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costituzione

Quindi il referendum di ottobre si terrà a dicembre

Fantastico. Ieri il Consiglio dei Ministri si è riunito per decidere finalmente la data del referendum sulla riforma costituzionale altresì detta Renzi-Boschi: si vota il 4 dicembre. Dice Renzi che i tempi rientrano perfettamente nei termini stabiliti dalla legge, come se ci facesse un piacere e soffia nelle corno della battaglia finale.

Matteo Renzi il 4 maggio ospite di Porro a Virus aveva detto: “spero si voti il 2 ottobre”. Sembra un’altra epoca e in effetti lo è: il referendum che doveva servire per un’incoronazione per acclamazione oggi è un bordo molto scivoloso per il premier e per molti membri del governo. Meglio rimandare, quindi, per riorganizzare le truppe, confidare in dati economici migliori in vista della prossima manovra finanziaria e per un clima prenatalizio e infreddolito che assopisca gli spigoli.

Nella sua newsletter è il solito Renzi: “La partita è tutta qui. Qui e ora. Chi vuole cambiare, ci dia una mano. Dandoci del tempo, chiamando un po’ di amici, facendo il volontario sulla rete o tra la gente. Oppure costituendo un comitato”. Il premier sembra aver cambiato idea sull’eccessiva personalizzazione del referendum: «Come fare è spiegato su www.bastaunsi.it dove chi vuole può anche dare un piccolo contributo economico, prezioso per la campagna di comunicazione, che abbiamo iniziato a far girare. Ogni sforzo è importante – scrive – Può persino essere decisivo. La partita è adesso e non tornerà. Non ci sarà un’altra occasione. Sono certo che non la sprecheremo».

È il tempo della propaganda, quindi. I sondaggi negativi hanno convinto il governo a prendersi tutto il tempo disponibile per invadere le case degli italiani con tutta la banda di giornalisti a disposizione. Ci diranno che è il tempo necessario per parlare del merito della riforma. E fa niente se non si sono concessi il tempo di ascoltare gli emendamenti in Parlamento: Renzi il bulletto ha aspettato il suono della campanella per dirci “vi aspetto fuori”. Sembra una disputa da scuola media. E fa niente se di mezzo c’è la Costituzione.

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Al lupo al lupo: chi vota “no” favorisce il fascismo

Lo dice Bonaccini, ne scrive Repubblica:

«Il presidente dell’Emilia-Romagna e della conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, renziano di ferro, lancia l’allarme sul dopo-referendum. Se vincerà il “No” e il fronte della riforma costituzionale verrà battuto, il rischio è anche quello di un’escalation dell’estrema destra. “Temo possa accadere ciò che accadde negli anni ’30, quando dopo la più grande crisi economica della storia, ma questa è addirittura peggiore, avanzarono il fascismo e poi il nazismo. Non voglio spaventare nessuno, ma se guardo le leggi che vengono approvate in alcuni paesi e l’ascesa di certe forze io mi preoccupo. Se non mettiamo mano a regole più semplici e a una politica meno costosa non vorrei che qualcuno cavalcasse questi temi per fare altro”.

Bonaccini ne ha parlato a un convegno organizzato oggi dalla Cisl a Bologna. Mettendo anche l’accento sul capitolo costi della politica, visto che oggi “abbiamo il Parlamento più numeroso e costoso del mondo”. Inoltre, “tra i presidenti di Regione sono quello che ha l’indennità più bassa, ma sto bene lo stesso. Se passa la questa riforma anche gli altri dovranno adeguarsi”.»

Sempre peggio.

La scheda (e lo stile) di Renzi: un piccolo confronto.

Da leggere oggi Alessandro Gilioli:

All’ultimo referendum confermativo di una modifica costituzionale, quello del 2006, la scheda era così:

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A quello precedente, nel 2001, era così:

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A questo giro, ha fatto sapere Renzi su Twitter, sarà invece così:

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Non so, vedete voi la differenza: a me pare che, per la prima volta, si abbandoni la neutralità burocratica per inserire nella scheda alcuni connotati politici.

