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corruzione

Rifiutopoli Lombardia: ecco cos’è successo

Franco Nicoli Cristiani, vicepresidente del Consiglio Regionale della Lombardia, finisce in carcere alla mattina presto per una mazzetta da 100.000 euro. All’apertura della porta di casa, vedendo i carabinieri, dicono abbia pronunciato un’unica frase: “sono rovinato”. Ora è in carcere accusato di traffico organizzato di rifiuti illeciti e corruzione, come nelle storie che sembravano possibili solo in Campania o in quelle Regioni troppo intrise di malaffare per assomigliare all’eccellente Lombardia. In carcere è finito anche Giuseppe Rotondaro, coordinatore dello staff dell’Arpa (l’agenzia regionale per l’ambiente). In pratica un dirigente dell’ente che dovrebbe controllare sarebbe il “pony” per la tangente del controllato, come nei peggiori e banali film criminali in seconda serata.

La consegna dei soldi sarebbe avvenuta il 26 settembre al “Berti”, un ristorante di Milano non lontano dal Pirellone. Ristorante frequentato abitualmente dal Nicoli Cristiani che però ultimamente aveva deciso di abbandonare lamentandosi di un conto troppo salato (“io mangio un’insalata ed un primo, cazzo, dai! -dice Nicoli Cristiani per un totale mensile da tremila euro- Adesso … non sono i tremila euro perché poi io … gli … glieli ho fatti pagare lo stesso  … però la figura l’ho fatta”). Sono problemi, in effetti.

I soldi sono consegnati al Rotondaro (che per il servizio incassa il 30 settembre 10.000 euro di mancia) da Pierluca Locatelli, storico (e discusso) imprenditore nel settore dello smaltimento rifiuti, per eludere controlli ambientali sulla “Brebemi”, la Brescia-Bergamo-Milano dove sarebbero stati utilizzati rifiuti speciali come sottofondi stradali. Nelle intercettazioni telefoniche i pezzi da 500 euro erano chiamati big bubble. Il gruppo Locatelli (con sede a Grumello del Monte) era già nel mirino degli investigatori per il fondo stradale sospetto della strada Orceanà, nella Bassa bresciana. Da qui è partito un controllo da parte delle forze dell’ordine coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia, Fabio Salamone e dai pm Silvia Bonardi e Carla Canaia, dei cantieri in cui opera la società bergamasca fino a sequestrare oggi due cantieri della BreBeMi (la tangenziale che dovrebbe collegare Brescia a Milano) in cui si sospetta che siano stati utilizzati in modo illegittimo degli scarti di acciaio per il fondo stradale. Come nelle storie di mafia e merda che si immaginano solo al sud.

Ma la preoccupazione maggiore di Locatelli era la discarica di Cappella Cantone, nel cremonese. L’imprenditore aveva una gran fretta per ottenere le autorizzazioni e riuscire così a sbloccare i finanziamenti di parecchi milioni di euro da parte delle banche. Tutto questo nonostante il parere contrario della Provincia e l’opposizione dei cittadini. Ma Nicoli Cristiani l’aveva tranquillizzato.

La consegna, secondo le indagini, avviene direttamente per mano dei coniugi Locatelli (Pierluca e la moglie Aurietta Pace Rocca, oggi ai domiciliari) che partono in auto per ‘sistemare le cose’. I due non sono tranquilli. Devono incontrare il funzionario dell’Arpa Giuseppe Rotondaro (che però ci tiene a precisare di essere semplicemente un tramite: cioè io, dico, non ci deve essere neanche un’impronta….(ride) delle mie…no dico, perché ..(ride)…il pony, io faccio…). La moglie in auto non è sicura di avere contato bene il denaro (in banconote da 500 e diviso in due buste) e si accorge di avere dimenticato anche i 10.000 euro per l’intermediario. Ansiolitica, le dice il marito Locatelli, ti caghi addosso. Poi i due tirano un sospiro di sollievo per l’assenza di Guardia di Finanza fuori da casello (che fuori dai caselli è facile trovarla) e alla fine si presentano all’incontro. Quindi la consegna va a buon fine. Del resto, dice il Locatelli, il Rotondaro è uno che ha il potere vero.

