuovi compagni di viaggio (come la Fondazione Cariplo con il Progetto Etre, l’Associazione Etre delle residenze teatrali lombarde ,i tanti studiosi, attori e giornalisti che allevano con noi il Centro di Documentazione Teatro Civile e nuovi spettatori), nonché di avere ritrovato l’energia e il calore del nostro pubblico, ci dicono che l’adolescenza del Teatro Nebiolo e dei suoi mille satelliti di parole e persone è un’adolescenza vivace che suona ormai molto di più di una promessa. Oggi, su quel confine di cotone tra il tramonto della stagione 2008/2009 e l’alba della 2009/2010, il Nebiolo è la casa di temi, persone e modi che  sono diventati un valore.  E allora ci sarebbe da riservare l’ultimo applauso della stagione al “tutto” in cui il Teatro Nebiolo galleggia: il paese, le persone, le idee, gi errori, la fiducia, la sfiducia, il tecnico, l’organizzazione, gli artisti e il pubblico. Ma un applauso a palmo aperto, di quelli che non si accendono mica telecomandati ma sono un’esigenza: una voglia matta di gratitudine. Per questo teatro a forma di neo che doveva “essere un teatro di provincia” e invece non lo è stato.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo rifiutato di incensarci con i numeri ma abbiamo rivendicato il peso delle persone e dei contenuti.

Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo preservato la nostra autonomia da una falsa cortese politica di “rete” che qualcuno vorrebbe suonasse come moderazione e controllo.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo ricordato che i teatri sono un gioco tra spettatori e teatranti e nient’altro.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo sottolineato che la libertà di espressione (ancora di più sulle storie “lodigiane”) sono un diritto ma anche un dovere prezioso.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando non ci siamo fermati davanti alle gesta di “bravi” da poche lire, intellettuali da discount, detrattori per passione e per professione o davanti alla politica pavida della “tranquillità”.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo chiesto spiegazioni e abbiamo preso atto della vacuità delle risposte.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo scelto meno esibizioni e più opinioni.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando abbiamo sorriso delle prevedibilissime strumentalizzazioni.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando, tra le orge di vendemmie al chilo, abbiamo scelto di essere un teatro da sorseggiare. Come quel vino buono tra amici che, anno dopo anno, diventa una tradizione.
Non siamo stati “un teatro di provincia” quando, rileggendo a fine stagione l’anno che è stato, ci riconosciamo.

Un ringraziamento particolare va al Comune di Tavazzano con Villavesco che ha reso e rende possibile tutto questo.
La prossima stagione è già cominciata.

IL DIRETTORE ARTISTICO
Giiulio Cavalli

Sciopero

Che paese che s’incivilizza se c’è bisogno di stare zitti per urlare. Come mimi che urlano contro la vergogna.

SCIOPEROBLOG14LUGLIO

Inceneritori di Sicilia. Le oscurità di una società milanese e i danni possibili di un subappalto da record

carlo_rutaBerlusconi li chiama “termovalorizzatori verdi”. In realtà i mega-inceneritori previsti per la Sicilia dai bandi di gara del 2009 saranno i più pericolosi per la salute e l’ambiente. A dispetto dei diritti delle popolazioni dell’isola, così vengono tutelati gli interessi del gruppo Falck e della Pianimpianti, impresa fra le più discusse, amministrata dal calabrese Roberto Mercuri.

di Carlo Ruta

In un discorso recente ad Acerra, Silvio Berlusconi è stato chiaro nel dire che gli inceneritori destinati alla Sicilia dovranno essere dello stesso tipo di quello esistente nei pressi della città campana, battezzato dal medesimo il “termovalorizzatore verde”. Nei bandi siciliani del 2003 venivano richiesti in effetti inceneritori di tale tipo, a griglia mobile, con sistema di depurazione a secco. Con tali caratteristiche quindi, nel 2005, il gruppo Falck, capofila delle compagini vincitrici di tre gare su quattro, li ha ordinati in subappalto alla società milanese Pianimpianti, per mezzo miliardo di euro. Gli stessi sistemi recano altresì quelli richiesti dai nuovi bandi di gara, dell’aprile 2009. Il capo del governo, evidentemente, a tutto ciò si è riferito. I conti però tornano poco, anzitutto sotto il profilo tecnologico, se si considera che il modello richiesto dai bandi di sette anni fa oggi viene riconosciuto come il più pericoloso. Meno inquinanti risultano infatti gli inceneritori con sistema di depurazione ad umido, perché più idonei a rimuovere i gas acidi, i metalli pesanti, le polveri, i microinquinanti organici, incluse le diossine. Perché i nuovi bandi siciliani, con l’impegno forte del governo, ripropongono allora la realizzazione di impianti obsoleti? È un quesito ovvio, la cui risposta richiede comunque delle ricognizioni, a partire dalla società che ha beneficiato del favoloso subappalto, di cui sono stati evidenziati nella precedente inchiesta sul tema alcuni trascorsi.