Peccato che siano solo i connotati su cui argomenta una della due parti in causa: il superamento del bicameralismo, la riduzione dei parlamentari, il contenimento dei costi, la soppressione del Cnel.

Tutti veri, per carità, ma allo stesso modo (essendo ugualmente vero) si sarebbe potuto scrivere:

Approvate il testo della legge costituzionale concernente
“Creazione di un nuovo Senato non eletto dai cittadini
Doppio incarico di senatori e consiglieri regionali
Creazione di nuovi procedimenti tra Camera e Senato fino un massimo di dieci per l’approvazione delle leggi
Riduzione dell’autonomia delle regioni
Triplicazione del numero delle firme necessarie per le proposte di legge di iniziativa popolare?”

In altre parole, in questa scheda la domanda contiene in sé (solo) argomentazioni a favore di una delle due risposte. Tra l’altro proprio quelle argomentazioni di più facile impatto “anti-casta”: meno parlamentari, riduzione dei costi della politica.

Non sono sicuro che questa sia la modalità più fair e neutrale per porre un referendum.

(fonte)

La libertà non è avere un buon padrone. È non averne.

Questa banda di disonesti ha reso pubblica la scheda elettorale della scheda elettorale per il prossimo (quando?) referendum sulla riforma costituzionale:

«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»

In poche parole è come se domani vi chiedessero se siete disponibili a non usare la vostra auto elevandovi il numero delle vittime di incidenti stradali oppure se vi chiedessero di abolire la pioggia per eliminare il rischio di essere colpiti da un fulmine.

Diceva Macchiavelli: «Per molto tempo non ho detto ciò che pensavo, né penso sempre ciò che dico, e se invero mi accade talvolta di dire la verità, la nascondo tra tante menzogne che è difficile scoprirla.» In sostanza un governante che racconta bugie al proprio popolo è uno che lo ritiene indegno. Il quesito referendario è assai peggio del razzismo ovulatorio della Lorenzin e anche peggio del peggior Berlusconi.

Ma la teoria del meno peggio è il punto di forza di una campagna referendaria che vede tra i sostenitori del Sì un’accolita di questuanti impegnati a imbellettare questa misera realtà. Sono pronti a tutto pur di far passare il referendum: bugie, manipolazioni, millanterie e trucchi da piazzista sono le armi del governicchio.

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Pisapia e il partito del “ni”

Avrebbero dovuto essere il fiore della sinistra che doveva cambiare il Paese: l’onda arancione, ci dicevano, sarebbe stata la marea positiva che si sarebbe portata via il vecchio e avrebbe concimato il nuovo. Dico, ma ve la ricordate la speranza su Zedda, Pisapia, Doria e De Magistris (quest’ultimo, tra l’altro sempre sbertucciato dagli altri in nome di una diversità antropologica che forse con il senno di poi non è mica tanto sbagliata). Arancione vivo che poi negli anni è diventato rosso stinto.

Andiamo con ordine: ieri Giuliano Pisapia rilascia un’intervista in cui ci dice di non avere ancora deciso cosa votare al referendum sulla riforma costituzionale. Un’intervista che segna una svolta nella comunicazione politica: la dichiarazione di cosa non si pensa spiattellata su un quotidiano nazionale. Pisapia, insomma, ci insegna cosa NON è vero. E si accoda a Bersani (che si sta lasciando andare a riti vodoo in attesa di decidere cosa deve decidere), a Speranza (che dice che oggi voterebbe no ma chissà come si sveglierebbe domani) e poi agli altri non pervenuti come Zedda e Doria.

Stupisce? No, per niente. Per caso qualcuno ha avuto modo di sapere cosa ne pensino gli “arancioni” di jobs act, buona scuola e tutte le ultime riforme? Dati non disponibili, come nelle stazioni meteo più sperdute che sembra non interessino a nessuno.