Il resto è (secondo gli investigatori) tutto nelle carte della politica scippata dalla corruzione: l’AIA ottenuta da Cavenord srl nonostante l’assenza di un parere favorevole della Provincia di Cremona (che in sede di Conferenza di servizi ha espresso più di una riserva) e le osservazioni presentate dai comuni di Romanengo, Soresina, Castelleone, Montodine e San Bassano. Un’autorizzazione ambientale che (sarà un caso) viene rilasciata lo stesso giorno della consegna del denaro.

Ma l’inchiesta Rifiutopoli, dicono in molti e dicono i tanti ‘omissis’ nelle carte, è solo all’inizio.

PS (In carcere è finito anche Andrea David Oldrati, responsabile della Terra verde Srl, una società di consulenza ambientale che collaborava con Locatelli e ai domiciliari Egidio Grechi, consulente ambientale, e Walter Rocca, responsabile del trattamento rifiuti di una discarica a Calcilante, in provincia di Bergamo.)

Processo Infinito: questo è il nostro Paese

Pubblicato su IL FATTO QUOTIDIANO

Ieri a Palermo con Giuseppe Pignatone (Procuratore a Reggio Calabria che ha seguito la maxi operazione che ha coinvolto 150 affiliati di ‘ndrangheta solo in Lombardia) e Piergiorgio Morosini (GIP del Tribunale di Palermo) abbiamo incontrato centinaia di studenti (e qualche migliaio in diretta video da tutta Italia) per l’annuale progetto di educazione alla legalità del Centro Studi Pio La Torre. A pochi giorni dalle condanne in primo grado del processo ‘Infinito‘ è stata l’occasione di provare a leggere gli elementi, i fatti egli arresti: farsene carico, com’è doveroso per una Regione che voglia uscire dal negazionismo e iniziare un percorso di alfabetizzazione e consapevolezza. “Abbiamo messo a disposizione il materiale per conoscere meglio il nostro Paese”, ha dichiarato il Procuratore di Reggio e ora sta a tutti leggerlo, studiarlo e, soprattutto al Nord, raccontarlo. Senza remore, senza eroismi, senza personalismi.
Perché la ‘ndrangheta che esce dalle indagini (e dalle condanne in primo grado) non è solo il più pericoloso fenomeno in Italia (e non solo) ma ha dimostrato di avere esportato al Nord oltre ai soldi la struttura e il controllo. Almeno 25 locali in Lombardia, con centinaia di affiliati coinvolti e la consapevolezza di un’organizzazione: a Paderno Dugnano (nel tristemente famoso incontro avvenuto nel Centro Falcone e Borsellino) sono state ratificate le decisioni prese in Calabria. Organizzazioni territoriali che partono da Reggio Calabria e sono clonate in Lombardia, in Piemonte, Toronto e a Melbourne. Del resto non sono lontani i tempi in cui due locali con problemi di confini tra Svizzera e Germania si sono ritrovate a Rosarno per risolvere la disputa. In un’intercettazione qualcuno dice “qui se si sfascia l’organizzazione torniamo allo sgarro”, e allora il primo allarme è una consapevolezza internazionale che oggi l’Italia non ha nel senso di misura del fenomeno. Per questo è urgente ritrovare le chiavi di lettura per leggere (dietro queste ultime condanne) non solo l’aspetto più pittoresco e militare ma i punti di PIL persi in questi 30 anni (ne aveva parlato anche Mario Draghi scatenando feroci polemiche), la necessità di una serie legge anticorruzione, un nuovo dovere di ‘opportunita’ per la politica che non può permettersi di interloquire giustificandosi dicendo di non sapere, chiedere ostinatamente una norma anti riciclaggio per smutandare l’economia illegale e parlarne, parlarne ovunque, studiare subito.

Il problema non è solo economico o politico, la questione è vitale. Riguarda le vite di tutti: dei nostri figli che potrebbero avere dei concorrenti che vinceranno sempre perché lavorano per riciclare e non guadagnare, delle nostre città che si riempiono di case che sembra non interessi vendere, capannoni che cambiano gli orizzonti dalle nostre finestre costruiti per rimanere sfitti, ipermercati così vicini da non avere abbastanza clienti per sostenersi, pizzerie e bar nei centri delle nostre città che vengono acquistati e sontuosamente arredati senza avere bisogno di clienti: soldi che hanno bisogno di assumere in fretta una forma qualsiasi per non puzzare più di soldi.
Si invoca la magistratura, ma spesso la magistratura interviene sulle macerie, ha detto il GIP Morosini, il resto è cosa nostra.