Nel sito web che ne definisce profilo e attività, la Pianimpianti, amministrata da circa un decennio dal calabrese Roberto Mercuri, presenta sé stessa come una società di engineering & contracting, che cura la realizzazione di impianti dedicati alla salvaguardia dell’ambiente. In realtà, manifesta un profilo piuttosto vago. Dispone beninteso di uffici, manager, uno staff di funzionari. Non realizza tuttavia con tecnologie proprie gli impianti che s’impegna a consegnare “chiavi in mano”. Si avvale bensì dei mezzi materiali e logistici di una società non Italiana: la Lurgi di Francoforte, che è invece una presenza di rilievo nelle costruzioni per la siderurgia, la chimica e l’energia, con stabilimenti in Polonia, negli Stati Uniti, in India, nel Sud Africa. La società di Mercuri, non esente fra l’altro di connessioni con il Lussemburgo, è in sostanza una società di intermediazione, che, nelle logiche del terziario più mosso, fonda i propri guadagni sulla forza di contatto di cui dispone, da un lato con il partner tedesco, dall’altro con i committenti, pubblici e privati. E su tale facoltà di contatto dell’impresa, che è stata ritenuta non priva di diramazioni politiche, essendone stato vice presidente un noto ex parlamentare, si sono accentrate le attenzioni di diverse magistrature. A partire comunque da quella calabrese, che nello scorso marzo ancora una volta ha chiamato in causa Mercuri e un altro esponente della società di Milano, Aldo Bonaldi, nell’ambito di una inchiesta su finanziamenti e appalti nell’area crotonese.

Il rapporto Pianimpianti-Lurgi, maturato nell’ultimo decennio, reca delle ragioni solide, da ambedue le parti. La prima ha motivo di appoggiarsi a una potente realtà industriale off-shore, per la qualità e la competitività tipiche del prodotto tedesco, per le occasioni che possono venirne sui mercati esteri, ma non solo. Dal canto suo, la Lurgi ha avuto buoni motivi per collegarsi con Pianimpianti, pure con partecipazioni societarie, ravvisando nella medesima una testa d’ariete, ai fini della conquista di tessere di mercato in Italia: un terreno difficile, dominato da gruppi del calibro di Enel, Falck e Impregilo, ma condizionato pure da un ridotto club di multinazionali europee, come la francese Veolia e l’inglese International Power. Pur d’indole distante, entrambe le parti hanno tratto quindi guadagno dall’accordo, malgrado gli inconvenienti giudiziari che, in alcuni casi almeno, hanno dovuto condividere. Sono riuscite a incassare commesse importanti, a partire da quella dell’Api per la realizzazione in Calabria della più grande centrale a biomasse d’Europa. La società di Mercuri ha potuto portare il proprio fatturato dai 20 milioni di euro del 1999 alle centinaia di milioni degli anni più recenti.

A questo punto s’impongono delle riflessioni. Il gruppo Falck, presente nel top europeo dell’energia, avrebbe potuto realizzare da sé, o quasi, i tre impianti, ponendo in campo l’esperienza e i supporti di Actelios ed Elettroambiente. Non lo ha fatto. In subordine avrebbe potuto richiedere mezzi e supporti ad Enel Produzione, Amia e Catanzaro Costruzioni, presenti nelle compagini con quote non indifferenti. Ma anche questo non è avvenuto. Ha affidato invece la parte più imponente dell’affare siciliano a una società nota per le sue disinvolture, quella di Mercuri appunto, collegata per di più con una impresa di Francoforte che dal gruppo medesimo avrebbe potuto essere considerata, con buone ragioni, una possibile concorrente sugli scenari europei. È il caso di aggiungere che prima della firma del contratto le società aggiudicatarie non avevano mai avuto rapporti di un tale rilievo con Pianimpianti, né, fatta salva la forzata continuità della vicenda, ne hanno avuto dopo. L’accordo, distante da ogni garanzia pubblica, come è nelle logiche dei subappalti, è avvenuto allora in modo regolare o condizionato? Una risposta non può essere data, ma gli scenari che fanno da sfondo appaiono significativi.

Sulle energie dette rinnovabili si scommette da tempo. Il business che si erge su di esse, andato coniugandosi con quello dell’acqua e dei rifiuti, è tuttavia relativamente recente, con forti rilanci negli anni novanta, ma soprattutto nell’ultimo decennio, in virtù pure dell’azione dei governi che hanno sottoscritto, nel 1998, il protocollo di Kyoto. Sul fotovoltaico, sull’eolico, sulle energie idroelettrica e da biomasse, si sono esposte in effetti, con investimenti importanti, le maggiori società italiane operanti nell’energia, come Eni, Enel, Falck, Edison, Ansaldo, Helios Tecnology, Artemide, oltre che l’ente di ricerca Enea. Un’attrazione del tutto particolare ha suscitato altresì, nell’ambito della produzione da biomasse, la termovalorizzazione dei rifiuti, cui è riservata la parte maggiore degli incentivi “Cip6”, garantiti dal governo. Ne è scaturito quindi un sistema che, pur fortemente differenziato al proprio interno, tende a prescindere dai canovacci e dai retaggi di un paese economicamente diviso, ritrovando un terreno strategico proprio nelle regioni del sud, Sicilia inclusa. E qui è il punto. Nel sud sono state ravvisate le migliori condizioni climatiche e ambientali per lo sviluppo del fotovoltaico e dell’eolico. Vi risiedono altresì le maggiori emergenze da risolvere in tema di rifiuti e acqua. Vi resistono infine deficit strutturali e distanze da colmare, tali da poter animare disegni economici di lungo respiro. Ma le regioni del sud non sono solo questo. Sono sede di consorterie economiche, di mafie che non usano rimanere a guardare. La “scoperta” di tali aree, dal versante appunto delle energie rinnovabili e dei bisogni primari, ha implicato quindi delle prese di contatto, che, come testimoniano numerosi dati, anche di tipo giudiziario, si sono avute a vari livelli.

