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costituzione

Disperatamente attuale: quando l’Onorevole Mattarella parlò in aula contro le modifiche alla Costituzione (2005, ma vale anche oggi)

(L’intervento è negli atti parlamentari. Eravamo nel 2005, al governo Berlusconi. Provate a cambiare il nome degli addendi e vedrete che il risultato non cambia):

220734294-3c65732a-b424-4acc-8185-4593fff414a8Signor Presidente,

tra la metà del 1946 e la fine del 1947, in quest’aula, si è esaminata, predisposta ed approvata la Costituzione della Repubblica. Con l’attuale Costituzione, che vige dal 1948, l’Italia è cresciuta, nella sua democrazia anzitutto, nella sua vita civile, sociale ed economica. In quell’epoca, vi erano forti contrasti, anche in quest’aula. Nell’aprile del 1947 si era formato il primo governo attorno alla Democrazia cristiana, con il Partito comunista e quello socialista all’opposizio – ne. Vi erano contrasti molto forti, contrapposizioni che riguardavano la visione della società, la collocazione internazionale del nostro paese. Vi erano serie questioni di contrasto, un confronto acceso e polemiche molto forti. Eppure, maggioranza e opposizione, insieme, hanno approvato allora la Costituzione. Al banco del governo, quando si trattava di esaminare provvedimenti ordinari o parlare di politica e di confronto tra maggioranza e opposizione, sedevano De Gasperi e i suoi ministri. Ma quando quest’aula si occupava della Costituzione, esaminandone il testo, al banco del governo sedeva la Commissione dei 75, composta da maggioranza e opposizione.

Il governo di allora, il governo De Gasperi, non sedeva ai banchi del governo, per sottolineare la distinzione tra le due dimensioni: quella del confronto tra maggioranza e opposizione e quella che riguarda le regole della Costituzione. Questa lezione di un governo e di una maggioranza che, pur nel forte contrasto che vi era, sapevano mantenere e dimostrare, anche con i gesti formali, la differenza che vi è tra la Costituzione e il confronto normale tra maggioranza e opposizione, in questo momento, è del tutto dimenticata.

L e istituzioni sono comuni: è questo il messaggio costante che in quell’anno e mezzo è venuto da un’Assemblea costituente attraversata – lo ripeto – da forti contrasti politici. Per quanto duro fosse questo contrasto, vi erano la convinzione e la capacità di pensare che dovessero approvare una Costituzione gli uni per gli altri, per sé e per gli altri. Questa lezione e questo esempio sono stati del tutto abbandonati. Oggi, voi del governo e della maggioranza state facendo la “vostra” Costituzione. L’avete preparata e la volete approvare voi, da soli, pensando soltanto alle vostre esigenze, alle vostre opinioni e ai rapporti interni alla vostra maggioranza. Il governo e la maggioranza hanno cercato accordi soltanto al loro interno, nella vicenda che ha accompagnato il formarsi di questa modifica, profonda e radicale, della Costituzione.

Il governo e la maggioranza – ripeto – hanno cercato accordi al loro interno e, ogni volta che hanno modificato il testo e trovato l’accordo tra di loro, hanno blindato tale accordo. Avete sistematicamente escluso ogni disponibilità a esaminare le proposte dell’opposizione o anche soltanto a discutere con l’opposizione. Ciò perché non volevate rischiare di modificare gli accordi al vostro interno, i vostri difficili accordi interni. Il modo di procedere di questo governo e di questa maggioranza – lo sottolineo ancora una volta – è stato il contrario di quello seguito in quest’aula, nell’Assemblea costituente, dal governo, dalla maggioranza e dall’opposizione di allora. Dov’è la moderazione di questa maggioranza? Non ve n’è! Dove sono i moderati? Tranne qualche sporadica eccezione, non se ne trovano, perché la moderazione è il contrario dell’atteggiamento seguito in questa vicenda decisiva, importantissima e fondamentale, dal governo e dalla maggioranza. Siete andati avanti, con questa dissennata riforma, al contrario rispetto all’esempio della Costituente, soltanto per non far cadere il governo. Tante volte la Lega ha proclamato e ha annunziato che avrebbe provocato la crisi e che sarebbe uscita dal governo se questa riforma, con questa profonda modifica della Costituzione, non fosse stata approvata. Ebbene, questa modifica è fatta male e lo sapete anche voi. Con questa modifica dissennata avete previsto che la gran parte delle norme di questa riforma entrino in vigore nel 2011. Altre norme ancora entreranno in vigore nel 2016, ossia tra 11 anni. Per esempio, la norma che abbassa il numero dei parlamentari entrerà in vigore tra 11 anni, nel 2016! Sapete anche voi che è fatta male, ma state barattando la Costituzione vigente del 1948 con qualche mese in più di vita per il governo Berlusconi.