Non siamo sognatori

Il filosofo sloveno Slavoj Žižek è andato a New York per parlare ai manifestanti di “Occupy Wall Street”. Il suo intervento:

“Non siate narcisisti e non innamoratevi dei bei momenti che stiamo passando qui. Le feste costano poco, la vera prova del loro valore sta in quello che resta il giorno dopo. Innamoratevi del lavoro duro e paziente: siamo l’inizio, non la fine. Il nostro messaggio di fondo è: il tabù è stato violato, non viviamo nel migliore dei mondi possibili, siamo autorizzati e addirittura costretti a pensare a possibili alternative. La strada davanti a noi è lunga, e presto dovremo affrontare le questioni più difficili: non ciò che non vogliamo, ma quello che vogliamo davvero. Quale organizzazione sociale può sostituire il capitalismo? Come dovranno essere i nuovi leader? Le alternative del ventesimo secolo non hanno funzionato.

Non prendetevela con i comportamenti delle persone: il problema non sono la corruzione e l’avidità, il problema è il sistema che spinge le persone a essere corrotte. La soluzione è cambiare un sistema in cui la vita delle persone comuni non può funzionare senza Wall street. Attenti non solo ai nemici, ma anche ai falsi amici che fingono di sostenerci ma sono già al lavoro per indebolire la nostra protesta. Un po’ come il caffè senza caffeina, la birra senza alcol, il gelato senza grassi: cercheranno di trasformarci in una innocua protesta morale. Ma la ragione per cui siamo qui è che non ne possiamo più di un mondo in cui per sentirci buoni basta riciclare le lattine di Coca-Cola, dare un paio di dollari in beneficenza o comprare un cappuccino da Starbucks destinando l’1 per cento al terzo mondo. Dopo aver esternalizzato il lavoro e la tortura, dopo che le agenzie matrimoniali hanno cominciato a esternalizzare perfino i nostri incontri sentimentali, ci rendiamo conto che per troppo tempo abbiamo permesso di esternalizzare anche il nostro impegno politico.
E vogliamo riprendercelo.

Ci diranno che siamo antiamericani. Ma quando i fondamentalisti conservatori vi dicono che l’America è un paese cristiano, ricordatevi cos’è il cristianesimo: lo spirito santo, la libera comunità egualitaria di credenti uniti dall’amore. Noi siamo lo spirito santo, mentre quelli di Wall street sono pagani che adorano falsi idoli. Ci diranno che siamo violenti, che il nostro linguaggio è violento. Sì, siamo violenti, ma nel senso in cui era violento il Mahatma Gandhi. Siamo violenti perché vogliamo cambiare le cose, ma cos’è questa violenza puramente simbolica rispetto alla violenza che fa funzionare il sistema capitalistico globale? Ci hanno chiamato perdenti, ma i veri perdenti sono quelli di Wall street, che sono stati salvati con miliardi di dollari presi dalle vostre tasche. Ci chiamano socialisti, ma negli Stati Uniti esiste già un socialismo per i ricchi.
Vi diranno che non rispettate la proprietà privata, ma le speculazioni di Wall street che hanno provocato la crisi del 2008 hanno cancellato più proprietà ottenute con il lavoro di quante potremmo distruggerne noi sgobbando giorno e notte. Pensate alle migliaia di case pignorate.

Non siamo comunisti, se il comunismo è il sistema crollato nel 1990: e ricordate che i comunisti ancora al potere oggi dirigono il sistema capitalistico più spietato (in Cina). Se siamo comunisti lo siamo solo nel senso che abbiamo a cuore le risorse comuni – quelle della natura e della conoscenza – minacciate dal sistema. Vi diranno che state sognando, ma i sognatori credono che le cose possano andare avanti all’infinito così come sono e si accontentano di qualche ritocco.

Noi non siamo sognatori, siamo il risveglio da un sogno che si sta trasformando in incubo. Conosciamo tutti la scenetta dei cartoni animati: il gatto raggiunge il precipizio ma continua a camminare, come se avesse ancora la terra sotto i piedi. Comincia a cadere solo quando guarda in basso e si accorge dell’abisso. Noi ci limitiamo a ricordare ai potenti che devono guardare in basso.