La Sicilia degli anni di Cuffaro ha costituito, sotto tale profilo, una sorta di laboratorio. Ne danno uno scorcio le esposizioni di un reo confesso di rango, Francesco Campanella, circa le attività meno visibili del consorzio di Metropolis Est, le gestioni anomale di fondi Ue, gli interessi legati alle acque, i giri di tangenti, i nessi fra imprenditoria e politica. È quanto emerge altresì, nell’ambito del processo “Talpe in Procura”, dalle deposizioni del boss agrigentino Maurizio Di Gati, circa l’interesse che le cosche avrebbero avuto per gli inceneritori sin dal 2001, quando ancora non era in progetto la loro realizzazione in Sicilia. Che il seguito non sia da meno lo si rileva comunque dai fatti: dalle trame che si avvertono nei territori in cui sono destinati a sorgere i termovalorizzatori, ma pure i gassificatori; dalle oscurità della politica; dai vuoti di democrazia che insistono, mentre si fa il possibile per espellere le realtà che non scendono a patti con le economie e le politiche più opache, come testimonia la vicenda, esemplare sul piano civile, della società Moncada Costruzioni, che in provincia di Agrigento ha inaugurato nel 2005 il parco eolico di Monte Mele. D’altra parte, anche il vento promette affari di un certo tipo. Dall’inchiesta “Eolo”, condotta di recente dal pm Roberto Scarpinato, della Dda di Palermo, si apprende infatti di rapporti che malavitosi di Trapani avrebbero intrecciato con imprenditori di diverse aree della penisola per lo sfruttamento l’energia eolica. E oltre lo stretto, in Calabria, in Campania, in Puglia, vige, naturalmente, dimostrato da sequenze di fatti, lo stesso paradigma.

Fin qui il clima appunto, che è stato e rimane quello di un mondo convulso, capace di subordinare tutto a degli scopi: dalla complessa macchina regionale alla stessa Unione europea, che, pur distante ed estranea, è stata resa una agenzia di servizio, una fonte cui poter attingere senza misura, come lo è stato a lungo la Cassa per il Mezzogiorno. Le distanze e le estraneità, proprio perché tali, possono essere tuttavia motivo di sorprese. Riprendendo il filo del rapporto Falck-Pianimpianti, proprio la Corte di Giustizia della Ue, con l’annullamento delle aggiudicazione dei quattro inceneritori, ha finito infatti per sparigliare le carte, nel 2007. E tutto questo proprio sul mega-affare dei 500 miliardi di euro ha avuto gli effetti più dirompenti.

Dopo la firma del contratto con il gruppo Falck, la Lurgi ha perso poco tempo. Come da impegni, due anni dopo ha realizzato infatti gli impianti per la Sicilia. Non potendone effettuare tuttavia la consegna, a causa dell’intervento della Ue, ha dovuto parcheggiarli nei propri stabilimenti di Francoforte, dove sono divenuti anno dopo anno obsoleti. Proprio di recente ne è nato allora un contenzioso, mosso dalla società tedesca, acquisita intanto dalla multinazionale francese Air Liquide, leader mondiale nei gas per l’industria e l’ambiente. In sostanza, trovatasi a distanza di quattro anni dalla firma con i tre impianti fermi in Germania e tecnologicamente obsoleti, la Lurgi ha deciso di adire le vie legali contro Pianimpianti e Falck, rivendicando il diritto di recedere dal’accordo del 2005 e di essere pienamente risarcita. Per tutta risposta la società di Mercuri, avvalendosi della clausola che fissava il termine del diritto di recesso in due anni, ha fatto ricorso contro l’impresa tedesca per “frustrazione di contratto”.

Evidentemente, tenuto conto che sono in gioco mezzo miliardo di euro e che la Lurgi ha sufficienti ragioni per vincere, si è aperta per le due società italiane una partita pericolosissima, per differenti motivi. L’impero Falck rischia di essere messo in ginocchio, nell’economia reale, con contraccolpi ipotizzabili pure a Piazza Affari e in altre Borse. La società di Mercuri rischia di essere travolta, e non solo: nel caso di dissoluzione, rischia di dover rendere conto, come non è avvenuto ancora a sufficienza, del suo passato economico, delle sue reali consistenze, delle sue diramazioni, in Italia e all’estero. Le due contraenti italiane recano insomma sufficienti motivi per mettere in campo tutte le loro facoltà per evitare il baratro. E le parole di Berlusconi ad Acerra ne marcano per certi versi un riscontro, non si sa quanto misurato, concordato, calcolato. Le popolazioni siciliane come ne usciranno allora? Probabilmente, per il bene del capitalismo italiano di buon nome, e di quello di altra reputazione, non avranno solo gli inceneritori più grandi d’Europa, ma pure i più inquinanti, i più grondanti di gas e diossine.

Fonti: Domani.arcoiris.tv  –  “L’Isola Possibile” Rivista mensile allegata a “Il Manifesto”

Cronache da Bengodi: tutti allegri al nucleare comunale

giullarePrima notizia, non si è ancora calmato il ciondolo semipendulo del re che il governo di Bengodi ci regala una perla da rizzare anche i più distratti: si torna al nucleare. L’aveva dichiarato il ministro Scajola qualche mese fa ma in fondo ci avevano fatto caso in pochi, anche perchè ci eravamo costretti a non dare troppo peso a tutte le scajolate del ministro almeno per una forma di igiene mentale.

