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A proposito del Crotone calcio e del suo storico presidente

Qualche mese fa (era aprile del 2016) scrissi del Crotone calcio e della suo turbolenta storia (trovate tutto qui): ci du una mezza sollevazione di massa da parte di alcuni amici crotonesi che rimasero parecchio turbati di “certa stampa che vuole rovinare la favola del Crotone”.

Ora, sempre sui Vrenna, escono alcune informazioni (contenute tra le carte dell’inchiesta “Stige”) che aggiungono altri elementi. Ne scrive il sempre puntuale Lucio Musolino per Il Fatto Quotidiano:

Rifiuti ospedalieri trasportati con i camion di Raffaele Vrenna e interrati vicino a una scuola elementare. Monnezza e ‘ndrangheta, un binomio imprescindibile tanto per la cosca dei “cirotani” quanto per le altre famiglie mafiose calabresi. Non ci sono solo i rifiuti dell’Ilva di Taranto nelle carte dell’inchiesta “Stige”, condotta dai carabinieri del Ros con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

Nell’ordinanza di custodia cautelare, che martedì ha portato all’arresto di 170 persone della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, il gip Giulio De Gregorio ha inserito anche alcuni verbali di collaboratori di giustizia che hanno consentito al procuratore Nicola Gratteri, all’aggiunto Vincenzo Luberto e ai pm Domenico Guarascio, Fabiana Rapino e Alessandro Prontera, di aprire uno squarcio sugli affari della ‘ndrangheta crotonese.

Tra i pentiti c’è anche Vincenzo Marino, fino al 2007 organico della cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura padrona incontrastata di Crotone. La sua attendibilità – scrive il gip –  “veniva positivamente valutata da diversi giudici e tra questi quelli del Tribunale di Catanzaro nell’ambito del processo ‘Scacco Matto’”.

Il 25 settembre 2015, Marino è di nuovo davanti ai pm di Catanzaro e a loro “riferiva dell’esistenza di un legame tra la sua cosca e quella dei cirotani”. In particolare, il pentito ha raccontato “l’ingerenza della cosca cirotana in diversi ambiti imprenditoriali con la ‘creazione’ di monopoli per il tramite della carica di intimidazione”.

Oltre che su una “grossa estorsione” ai danni di un imprenditore che a Crotone “stava costruendo la caserma dei vigili del fuoco” e su “un grosso traffico di stupefacenti” gestito “con Peppe Spagnolo e Martino Cariati”, prima che l’interrogatorio si concludesse, Vincenzo Marino si è soffermato su un giro di “rifiuti ospedalieri” che partivano da Cosenza. Ed è a questo punto che il pentito fa il nome dello storico presidente del Crotone Calcio Raffaele Vrenna, dimessosi lo scorso marzo, già assolto in Cassazione per associazione mafiosa, estorsionecorruzione e voto di scambio (nell’ambito dell’inchiesta “Puma”) e più recentemente, in primo grado, dall’accusa di intestazione fittizia.

“Con i cosentini, in particolare, con tale Bella Bella un ragazzo distinto che parlava sempre in italiano, ho gestito un traffico di rifiuti ospedalieri – fa mettere a verbale Marino – I rifiuti provenivano da Cosenza, ho incontrato questo ragazzo in una stazione di servizio carburante sita in territorio sibaritide. I rifiuti venivano presi in carico dai camion delle impresa di Raffaele Vrenna e scaricati in Crotone nei pressi della scuola elementare, vicino a casa di Pino Vrenna”. Quest’ultimo era il boss di Crotone che, nel 2010, ha saltato il fosso e ha iniziato a collaborare con la giustizia.

“Ho solo accennato a queste vicende – conclude il pentito Marino che, rivolgendosi ai pm, li ha invitati a verificare – Se scavate potete trovare ancora oggi qualcosa. Sono disponibile ad effettuare un sopralluogo per indicare il posto dove sono stati interrati i rifiuti”.

 

Cosa c’è dietro al Crotone

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Tanto per capire di cosa stiamo parlando quando parliamo di Vrenna e della ‘ndrina collegata, due articoli chiari. Tanto poi ci torniamo:

Maria Scopece per il Fatto Quotidiano:

«L’inno del Crotone Calcio è la splendida canzone di Rino Gaetano “Il cielo è sempre più blu“, in omaggio ai natali del cantautore romano d’adozione e che ben si addice allo stato di grazia della formazione calabrese che domina la classifica di Serie B insieme al Cagliari. Il cielo del Crotone però sta per tingersi di tinte fosche dopo che la DDA di Catanzaro ha chiesto il sequestro della società calcistica facente parte dell’ingente patrimonio, circa 800mln di euro, dei fratelli Giovanni e Raffaele Vrenna imprenditori operanti nei settori dello smaltimento dei rifiuti e nelle costruzioni.