Ma il cambiamento è possibile? Oggi il possibile e l’impossibile sono distribuiti in modo strano. Nel campo delle libertà personali, della scienza e della tecnologia, l’impossibile diventa sempre più possibile (o almeno così ci dicono): possiamo godere del sesso nelle sue forme più perverse, possiamo caricare interi archivi di musica e film, possiamo viaggiare nello spazio, possiamo aumentare le nostre capacità fisiche e psichiche intervenendo sul genoma, fino al sogno di ottenere l’immortalità trasformando la nostra identità in un software. Nel campo delle relazioni sociali ed economiche, invece, siamo continuamente bombardati da un “non potete”. Non potete compiere atti politici collettivi (perché inevitabilmente finiscono nel terrore totalitario), non potete restare aggrappati al vecchio stato sociale (perché fa perdere competitività e provoca la crisi economica), non potete isolarvi dal mercato globale. Forse è arrivato il momento di invertire le coordinate di ciò che è possibile e impossibile. Magari non possiamo diventare immortali, ma è possibile avere più solidarietà e assistenza sanitaria?

A metà aprile il governo cinese ha proibito i film che parlano di viaggi nel tempo e di versioni alternative della storia, considerandoli troppo pericolosi. Noi, nell’occidente liberale, non abbiamo bisogno di questo divieto: l’ideologia esercita un potere sufficiente a impedire che le versioni alternative della storia vengano prese sul serio. Per noi è facile immaginare la fine del mondo – vediamo tanti film apocalittici – ma non la fine del capitalismo.

In una vecchia storiella dell’ex Germania Est, un operaio viene mandato a lavorare in Siberia. Sapendo che la sua posta sarà controllata dalla censura, dice ai suoi amici: “Concordiamo un codice: se vi scriverò usando l’inchiostro blu, vorrà dire che è tutto vero; se userò l’inchiostro rosso, vorrà dire che è tutto falso”. Dopo un mese i suoi amici ricevono la prima lettera, scritta con l’inchiostro blu: “Qui è tutto meraviglioso: i negozi sono pieni, c’è da mangiare in abbondanza, gli appartamenti sono grandi e ben riscaldati, al cinema danno film occidentali e ci sono tante belle ragazze pronte all’avventura. L’unica cosa che manca è l’inchiostro rosso”. Non è forse questa la nostra situazione? Abbiamo tutte le libertà che vogliamo, ma ci manca l’inchiostro rosso: ci sentiamo “liberi” perché non abbiamo un linguaggio capace di esprimere la nostra mancanza di libertà.

La mancanza di inchiostro rosso significa che i termini che usiamo oggi per indicare il conflitto – “guerra al terrore”, “democrazia e libertà”, “diritti umani” eccetera – sono falsi, che mistificano la nostra percezione della situazione invece di aiutarci a pensarla. Voi, qui, state dando a tutti noi l’inchiostro rosso”.

Slavoj Žižek

Il doppio rischio del declassamento italiano

Forse ci si vede con i contorni definiti appena si riesce a fare due passi più lontano. Almeno per non rimanere invischiati in questa melma dove non se,bra impossibile separare il lecito dall’illecito, la politica dalla prostituzione e la corruzione dal governo. E allora succede che basta leggere El Pais (da noi, dove al bar si vedono in tanti intenti a sfogliare le pagine dello sport e i trafiletti della cronaca locale) per ritrovarci in tutta la nostra banalità. Che, almeno, dovrebbe avere di buono di chiederci di stare o di qua o di là. Prima ancora di tutto il resto. E senza paura di essere raccontati come monotematici. Dal momento che l’Italia ha due premi per il rischio (un premio e il suo primo ministro), sarebbe adeguato preparare due piani di salvataggio. Il primo, quello del risanamento economico; il secondo e più importante, il recupero della credibilità sociale con un processo pubblico contro Berlusconi, come una causa generale che coinvolga tutta la società italiana. Senza una tale impresa di disinfestazione, l’Italia non ha futuro. Dai tempi dei Borgia nessuno aveva degradato tanto la politica italiana come Don Silvio; e si consideri che l’avevano degradata parecchio. (l’articolo El ‘primo’ de riesco, EL PAIS)

