Vai al contenuto

chiesa

Ops. La Corte dei conti accusa i Caf: 8 per mille alla Chiesa a nostra insaputa.

Siete sicuri che il vostro 8 per mille sia davvero finito al destinatario che avete prescelto al momento di compilare la dichiarazione dei redditi? Il dubbio è legittimo e lo solleva la Corte dei conti che continua a puntare il suo faro su questo importante canale di finanziamento della Chiesa rilevando molte criticità. A cominciare dall’attività dei Caf di area cattolica accusati esplicitamente di favorire la Cei.

L’8 per mille, in base ai dati del Dipartimento delle Entrate ,vale oltre un miliardo e 250 milioni di euro ogni anno (oltre 1 miliardi di euro nel 2016 sono andati alla chiesa cattolica, 187 milioni allo Stato, 37 milioni alla chiesa valdese, le briciole ad altre nove confessioni religiose. Naturale dunque che la Corte vigili attentamente su questo fiume di soldi che ogni anno vengono prelevate dalle tasse degli italiani. Questa volta i giudici contabili hanno voluto verificare come i vari enti interessati, i Caf e le amministrazioni pubbliche hanno risposto ai rilievi che la stessa corte aveva già segnalato nel 2014 ed ancora nel 2015. Il risultato, in base ad una  delibera del 23 dicembre appena resa nota, è «il perdurare degli elementi di debolezza nella normativa, ormai risalente ad oltre 30 anni, e nella gestione dell’istituto, che impongono valutazioni ed iniziative da parte dei molti soggetti coinvolti. E soprattutto restano attuali tutte le criticità già segnalate negli anni passati».

 

Risultano infatti «rilevanti anomalie sul comportamento di alcuni intermediari», sulle quali proseguono le attività di controllo dell’Agenzia delle entrate, e «perdura lo scarso interesse per la quota di propria competenza da parte dello Stato, nonostante fra le finalità finanziabili con la stessa sia stata aggiunta la ristrutturazione degli edifici scolastici». Inoltre «si conferma l’assenza di controlli sulla gestione delle risorse». Unico dato positivo il miglioramento nella trasparenza, completezza e correttezza della diffusione dei dati ad opera del ministero dell’economia. E quindi restano insoluti anche altri nodi già emersi, dalla problematica delle scelte non espresse alla scarsa pubblicizzazione del meccanismo di attribuzione delle quote, dall’entità dei fondi a disposizione delle confessioni religiose alla poca pubblicizzazione delle risorse erogate alle stesse, quindi lo scarso controllo sui fondi di competenza statale; la rilevante decurtazione della quota statale, l’incoerenza nella destinazione delle risorse derivanti dall’opzione a favore dello Stato e la lentezza nella loro assegnazione.

 

Ma quello che forse più sorprende è il comportamento dei centri di assistenza fiscale. In passato, infatti, fa sapere la Corte, non vi sono stati nè controlli sulla correttezza delle attribuzioni effettuate dai contribuenti, né un monitoraggio approfondito sull’agire degli intermediari cui è demandato il compito della trasmissione delle volontà all’Agenzia delle entrate. E peraltro la stessa Agenzia ha segnalato che le scelte indicate nel modello 730 sono modificabili dall’intermediario nella successiva fase di trasmissione e, pertanto, potrebbero non coincidere con quelle effettivamente trasmesse. Ciò «evidenzia che il contribuente non può esercitare un effettivo controllo sulla corrispondenza delle opzioni esercitate nel modello 730 con quelle successivamente trasmesse all’Agenzia» . E così a partire dal 2014 sono partiti i controlli sui primi centri di assistenza fiscale (Caf) per i quali, in base agli elementi informativi a disposizione, potevano emergere dati significativi in relazione ad alcuni fattori di rischio. In base alle indagini svolte a campione dall’Agenzia delle entrate sono così emerse diverse anomalie. In particolare “sono state esaminate 4.968 schede per la scelta dell’8 per mille, di queste, il 49% recano una scelta a favore della Chiesa cattolica, l’11% non recano alcuna scelta e il restante 40% indicano scelte a favore di altri beneficiari.

