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Cecilia Strada ha ragione: i negazionisti del Covid non si meritano il servizio sanitario nazionale

No, la questione dei negazionisti che manifestano a Roma contro la dittatura sanitaria, la combriccola di quelli che ci dicono insistentemente che il Covid non esiste, che è tutta un’invenzione, il patetico ritrovo di quelli che vorrebbero abolire l’ordine dei medici e poi ne cercano in fretta e furia uno perché un manifestante viene colto da un malore (un contrappasso da film, roba che nemmeno un drammaturgo riuscirebbe a scrivere così tragicamente comica), non è solo questione di virus, di poteri forti e di complotti orditi da un misterioso ordine mondiale.

Si tratta subito di un attacco frontale al sistema sanitario nazionale, quello stesso sistema che garantisce la cura e la salute esattamente anche a loro, indipendentemente dai loro atteggiamenti irresponsabili e dal loro ammassarsi senza mascherine. L’ha scritto lucidamente Cecilia Strada (che di cure e di salute se ne intende, avendoci dedicato una vita intera): “Ho visto la manifestazione dei negazionisti a Roma. Ammassati, senza mascherine. Non ve lo meritate il Sistema sanitario nazionale. Vi cureranno sempre, ogni paziente ‘con eguale scrupolo e impegno, indipendentemente dai sentimenti che esso mi ispira’, ma non ve lo meritate”. E tanto per bloccare qualsiasi mala interpretazione Cecilia Strada ha anche aggiunto: “Oh, chiariamoci, ché forse sono stata ambigua: non dico che non dovrebbero ricevere cure. Chiunque ha diritto alle cure. Anche se non rispetta chi lo cura e la comunità che lo circonda. In questo senso, ‘non se lo meritano’: perché non lo rispettano, né il SSN, né la comunità”·

Se i negazionisti nostrani credono davvero che l’opera di medici e di infermieri in questi ultimi mesi in Italia sia un’orrida messa in scena per controllare il popolo e se davvero credono che le mascherine non siano dispositivi di protezione ma museruole utilizzate per silenziare la libertà dei cittadini allora ci dicano, se ne prendano la responsabilità, che nel caso in cui si ammalano non si consegneranno nelle mani del nemico ma addirittura rifiuteranno le cure. Non accedano al servizio sanitario che con tanta fatica questo Paese e tutti i suoi cittadini tengono in piedi e si affidino alle cure dei loro falsi profeti. Questo sarebbe coerente. Questo sarebbe normale. Senza poi vederli stipare ospedali (spesso di gran lusso) per combattere il male che non avrebbe dovuto esistere.

Leggi anche: Lettera ai negazionisti: “Venite a Lodi a tenere i vostri comizi davanti a orfani del Covid”

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Lettera ai negazionisti: “Venite a Lodi a tenere i vostri comizi davanti a orfani del Covid”

Oggi è il giorno in cui anche l’Italia si accoda ai negazionisti in piazza, per non essere meno con la cretinità del mondo. Oggi è il giorno in cui alle 16 in piazza Bocca della Verità a Roma ci sarà l’annunciata manifestazione contro la “dittatura sanitaria” orchestrata, come accade in quasi tutto il mondo, dalla destra più destrorsa, quella del pregiudicato Giuliano Castellino e che raggruppa come sempre accade, tutti quelli che per mancanza di profondità delle proprie opinioni ha bisogno di negare, di aizzare i complotti, di disegnare un fantasioso mondo da combattere, tutti presenti con gli accoliti di Forza Nuova, i No Vax, i No Mask, l’arruffato provocatore Vittorio Sgarbi e perfino l’indimenticato ex M5S Davide Barillari.

E mi sarebbe tanto piaciuto andarci, essere invitato, avere avuto l’occasione di intervenire anch’io per raccontargli la storia di quelli che il Covid l’hanno vissuto. Gli avrei raccontato, ad esempio, di cosa abbia significato vivere a Lodi nel momento in cui Lodi era la ferita più sanguinante del Paese, quando l’unica colonna sonora di giornate schiacciate dalla paura erano le sirene delle ambulanze che incessantemente, come una goccia che ti fa impazzire il sonno, passavano sotto le mie finestre a qualsiasi ora del giorno, in una macabra e lenta processione che ancora adesso risuona e ci lascia storditi, che ci accomuna mentre camminiamo per strada.

Avrei voluto raccontargli che qui il Covid, dalle nostre parti, è stata una tagliola che ha cambiato la geografia della città, che ha disegnato assenze nei nostri luoghi abituali, che ha spazzato via le stesse persone con cui dividevamo gli aperitivi. Avrei voluto raccontargli di coetanei che hanno avuto nel giro di pochi giorni entrambi i genitori rinchiusi dentro i sacchi senza nemmeno il tempo di sentirsi arrivare addosso il lutto, con partenze che sono state sparizioni. Avrei potuto raccontargli la difficoltà di parlare ai nipoti, spiegargli che i nonni sono partiti e non tornano più perché la morte spazza via certe generazioni.