Per inquadrare la statura politica del nostro basta ripercorrere alcuni passi  della sua fulminante carriera verbale: dall’equilibrio dimostrato in occasione del G8 di Genova «Durante il G8, la notte in cui c’è stato il morto, ho dovuto dare l’ordine di sparare se avessero sfondato la zona rossa. A Genova, in quei giorni si giocava una partita seria, lo hanno capito tutti dopo l’11 settembre», passando per la sensibilità sulla vicenda Biagi «Non fatemi parlare. Figura centrale Biagi? Fatevi dire da Maroni se era una figura centrale: era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza», da esperto di diritto del lavoro e processi addirittura senza bisogno di leggere le carte come sul caso Thyssen “Sinceramente, con tutto il rispetto per il procuratore e per il gup torinesi, e non conoscendo le carte processuali, mi riesce difficile immaginare che l’amministratore delegato della Thyssen abbia voluto provocare la morte dei suoi dipendenti. Agli altri indagati è stato infatti contestato l’omicidio colposo. Ed è un’accusa gravissima, intendiamoci”.

Insomma il giusto Ministro al Disastro Ambientale per una Bengodi che si rispetti.

Ora con la nuova Legge Sviluppo (indispensabile in un momento in cui diventa urgente raggiungere quanto prima almeno la maggiore età) si rilancia quel nucleare che più di qualche decennio fa si era perso tempo a rifiutare con un referendum. Infatti oggi il nuovo referendum se l’è fatto da solo il Ministro con il proprio omino del cervello e dai suoi calcoli sembra proprio che abbia vinto il sì, nonostante lui si sia astenuto. Tutti allineati quindi per rilanciare il nucleare come l’energia del futuro con giornali e televisioni allineati a fare festa in questa perversione di futurismo archeologico dell’informazione che ci regala pezzettoni di vomito vendendoceli come bigné.

IL NUCLEARE E’ RINNOVABILE! urlano gli strilloni del re con contratto  a progetto Co.Co.Prot. Da fonti interne dei servizi segreti sembra infatti che Scajola sia riuscito a trovare la formula segreta per produrre uranio all’infinito grazie ad una ricetta della nonna con uova, farina, un pizzico d’olio e una coda di gatto nero. E saranno felici sicuramente anche tutti quelli che l’hanno acquistato negli ultimi anni pagandolo in crescendo fino a 7 volte il prezzo che costava qualche anno fa (per una banalissima regola di mercato che dovrebbe suggerirci che probabilmente si stava esaurendo). Ora con la soluzione di pastafrolla siamo tutti più tranquilli.

IL NUCLEARE E’ PULITO! Certo caro Scajola, se lo scrivi 100 volte con un pastello a cera su un foglio di carta riciclata ancora meglio. E infatti sono le scorie che sono sporche. Quelle scorie che nessuno sa dove mettere e che dovrebbero essere avanzate anche da noi sotto il tavolo per aver provato a costruire qualche centralina qualche anno fa. Ma Scajola è tranquillo. Per le scorie al massimo basterà fare una mezza telefonata all’esercito di insabbiarifiuti del Ministero della Monnezza di Schiavone e Bidognetti o chi per loro e voilà in un batter d’occhio è come se non ci siano mai state. Al massimo subiremo qualche rave-party di un migliaio di mozzarelle un po’ troppo adrenaliniche. E comunque per eliminare scorie e diossine il re ha un metodo infallibile sul “letto quello grande”.

IL NUCLEARE E’ ECONOMICO! Sì, certo. E Rocco Siffredi è gay, l’onorevole Salvini è astemio e Emilio Fede è un ribelle. Chiedete ai finlandesi un paio di opinioni sulla centrale nucleare più grande del mondo Olkiluoto-3. Leggete qui.

IL NUCLEARE E’ SICURO! E a questo punto, a Bengodi, nessuno ha più avuto il coraggio di continuare la conversazione.

Da lontano Scajola urlava sul palchetto “Chi subira’ il disturbo psicologico (perche’ solo di questo si tratta) di ospitare una centrale dovra’ essere premiato e non si tratta solo di premiare il Comune o la Provincia che certamente dovranno avere delle royalties, ma dobbiamo andare direttamente sui cittadini che dovranno pagare l’energia molto, molto, meno che negli altri posti, grazie a bollette piu’ leggere”. Mentre da lontano il tramonto colorava il cielo di porpora.

Speriamo almeno non sia un fungo nucleare, disse il nonno al bambino.

Puf!

Cinquecento euro e stai messo a posto. (mettiamo l’attak al pizzo)

folla2Il testo è stato scritto e recitato in Piazza Mangione a Palermo il 15 Maggio per la 4 Festa di Addiopizzo

Cinquecento euro e stai messo a posto.

