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Avanzi di Gallera

La Lombardia in zona rossa sulla base di dati sbagliati inviati all’Istituto superiore di sanità dalla Regione stessa. Fontana e Moratti scaricano le colpe sul governo. Dopo l’addio dell’ex assessore al Welfare, bisogna fare i conti con ciò che ha lasciato: il suo presidente, la sua sostituta e un Ente ormai completamente allo sbando

In Lombardia non bisogna mai correre il rischio di pensare che peggio di così non potrebbe andare perché ci si imbatte sempre in una delusione cocente, in quella terribile sensazione per cui gli uomini al governo della Lombardia (quelli che Salvini e compagnia cantante ci porgono tutti i giorni come alti esempi di ottima amministrazione) riescono sempre a toccare il fondo, poi scavare, poi scavare e poi scavare ancora.

Facciamo un salto indietro: il 17 gennaio la Lombardia è una delle poche regioni che viene indicata come “zona rossa”, ovvero una regione ad alto rischio di contagio dove devono essere prese misure molto stringenti che impattano enormemente sulla vita dei suoi cittadini e delle sue attività economiche. Badate bene: la decisione del governo viene presa sulla base dei dati che Fontana, Letizia Moratti e i tecnici regionali mandano regolarmente al ministero. I dati dalla regione sono stati consegnati il 13 gennaio e infatti non è un caso che se sfogliate i giornali di quei giorni potrete incrociare un Fontana contritissimo che avvisa tutti che si finirà in zona rossa e che bisogna stare attenti. Poi, per il solito gioco della propaganda e del rimpiattino con il governo, accade che Fontana si dica costernato e stupito della decisione del governo. In sostanza si è stupito di quello che egli stesso pensava fino a poche ore prima. E già fin qui la vicenda rasenta una tragica irresponsabilità. Fontana fa ricorso al Tar. Letizia Moratti si lancia a dire: «La Lombardia non merita la zona rossa. Indubbiamente il rischio per la regione è di fermarsi, di fermare il lavoro, le attività e la vita sociale. Per questo con il presidente Fontana abbiamo ritenuto di voler presentare un ricorso, per uscire dalla zona rossa».

Attenzione al capolavoro. Il 20 gennaio la Regione Lombardia invia nuovi dati e sono molto diversi rispetto ai dati precedenti. In sostanza si smentiscono. E si scopre che la Lombardia sulla base dei nuovi numeri avrebbe dovuto essere zona arancione. Il ministero della Salute spiega molto chiaramente che a falsare il calcolo dell’Rt sono stati numeri parziali inviati dalla Regione. In base all’aggiornamento del 20 gennaio, i casi sintomatici che hanno sviluppato dei sintomi – cioè un dato fondamentale per calcolare l’Rt – fra il 15 e  il 30 dicembre non erano più 14.180 come segnalato il 13 gennaio, bensì 4.918, quasi tre volte di meno. In Lombardia, dopo avere fatto la figura di quelli che non sanno nemmeno fare da conto, si scatenano. Fontana dice: «A Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze», Moratti rincalza dicendo: «Nessuna rettifica, a seguito di un approfondimento relativo all’algoritmo dell’Iss, abbiamo inviato la rivalorizzazione dei dati». Rivalorizzare un numero significa averlo sbagliato, l’elegante Moratti però lo dice con una perifrasi che vorrebbe nascondere l’errore.

All’Istituto Superiore della Sanità rispondono chiaramente: «L’algoritmo è corretto, da aprile non è mai cambiato ed è uguale per tutte le Regioni che lo hanno utilizzato finora senza alcun problema – scrive l’Iss -. Questo algoritmo e le modalità di calcolo dell’Rt sono state spiegate in dettaglio a tutti i referenti regionali perché lo potessero calcolare e potessero verificare da soli le stime che noi produciamo, ed è perciò accessibile a tutti». In sostanza: siete voi che non sapete fare i calcoli. È anzi l’Iss a sottolineare come l’anomalia sia stata fatta notare più volte a Regione Lombardia.

Salvini chiede le dimissioni dei responsabili. In sostanza sta chiedendo le dimissioni del suo presidente Fontana, quindi. Roba da teatro dell’assurdo. Secondo alcune stime il danno per i circa 10mila negozianti costretti a chiudere domenica 17 gennaio sono stati di circa 485 milioni di euro solo a Milano tra abbigliamento e pubblici esercizi secondo Confcommercio. Immaginate i totali di tutta la regione. E in più ci sono le scuole, le persone. Roba gravissima.