Secondo i magistrati dell’antimafia di Catanzaro i fratelli Vrenna “Sono imprenditori attigui al fenomeno mafioso, per essersi sin dalla genesi della loro attività, accordati con le consorterie criminalie segnatamente con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura“. Secondo i magistrati i fratelli Vrenna avrebbero garantito posti di lavoro in cambio di “sicurezza”, alla quale avrebbe dovuto pensarci Luigi Bonaventura nipote del boss Pino Vrenna e ora collaboratore di giustizia.

Già nel 2006 l’imprenditore Raffaele Vrenna era stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, condannato in primo grado e poi assolto. Il cosiddetto “concorso esterno” pur non essendo una fattispecie presente nel Codice Penale ma di creazione giurisprudenziale ed espressione con la quale si indica un certo tipo di collaborazione al reato di associazione di tipo mafioso, è un’onta difficile da cancellare. Tanto che i magistrati della DDA trovano proprio nella sentenza di assoluzione le ragioni per portare a questa nuova richiesta di misure cautelari. La sentenza della Corte di Appello di Catanzaro infatti recita “Esistono certamente rapporti di frequentazione e di interesse tra VrennaRaffaele, suo fratello Giovanni ed i componenti della cosca sopracitata”.

Questa vicenda ricorda da vicino una storia degli anni 90‘, quella dell’imprenditore e patron del Foggia Calcio Pasquale Casillo che nel ’94 venne accusato e arrestato proprio per concorso esterno in associazione mafiosa. L’assoluzione arrivò 13 anni dopo, nel 2007, quando ormai la sua ex squadra era passata attraverso un fallimento a militare in Lega Pro, condizione dalla quale non si è ancora ripresa.

Ma forse questa è anche una storia che racconta quanto sia difficile per le imprese e quindi per lesocietà calcistiche del Sud sganciarsi dalle catene della criminalità organizzata che permea profondamente ogni settore della vita economica e sociale rendendo molto difficile distinguere tra cosa è reato e cosa no.

Una posizione netta è quella presa dal Presidente della Lega B Andrea Abodi per il quale questa faccenda “Col calcio non ha niente a che fare e non macchia nella misura in cui i pronunciamenti formali hanno scagionato i fratelli Vrenna. Al di là di quello che dice e scrive la DDA, per la quale c’è grande rispetto, ce n’è altrettanto per chi già si è espresso mettendo i fratelli Vrenna in posizione di assoluta tranquillità“.

Dal canto loro i fratelli Vrenna in un comunicato si sono definiti ” vittime di angherie e vessazioni delinquenziali mafiose e non già conniventi“.

Ora la palla passa alla Corte di Appello di Catanzaro che dovranno decidere se confermare la richiesta della DDA di Catanzaro o confermare la decisione di respingimento già effettuata dai giudici della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Crotone.»

Da TgCom:

Dal sogno della Serie A al sequestro da parte della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. E’ il futuro che potrebbe attendere il Crotone Football Club, secondo in Serie B, che rientra in un lungo elenco di beni, per un valore totale di circa 800 milioni di euro, su cui l’antimafia vorrebbe apporre i sigilli. Sulla base di dichiarazioni da parte di pentiti della ‘ndrangheta, la procura ha aperto un’inchiesta sul patron della squadra, Raffaele Vrenna, e sul fratello, definiti “imprenditori attigui al fenomeno mafioso”.

La decisione dei giudici – Come si legge su La Stampa, il Tribunale di Crotone ha però rigettato la richiesta di confisca di tutti i beni del gruppo imprenditoriale che fa capo ai fratelli Vrenna e della misura di prevenzione richiesta nei loro confronti che consiste nella sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per 5 anni. I due imprenditori sono stati infatti ritenuti “del tutto estranei alla criminalità organizzata crotonese, da cui hanno subito viceversa angherie e danni”.

Il ricorso – Dalle testimonianze di alcuni pentiti raccolte dalla Dda emerge però che gli imprenditori, attivi nel settore della raccolta dei rifiuti, avrebbero pagato una cosca della ‘ndrangheta per “assicurarsi” da attentati e danneggiamenti. Da qui la decisione dell’antimafia di presentare ricorso allegando alle carte nuove dichiarazioni di collaboratori di giustizia. I magistrati della Dda si sono detti sicuri della vicinanza dei Vrenna al fenomeno mafioso “per essersi sin dalla genesi della loro attività accordati con le consorterie criminali”, in particolare “con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura”.