La frase rimbalza e lui continua a stare fallito. L’altro, invece,  è “a posto”.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

Non si riesce nemmeno a scriverla una scena teatrale per come rimbomba la frase. Chissà se almeno rimbalza sugli scaffali o si impiglia tra le gambe della sedia alla cassa, chissà come si stende o sta seduta. “Cinquecento euro e stai messo a posto” non è una frase per farci un pezzo di teatro in piazza, “cinquecento euro e stai messo a posto” è una bava. Una bava che scivola fuori dalla bocca del fallito, si secca sul  pavimento come una macchia mica dignitosa che non va più via e rimane a guardarti lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato mezza giornata e la domenica ti accompagna in tasca a portare fuori i bambini. Mano nella mano, vestito della festa, gelato e anche questo mese la dignità a posto. Un pompino da cinquecento euro alla dignità che, anche se si vende tutti i mesi, è una prostituta che costa. Un negozio con una macchia per terra e un postino fallito con la dignità degli altri rapita dentro la busta non sono personaggi che ci meritano un pezzo di teatro: sono personaggi appiattiti in una lettera. E allora eccola la lettera di questo mese. Francobollo con lo sputo, timbro a forma di cerchio e ve la leggo qui. Così per questo mese vi portate via anche la mia.

Caro picciotto, o se preferisci, visto che hai imparato a pettinarti e vestirti pulito, caro estorsore, o, se preferisci, caro esattore. E poi caro al tuo capo ufficio, quello che sta seduto a contare i soldi quando alla sera raccoglie le mesate del mandamento, quei soldi che vi auguro che vi marciscano in mano. E poi cari a tutti i falliti, perché è da falliti mangiare sulla metastasi della paura degli altri, oppure, per capirsi meglio, cari a tutti gli uomini d’onore, così ci capiamo meglio, così vi prendiamo dentro tutti e entriamo subito in tema.

Sono un commerciante di parole, a volte me le pagano bene, e arrotondo sempre il peso prima di chiudere la vaschetta. Non ho mica un negozio dove potete ballare felici la vostra danza della paura, mentre lasciate la scia del vostro onore di merda sulla serranda o tutti fieri correte dopo aver acceso il fuoco del vostro segnale da vigliacchi; sono un ambulante, non so come vi organizzate in questi casi, ma siete mediamente capaci di intercettarci. Questa sera apro la saracinesca fuori orario e vi vengo a cercare io, ma mica per i cinquecento euro così sto messo a posto, ma perché avrei, dico almeno, un paio di domande, una cosa da niente, mica per capire dove non c’è niente da capire, ma per togliermi il peso. Il peso di una curiosità che alla fine cercate sempre di farci pagare nel mercato della vigliaccheria di cui siete i detentori.

Nonno Cleto mi diceva che bisogna pagare il giusto, mio nonno Cleto era uno che portava in giro le bombole del gas con la vespa che si arrampicava in montagna. Pensava solo alle cose fondamentali, impegnato com’era a mettere in prima, seconda e fare bene la curva. Ma questa storia del pagare il giusto se la ricordava ogni volta che stava per due minuti al semaforo rosso con la frizione tirata. Non diceva pagare poco, mica diceva pagare tanto. Diceva pagare giusto. E allora, cari ricattatori delle minacce pagate a rate, cosa c’è, cosa pensate a mettervi in mano la paura in moneta? Quanto vi costa un regalo ai vostri figli con i soldi dei figli degli altri?  Quanto vi sentite uomini a rosicchiare i torsoli come i vermi con le mele appena marcite? Com’è lavorare al mercato infame della minaccia?

Cinquecento euro e stai messo a posto.

La frase rimbalza e voi continuate a stare falliti. L’altro, invece,  è “a posto”.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

L’altro, nel negozio, chiuderà a chiave senza troppa attenzione. Anche questo mese ha pagato l’affitto ad una civiltà a rate. Poi sarà sera davanti al tavolo, la famiglia, l’educazione e la responsabilità stuprata anche questo mese. Tanto è il sistema, tanto è il nostro sistema per godersi il negozio e poi chi me lo fa fare di stare a fare il rivoluzionario. Tanto la mesata la pagheranno gli altri un pezzo al giorno. Tanto è la città intorno che sconta  la macchia a forma di crosta sul pavimento dov’è coagulata anche questo mese la sua voglia di stare tranquillo. E per il resto del mese si impara subito ad alzare la serranda con la leggerezza che sia tutto meravigliosamente normale e di seta. È un gioco da ragazzi: per dimenticarti un giorno del mese hai tutte le settimane di resto. Come sarebbe triste una città, una regione, una nazione con la gente che smette di essere gente, con il cielo che si stinge, con un tumore che sottovoce esce in nero dalla cassa una volta al mese. È un angelo che balla smutandato ciclicamente, è un liquido che si secca e che non lascia impuniti. Non sarete impuniti per quel cerotto che si aggiunge di nascosto.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

La frase rimbalza e voi continuate a stare falliti. L’altro, invece,  è “a posto”.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

I falliti risalgono in macchina, con i soldi che si ristropicciano nella tasca perché  comunque c’è da essere svelti. Svelti per partire, svelti per arrivare a finire il giro prima che si chiude. Svelti perché la combriccola disonorata dei falliti d’onore possa contare, appuntare, mischiare per le mani più in alto. Con questi 50 euro che si appiccicano alle mani, che si impiastricciano sul cuore. Con questi 50 euro che puzzano così che bisogna aprire i finestrini per riuscire a starci dentro. È un brodo di sangue e letame cucinato una volta al mese per pagare l’organizzazione. Un piatto unico a prezzo fisso per il banchetto del re nudo del mandamento. I falliti con il sorriso dei falliti sulla macchina veloce e con il sorriso che si svitano alla sera prima di entrare in casa a fingere male di poter essere persone onorate.

Cinquecento euro e questo mese è a posto.