Ecco, se pensavate che l’addio di Gallera fosse una buona notizia non avete fatto i conti con gli avanzi che Gallera ha lasciato: il suo presidente, la sua sostituta e una Regione ormai completamente allo sbando. In sostanza questi hanno ricorso al Tar contro se stessi. E ora fanno i pesci in barile scaricando le colpe sul governo. Ah, a proposito: come ultima dichiarazione ieri Fontana ha detto che «forse non è colpa di nessuno».

Bravi, bene, bis.

Buon lunedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Il Circo antimafia: il pirandelliano Roberto Helg

Un altro uomo istituzionale dell’antimafia che conta (quella che considera i giovani “ragazzini” e crede di possedere il “verbo” oltre che l’unica modalità di analisi possibile) finisce sotto accusa:

roberto-helg-675Interventi pubblici al premio Libero Grassi, polemiche sui modi per combattere il “pizzo” imposto da Cosa Nostra ai commercianti, eventi per discutere del rating di legalità di Confindustria Sicilia. Fino a poche ore fa erano queste le attività in cui spiccava spesso la presenza di Roberto Helg, presidente della Camera di Commercio di Palermo, arrestato ieri pomeriggio dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo.

Per l’imprenditore l’accusa è di estorsione: i militari hanno registrato le fasi di una richiesta di denaro nei confronti di un commerciante che voleva rinnovare il suo accordo con laGesap, l’ente che gestisce l’aeroporto di Palermo, e del quale Helg è vicepresidente. Una mazzetta da centomila euro, la metà in contanti, il resto in assegni, trovata sul tavolo dell’ufficio di Helg: un’accusa infamante per il presidente della Confcommercio palermitana. A leggere la ricostruzione degli inquirenti “la richiesta e la consegna di denaro ha fatto registrare il tipico metodo estorsivo”.

Prima Helg ha prospettato al commerciante le difficoltà dell’operazione di rinnovo dell’accordo con Gesap a meno che non avesse “oleato” i meccanismi, sganciando una somma di denaro. Più o meno come fanno i picciotti di Cosa Nostra, mandati a taglieggiarecommercianti e ad imporre il “pizzo” alle attività cittadine, in cambio dell’assicurazione all’incolumità: un fenomeno che Helg si era candidato a combattere già dai primi anni al vertice della Confcommercio palermitana. “Libero Grassi accusò Confindustria, di cui era associato, di indifferenza, perché fu lasciato solo: oggi le associazioni sono profondamente cambiate e c’è un sistema che ha fatto squadra e che funziona. Tutto ciò mi fa sperare che le prossime generazioni possano vedere una Sicilia diversa” diceva consegnando il premio intitolato all’imprenditore anti racket assassinato da Cosa Nostra.

La parola “legalità” è una di quelle citata a più riprese dal presidente di Confcommercio Palermo, che aveva sposato la battaglia lanciata dai leader di Confindustria Siciliana, fautori della riscossa degli imprenditori siciliani contro Cosa Nostra. “Diamo una possibilità di poter agire in velocità nel trovare le aziende sane, o quelle malate. Si tratta di un ulteriore e importante tassello nell’opera di contrasto all’illegalità, e nella difesa delle aziende sane della Sicilia” commentava Helg, siglando con l’Irsap un protocollo di legalità contro le infiltrazioni mafiose nelle aree industriali.

Nominato commendatore da Giorgio Napolitano, eterno presidente della Confcommercio palermitana (è in carica dal 2006), Helg si era insomma ritagliato un ruolo da paladino della legalità, in prima linea nella lotta a Cosa Nostra, e sempre pronto a sottolineare i risultati raggiunti. L’ultima volta era stato nel dicembre scorso, quando aveva bacchettato Giuseppe Todaro, responsabile legalità di Confindustria Palermo, che aveva lanciato l’allarme: “Nel centro del capoluogo ancora nove negozi su dieci pagano il pizzo”. “I risultati ottenuti a Palermo dimostrano che la mia posizione è vincente e mi vedo costretto a chiedere all’amico Giuseppe Todaro di smentire le sue parole. Da anni sostengo che la lotta al racketvada fatta tutti insieme e non una associazione contro un’altra: questa è una strategia di basso profilo e che non porta buoni frutti” era stata la piccata risposta di Helg, in una serie di repliche e contro repliche che avevano fatto scoppiare la polemica nei ranghi dell’antimafia.

