La percentuale che conta
Con le vittorie a Roma e Torino, il centrosinistra amministra ora otto dei dieci comuni italiani più popolosi. Ma il numero che ci interessa è quel 56,06% di persone che non sono andate a votare. È un numero storico (in peggio) perfino rispetto al risultato del 2016 e che deve far riflettere
Il giorno dopo vincono tutti. È normale, funziona sempre così: dicono di avere vinto quelli che vincono e perfino quelli che perdono fingono di esserne vincitori. Con le vittorie a Roma e Torino, il centrosinistra amministra ora otto dei dieci comuni italiani più popolosi, compresi i primi cinque (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Bologna, Firenze e Bari). Il bilancio dei venti comuni capoluogo al voto in questa tornata elettorale: Centrosinistra 15 (+7) Centrodestra 4 (-3) Centro 1 (=). Tra i 119 comuni superiori ai 15.000 abitanti che andavano al voto in questa tornata elettorale, 42 sono stati conquistati dal centrosinistra (più 16 dal Csx+M5s), 30 dal centrodestra e 18 dai civici.
Ma il numero che ci interessa è quel 56,06% di persone che non sono andate a votare. È un numero storico (in peggio) perfino rispetto al risultato del 2016. In quell’occasione abbiamo letto pareri illustri che ci hanno spiegato che fosse colpa della caduta delle ideologie, che il mondo non era più quello di una volta e che avremmo dovuto fare tranquillamente i conti con questo drastico calo.
Eppure quel 56,06% è di gran lunga il partito più importante d’Italia. Dentro ci sono coloro che non si sentono rappresentati da nessuno, nemmeno da quel centrosinistra che probabilmente canta con troppa leggerezza vittoria. Sono quelli che non si riconoscono nel governo attuale, che non riesce a prendere certo snobismo di certo centrosinistra (peggio ancora il centro-centro), sono quelli che non si sentono rappresentati più dal M5s che non riesce a essere il partito del dissenso, sono quelli che ce l’hanno a morte con il “tradimento” di Meloni e Salvini.
E la sensazione è che qualcuno si illuda davvero di poter pensare al mondo seguendo questo schema, come se nella storia italiana non sia già accaduto che nel 1993 in risposta al governo Ciampi esplodesse quella Forza Italia che prima non esisteva o come se non fosse successo il boom del Movimento 5 Stelle nel 2013 dopo il governo Monti. Scenari politici di partiti che non c’erano e che improvvisamente hanno assunto un ruolo di primo piano soprattutto dopo cosiddetti governi “tecnici” che hanno pesato nello scollamento dei votanti. E invece a guardarli da fuori sembra che quel pezzo di storia recente non sia mai esistito. E addirittura si osservano i vincitori (ma anche i vinti) convinti che tutto rimarrà come è ora, come se la storia non avesse insegnato nulla.
Buon martedì.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.