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Due o tre risposte a Matteo Renzi

Il bullo s’è incattivito. Succede sempre così quando si sente odore di sangue in giro e s’ha di fronte una platea ammaestrata più a far sì con la testa che a curare la cottura delle salamelle. Le feste dell’Unità (mica più d’intenti, ora di interessi) ormai sono il mantello del sovrano e ogni occasione è buona per un’iperbole di menzogne. E tutti a dire sì come i pupazzetti che regalano con le schede punti dei ristoranti cinesi. Allora conviene puntualizzare, forse. Conviene.

Dice Renzi: “Lo dico ai tanti che trovano qualcosa che non va, a chi dalla mattina alla sera si lamenta: fuori dal Pd non c’è una sinistra migliore, la rivoluzione del proletariato, fuori dal Pd e da questo Pd c’è l’Afd in Germania, la Le Pen in Francia, Farage in Inghilterra e in Italia il qualunquismo e la demagogia in camicia verde.”

Allora è utile fermarsi un secondo. Primo: ormai inserire nella stessa frase sinistra e PD è un’analisi politica a livello della capra che sopra la panca campa ma, al di là di questo, non s’è mai visto un becchino dare lezioni di guarigione. La sinistra “fuori dal PD” è quell’ossessione che sta in tutti gli sms, i bisbigli e i sussurrii dei caporali renziani: la sinistra fuori dal PD sono le madri che forse avete visto salutare i propri figli in stazione mentre fingevano gratitudine per una cattedra ottenuta dall’altra parte del Paese; la sinistra fuori dal PD sono i disoccupati troppo anziani, troppo improduttivi, troppo poco specializzati nell’esser servi o troppo poco moderni per credere nella svendita dei diritti; la sinistra fuori dal PD sono gli avanzi (uomini, con le loro famiglie) che in nome di una delocalizzazione cercano le parole per raccontarlo in tavola alla famiglia, trovare un senso al sentirsi finiti; la sinistra fuori dal PD sono i giovani che scoprono il merito della prossimità alle persone giuste piuttosto che ai talenti; la sinistra fuori dal PD sono coloro che sgomitano per trovare l’occasione di raccontare le regole e di descrivere le loro opportunità piuttosto che dipingerle come intralci; la sinistra fuori dal PD sono le persone che si innamorano dei diritti degli altri oltre che la feroce difesa dei propri; la sinistra fuori dal PD sono gli stanchi dei proclami, dei polsini a posto, delle luci studiate e delle frasi da motivatore bullo; la sinistra fuori dal PD sono i fregati dalle banche, Etruria in testa, che non avrebbero mai pensato di elemosinare i soldi, i propri; la sinistra fuori dal PD è un pezzo consistente del Paese. Quello che a Renzi e renzini pesa perché poco interessato a monoteismi politici di passaggio.

Dice Renzi: “”Noi non raccontano storielle e non viviamo nella realtà virtuale, noi la trasparenza la scriviamo nella nuova costituzione”.

E la trasparenza della (loro) nuova Costituzione è un accrocchio di politichese artefatto, insulso e illeggibile. Non ha mentito. Qui. No.

“E’ finito il tempo – va avanti il premier – in cui in Europa facevano i sorrisini sull’Italia, bisogna portarci i nostri valori, bisogna provarci, bisogna faticare, questo è ciò che abbiamo bisogno di fare come Pd e questo è ciò che ci differenzia dagli altri: a fischiare e mandare a quel paese sono bravi tutti, ma a prendersi le responsabilità siamo noi”. 

Quell’Europa che ha sfilato nel suo happy hour paramilitare a Ventotene che citava in bella mostra il manifesto di Spinelli. E non hanno nemmeno sparecchiato la portaerei che intanto Hollande, tornato in patria, s’è messo a costruire muri. Chissà Spinelli quanti calci nel culo, se fosse vivo.