La stessa antimafia che poche settimane fa ha visto finire sotto indagine per concorso esterno a Cosa Nostra uno dei suoi paladini, il presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante, leader della rivolta anti racket degli imprenditori dell’isola. Una rivolta alla quale si era accodato anche Helg. E se per il presidente degli Industriali il quadro accusatorio è affidato solo alle parole di alcuni pentiti, ad incastrare Helg ci sono le registrazioni della richiesta di denaro, più alcune parziali ammissioni fatte ai magistrati nel primo interrogatorio. Il quadro della cosiddetta antimafia degli imprenditori, insomma, oggi riceve un altro durissimo colpo: a ben vedere Helg è accusato dello stesso reato che ha provato a combattere, almeno a parole. Sembra il più pirandelliano dei paradossi, e invece è solo cronaca.

SATIRA PREVENTIVA: chi non consuma è un disfattista

di Michele Serra per L’Espresso

Perché il consumatore non consuma più? Con tutto il bendidio disponibile? Il governo ha individuato nella scadente qualità del consumatore italiano le radici del problema. Squattrinato, svogliato, disfattista, sovente di malumore, è l’anello debole di un sistema perfetto che non merita di essere rovinato dall’ingratitudine. Allo scopo, il governo diffonderà in ogni casa un opuscolo di rieducazione del consumatore. Vediamo i punti principali.

Mancanza di soldi È il pretesto al quale il consumatore ricorre più frequentemente. Tipico degli avari, va affrontato con una radicale psicoterapia che induca il paziente a riflettere. Al termine del trattamento, il consumatore sarà ugualmente povero, ma nei primi due giorni del mese spenderà tutto lo stipendio in puttanate, ricevendo una lettera di congratulazioni della Confcommercio che lo aiuterà, nei restanti 28 giorni, ad affrontare la fame, il freddo e l’assedio dei creditori con il sorriso sulle labbra e la coscienza pulita.

Calendarizzazione Come mai è sempre la quarta settimana del mese quella che fa segnare il crollo dei consumi? Il problema dipende dalla pessima programmazione delle famiglie. Il governo suggerisce di spalmare l’indigenza sull’intero mese, con un sistema a scaglioni: la popolazione verrà divisa in quattro gruppi, ognuno dei quali dovrà rimanere senza soldi in settimane diverse. Lo sgradevole effetto ‘quarta settimana’, continuo pretesto per la propaganda disfattista dell’opposizione, non avrà più ragione di essere.

Pessimismo Per il governo è proprio questo il problema più grave. Uno che già è povero, come fa a non capire che il suo umore torvo non fa che peggiorare la situazione? L’opuscolo del ministero del Welfare, stilato dagli psicologi del Centro Studi Bicchiere Mezzo Pieno, suggerisce di formare, sul modello americano, dei gruppi di autocoscienza per debitori anonimi. Seduti in circolo, leggeranno a turno le rispettive buste-paga, scoprendone l’evidente lato comico. La lettura dei mutui sarà effettuata da un animatore.

Panchine La riqualificazione delle panchine è urgente. Verranno concesse in comodato gratuito ai senzatetto, che in cambio ne dovranno curare il decoro ripitturandole ogni primavera. Nei comuni leghisti dovranno ripitturarle usando la lingua al posto del pennello, troppo costoso. Verranno suddivise in panchina a una stella, con cacca di piccioni e cani randagi nei dintorni che mordono il dormiente; a due stelle, senza cacca di piccioni e nelle vicinanze di cassonetti dei rifiuti per un rapido spuntino; a tre stelle, con retino per catturare i piccioni e vecchia padella per cucinarli; e infine categoria lusso, con sistema antincendio per mitigare gli effetti dei raid nazisti.

Alimentazione Le ricette della nonna aiutano a riconsiderare il valore di un’alimentazione sobria e sana. Per esempio le croste di pane, se lasciate in ammollo nel bicchiere della dentiera, al mattino avranno formato un gustosissimo impasto già premasticato e molto digeribile. Tra le ricette suggerite dagli chef governativi: i popolarissimi ‘macché’ della tradizione napoletana, piatto tipico che deve il suo nome al fatto che se uno chiede “hai mangiato?”, l’altro risponde “macché”. La pasta alle erbe, spaghetti crudi infilzati nelle aiuole dei giardini pubblici per insaporirli. La saporitissima lepre investita, scrostata dall’asfalto con un raschietto e servita fredda. Gli involtini alla veterinaria, squisiti bocconi di carne per cani, ideali per avere un pelo sempre lucido. I deliziosi petti di pollo scaduti, che non necessitano condimento perché il sapore è già molto caratterizzato. Infine, come dessert, la raffinata granita della nostalgia, ottenuta scongelando il freezer e sminuzzando i pezzi di ghiaccio impregnati degli odori dei cibi dei mesi precedenti.