Si sgretolano le accuse, dice lui

MILANO – Una passeggiata di Filippo Penati. Recente, a metà maggio. Sotto la sede della Regione Lombardia. Con il costruttore Giuseppe Pasini, proprio uno dei due imprenditori che a quell’epoca lo stavano già accusando davanti ai magistrati: ecco cosa, in termini di «inquinamento probatorio», ha rischiato di costare al dirigente pd l’arresto, evitato invece solo per la differente qualificazione giuridica delle tangenti (non concussioni, ma corruzioni già prescrittesi) scelta dal giudice. Una passeggiata che per i pm monzesi sarebbe servita a dare un messaggio a Pasini perché edulcorasse il suo interrogatorio, al punto da spingerli a una osservazione di infrequente asprezza: «È desolante constatare come un uomo politico con importanti incarichi istituzionali passati e presenti (sindaco di Sesto San Giovanni, presidente della Provincia di Milano, portavoce del segretario del Partito democratico e vicepresidente del Consiglio tegionale) adotti le stesse cautele di un delinquente matricolato». Il 16 maggio Pasini racconta alla GdF di aver incontrato, a una cena sociale della Bcc di Sesto San Giovanni, «la ex moglie di Penati che mi ha detto che suo marito voleva parlarmi». D’accordo con gli inquirenti, Pasini fissa per il giorno dopo un appuntamento. Penati non si siede con lui al bar, ma gli parla camminando (il che impedirà ai militari di registrare la conversazione): «Caro Giuseppe – sostiene Pasini d’essersi sentito dire – so che ti hanno chiamato a Monza (i magistrati, ndr ) per conoscere qualche cosa della situazione e vorrei sapere che cosa hai detto e in particolare se ti hanno chiesto di me». Poi Penati avrebbe aggiunto: «Lei, Giuseppe, sa che io non ho preso una lira, sa che io di quattrini non ne ho. Di Caterina sparla di me, ma lei sa che non è vero niente, lui ha preso i soldi per sé». A questo punto, riferisce Pasini, «io ho ammiccato ed ho percepito che queste erano le indicazioni da tenere presente in caso di convocazione da parte dell’Autorità giudiziaria. L’incontro è durato poco, a lui interessava solo darmi il segnale su come comportarmi». Dicono in Procura come riferisce il Corriere della Sera.

No, caro Penati, la difesa è offensiva

“Gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari dimostrano l’esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione posti in essere da Filippo Penati e da Giordano Vimercati nell’epoca in cui rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali prima presso il Comune di Sesto San Giovanni e poi presso la Provincia di Milano”.

Diceva qualcuno che le parole sono importanti: l’intervenuta prescrizione chiude il caso giudiziario ma apre una voragine politica e, ancora una volta, dimostra la goffaggine difensiva di una sinistra che gioca tutto sulla presunta ‘superiorità morale’ lasciando da parte i fatti. Mi ha irritato leggere le dichiarazioni di Penati che sornione ci annuncia che ‘il castello di accuse si sta sgretolando’ mentre intanto perde le briciole (lui) ogni ora che escono maggiori dettagli sulle motivazioni. E’ una questione di vocabolario, come dice bene Patrick Fogli, e soprattutto una questione di verità. E la verità può essere ricostruita, può essere difesa con i denti ma è intollerabile provare a camuffarla.

Ora l’indagine è chiusa ma il caso politico è aperto più di prima (è anche il pensiero di D’Ambrosio, uomo tutto democratico) perché i tempi della politica non possono sempre usare l’alibi di volere aspettare i tempi della giustizia prima di esprimere giudizi e azioni. E perché nel Paese del più vergognoso prescritto della nostra Repubblica ci si dovrebbe ricordare che alla prescrizione si potrebbe rinunciare (un certo Giuliano Pisapia, ad esempio, l’ha fatto) o si potrebbe pensare di farsi doverosamente da parte e tornare al proprio lavoro (già…).

L’autosospensione dal PD e l’uscita dal gruppo in Consiglio Regionale crea il primo caso di candidato presidente che diventa indipendente. Ma di dipendenze (oltre che di pendenze) qui ce ne sono almeno quante i voti della coalizione di centrosinistra che ha corso alle ultime elezioni regionali, e non si può scegliere di fare il capitano e poi alle prime onde arrogarsi il diritto di stare nell’ombra e in silenziosa solitudine come un mozzo.