Mi piacerebbe chiedere al governatore della paura che senso danno al tatto quei mucchi sistemati male di soldi. Se non sono ruvidi di quel conato che non si lava nemmeno a stare cento volte sotto l’acqua corrente del lavandino. Mi piacerebbe vedervi in faccia mentre vi leccate il dito per contare quanto valete questo mese. Mi piacerebbe starvi in tasca per registrare le risate fiacche.

Perché sono sicuro che la sentite questa febbre che vi spaventa. Questa normalità di un no davanti alla cassa che mette in buca il vostro onore di gomma piuma.

Cari postini del re, c’è una favola che ogni tanto si racconta nelle scuole di Mafiopoli. È la favola di un formichiere che si tira su per il naso, in un paese lontano, le formiche a pranzo e le formiche a cena. Un formichiere con le formiche e il muco in testa che galleggia da imperatore per le strade del paese mentre sotto è una scia di percorsi di corsa di formiche, ognuno per conto suo che si sommerge per salvarsi. Ed ogni pranzo ed ogni cena è un flipper di zampe per sfuggire almeno per oggi al naso del despota. Raccontano nella favola che un giorno passava una zanzara, una zanzara che non era mica niente di speciale, ma che come tutte le zanzare riusciva a vedere dall’alto e mica all’altezza di un buco come il resto delle formiche abitanti della città. E come sia bastato così poco perché al mattino dopo il solito formichiere, dopo essersi lavato e i denti ed essere uscito dal suo appartamento a forma di buio, il solito formichiere trovò fuori dal suo zerbino un fiume nero, con il dorso lucido e compatto che camminava in linea. Credette fosse un incubo ma era semplicemente un gruppo. Che cominciò a salire dalle gambe per spolpargli la pancia e stringergli il collo.

Perché sono sicuro che la sentite questa febbre che vi spaventa. Questa normalità di un no davanti alla cassa che mette in buca il vostro onore di gomma piuma. Perché sono sicuro che cominciate a sentirlo questo plotone di schiene che hanno deciso di stare dritte.

Caro postino fallito, questa sera ti mando una lettera da portare al piano di sopra perché mi piacerebbe avere almeno due risposte: una lettera senza i biglietti da cento piegati dentro. Una lettera per passare un po’ il tempo senza farcelo passare dagli altri. Una lettera per sentirsi vivi. Tutti i giorni di tutto il mese.

Sono passati poco meno di 20 anni. Poco meno di 20 anni che Libero Grassi vi scriveva “…volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere… Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui”.

Sono passati poco meno di vent’anni, e ne sono cresciuti di liberi se non di nome liberi per aggettivo. Sono passati poco meno di vent’anni.

Caro estortore, mentre decidi che negozio incollare appena comincia a fare notte  rimettiti pure le mani in tasca.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

La frase rimbalza e lui continua a stare fallito. L’altro, invece,  è “a posto”.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

Caro estortore, ti mando questa lettera con il bollo tutto sputacchiato. Senza soldi, sto a posto. Stiamo a posto.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

La frase rimbalza e lui continua a stare fallito. L’altro, invece,  è “a posto”.

Cinquecento euro e stai messo a posto.

Sappiamo i nomi, sappiamo le facce, vi ascoltiamo mentre decidete di incollare tutta vi dei Mille o mentre strisciate su a Milano in via Verdi. In un ponte di vermi che si spalma sull’Italia. Sappiamo dove state e sappiamo da che parte stare. Qual è il nostro di posto. Ambulanti ma con la parte chiara, la parte dove stare. Al massimo, per uscire a fare un giro, dico per divertirci, dico per stare un po’ insieme in questa notte così piena di corrispondenze, ci travestiamo da picciotti con l’onore dei clown e scendiamo anche noi, così magari ci incontriamo, tutti insieme a metterci il lucchetto e l’attak alla saracinesca del pizzo.

Sandro Pertini: onestà e coraggio

Discorso di Sandro Pertini

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Oggi la nuova Resistenza in cosa consiste… ecco l’appello ai giovani: di difendere queste posizioni che noi abbiamo conquistato, di difendere la Repubblica e la Democrazia.

E cioè oggi ci vuole due qualità a mio avviso, cara amica, l’onestà e il coraggio…l’onestà…l’onestà…l’onestà.

E quindi l’appello che io faccio ai giovani è questo: di cercare di essere onesti, prima di tutto la politica deve essere fatta CON LE MANI PULITE! Non ci possono essere… se c’è qualche scandalo…se c’è…se c’è qualcheduno che da scandalo…se c’è qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i propri sporchi interessi DEVE ESSERE DENUNCIATO SENZA ALCUN TIMORE!”

Sandro Pertini
(1896 – 1990)

Radio Mafiopoli 28 – Lo strano caso dell’ingegnere Lo Verde

Alla fine ce l’hanno insegnato loro che il trucco sta tutto nel leggere i segnali. Sarà per questo, forse, che a qualcuno fa tanto comodo farceli arrivare sempre spaiati i segnali convincendoci poi che siano i modi dell’informazione.