Questo è l’atteggiamento che ha contrassegnato questa vicenda. Ancora una volta, in questa occasione emerge la concezione che è propria di questo governo e di questa maggioranza, secondo la quale chi vince le elezioni possiede le istituzioni, ne è il proprietario. Questo è un errore. È una concezione profondamente sbagliata. Le istituzioni sono di tutti, di chi è al governo e di chi è all’opposizione. La cosa grave è che, questa volta, vittima di questa vostra concezione è la nostra Costituzione.

(Sergio Mattarella)

(fonte)

Riforme di notte

Il Costituzionalista Andrea Pertici racconta (e analizza) queste “riforme” a notte fonda:

Senza metodo costituzionale. Decisamente.

Contingentamento dei tempi di discussione, seduta fiume e “Aventino” si sono concentrati nella faticosissima approvazione degli articoli di riforma della parte seconda della Costituzione.

Una riforma che non ha mai avuto un’ampia condivisione – va detto – nonostante si poggiasse sull’accorso dei leader di Pd e FI (con molte perplessità e resistenze anche nei loro gruppi parlamentari).

E infatti l’approvazione in Senato, avvenuta l’8 agosto, era stata il frutto di una forte strozzatura del dibattito e aveva visto il voto favorevole di 183 senatori, pari al 57%. Tutt’altro che un’ampia condivisione: basti ricordare che la Costituzione fu approvata con il voto favorevole di circa l’88% dei componenti l’Assemblea.

La ragione è semplice: alla Costituente il testo fu costruito nel confronto tra le diverse forze politiche, cercando su ogni aspetto la maggiore condivisone possibile. Non si votò certo su un testo presentato dal Governo, per di più con la pretesa di modificare poco e nulla di ciò che lo stesso, arbitrariamente, individuava come essenziale. Ma torniamo ad oggi. Dobbiamo registrare che, dopo le forzature del Senato per “blindare il testo”, la Camera ha fatto di più.

Mentre ancora vigeva il “Patto del Nazareno”, che consentiva alla Camera una maggioranza particolarmente ampia (seppure grazie a un premio dichiarato incostituzionale), è stato già disposto il contingentamento dei tempi. In base al quale – per dirla in due parole – si può discutere solo entro ristretti limiti. Si tratta di una tecnica per evitare l’ostruzionismo e che quindi tradisce come il testo non sia (e non voglia essere) condiviso (salvo che per adesione al pacchetto già confezionato). Possiamo immaginare un dibattito alla Costituente con il contingentamento? No di certo. Non ci sarebbero neppure gli atti dell’Assemblea costituente spesso essenziali per una migliore comprensione del testo.

Fatto sta che il “Patto del Nazareno” non ha retto – sembra – all’elezione del Presidente della Repubblica. Così la maggioranza delle riforme, senza Forza Italia, è venuta a coincidere con la maggioranza di governo. La conseguenza è che anche se questa riforma costituzionale fosse approvata sarebbe di nuovo votata dalla sola maggioranza di governo, come quella del 2001 (definita un pasticcio dallo stesso centrosinistra che la votò) e quella del 2006 (che gli italiani bocciarono nel referendum).

In ogni caso, è diventato evidente che il percorso delle riforme diventava difficile. E allora è stata aggiunta un’altra tecnica antiostruzionistica che – come ricordano i manuali di diritto parlamentare (si veda Martines-Silvestri-Decaro-Lippolis-Moretti, Diritto parlamentare, ed. 2011, p. 180) – è divenuta molto insolita (per un periodo essendo addirittura scomparsa) proprio a seguito del contingentamento. E soprattutto non è mai stata utilizzata prima per una riforma costituzionale.

La sua applicazione, non disciplinata dal regolamento, ma prevista solo in via di prassi, in effetti, è stata consentita – lo ripetiamo, per la prima volta (a proposito di prassi…) – soltanto in virtù del fatto che per la prima lettura delle riforme costituzionali sono applicate le previsioni del procedimento legislativo ordinario. Non è stata considerata l’assenza di qualunque ragione per imporre una così forte accelerazione. Non sono stati considerati gli atti disponibilità dell’opposizione che, ad un certo punto, ha perfino ritirato una consistente parte di subemendamenti. Non è stata considerata – soprattutto – la necessità di approvare la riforma costituzionale discutendo lucidamente di giorno (alcuni quotidiani hanno pubblicato fotografie che indicano lo stato in cui i parlamentari hanno votato nottetempo queste riforme).