No caro Penati, la tua difesa è offensiva. E mica nel senso di contrattacco.

(E adesso sono curioso di sapere cosa c’è scritto nel ricorso presentato dai PM per chiederne la carcerazione)

 

Paola Concia e Ricarda Trautmann, spose.

Biglietto di auguri a Paola Concia e Ricarda Trautmann

So che gli auguri in ritardo possono suonare come sconvenienti o riparatori, ma in questa sera di Agosto forse mi viene voglia più di tutto di augurarci il miglior futuro per il vostro matrimonio. Perché i simboli (quando non sono maldestre armi di feticcio) sono importanti, come le parole, come le leggi o meglio ancora come i buchi di leggi che tutti ci auguriamo In futuro di leggere e se possibile di scrivere. Perché un’unione che può permettersi di non esistere sta in ogni forma d’amore ma un’unione che faccia rima con diritti deve stare nelle carte e nel riconoscimento universale. È per questo che Il vostro matrimonio al di là dei riti e degli invitati è un obbligatorio viaggio di nozze per il resto del mondo. È un inizio al religioso rispetto di una laicità di Stato che vuole stare nel rispetto, nell’uguaglianza e nei diritti da scrivere ridisegnando una sensibilità legislativa, politica e di convivenza sociale che deve avere il coraggio di osare quello che già c’è, che già si sa, che già si vede e si frequenta eppure rimane sotto la cenere della timidezza di un moderatismo che è il sinonimo poco coraggioso dell’ottundimento portato al compromesso.
Cara Paola, ai tuoi invitati avrai dovuto spiegare che ci sono amori che vengono rinchiusi nel libro nero delle provocazioni, in Italia, come se fossero con gli stessi umori e le stesse pulsioni di onorevoli pedofilie o puttan tour parlamentari. Avrai dovuto dire alla tua compagna che quel bacio dopo il si è una corruzione che non merita nemmeno di diventare argomento di discussione qui dove ci si dà di gomito sorridendo di logge, P4, corrotti senza corruttori e processi più lunghi della loro fine.
La vostra unione c’era ma adesso esiste. E io ci auguro un Paese all’altezza di tutti gli amori possibili.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/07/care-paola-concia-e-ricarda-trautmann-spose/150282/

Ponzoni si dimetta

Dichiarazione di Chiara Cremonesi e Giulio Cavalli,

consiglieri regionali Sinistra Ecologia Libertà

“Apprendiamo oggi che le indagini a carico del segretario della Presidenza del Consiglio Massimo Ponzoni sono state prorogate e si ampliano arrivando ora a coinvolgere anche il vicepresidente della provincia di Monza e Brianza, Antonino Brambilla, e l’ex-assessore Rosario Perri, chiamato in causa alcuni mesi fa nelle carte della maxi-operazione contro la ‘ndrangheta.

E’ da oltre un anno che pesa su Ponzoni l’accusa di corruzione, mentre i magistrati negli atti di Infinito lo definiscono ‘capitale sociale dell’organizzazione criminale’.

La sua permanenza nell’Ufficio di presidenza è un oltraggio al ruolo di garanzia che gli è proprio e al prestigio dell’istituzione. E il punto non è più rinviabile. Ponzoni faccia finalmente il dovuto passo indietro”.

 

Milano, 28 luglio 2011

Il lodo della pacatezza democratica

Ha una fotografia nella pacatezza della politica spessa di Stefano Menichini. Peccato che sia pacatamente fallito il progetto del “C’è però un modo solo per “tenere” rispetto a questi pericoli. Rigore interno, selezione feroce, semplificazione delle procedure (nelle cui complicazioni si annida il virus della corruzione) e soprattutto mai, mai, anteporre l’appartenenza politica o di gruppo nella valutazione dei casi singoli”. E che ci si aspetti reazioni giuste oggi. Prima della proposte giuste. (Per inciso, l’autosospensione dalla vicepresidenza tecnicamente non esiste. Ad oggi è vicepresidente ma non esercita).

Se sapessi Sandro, come siamo messi

Perché il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti prima verso noi stessi, se vogliamo poi esserlo verso gli altri. Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà. (Sandro Pertini)