Dell’Utri e la mafia a Canale 5
Poichè con Giulio Andreotti abbiamo commesso l’errore di tralasciare le motivazioni della sentenza di prescrizioni in cui si dichiarava a chiare lettere che fosse stato a disposizione dei mafiosi almeno fino alla primavera del 1980 e poichè ci siamo lamentati a lungo con la generazione che ci ha preceduto per la noncuranza con cui ha “scavalcato” la questione credo che sia opportuno leggere, rileggere, fare leggere e ripetere all’infinito le motivazioni che hanno portato in carcere Marcello Dell’Utri. L’iniezione di Cosa Nostra nella nostra quotidianità è molto più diffusa di quanto si sforzino di farci credere e alcune frasi della sentenza andrebbero stampate, piegate e tenute sempre nel taschino. Anche per questo crediamo che la nostra prossima produzione teatrale e editoriale L’amico degi eroi sia importante e se la pensate come noi vi chiediamo di darci una mano qui.
«Il diniego delle circostanze attenuanti generiche e il complessivo trattamento sanzionatorio sono stati giustificati con la qualità e la natura del reato commesso, espressivo di particolare pericolosità sociale» dell’ex senatore, si legge a pagina 73 delle motivazioni «con le modalità della condotta, protrattasi per un lasso di tempo assai lungo e idonea a ledere in maniera significativa» l’ordine pubblico «con la complessità e intensità del dolo tipico del concorrente esterno in associazione mafioso, espresso dai concreti comportamenti illeciti realizzati».
La Corte d’appello di Palermo che ha condannato Marcello Dell’Utri per concorso esterno ha posto l’accento sulla «sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro dall’imputato a Cinà, indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione al suddetto accordo, al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di ‘cosa nostra’, nella consapevolezza del rilievo che esso rivestiva per entrambe le parti: l’associazione mafiosa che da esso traeva un costante canale di significativo arricchimento», si legge a pagina 62 delle motivazioni.
«Il rilievo centrale, ai fini della proficua prosecuzione dell’accordo, della figura di Dell’Utri, le cui rimostranze circa il comportamento tenuto dai fratelli Pullarà, nella loro qualità di primari referenti del sodalizio mafioso subentrati nel patto di protezione dopo la scomparsa di Bontade e Teresi, determinavano la loro estromissione per ordine diretto di Salvatore Riina, capo indiscusso dell’organizzazione, che, nell’ottica della strategia complessiva perseguita, riteneva prevalente su ogni altra esigenza quella di una proficua prosecuzione del rapporto con Dell’Utri», si legge ancora.
«Il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa, anche nel periodo in cui lavorava per Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi dell’anno 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontade, Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per ‘Canale 5’. Lo si legge a pagina 50 delle motivazioni della Cassazione che conferma la sentenza di condanna per Marcello Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.