Ma non è finita qui. Ad un certo punto, cercando di fermare un modo di procedere ormai totalmente caotico, le opposizioni – tutte unite – hanno deciso di abbandonare l’aula. Gesto estremo, noto – si sa – con il nome di “Aventino”. Ma anche a fronte di questo, la maggioranza (con l’eccezione di singoli parlamentari che hanno abbandonato i lavori: Civati, Fassina, Pastorino) non ha ritenuto di cercare nessuna reale via alternativa.

Così, la riforma costituzionale è stata votata nottetempo in una Camera mezza vuota o, se preferiamo, mezza piena di parlamentari stravolti (si vedano ancora le documentazioni fotografiche). Anzi, neppure mezza piena, perché i presenti, in molte votazioni risultano meno della metà (311 in quelle sugli articoli 39 e 41, 309 in quella sull’articolo 40, fino addirittura ai 298 sull’articolo 12 e ai 299 sull’articolo 11 e così andando) e il numero legale è garantito dal fatto che i parlamentari in missione (di venerdì notte) sono tra i 40 e i 50Ben 9 sono gli articoli votati alla presenza di meno della metà dei componenti della Camera, e addirittura 26 quelli che hanno avuto il voto favorevole soltanto di meno della metà dei componenti la Camera (solo in 270 hanno votato di sopprimere l’elezione del Senato a suffragio universale diretto). Quest’ultima circostanza è accaduto già per precedenti poco fortunate – e molto divisive – riforme, alla cui votazione era però sempre stata almeno presente ben più della metà dei componenti.

Manca ancora il voto finale a questa prima lettura della Camera, cui dovrà seguire un’altra prima lettura del Senato (perché qualcosa – seppur poco – è stato modificato) e poi chissà. Semmai – è bene ricordarlo – le seconde letture richiedono la maggioranza assoluta dei favorevoli (quella ottenuta per ora da meno della metà degli articoli).

La Costituzione è quindi ancora lungi da essere modificata. Certamente è già stata lacerata.

(fonte)

Il nostro comandamento zero

«Nessi è il nostro comandamento zero. Prima della Costituzione, del codice della strada, del galateo. Ci sono norme che riguardano noi, il comandamento zero, appunto: fare nesso, cucire i fili con quello che ci sta intorno. E i fili sono i sensori che abbiamo addosso, le nostre sensibilità che ci mettono nella stessa frequenza col mondo esterno. Basta attivarli. Se vogliamo migliorare lo stato delle cose, miglioriamo quello che facciamo noi. Finiamola di andare ai concerti, ammirare le immagini-denuncia della guerra in Vietnam, i volti di Gandhi o Mandela, demandare a poeti, cantanti, attori la solidarietà, le belle parole: De André dimmi, che mi fai sentire buono. Dobbiamo essere noi Gandhi, Mandela, Peppino Impastato contro la mafia ogni giorno. Io devo essere l’intera piazza che protesta contro i femminicidi guardando le mie paure, il lato femminile che ho ucciso. Il mio comportamento è già un voto. La protesta non basta più».

(Alessandro Bergonzoni)

In settemila chiedono a Renzi e al Consiglio Superiore della Magistratura di pronunciarsi (e difendere) Nino Di Matteo

Continuiamo a chiedere, non ci fermiamo. Su intelligente suggerimento delle Agende Rosse della Campania abbiamo deciso di includere nell’appello anche i membri del CSM (tenendo conto che l’Art. 104 comma 1 della Costituzione sancisce che “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”). Tutte le firme le potete contare qui. E abbiamo preparato anche un video (che trovate qui). Come dice Fiorella Mannoia dovremmo essere un milione.

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Schermata 2014-12-10 alle 17.39.19

La perla del giorno

E’ del Sottosegretario Luca Lotti:

Schermata 2014-07-30 alle 12.46.51

 

Non so voi, ma io un accordo politico con chi distrugge la Carta non lo farei. Hai ragione caro Lotti.