(l’articolo di Paolo Baroni continua qui, le nostre proposte sono qui)

Il vescovo di Locri rifiuta l’offerta: “soldi che puzzano di ‘ndrangheta”

L’indicazione del vescovo di Locri Francesco Oliva è stata chiara: le offerte che puzzano di ‘ndrangheta non si accettano. E così il parroco di Bovalino, paese della provincia di Reggio Calabria colpito dall’alluvione del 2015, è andato in banca e ha emesso due bonifici, indirizzati ad altrettante ditte che avevano inviato cinquemila euro ciascuna per contribuire a ricostruire il tetto della chiesa matrice sfondato dalla pioggia.

“Con il denaro sporco non si costruiscono chiese, a costo di rinunciare ai lavori”, dice il presule a Repubblica. E i soldi rispediti al mittente in effetti avevano una provenienza quantomeno sospetta. Si tratta di fondi inviati da ditte collegate a Domenico Gallo, arrestato a fine ottobre nell’inchiesta condotta dalla procura di Roma sui grandi appalti, dalla Tav alla Salerno-Reggio Calabria. Nell’ordinanza che ha portato in carcere l’imprenditore calabrese, il giudice ha messo in evidenza “i suoi contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata”. E davanti alle carte giudiziarie, il vescovo non ha esitato. “Per me è stata una scelta scontata, ordinaria”, dice. E infatti non sarebbe emersa se non fosse stata accennata durante un dibattito locale e rilanciata dal Quotidiano del Sud.

“Questa vicenda – spiega il presule – è una piccola cosa ma fa parte di uno stile che deve essere chiaro: non si può rischiare di essere conniventi con le mafie e se c’è il sospetto che le offerte siano frutto di affari mafiosi, bisogna rifiutarle in modo fermo”. Oliva lo aveva già affermato nel marzo scorso, quando un pentito aveva rivelato che una chiesa di Gioiosa Jonica era stata costruita con i soldi delle cosche: “Diciamo con chiarezza che non ne abbiamo bisogno”, aveva scritto ai fedeli e sacerdoti del paese.

Anche Giancarlo Bregantini, suo predecessore nella diocesi di Locri, aveva messo in guardia dal meccanismo perverso delle connivenze economiche tra cosche e comunità ecclesiali: “La mafia – diceva – tende insidie ai sacerdoti: se c’è un campanile da aggiustare, è facile che ti arrivi un generoso contributo. Ed è chiaro che ciò sarà ampiamente messo in risalto da chi lo ha dato, anche se non sarà annunciato dal pulpito: è per questo che la scelta di povertà del prete è una forza di opposizione e di resistenza incredibile”.

Ora monsignor Oliva ribadisce: “Non c’è nulla di bello che si possa costruire con i soldi macchiati dal sangue della gente”. E cita due grandi figure della Chiesa che si chiamano Francesco, come lui. Uno è il santo originario di Paola, patrono della Calabria: “Secondo la tradizione – racconta il presule – quando il re di Napoli gli offrì monete d’oro per costruire un convento lui le spezzò e ne uscì proprio del sangue: quello della gente vessata dal monarca”. L’altro Francesco è il Papa, che il 21 giugno 2014 sempre in Calabria, a Sibari, pronunciò la scomunica per i mafiosi: la ‘ndrangheta, disse, è “un male” che “va combattuto, va allontanato”. E aggiunse: “Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato”.

Oliva quel giorno era sull’altare alla sinistra di Bergoglio, che lo aveva appena nominato vescovo e inviato a Locri: “Le parole del Papa non lasciano spazio all’ambiguità e devono dare coraggio alla Chiesa”, dice. Coraggio che non è mancato al vescovo, ma è stato condiviso anche dal consiglio affari economici della parrocchia di Bovalino, compatto nel sottoscrivere la decisione. E alla fine l’onestà è stata premiata perché i soldi necessari per ricostruire il tetto sono arrivati lo stesso, grazie al contributo dell’otto per mille e alla generosità dei fedeli.

