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Dakota

Che peccato. La resa dei Sioux sull’oleodotto.

Nonostante lo spirito combattivo, alla fine i migliaia di membri della tribù di indiani Sioux di Standing Rock che si opponevano al passaggio di un oleodotto sul territorio della loro riserva, nel North Dakota, hanno perso la loro battaglia. Lo sgombero definitivo dell’accampamento allestito da quasi un anno dagli indigeni, insieme a molti ecologisti, sarà avviato e completato da parte delle autorità statunitensi. Sioux e attivisti non hanno rinunciato a lottare fino all’ultimo: dieci persone sono state fermate, perché stavano cercando di impedire l’accesso degli agenti nell’accampamento. Prima dell’arrivo delle autorità, gli attivisti hanno appiccato una ventina di fuochi come ‘cerimonia di addio’.

Finisce così una battaglia che solo a dicembre sembrava ormai vinta dagli Sioux. A fine 2016 Barack Obama aveva deciso di non concedere all’azienda costruttrice il permesso di realizzare l’opera, per la quale era stato studiato un percorso alternativo. Ma già allora Donald Trump aveva avvertito: «Deciderò io». Così ha fatto: lo scorso 7 febbraio ha annunciato di essere pronto a consentire la costruzione dell’oleodotto attraverso il fiume Missouri e il lago Oahe nel North Dakota. Il 24 gennaio il presidente ha firmato due ordini esecutivi per rilanciare il Dakota Access e l’altro oleodotto contestato, il Keystone XL, a sua volta bloccato da Obama per timori di danni ambientali.

L’oleodotto dovrebbe correre per quasi 2mila chilometri e attraversare quattro Stati per portare il greggio alle raffinerie dell’Illinois. Indiani e attivisti contestano da mesi il progetto, spiegando che la parte sottomarina del tracciato mette a rischio il bacino idrico delle comunità, senza contare la violazione di terreni e luoghi sacri Sioux. Nonostante le proteste, la tribù nulla ha potuto contro quest’ultima decisione di Trump. E ancora una volta è stata costretta ad abbandonare la propria terra.

(Il FattoQuotidiano online, 23 febbraio 2017)

E intanto continua la protesta dei Sioux contro l’oleodotto

«Stiamo combattendo contro un sistema e abbiamo bisogno di farlo insieme. Dobbiamo ribellarci tutti insieme». Con queste parole Dallas Gooldtooth, uno degli organizzatori della campagna Indigenous Environmental Network, ha fatto un appello alle persone di tutto il mondo per lottare contro l’abrogazione dei diritti indigeni e per una grande mobilitazione di massa a Standing Rock in Nord Dakota, dove è prevista la costruzione di un oleodotto vicino la riserva dei Sioux.

Martedì scorso, i tecnici del Genio dell’esercito statunitense hanno annunciato l’imminente approvazione della fase finale della costruzione dell’oleodotto Dakota Access. In una lettera indirizzata al Congresso, il segretario dell’esercito Robert Speer ha comunicato che lo studio di impatto ambientale dell’oleodotto, previsto dalla precedente amministrazione, sarà annullato, concedendo un passaggio che permetterà alla compagnia Energy Transfer Partners (società nella quale Donald Trump ha investito, in passato, e il cui amministratore delegato ha finanziato la campagna elettorale dell’attuale presidente statunitense) di trivellare sotto il lago Oahe, lungo il fiume Missouri.

L’esercito ha, inoltre, aggiunto di aver intenzione di sospendere il consueto periodo di attesa di 14 giorni previsto prima che l’ordinanza diventi operativa, consentendo, di fatto, l’inizio immediato dei lavori di trivellazione. La decisione è arrivata dopo che lo scorso 24 gennaio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva firmato un ordine esecutivo con cui ha dato il via alla ripresa dei lavori per gli oleodotti Dakota Access e Keystone XL, in netta controtendenza con le decisioni assunte dal suo predecessore Barack Obama.