Quei barbosi scassacazzi dei padri costituenti

Malvino, particolarmente in forma e particolarmente cattivo:

Così, ci tocca sentirci dire che i padri costituenti erano barbosi scassacazzi che l’hanno messa giù un po’ troppo pesante solo perché traumatizzati dal fascismo, poverini, mentre il nuovo mago delle televendite ha fegato, e polso, e coglioni, si vede dalla grinta che mette nell’urlare: «E qui, siore e siori, mi voglio rovinare: aggiungo alla riforma costituzionale il taglio di un miliardo alla politica». Sputacchia un poco su quelli in prima fila perché ha una lieve micrognazia, ma mica è detto che l’Uomo della Provvidenza debba per forza essere un mascelluto, basta sappia galvanizzare i fessi e strizzare l’occhio ai furbi.

L’esproprio costituzionale e il modello di sviluppo

In silenzio su Pisa si combatte una battaglia che potrebbe avere risvolti fondamentali per la politica dei beni comuni e dello sviluppo sociale nella lettura della proprietà privata. Me lo segnala Alessandro Diano e tocca le fondamenta dell’articolo della Costituzione che dice “”L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. […]” nell’articolo 41. Come scrive Alberto Zoratti (Fairwatch/Municipio Beni Comuni):

Porre con forza la questione dell’acquisizione/requisizione/esproprio (anche e soprattutto senza indennizzo) di una proprietà che non è stata in grado di assolvere alla sua funzione ed alla sua utilità sociale, significa mettere mano ai meccanismi di riproduzione dell’attuale modello di sviluppo. Non a caso, sulla questione Ilva, ha alzato gli scudi persino Confindustria davanti all’ipotesi di commissariamento (neanche di esproprio). E’ un obiettivo politico, su cui concentreremo la tre giorni che stiamo organizzando a Pisa per il 20-21-22 settembre, che parla molto anche delle nostre attività ecosolidali, soprattutto quando collegate alla tutela dei beni comuni o, ancor più, della terra. Pensate come c’entra tutto ciò con il fatto che un agricoltore ha deciso nel SUO campo di piantare piante OGM, infischiandosene dell’interesse collettivo. O con l’impatto sociale ed ambientali che hanno certe aziende nel loro ciclo produttivo.

Ecco l’appello

“DESTINARE AD USO PUBBLICO L’EX COLORIFICIO TOSCANO”.

LA RICHIESTA INVIATA AL SINDACO DI PISA DA GIURISTI E STUDIOSI DI PRIMO PIANO E DA DECINE DI ESPONENTI DELL’ASSOCIAZIONISMO ITALIANO

Pisa, 20 giugno 2013 – “Il “diritto di proprietà privata”, accampato dalla J-Colors per il sequestro ed il relativo sgombero dell’Ex Colorificio occupato di Pisa “non ha fondamento giuridico, perché, a seguito dell’abbandono dell’attività produttiva, non persegue più la sua “funzione sociale”, ed è in contrasto con l’utilità sociale”, la sicurezza, la libertà e la dignità umana, come chiaramente espresso e richiesto dagli articoli 42 e 41 della Costituzione. E’ la richiesta chiara e diretta di acquisizione pubblica dell’ex Colorificio lanciata oggi in conferenza stampa a Pisa da un ampio schieramento di esponenti della società civile e dell’accademia italiana in sostegno all’azione del Municipio dei Beni Comuni che ha visto il recupero dell’area di oltre 14mila metri quadrati di via Montelungo a Pisa, dismessa diversi anni fa dalla multinazionale J-Colors. Una richiesta che parte da Pisa come esperienza concreta, ma che parla di fatto a nome di tutti gli spazi occupati e liberati del nostro Paese, tra cui il Teatro Valle occupato o il Cinema Palazzo di Roma, le ex Officine RSI occupate e lo spazio dell’ex motorizzazione di via Nola (ora SCUP) sempre a Roma o la Ri-Maflow di Trezzano sul Naviglio.

L’iniziativa vede l’adesione di personalità di primo piano del mondo del diritto e dell’accademia come il professor Salvatore Settis; i giuristi Ugo Mattei, Paolo Maddalena, Luca Nivarra, Maria Rosaria Marella, Alberto Lucarelli; l’urbanista Enzo Scandurra, l’economista Guido Viale ed il sociologo Marco Revelli. Una lista a cui si aggiungono decine di esponenti del mondo della società civile italiana, dal missionario comboniano Alex Zanotelli, al fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo Francuccio Gesualdi, al regista Massimo Lauria.