C’era una volta l’Italia dell’ingegnere Lo verde. Non è l’inizio dell’ennesima fiction sugli ingegneri in corsia o una puntata di Fantozzi che latita tutti, l’ingegnere Lo verde è una delle chiavi di quel bordo scivoloso del 1992 su cui a Mafiopoli si è costruita la seconda repubblica. Una repubblica a forma di buccia di banana. L’ingegnere Lo verde telefonava abitualmente a don Vito Ciancimino, e questo sarebbe di per sé abbastanza normale. Ciancimino era il re Mida ingegneristico di Palermo, l’unico uomo che riusciva anche per un vaso di gerani a farsi dare l’abitabilità. Quell’artista futurista incompreso che aveva buttato giù dei vecchiardi e inutili palazzi liberty per sostituirli con delle belle case a forma di pacco, molto meno ricchione. Molto più moderne e meno ricchione. Anzi Vito Bros Ciancimino si incontrava con un certa regolarità presso la sua abitazione Roma con l’ingegnere Lo Verde. E tutti e due sul tappeto della sala progettavano con i mattoncini del lego un’Italia a forma di sbriciola. Chissà che ridere. Ma c’è un però. Dietro le spoglie del metafisico ingegnere Lo Verde c’era una temibile prostata con attaccato Binnu Provenzano tutto intorno. La prostata più ricercata d’Italia. Quella che si dice un prostata latitante (e qui i doppi sensi si sprecherebbero). Ci raccontano di questi amplessi adulteri e furtivi nel processo Gotha a Palermo, di cui a Mafiopoli nessuno parla perché sono tutti impegnati a recensire l’ultimo modello di bambola gonfiabile del re. Le malelingue (che a Mafiopoli sono necessarie come il buco in fondo alla schiena) dicono che non si può dare credito ad un testimone solo perché è omonimo Ciancimino di Don Vito Bros, e solo perché suo figlio, e solo perché ha pianto a lungo mentre l’ingegnere Lo Verde gli rubava la gru dei Playmobil con la cicoria tra gli infissi dei denti. “Del resto – dice il principe cacchiavellico durante l’inaugurazione del ponte da Messina a Pattaya – solo con una libera circolazione di soldi, papelli e di persone si può affermare di essere un popolo libero! E giù un applauso scrosciante come lo sciacquone del cesso.

Intanto le forze dell’ordine (nonostante sia in discussione nel parlamento mafiopolitano di provvedere ad una loro veloce sostituzione con le nuove “truppe di Barbarossa” che finalmente risolveranno una volta per tutte il problema dei gattini sugli alberi) hanno arrestato prima “Cicciotto ‘e Mezzanotte” Raffaele Bidognetti figlio del boss Francesco, Bidet-Gnetti se ne stava mellifluo in quel di Castel Volturno, assorto a finire una partita al cubo di Rubik iniziata nel 1986.

Passa il tempo di uno starnuto e nella settimana del “gomorra libera tutti” viene arrestato Diana, nonostante il cognome, un bel ragazzone di 54 anni masculo al 100%. Dicevano che si fosse trasferito al nord e invece Raffaele Diana detto anche Rafilotto o 2 Cavalli se ne stava a Casal di Principe. Ma siccome è scaltro come una faina latitava in via Torino per confondere le indagini che però non si sono confuse. Sul comodino tenve in bella vista i vangeli, il libro di Padre Pio, la bibbia di Riina ‘u Curtu e gli scritti apocrifi de “Il Padrino”. Il cubo di Rubik no, l’aveva sparato dopo 13 anni che non riusciva a finire il lato rosso. Diana è accusato, tra l’altro, di danno morale alla regione Emilia Romagna per aver fatto sparare il 7 maggio 2007 a Giuseppe Pagano in quel di Riolo di Castelfranco Emilia. Un danno morale incalcolabile per una regione dov’era appena stato messo per iscritto che la mafia non esiste. L’azienda turistica si costituirà presto parte civile. Il ministro alla Sensazione della Sicurezza esulta trionfante in conferenza stampa, poi qualcuno gli sussurra all’orecchio che il sindaco di Castel Volturno Francesco Nuzzo si dimette perche “troppo solo di fronte alla camorra””. Il ministro si scurisce in volto, interrompe il party per un secondo e ordina di spedire anche a lui una bambola di lattice. Bum bum.

Oliviero Toscani, assessore all’omino del cervello del sindaco Sgarbi di Salemi, mette in vendita accendini e magliettine del nuovo marchio brevettato M.a.f.i.a. Qualcuno giù a Mafiopoli si indigna, lui risponde che crea più danni il Grande Fratello. La vecchia storia dell’asino che dice cornuto al bue. Intanto il sindaco Sgarbi dichiara di essere stato minacciato. Sì, dal buongusto.

Ad alcuni amici dei Lo Piccolo per gli amici Lo Pippolo sono stati sequestrati 300 milioni di euro. Nel carcere duro si è passati dal proverbiale champagne per le gemelle Kessler di Cosa Nostra a del più modesto Pinot in offerta.

Intanto, dopo il terremoto abruzzese, in molti con faccia immacolata promettono che nella ricostruzione non arriverà la mafia da sempre esperta nel demolire le ricostruzioni. Errore. Loro ci sono già. Non è mica vero che nel 1999 proprio qui ad Avezzano era stato arrestato Giovanni Spera figlio del boss Benedetto Spera Bel Rosso di Sera? Non è mica vero che, guarda un po’, il Giovannino lavorava nel calcestruzzo? Non è mica vero quel che si dice che i latitanti mafiosi svernino nelle coste adriatiche quando d’inverno le città si svuotano e tranquillizzano? A Mafiopoli la frase “non arriverà la mafia” ormai suona più o meno come “arriverà Babbo Natale”. Amen.