(ne scrive Valigia Blu qui)

L’oleodotto Dakota Access ha Trump come alleato: la battaglia dei Sioux continua

Promette battaglia la tribù Sioux di Standing Rock dopo la decisione del neopresidente Usa Donald Trump di riprendere la costruzione dei contestati oleodotti Dakota Access e Keystone XL. Jan Hasselman, avvocato dei Sioux, ha annunciato che la tribù farà causa per difendere la decisione del genio militare di intraprendere uno studio sull’impatto ambientale del Dakota Access che includa la ricerca di percorsi alternativi per l’oleodotto da 1.100 miglia che attraverserà quattro stati. La tribù dei Sioux si oppone da sempre al progetto, in particolare all’attraversamento del lago Oahe. Secondo gli attivisti, se si verificasse una perdita lì verrebbero inquinate le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle.

La tribù ha subito reagito all’ordine esecutivo firmato da Trump, definendolo una violazione della legge. “La decisione politicamente motivata dell’amministrazione Trump viola la legge e la tribù si muoverà per combatterla”, ha dichiarato il capo tribù Dave Archambault II.

Trump’s executive order on #DAPL–violates the law and tribal treaties. We will be taking legal action. #standwithstandingrock #noDAPLpic.twitter.com/0DXeZ7RtQN

— Standing Rock Sioux (@StandingRockST) 24 gennaio 2017

I due decreti con cui Trump vuole rilanciare gli oleodotti Keystone XL e Dakota Access rappresentano una pessima notizia per i nativi americani e gli ambientalisti. “Vedremo se riusciremo a costruire questo oleodotto (Keystone, ndr)” che creerà “molti posti di lavoro, 28mila”, ha detto Trump alla stampa dallo Studio ovale. Il presidente ha unito a queste misure un memorandum che richiede che l’acciaio necessario ai progetti venga prodotto negli Usa e un decreto per accelerare le valutazioni sull’impatto ambientale precedenti alla costruzione di infrastrutture prioritarie, come autostrade o ponti.

L’oleodotto Keystone XL, bloccato da Obama nel 2015 dopo una lunga valutazione sul suo impatto ambientale, seguita dal veto presidenziale dopo l’approvazione del Congresso, mira a trasportare 83mila barili di petrolio dai campi bituminosi dell’Alberta (Canada) a diversi luoghi degli Stati Uniti, tra cui delle raffinerie del Texas. Il governo di Obama aveva sospeso a dicembre scorso anche la costruzione del Dakota Access, progetto da 3.800 milioni di dollari che avrebbe portato mezzo milione di barili di petrolio al giorno dai giacimenti del North Dakota a un’infrastruttura già esistente in Illinois.

La misura firmata da Trump “invita” l’impresa incaricata per il Keystone XL, la canadese Transcanada, a sollecitare un permesso per completare la costruzione dell’oleodotto e promette di prendere una decisione in merito entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta.

Nel caso del Dakota Access, chiede invece al segretario dell’Esercito di “rivedere e approvare” le petizioni dell’azienda Energy Transfer Partners, che ha già costruito il 90% del percorso di 1.770 chilometri della pipeline e vuole completare il tratto finale, che passa sotto al lago Oahe, nel North Dakota. La tribù Sioux di Standing Rock ha protestato per mesi contro il progetto, con l’appoggio di attivisti ambientali e politici progressisti, denunciando che il progetto contaminerà il fiume Missouri e avrà altre gravi ripercussioni.

“Faremo di tutto per fermare la costruzioni di questi oleodotti”, ha promesso in una nota il Senatore Bernie Sanders, candidato alle primarie democratiche, il quale ha accusato Trump di “ignorare la voce di milioni di persone e mettere gli interessi dell’industria fossile davanti al futuro del pianeta”. La decisione di Trump è stata condannata anche da gruppi come Greenpeace e Sierra Club, i quali hanno promesso di continuare la propria opposizione ai progetti.

Soddisfatti invece l’industria del petrolio e molti leader repubblicani al Congresso. I progetti, ha detto lo speaker della Camera Paul Ryan, “potenzieranno l’economia e creeranno migliaia di posti di lavoro ben pagati”. “Questi oleodotti – ha aggiunto – rafforzeranno l’approvvigionamento energetico del nostro Paese e aiuteranno a mantenere bassi i costi energetici per le famiglie americane”.

(fonte)