Una richiesta che diventa anche una petizione che pone nuovamente al centro la necessità di dare limiti al concetto di proprietà, come costituzionalmente garantito, dando responsabilità chiare all’ente pubblico, in questo caso il Comune di Pisa che in questa situazione, ha l’obbligo di tutelare la conservazione e l’uso del territorio comunale.

“Ridare sovranità alla comunità di cittadine e cittadine” chiarisce Francesco Biagi, del Municipio dei Beni Comuni, “passa attraverso la limitazione del diritto di proprietà sulla base della sua funzione ed utilità sociale. Nel momento in cui tutto ciò non fosse rispettato, il passo conseguente dovrebbe essere l’acquisizione da parte dell’ente pubblico dell’area in questione, arrivando persino all’esproprio, laddove fosse necessario”.

L’iniziativa viene lanciata in contemporanea con l’assemblea redigente della Costituente dei Beni Comuni, organismo formato da giuristi e da esponenti della società civile presieduto da Stefano Rodotà, che proprio il 20 giugno a Roma al teatro Valle occupato si occuperà di mettere nero su bianco un nuovo statuto dei beni comuni e del concetto di proprietà privata e pubblica.

“L’ex Colorificio Liberato di Pisa” chiarisce Ugo Mattei, docente di Diritto Civile Università di Torino e vice presidente della Commissione Rodotà per i Beni pubblici, “è un caso emblematico di come un distorto concetto di proprietà privata e della sua gestione possa essere affrontato con le armi del diritto e della politica. L’iniziativa che proponiamo, che nasce a Pisa, ma ha un respiro nazionale se non internazionale, mira a riconsiderare la centralità del ruolo del privato e dei mercati anche nella gestione degli spazi collettivi, intesi come bene comune e come territorio da preservare rispetto al consumo di suolo ed alla cementificazione a cui assistiamo quotidianamente”.

La petizione diffusa oggi, dal titolo “Io pratico la Costituzione”, ha l’obiettivo di raccogliere migliaia di firma a Pisa ed in tutta Italia attraverso una capillare mobilitazione sui territori e la raccolta di adesioni sul sito di Avaaz https://secure.avaaz.org/it/petition/Io_pratico_la_Costistuzione_Lex_Colorificio_e_proprieta_collettiva/. Un percorso che vedrà il suo punto di arrivo il 20 settembre prossimo in corrispondenza della sentenza di possibile sequestro dell’immobile, in contemporanea della quale all’ex Colorificio Liberato di Pisa verrà organizzata (per il fine settimana del 20, 21 e 22 settembre) una tre giorni nazionale che avrà l’ambizione di rilanciare su un piano di mobilitazione e di coordinamento tra le realtà di movimento italiane la questione della tutela dei beni comuni, della fruizione del territorio che appartiene ai cittadini e della funzione sociale della proprietà privata.

 

Primi firmatari

Paolo Maddalena, giurista, Costituente dei Beni Comuni

Ugo Mattei, giurista, Costituente dei Beni Comuni

Luca Nivarra, giurista, Costituente dei Beni Comuni

Maria Rosaria Marella, giurista, Costituente dei Beni Comuni

Enzo Scandurra, urbanista

Salvatore Settis, accademico dei Lincei

Marco Revelli, sociologo

Guido Viale, economista

Alberto Lucarelli, giurista

Livio Pepino, giurista

Agostino Petrillo, urbanista

 

Vittorio Agnoletto, Flare

Checchino Antonini, giornalista

Francesco Ciccio Auletta, Una città in comune (lista di cittadinanza, Pisa)

Marco Balconi, DES Brianza

Bengasi Battisti, sindaco di Corchiano, associazione Comuni Virtuosi

Giuliana Beltrame, ALBA, circolo de Il Manifesto Padova

Marco Bersani, Attac Italia

Valeria Bochi, REES Marche

Paolo Cacciari, Associazione Decrescita

Marco Calabria, Comune-info

Gianluca Carmosino, Comune-info

Alberto Castagnola, Reset/Comune-info

Giulio Cavalli, attore e scrittore

Roberto Ciccarelli, giornalista de Il Manifesto

Lorenzo Coccoli, ricercatore filosofia Università Tor Vergata, Roma

Emmanuele Curti, ALBA, professore Università degli studi della Basilicata

Giuseppe De Marzo, giornalista ed attivista

Ornella De Zordo, perUnaltracittà (lista di cittadinanza, Firenze)

