“Migliorare il reddito di cittadinanza”, la Chiesa chiede interventi per la misura simbolo dei grillini
In Italia ci sono già un milione di poveri assoluti in più rispetto al periodo pre-pandemia, arrivando alla cifra record di 5,6 milioni di persone in stato di povertà assoluto (circa 2 milioni di nuclei familiari). In occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà (17 ottobre) la Caritas ha presentato il Rapporto 2021 su povertà ed esclusione sociale dal titolo “Oltre l’ostacolo” prendendo in esame le statistiche ufficiali sulla povertà, i dati di fonte Caritas, il tema dell’usura e del sovra-indebitamento, la crisi del settore turistico, lo scenario economico-finanziario e le politiche di contrasto alla povertà.
Nel 2020 Caritas (potendo contare su 6.780 servizi a livello diocesano e parrocchiale e oltre 93mila volontari a cui si aggiungono circa 1.300 volontari religiosi e 833 giovani in servizio civile) ha sostenuto più di 1,9 milioni di persone. Di questi il 44% sono “nuovi poveri”, persone che si sono rivolte al circuito Caritas per la prima volta per effetto, diretto o indiretto, della pandemia. Disaggregando i dati per regione si scorgono alcune importanti differenze territoriali che svelano quote di povertà “inedite” molto più elevate; tra le regioni con più alta incidenza di “nuovi poveri” si distingue la Valle d’Aosta (61,1%,) la Campania (57,0), il Lazio (52,9), la Sardegna (51,5%) e il Trentino Alto Adige (50,8%). La pandemia ha acuito anche le povertà pre-esistenti: cresce anche la quota di poveri cronici, in carico al circuito delle Caritas da 5 anni e più (anche in modo intermittente) che dal 2019 al 2020 passa dal 25,6% al 27,5%; oltre la metà delle persone che si sono rivolte alla Caritas (il 57,1%) aveva al massimo la licenza di scuola media inferiore, percentuale che tra gli italiani sale al 65,3% e che nel Mezzogiorno arriva addirittura al 77,6%. Siamo quindi di fronte a delle situazioni in cui appare evidente una forte vulnerabilità culturale e sociale, che impedisce sul nascere la possibilità di fare il salto necessario per superare l’ostacolo.
Il 64,9% degli assistiti dichiara di avere figli; tra loro quasi un terzo vive con figli minori. Rispetto alle condizioni abitative, oltre il sessanta per cento delle persone incontrate (63%) vive in abitazioni in affitto, Il 5,8% dichiara di essere privo di un’abitazione, il 2,7% è ospitato in centri di accoglienza. Percentuali queste ultime che si legano chiaramente alla condizione degli “homeless”, i cui numeri anche per il 2020 risultano tutt’altro che trascurabili. Le persone senza dimora incontrate dalle Caritas sono state 22.527 (pari al 16,3% del totale), per lo più di genere maschile (69,4%), stranieri (64,3%), celibi (42,4%), con un’età media di 44 anni e incontrati soprattutto nelle strutture del Nord. Oltre un terzo delle persone sostenute dal circuito Caritas (il 37,8%) è supportato anche da alcuni servizi pubblici, il 19,9% dichiara di percepire il Reddito di Cittadinanza.
Dal rapporto esce anche un desolante quadro dell’occupazione: l’Italia, che già nel 2019 registrava oltre 2 milioni di giovani Neet (persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione) tra i 15-29 anni e alti tassi di disoccupazione, con la pandemia registra un forte calo del numero di occupati (-682mila unità). È interessante notare come tra loro il 52,3% è costituito da donne, che incidono solo per il 41% sul totale degli occupati, e il 55% è costituito da giovani tra i 15 e i 34 anni, giovani-adulti che pesano sul totale degli occupati appena per il 21,2%. Anche sul fronte educativo le conseguenze sono state assai gravi, collegate per lo più alla chiusura delle scuole per due anni scolastici consecutivi (2019-20 e 2020-21). In Italia il 78% delle scuole italiane ha garantito le video-lezioni con gli insegnanti, con frequenze più elevate per quelle secondarie di primo grado (pari all’86%) e per gli istituti del Nord, con punte vicine al 90% in Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.
Nel Mezzogiorno si registrano performance più basse della media (76%), con i valori minimi in Molise (69%) e Campania (71%). Complessivamente gli studenti che non hanno partecipato alle video-lezioni risultano quasi 600mila, pari all’8% degli iscritti, con un minimo di esclusi nelle regioni del Centro (5%) e valori più elevati (9%) nel Mezzogiorno (con un massimo del 13% in Sardegna). La crisi occupazionale e economica ha dato una spinta anche all’usura e al sovraindebitamento: nel rapporto si legge che nelle zone che sono state “rosse” più a lungo il reddito “si è ridotto di oltre il 50 per cento per un nucleo ogni 20; è stato decurtato tra i 25 e i 50 punti percentuali per 10 famiglie su 100; si è abbassato tra 1 punto a 25 punti percentuali per il 18,4 per cento della popolazione e solo un piccolo gruppo di privilegiati ha visto aumentare il proprio reddito (2,6%)”.
Grave crisi anche per il settore turistico: «In Italia, nel 2017, il turismo rappresentava il 6% del valore aggiunto nel nostro paese. Assoturismo stima una perdita di quasi 84 milioni di pernottamenti di turisti italiani e 157,1 milioni di turisti stranieri, con un calo degli arrivi di quasi il 62%. Il crollo delle presenze si è tradotto in una drastica contrazione della domanda di beni e servizi in diversi settori: la stima è di oltre 50 miliardi di euro». A Ischia il 70% degli operatori turistici non lavora: nel 2019 la Caritas sfamava 500 famiglie, mentre oggi sono 2.500 in gran parte formate da lavoratori stagionali che non hanno ricevuto nessun tipo di supporto economico. A Venezia, per fare un esempio, nei primi 9 mesi del 2020 si sono registrati 5 milioni in meno di arrivi (- 59,5%) e 18,5 milioni in meno di presenze (- 53,5%). La componente straniera ha registrato un calo del 73,1% degli arrivi.
Dal rapporto della Caritas esce uno scenario italiano molto meno “ottimista” di quello che viene raccontato con gran sicumera in certi ambienti. Per questo l’organismo pastorale della Cei raccomanda un pacchetto complessivo di interventi che prevede tra le altre cose anche il riordino e rafforzamento del Reddito di cittadinanza (ebbene sì, il tanto vituperato Reddito di cittadinanza) prevedendo un miglioramento nell’intercettare meglio la povertà assoluta (più della metà delle famiglie in povertà assoluta non riceve il RdC), ampliare alcuni criteri di accesso (come la diminuzione del numero di anni di residenza richiesti e una scala di equivalenza non discriminatoria verso le famiglie più numerose e che non le sfavorisca rispetto ai nuclei con uno o due componenti) e un miglioramento dei servizi e delle azioni per l’inserimento lavorativo.
E leggendo i dati e le opinioni di chi con la povertà ci ha a che fare tutti i giorni (sfamando gli affamati, proprio come dice quel Vangelo tanto sventolato e poco praticato) è ancora più evidente lo scollamento tra una narrazione che ancora si illude di poterla nascondere (se non addirittura criminalizzare) e un Paese che si ritroverà sempre di già (e sempre più duramente) a doverci fare i conti.
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