Nel 2006 Raffaele Vrenna venne di concorso esterno in associazione mafiosa, condannato in primo grado e poi assolto. Proprio quest’ultima sentenza viene richiamata dai giudici di Crotone per sostenere l’estraneità di Vrenna alle dinamiche criminali. Da parte loro, i magistrati ribadiscono la “pericolosità sociale” del patron della squadra rivelazione: “è un imprenditore disposto a tutto, a commettere falsi e abusi e anche fare affari con persone che sa o intuisce essere losche”.

Il pentito Bonaventura: “Giulio Cavalli doveva tacere: la politica lombarda sosteneva la ‘Ndrangheta”

Ecco l’articolo uscito oggi su Fanpage.it:

“Dietro i piani di per mettere a tacere per sempre Giulio Cavalli – rivela l’ex reggente della cosca Vrenna-Bonaventura – c’è anche una parte di politica collusa e ambienti istituzionali. Quando venni avvicinato dai De Stefano, loro mi dissero: “Questa qui è anche la volontà di amici nostri politici”.

Dietro la ‘Ndrangheta, la politica. Luigi Bonaventura, ex reggente della cosca Vrenna-Bonaventura che nell’intervista rilasciata a Fanpage due settimane fa ha rivelato i piani della criminalità organizzata per uccidere l’attore e scrittore Giulio Cavalli, questa volta aggiunge qualcosa in più. Alza il tiro. Di fronte al silenzio delle istituzioni, lui che ha portato all’arresto di oltre 130 membri della più importante cosca di Crotone nel corso dell’operazione Heracles coordinata dal procuratore Pierpaolo Bruni della Dda di Catanzaro, pronuncia la parola “politica”. Accanto a politica, Bonaventura aggiunge un dettaglio: “lombarda”.

Proprio così: “Dietro i piani di per mettere a tacere per sempre Giulio Cavalli  – rivela a Fanpage.it – c’è anche una parte di politica collusa e ambienti istituzionali, nel senso che le azioni erano fortemente volute anche da qualche politico, nello specifico lombardo. Quando venni avvicinato dai De Stefano, loro mi dissero: “Questa qui è anche la volontà di amici nostri politici”. Qualcuno, spiega il collaboratore di giustizia, fa parte anche della politica nazionale. Personaggi pesanti, insomma. E perché dava fastidio, Giulio Cavalli? “Perché parlare di ‘Ndrangheta, nel 2011, in Lombardia era tabù. Era considerato uno ‘scassaminchia’. Oggi è nota la sua presenza al Nord”. Sull’area politica, il partito o i partiti dietro queste “volontà” Bonaventura si ferma: “Su questa domanda preferisco non rispondere perché la mia posizione non è molto sicura. Preferisco riferire ai magistrati”.

Su queste scottanti rivelazioni, però, nessuno ancora ha bussato alla sua porta. E il collaboratore di giustizia da sette anni, giudicato altamente attendibile e per questo collaboratore di nove procura, la Dna e una procura straniera, e tuttavia senza scorta da sempre, è qui che usa un termine particolare: “scioccato”. Da cosa è scioccato? “Dal fatto che nessuno sia venuto a raccogliere queste informazioni che sto rivelando – risponde – nessuno mi ha sentito su questa vicenda, dovrebbe essere il minimo ascoltarmi, mettere sotto protezione me e le informazioni. Sembra che mi stiano lasciando qua, aspettando cosa? Che io muoia e con me le informazioni? Oppure che venga spinto a ritrattare?”.

E poi, preoccupazione per Giulio Cavalli: “Potrebbero togliergli la scorta – dice – Ma Giulio è un patrimonio da proteggere. Se ci fosse attenzione da parte della politica, se ci fosse qualcuno che alzasse la voce insieme ad associazioni dell’antimafia sociale, insieme un risultato si potrebbe raggiungere”.

Infine, l’appello alle istituzioni, fino ad ora silenti: “Mi rivolgo ad Alfano: si impegni a fare qualcosa per assicurare la giusta protezione a Giulio Cavalli e me. Mi rivolgo al premier Letta, non sottovaluti questa situazione. Non vorrei essere spavaldo né arrogante – aggiunge – Ma a questo punto dico: se Bonaventura è attendibile che si mettesse in protezione, se non lo è che si dichiarasse subito la sua inattendibilità  e venga escluso dal programma di protezione”.

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