Avrei potuto raccontargli del lutto che ancora oggi si respira nella piazza e nel corso, come una nebbia ancora prima della stagione della nebbia. Gli avrei proposto di venire qui, da noi, a dire che è tutto finto, a parlare di un’invenzione dei poteri forti, di tenere i loro comizi guardando negli occhi gli orfani, senza abbassare lo sguardo, senza sentirsi gli usurpatori di carogne che sono. Vedere se davvero riuscirebbero a non vergognarsi.

Leggi anche: 1. Coronavirus, a Roma la manifestazione dei negazionisti No Mask / 2. Forza Nuova, Sgarbi, Povia: negazionisti Covid in piazza a Roma. “Contro la dittatura sanitaria”

3. Berlino, corteo negazionisti Covid sciolto dalla polizia: “Mancato rispetto norme anti-contagio” /4. Coviddi (non) ce n’è: la crociata negazionista degli anti-virus

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Combattere l’evasione fiscale. Con l’evasore

Diceva Matteo Salvini che una delle priorità per l’Italia (oltre all’Italia agi italiani, la Lombardia ai lombardi, il Veneto ai veneti, il Piemonte ai piemontesi e il Sud al Nord) è “combattere l’evasione fiscale”.

Diceva Matteo Salvini che l’Europa è il male, bisogna uscirne e l’Euro deve diventare carta straccia.

Diceva Matteo Salvini che Berlusconi non detta le regole, che Berlusconi è un condannato, ironizzava sul Pd per il patto del Nazareno ipotizzando un putrido accordo con  Silvio.

Diceva Matteo Salvini che la Lega si sarebbe presentata da sola oppure solo con chi avrebbe accettato la sua candidatura a Presidente del Consiglio. Basta incertezze, diceva.

Diceva Salvini che è urgente abolire la riforma Fornero. Fare piangere la Fornero, mica i lavoratori.

Diceva Salvini che non è più il tempo di fare accordi con i democristiani o i candidati che hanno già fallito al governo, solo candidature di rilievo.

Diceva Salvini che con Maroni, Zaia e Cota finalmente il Nord sarebbe stato libero da Roma e il federalismo sarebbe diventato realtà.

Diceva Salvini che Berlusconi è finito, bollito.

Diceva Salvini che con lui segretario la Lega avrebbe smesso di essere genuflessa a Forza Italia.

Diceva Salvini che negli anni passati la Lega non ha potuto attuare il proprio programma per colpa di Forza Italia.

Ieri sera alle 22.20 Berlusconi ha twittato:

«A ho appena firmato con @matteosalvinimi e @GiorgiaMeloni il programma elettorale del . Uniti si vince! »

Fine della favola triste.

Buon venerdì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/01/19/combattere-levasione-fiscale-con-levasore/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.

Non ci si scusa per il dolore che si prova

Mi hanno colpito le parole di Valeria Kadija Collina, madre di Youssef, uno degli attentatori di Londra. Mi ha colpito, moltissimo, quella loro casa a Castaello si Serravalle, paese di provincia dell’entroterra bolognese: fiori curati ai lati del vialetto in giardino.

“Mio figlio me lo ha portato via l’ignoranza e la cattiva informazione. Il cattivo Islam e il terrorismo sono questo. Ignoranza e cattiva informazione”, dice nella sua intervista a Repubblica Valeria: ha fatto una cosa “atroce”, che “non può e non deve essere giustificata”. E ha provocato un dolore talmente grande “che chiedere perdono ai familiari delle vittime sembra quasi banale”.

Racconta di come, da madre, ha perso contatto con il proprio figlio: Quando mi parlava della Siria e del fatto che voleva trasferirsi in quel Paese, non lo diceva certo perché volesse andare a combattere per l’Isis, ma perché sosteneva che in quella parte del mondo si poteva praticare l’Islam puro e perché voleva mettere su famiglia. Lo diceva sorridendo e io sorridendo gli divevo che era fuori di testa e che io non lo avrei seguito mai perché stavo bene dove sono”. Poi il cambiamento: “La radicalizzazione secondo me è avvenuta in Marocco attraverso internet e poi a Londra, frequentando gente che lo ha deviato facendogli credere cose sbagliate. Suo padre è un moderato, sua sorella non ha abbracciato la nostra fede, nessuno nella nostra famiglia è vicino in alcun modo con quel mondo fatto di stupidi radicalismi”.

E sembra, ad ascoltarla, una storia così simile alle tante che ci capita di leggere quando ci sono madri che si arrendono alla disperazione di non essere riuscite a salvare i proprio figli dalla droga, dal malaffare o dalle mafie: ha lo stesso dolore , lo stesso colore e la stessa naturale (seppur ferocissima) tragica fine.

Così, di colpo, il terrorismo assume anche una dimensione nuova e così lontana dalla retorica degli analisti di prima mano e cola una disperazione folle e pericolosa come tutte le disperazioni.

Buon giovedì.

(continua su Left)