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Una riforma scritta male perché pensa male

Forse non si è accorto, Matteo, di essere riuscito a condensare in una sola frase molti dei problemi di questa riforma che comincia a non piacere anche ai servi più fedeli oltre che agli stessi estensori: una legge scritta male (ancor di più che si tratti di Costituzione) è il viatico perfetto per una libera interpretazione pro domo sua da parte del potente (e soprattutto del prepotente) di turno. Non ci si può permettere del lassismo lessicale nel comporre le linee guida costituzionali semplicemente perché ciò significa demandarne l’interpretazione e il controllo agli organi giuridici che, di questi tempi ovvero in questi ultimi vent’anni, hanno subito una costante opera di delegittimazione.

Chi scrive male pensa male. Vive male. E amministra ancora peggio. Un legislatore confuso e impreciso lascia (più o meno consapevolmente) un largo spazio di applicazione ad una legge. In sostanza le complicazioni in politica (e la storia ce lo insegna) non sono altro che il condono preventivo per ogni tentativo di legittimazione delle cazzate future.

Renzi sostanzialmente ammette di non essere stato chiaro nella riscrittura del documento cardine della nostra democrazia, dell’insostituibile argine a governanti egoisti o malfattori e delle fondamenta della nostra legislazione. È qualcosa da poco? Decidete voi.

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E nessuno dei suoi, paurosi, ha il coraggio di dirglielo.

Già: quello che Renzi non ha capito è che tanto più la realtà è impermanente, contraddittoria e liquida, tanto più qui in basso abbiamo bisogno di un minimo di certezze, di coerenze, di dignità a dispetto delle conseguenze immediate.

E quanto più è gonfiata e farlocca la narrazione, quanto più abbiamo bisogno di realtà concreta, di cose vere.

Per questo il premier sta perdendo terreno.

E non se ne accorge.

E nessuno dei suoi, paurosi, ha il coraggio di dirglielo.

(Alessandro Gilioli su Matteo Renzi che si contraddice per l’enzima volta. Il suo post è qui)

Il referendum non si vince con l’istinto

riforma costituzionale di questo governo. L’ho deciso fin dall’inizio per impegnarmi a viso aperto come succede a chi non ha ruolo politico ma sopporta di essere impolitico, peggio ancora apolitico. Sono principalmente contro questa riforma poiché l’occasione di superare il bicameralismo perfetto era troppo importante per svilirla con un Senato che si abolisce per finta e che si farcisce di politici che si votano tra loro, perché non sopporto che il senato diventi un dopolavoro per una categoria che al lavoro sembra proprio poco predisposta di natura; sono contrario alla riforma perché le competenze del (finto) Senato rimarranno moltissime e perché la riforma è scritta talmente male che sarà inevitabile avere una mole di procedure legislative che si bloccheranno troppo spesso per conflitti di attribuzione; viaggio per spiegare che questa brutta riforma a braccetto con quella brutta legge elettorale che è l’Italicum ci sarà una deformata idea di rappresentanza che non mi convince.

Studio, racconto e ascolto le diverse opinioni e ragioni. Mi capita anche (pensa te) di confrontarmi con sostenitori della riforma che si dimostrano preparati e in buona fede. So che sembra incredibile ma tant’è.

E non credo proprio che si possa pensare di girare l’Italia dicendo che questa riforma non va bene perché il nostro istinto primordiale non ama Renzi, la Boschi e le altre facce di questo governo. Attenzione: io non li amo proprio per niente, sia chiaro, ma una riforma costituzionale non merita di essere avversata nello stesso puerile modo in cui è stata proclamata. E quindi no, non sono d’accordo per niente con Grillo quando dice che “basta pensare a chi ha fatto questa riforma per capire che non va bene, anche senza capirla”.

(il mio buongiorno per Left continua qui)