(da Repubblica, fonte)

Musulmani nelle chiese ma gli avvoltoi voleranno ancora

Gli islamici diano un segnale, dicevano e continuano a dire quelli che poi si offendono se vengono bollati come “italiani” durante il ferragosto a Formentera. Gli islamici dicano qualcosa, dicevano, dimenticando che alla strage di ‘ndrnagheta a Duisburg, ad esempio, non mi pare di ricordare nessun italianissimo gesto collettivo di scuse per queste mafie che inquinano il resto del mondo. E così oggi in tutta Europa succede che i musulmani partecipino alle messe, presenziando nelle chiese cattoliche, come segnale di pace e convergenza nei valori della non violenza e della fratellanza. Succede dappertutto, succede a Rouen dove non si è ancora asciugato il sangue del parroco sgozzato e succede anche in Italia dove sul sangue patetici Le Pen in salsa padana cercano di costruire un partito.

L’abbraccio nelle chiese, sia chiaro, è potente: un segnale fisico, non diversamente interpretabile e netto per tutti coloro che credono davvero che la pace sia il comune denominatore. E bene ha fatto la comunità islamica a chiedere a gran voce una presa di posizione che non lasciasse scampo ai detrattori, rappresentata dallo spostamento dell’Islam verso la Chiesa lasciando perdere l’eventuale equilibrio fintamente cortese delle celebrazioni cucite con diplomazia. Per un Imam entrare in una Chiesa è un gesto di richiesta d’abbraccio, un chiedere permesso e un porgersi al dialogo. Ogni altra interpretazione su ciò che accade oggi è benaltrismo di chi non ha più argomenti o peggio complottismo di bassa Lega. Con la L volutamente maiuscola.

Però l’abbraccio tra due comunità religiose così sotto pressione (cattolici e islamici) è la risposta ad una domanda sbagliata e questo dobbiamo bene tenercelo a mente. Al di là della propaganda che attecchisce tra l’ignoranza e la paura è chiaro che il terrorismo che viviamo in Europa non abbia niente a che vedere né con i parroci, né con Allah e nemmeno con Dio e se qualcuno non si è ancora disincagliato da quest’orrido pregiudizio (dopo che lo stesso Papa Francesco l’ha negato a gran voce) significa che esiste una riserva di irriducibili imbecilli. E gli imbecilli quando fanno squadra hanno la becera capacità di diventare insensibili ai segnali del mondo: credono che la Shoah sia un’invenzione, che Dio suggerisca le leggi parlamentari, che esistano diritti sbagliati e razze (o tenie o comunità religiose) prioritarie. Figuratevi se gli imbecilli si accorgeranno oggi di ciò che succede; rimarranno biliosi e spaventosi ad aspettare il prossimo appiglio.

(il mio editoriale per Fanpage continua qui)

Venghino signori venghino! È arrivato Padre Pio!

padrepio

“Forze speciali, materassi ammortizzanti (dovesse rovinarsi) e teche antiproiettile (arrivasse il pazzo), così Padre Pio è arrivato a Roma. E per sette giorni (fino all’11 febbraio) ogni giorno, saranno impegnati almeno 800 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri per garantire la giusta tranquillità al suo soggiorno nella capitale (quasi fosse vivo!). L’ha voluto Francesco il frate di Pietrelcina, per scuotere questo Giubileo troppo sottotono. Deve aver pensato a quei trecentomila fedeli che nel 2002 avevano affollato piazza San Pietro per la canonizzazione. E allora ha organizzato il tour, sette giorni di passione tra processioni, messe e ostensione del  corpo di uno dei “santi” più discussi dei nostri tempi e meno “misericordiosi” che io ricordi di aver studiato. Ancora oggi alter Christus per i suoi i devoti, falso messia per la nomenklatura di allora, il cappuccino di Petralcina da vivo fu al centro di grandi polemiche e da morto di avventure persino incredibili, se non fossero vere”.

Ilaria Bonaccorsi ne scrive qui.