Marica Di Pierri, Asud/Reset

Monica Di Sisto, Fairwatch

Haidi Gaggio Giuliani, Comitato Piazza Carlo Giuliani

Francuccio Gesualdi, Centro Nuovo Modello di Sviluppo

Alfonso Gianni, Fondazione Cercare Ancora

Federica Giardini, Ricercatrice in Filosofia politica, Roma Tre

Laura Greco, Asud/Reset

Lorenzo Guadagnucci, Comitato Verità e Giustizia

Maurizio Gubbiotti, Legambiente

Monica Lanfranco, giornalista, Marea

Fabio Laurenzi, Cospe

Massimo Lauria, giornalista e regista

Cristiano Lucchi, Comunità delle Piagge di Firenze

Luca Martinelli, redattore Altreconomia

Angelo Mastrandrea, giornalista, Il Manifesto

Tomaso Montanari, docente di storia dell’arte Università di Napoli

Roberto Musacchio, Altramente

Grazia Naletto, Lunaria

Jason Nardi, Solidarius Italia

Ciro Pesacane, Forum Ambientalista

Martina Pignatti Morano, Un ponte per…

Anna Pizzo, giornalista

Matteo Pucciarelli, giornalista, La Repubblica

Pietro Raitano, direttore Altreconomia

Giovanna Ricoveri, studiosa di beni comuni

Marino Ruzzenenti, Fondazione Micheletti, Brescia

Annarita Sacco, ass. La Strada/Comune-info

Alessandro Santoro, prete della comunità delle Piagge di Firenze

Andrea Saroldi, esperto di economia solidale

Patrizia Sentinelli, Altramente

Gigi Sullo, giornalista

Massimo Torelli, libero pensatore

Riccardo Troisi, Comune-Info/Reset

Giuseppe Vergani, DES Brianza

Aldo Zanchetta, Fondazione Neno Zanchetta per i popoli indigeni latinoamericani

Alex Zanotelli, Missionario comboniano

Alberto Zoratti, Fairwatch

OSTINATAmente sMODERATI: regole per l’uso

Schermata 2013-01-06 alle 12.33.08Abbiamo scelto la frase che ci rappresenta: OSTINATAmente sMODERATO.

Perché c’è dentro l’ostinazione con cui abbiamo lavorato in questi due anni e mezzo per tenere alto l’argine dell’opportunità nel fare politica in Lombardia dalle nomine al lavoro, dall’antimafia alla sanità, dall’ambiente alla cultura presidiando quotidianamente l’attività consiliare e in commissione.

C’è la parola mente che non è solo un organo svilito da alcune compagnie dell’ultimo Consiglio Regionale lombardo ma è un tenere a mente che l’impegno è bellezza se portato avanti con memoria della responsabilità e con la disciplina e con l’onore richiesti dall’articolo 54 della nostra Costituzione.

C’è la smoderatezza che sta nel sapere esattamente da che parte stare con coraggio, nella nostra idea di sinistra e nel volere uscire da questa rincorsa al centro che non ci piace, non ci assomiglia e ci puzza di banalizzazione per trovare posto. Vogliamo una Lombardia smodata perché innovativa e in discontinuità, davvero.

Nonostante in queste ultime settimane mi sia letto sui quotidiani in una decina di liste diverse per il Parlamento continuiamo il nostro lavoro in Regione Lombardia. Credo che ci sia la possibilità di costruire un’alternativa politica e di modi lontana dai danni del formigonismo di questo ultimo ventennio e credo che la coalizione di centrosinistra (SEL, PD, IDV, lista Di Stefano e gli altri) abbia una grande possibilità per disegnare scenari migliori e futuri anche su scala nazionale. E mi candido perché questi due anni “dentro” la Regione ci hanno fatto capire che ci sono gli strumenti amministrativi per declinare le nostre idee oltre alla  mera propaganda: tutte le declinazioni sono nelle nostre mozioni, negli ordini del giorno e nelle nostre proposte di legge che l’asse Formigoni-Lega ha lasciato nel cassetto senza discussione.

In molti mi stanno chiedendo (e vi ringrazio tutti) come poterci dare una mano, le regole sono poche e semplici:

– mi candido come consigliere regionale a Milano e provincia. Chiunque abiti qui può essere un nostro volontario nelle iniziative che metteremo in campo.

– chi non abita qui può essere un nostro volontario sul web e comunque avere un ruolo attivo nella nostra officina delle idee.

Nei prossimi giorni racconteremo l’organizzazione e il resto. Chi vuole darci una mano può segnalare la propria disponibilità semplicemente scrivendomi a giulio@giuliocavalli.net