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città

La bellezza come senso di appartenenza

Architettura è quel che ci sta intorno. Noi – come tutti quanti – ci passiamo la vita dentro. (Louisa Hutton)

2vv5nhjUn articolo di Antonio Monestiroli su Repubblica che lascia una visione “politica” della bellezza, delle città, dell’urbanistica:

IN QUESTA confusione è necessario che ogni cittadino, prima di pensare di non essere all’altezza di giudicare, si faccia forte della propria esperienza. Affidarsi alla propria esperienza vuole dire giudicare i nuovi edifici allo stesso modo in cui giudichiamo i vecchi e cioè rispetto alla loro utilità e bellezza. L’utilità tutti sanno cosa è, la bellezza meno. Anche se c’è un modo molto semplice di definire la bellezza di un edificio: considerarla l’espressione della finalità dell’edificio stesso, che va oltre la sua utilità immediata, che pure è importante, che riguarda il suo significato culturale. Per capirci meglio pensiamo a un edificio straordinario come il Duomo di Milano, molto amato dai milanesi non solo per il suo aspetto esteriore, ma per il suo magnifico interno. Io credo che sia proprio la forma del suo interno a essere espressiva di un’idea di comunità che già appartienea tuttie che quando viene riconosciuta in un luogo dà un senso di pace e di benessere. Tutti gli edifici ben costruiti provocano in noi un’emozione: nei grattacieli è l’orgoglio della costruzione a provocarla, nella casa è il senso di appartenenza a un luogo. Ma perché questi nuovi e ingombranti edifici costruiti a Milano non provocano alcuna emozione? Il perché va cercato nelle premesse alla loro costruzione: la loro finalità non è quella di essere espressivi di alcunché ma quella di essere attraenti, qualità questa che per l’architettura è nefasta. Oggi i cittadini pagano il prezzo di una scarsa competenza dei progettisti che hanno lavorato a Milano, di una certa assenza dell’ amministrazione pubblica negli anni passatie di una ingiustificata libertà d’azione degli imprenditori, che hanno dimostrato di non avere alcuna attenzione per la città in cui hanno operato.

(Grazie a Daniele per la segnalazione)

Pensare e ripensare

Si può cominciare da piccole cose. Creare per esempio un fondo a partecipazione pubblica e privata al quale ogni città e i privati cittadini possano accedere attraverso la presentazione di progetti dai risvolti innovativi e sociali. Conosco personalmente tantissime persone che non vedono l’ora di progettare per la loro città e ci sono in giro per il mondo idee incredibili a cui ispirarsi. Orti urbani, progetti di ‘social housing’, costruzioni eco-sostenibili, creazione di spazi sportivi o aree di incontro in aree e fabbricati dismessi. Diamo sfogo alla sperimentazione e riproponiamo poi, in altri contesti, le iniziative che funzionano ed hanno un costo basso per la collettività.

Un’idea semplice di Emanuele Ferragina. Di quelle così semplici da essere rivoluzionarie in un momento asfittico in cui l’innovazione non riesce nemmeno ad essere elaborata.

#salvaiciclisti: una proposta di legge

La scorsa settimana il Times di Londra ha lanciato una campagna a sostegno delle sicurezza dei ciclisti che sta riscuotendo un notevole successo (oltre 20 mila adesioni in soli cinque giorni).

In Gran Bretagna hanno deciso di correre ai ripari e di chiedere un impegno alla politica per far fronte agli oltre 1.275 ciclisti uccisi sulle strade britanniche negli ultimi 10 anni. In 10 anni in Italia sono state 2.556 le vittime su due ruote, più del doppio di quelle del Regno Unito.

Questa è una cifra vergognosa per un paese che più di ogni altro ha storicamente dato allo sviluppo della bicicletta e del ciclismo ed è per questo motivo che mi unisco all’appello dell’Associazione Ciclonauti per chiedere che anche in Italia vengano adottati gli 8 punti del manifesto del Times:

  1. Gli autoarticolati che entrano in un centro urbano devono, per legge, essere dotati di sensori, allarmi sonori che segnalino la svolta, specchi supplementari e barre di sicurezza che evitino ai ciclisti di finire sotto le ruote.
  2. 500 incroci più pericolosi del paese devono essere individuati, ripensati e dotati di semafori preferenziali per i ciclisti e di specchi che permettano ai camionisti di vedere eventuali ciclisti presenti sul lato.
  3. Dovrà essere condotta un’indagine nazionale per determinare quante persone vanno in bicicletta in Italia e quanti ciclisti vengono uccisi o feriti.
  4. Il 2% del budget dell’Anas dovrà essere destinato alla creazione di piste ciclabili di nuova generazione.
  5. La formazione di ciclisti e autisti deve essere migliorata e la sicurezza dei ciclisti deve diventare una parte fondamentale dei test di guida.
  6. 30 km/h deve essere il limite di velocità massima nelle aree residenziali sprovviste di piste ciclabili.
  7. I privati devono essere invitati a sponsorizzare la creazione di piste ciclabili e superstrade ciclabili prendendo ad esempio lo schema di noleggio bici londinese sponsorizzato dalla Barclays.
  8. Ogni città deve nominare un commissario alla ciclabilità per promuovere le riforme.

Il manifesto del Times è stato dettato dal buon senso e da una forte dose di senso civico. È proprio perché queste tematiche non hanno colore politico che chiediamo un contributo da tutti affinché anche in Italia il senso civico e il buon senso prendano finalmente il sopravvento.

Chiunque volesse contribuire al buon esito di questa campagna può condividere questa lettera attraverso Facebook, attraverso il proprio blog o sito e attraverso Twitter utilizzando l’hashtag #salvaiciclisti.

Ora bisogna trasformare i contributi in una seria proposta di legge. Chiunque abbia idee, suggerimenti e collaborazioni noi siamo qui. In bici.

Case e città: qualcosa di sinistra

Il partito laburista in vista del rinnovo del governo metropolitano di Londra ha pubblicato un interessante documento programmatico sulle case economiche, che merita attenzione: La domanda che potremmo porci è: esiste una idea di città di sinistra?  Forse si, se ciò significa fissare principi generali che leghino obiettivi sociali a una struttura spaziale definita da aspetti come le densità, le qualità edilizie e urbanistiche, il tipo di godimento degli alloggi, il contesto ambientale generale.  E far sì ad esempio che i principi non restino a galleggiare nell’aria, a pura legittimazione di chi li afferma programmaticamente, ma si traducano in tempi certi in qualità tangibili, secondo un programma che metta in primo piano le necessità più urgenti, ad esempio dei servizi, dei trasporti pubblici ecc. Di conseguenza coinvolgendo in modo equilibrato sia le risorse pubbliche che private in termini economici, progettuali, di ricerca.  L’obiettivo è di costruire un tessuto urbano non ghettizzato, sia sul versante funzionale che su quello sociale, inteso dal punto di vista del reddito, delle fasce di età, della condizione professionale e culturale. L’articolo e il documento li potete leggere qui.