Il senatore Lumia ha ricordato che l’investigatore che “Emanuele Basile è stato un grande servitore dello stato”. In parlamento durante l’applauso tutti a cercare su google.

Per una prevedibile settimana, alla “memoria corta”.

FONTI

http://www.ansa.it/site/notizie/regioni/emiliaromagna/news/2009-05-04_104358329.html

http://napoli.repubblica.it/dettaglio/Camorra-colpo-ai-Casalesi-preso-in-bunker-il-boss-Diana/1627486

http://www.rassegna.it/articoli/2009/04/30/46463/labruzzo-rischia-tra-mafia-e-camorra

http://www.corriere.it/cronache/09_aprile_27/castevolturno_sindaco_dimissioni_7bde7e28-3355-11de-b34f-00144f02aabc.shtml

http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/italia/news/2009-05-04_104363612.html

http://www.ansa.it/site/notizie/regioni/sicilia/news/2009-05-05_105353144.html

http://www.libero-news.it/adnkronos/view/112105

http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=116991

Pino Maniaci, l'ordine dei giullari e il prurito dei potenti

maniacicavalliC’è una teatralissima convergenza di tempi tra l’abbraccio sincrono della notizia dell’ordine (volutamente minuscolo) dei giornalisti siciliano che si potrebbe costituire parte civile nella causa contro Pino Maniaci che “con più condotte, poste in essere in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso”, avrebbe esercitato abusivamente l’attività di giornalista in assenza della speciale abilitazione dello Stato e l’ennesimo vergognoso balzello all’indietro della libertà di stampa in Italia secondo la classifica stilata da Freedom House. Una di quelle drammaturgie che ti si arrampica sullo stomaco e, vivendole nell’afa della situazione dall’interno, partorisce un punto di domanda che pesa come un’incudine. Non voglio entrare nell’analisi giuridica e formale di un criterio di stato che ultimamente mi sfugge ogni volta che immagino gli occhi traditi di Piera Aiello, gli occhi convessi di cera dello smemorato Mancino o lo sguardo mai arrendevole di Pino Masciari; mi limiterò ai fatti. Perchè ripescare i fatti nell’acquario torbido delle alghe esotiche e fluorescienti delle notizie distraenti, è una buona abitudine per ossigenarsi la giornata.

Allora, caro signor Franco Nicastro, vorrei raccontarle una storia, una storia fatta di fatti, e vorrei raccontarla a lei che presiede quell’ordine di tessere e qualche giornalista perchè questa è una di quelle storie che probabilmente a qualcuno del vostro dis-ordine non piacciono. E’ infatti una storia dove non c’è di mezzo nemmeno un timbro e nemmeno una mezza certificazione su carta intestata.

Ho conosciuto Pino un paio di anni fa, in una giornata con Partinico che si scioglieva sotto un sole incazzato e sbavava percolato. Io sono un attore atipico e inevitabilmente precario: mi dicono che sono troppo curioso per essere un drammaturgo vergine, altri che sono un buffone non di corte ma di carta, questi che mi scontro perchè anelo alla pubblicità, quelli che prima o poi mi schianto e mi faccio male, qualcuno che mi faranno male (ma poi su quest’ultima mi hanno visto fiero e l’hanno prescritta), i corvi più torvi continuano che dovrei solo fare il teatrante (calzamaglia e naso da clown pettinato con la riga ad incensare i miei merce-nati e allenarmi alle dichiarazioni pulite). Capisce, caro signor Nicastro, che l’occasione era troppo ghiotta per il dio dei pagliacci che io e Pino non cominciassimo insieme ad essere compagnia di giro uno capocomico dell’altro.

Da qui abbiamo io e Pino abbiamo cominciato a ballare insieme in una polka (a dire la verità piuttosto sbrindellata perchè ci assomigliasse) che continua a disegnare i nomi, i cognomi, le accuse, la ribellione, la schiena dritta e l’osservazione: quella pratica desueta di raccontare secondo il proprio sguardo (questo sì liberamente criticabile) quel fossile di calcare che sono i fatti (sassolini fastidiosi perchè purtroppo incontrovertibili nella sostanza).

Non ci siamo mai chiesti se fosse inchiesta, informazione, cultura, teatro, cabaret o merda e lo sa perchè, caro Nicastro? Perchè questo gioco sorridente a cui non rinunceremo mai non ce ne ha dato il tempo. Siamo troppo impegnati a difenderci (Pino a Partinico e io a Milano) dagli attacchi diversi che hanno stuprato la tranquillità della nostra vita. In un filo che è lungo come tutta l’Italia e ha la forma di un’ombra. Questo ci basta, a noi buffoni, per pesare il nostro lavoro, questo e tutto il coro che ciclicamente si alza per abbracciare Pino quando ne ha bisogno.

Vede, signor Nicastro, che questa è una storia proprio da giullari, come quelle che 500 anni fa finivano con un bel taglio di teste e si continuava tranquilli a vivere. 500 anni fa, quando non esisteva e se ne sentiva il bisogno di un organo che evitasse questo scempio. 500 anni fa quando si capiva bene chi era con le magagne del re e chi difendeva l’informazione e la risata diritto del popolo.

Chissà cosa penserebbe, oggi, l’ordine dei cantastorie senza tessera, di questa delegittimazione che 5 secoli dopo ha la stessa puzza e la stessa povertà.