Bum!

monsignore-kBHF-U43120444437538GiB-1224x916@Corriere-Web-Sezioni-593x443

La chiamano modernità e invece e la natura che ogni tanto, nonostante i calci in testa, riesce per qualche secondo a mettere la bocca fuori dallo stagno.

«Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana».

(monsignor Krzysztof Charamsa, teologo, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana, qui.)

Altro che Isis (tutti obiettori con l’utero degli altri)

«Chi pensa di abortire è una puttana, una troia oppure una sgualdrina. Ho più rispetto di una prostituta che per una femmina (non donna) che abortisce. È vergognoso giustificare un omicidio, non chiamare le persone con il loro nome».

(don Luigi De Rosa, parroco di Vairano Scalo, nel casertano)

1396344605_466350803

Mafia: le colpe della Chiesa

resize.php“Sono convinto che la Chiesa potrebbe moltissimo contro le mafie e gran parte delle responsabilita’ le ha proprio la Chiesa perche’ per secoli non ha fatto niente”. Cosi’ il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti alla presentazione a Roma della relazione annuale della Dna. “Penso al discorso di Giovanni Paolo II fatto alla Valle dei Templi ma dopo quello? Silenzio assoluto. Zero reazioni, nonostante omicidi come quello di Padre Puglisi, fino al 2009 quando la Conferenza Episcopale ne parlo’. Oggi dopo altri sei anni Papa Francesco ne parla apertamente e parla di scomunica”.

(Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia)

Chiesa: ancora inchini sotto la casa di un boss

sant-agata-candeloraUna candelora ferma in un posto in cui non si era mai vista. In sosta dalla tarda mattinata del 4 febbraio fino alla sera, in attesa del fercolo di Sant’Agata che sarebbe poi arrivato dalla salita dei Cappuccini. Il posto in questione non è un luogo qualunque di Catania, ma l’angolo tra via torre del Vescovo e via Antico corso, a pochi passi da via Plebiscito. Il cereo votivo quello degli ortofrutticoli. Propria in quella rientranza, accanto all’incrocio tra le due arterie, in una strada senza uscita, abita Massimiliano Salvoex sorvegliato speciale adesso agli arresti domiciliari accusato dai magistrati di fare partedell’associazione mafiosa etnea con ruoli di rilievo.

Verso la sua abitazione, quando il sole è sceso, la candelora si muove sorretta dai portatori. La grossa costruzione in legno dorato scolpito – detta ‘a signurinadi proprietà del Comune ma gestita dalla relativa corporazione – si spinge lungo la rientranza che non ha sbocchi arrivando a pochi metri dal portone. Lì si ferma e inizia a ballare nella caratteristica annacataSalvo non è un personaggio di secondo piano, tutt’altro. È figlio dell’ergastolano Giuseppe, conosciuto con il diminutivo di Pippu u carruzzeri, e fratello del pluripregiudicato Giampiero, attualmente recluso e in attesa di giudizio perché sospettato di essere uno dei killer della strage di Catenanuova, piccolo paesino dell’Ennese macchiato dal sangue nel 2008.

[…]

Non solo. Secondo quanto promesso dall’amministrazione al Comitato per la legalità nella festa di Sant’Agata tra le novità introdotte per l’edizione 2015 della festa – frutto dell’accordo tra Comune di Catania e Curia , le candelore non avrebbero mai dovuto separarsi, accompagnando sempre il fercolo. E costantemente informata della posizione dei cerei votivi avrebbe dovuto essere la Questura etnea. Ulteriore capitolo di questa vicenda, infine, è quello relativo al sequestro da parte della polizia di 31 batterie di fuochi d’artificio artigianali e abusivi piazzati da ignoti nel prato delBastione degli infetti, area quest’ultima proprio a ridosso dell’abitazione di Salvo. I botti, collocati probabilmente durante la sosta della candelora vicino all’edicola votiva, dovevano forse essere esplosi al passaggio della vara di Sant’Agata. Ma la festa in questo caso non è riuscita.

(clic)