Il reato di favoreggiamento cinematografico
Piccola nota introduttiva piuttosto banale, barbosa e che sarebbe pleonastica in un Paese con un dibattito salubre, almeno potabile per ecologia intellettuale: sì lo so, lo sappiamo, l’Arma dei Carabinieri, quello di buono che fanno e che hanno fatto e che continueranno a fare, la gloriosa e tutto il resto. Mi tocca ogni volta precisare che per gli ingloriosi casi della vita con le forze dell’ordine ho condiviso e condivido i miei anni e gli sono sempre grato per la protezione. Quindi no, non attacca. E del resto nessuno sfegatato fan dei geometri si è mai sentito in dovere di precisare che non tutti i geometri siano tossicodipendenti quando sente parlare della vicenda Cucchi. Andiamo avanti.
Quello che è successo a Siderno però merita di essere raccontato ancora una volta perché a forza di sottovalutare i segnali ci si rischia di annegare. Succeda quel che succeda ma non si dica che gli indizi dell’autoritarismo possano essere trattati con la leggerezza e con l’indifferenza che sono sempre stati il balsamo dei prepotenti. I fatti, innanzitutto: a Siderno, Reggio Calabria, succede che in una libreria dove si proietta il (bellissimo) film “Sulla mia pelle” che racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi alcuni carabinieri hanno chiesto alla titolare “la lista dei presenti” e quando hanno scoperto che non non esiste il check-in per entrare in una libreria hanno pensato bene di dedicare due ore del loro prezioso tempo in servizio per assistere alla serata. «Ogni tanto i due si affacciavano nella saletta per ascoltare, ma non sono mai intervenuti. Non c’è mai stata alcuna intimidazione, sia chiaro» ha affermato la libraia, Roberta Strangio. «Dopo la conclusione del dibattito ho ripensato a cio che è successo e mi sono sentita un po’ intimidita. Ma solo in un secondo momento» ha detto invece la giornalista Maria Teresa D’Agostino che ha curato il dibattito dopo la proiezione.
Il colonnello a Locri Gabriele De Pascalis si è giustificato così: «I carabinieri erano lì – ha detto l’ufficiale – per attività di routine e hanno interloquito con gli organizzatori per sapere se c’era qualcuno delle istituzioni o autorità, in un’ottica di ordine e sicurezza pubblica. A noi non interessa alcun elenco, soprattutto in una manifestazione che non aveva alcun rischio di ordine pubblico. Noi siamo sempre tra la gente e non vogliamo che l’accaduto venga strumentalizzato, specie in una vicenda triste e delicata come quella di Stefano Cucchi.»
La domanda allora sorge spontanea: se non c’era nessun problema di ordine pubblico e non c’era nessuna autorità presente perché dei carabinieri (peraltro in una zona criminalmente problematica come è la patria degli ‘ndranghetisti Commisso e delle famiglie Rumbo, Galea, Figliomeni, Correale, Crupi) hanno dedicato tempo e energie per vigilare la proiezione di un film? Quanto manca alla stesura del reato di favoreggiamento cinematografico di vittime dello Stato? Non sarebbe stato meglio dire “scusate, su questa cosa abbiamo tutti un po’ i nervi a fior di pelle e converrebbe cautela da tutte le parti, soprattutto dalle istituzioni”? Non varrebbe la pena ripassare l’articolo 18 della Costituzione (a proposito dell’amor di patria) che dice “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”?
Perché, tra l’altro, piacerebbe sapere anche a noi i nomi di chi ha avuto questa brillante idea. Ci passate l’elenco?
Buon venerdì.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/11/09/il-reato-di-favoreggiamento-cinematografico/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.