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denise cosco

L’amico di Formigoni

Roberto Formigoni è molto teso, domani incontrerà il suo amico di facebook Alessandro Casillo, fresco vincitore di Sanremo giovani. Così domani (nel giorno dell’ennesima mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Davide Boni e una mozione “calda” contro l’Assessore alla sanità Bresciani) ha decido di dedicarsi alle cose importanti: incontrare il giovane cantante per premiarlo a Palazzo Lombardia. A lanciare l’iniziativa sono stati gli stessi Formigoni e Casillo su Facebook: «Caro Ale – ha scritto Formigoni lo scorso 2 marzo – che grande gioia per tutti noi che amiamo la canzone italiana la tua vittoria sul mitico palco dell’Ariston. È tutto vero: il pubblico di Sanremo ha premiato il tuo talento artistico e la tua capacità di trasmettere emozioni a 1000. Anche la rete ha contribuito a valorizzare le tue doti musicali. Per questa ragione ho pensato di farti un invito social tramite Facebook: mi piacerebbe consegnarti a Palazzo Lombardia, sede della nostra Regione, il premio al merito davanti agli amici che ci seguono con affetto e ammirazione sul web».

Domani in aula proponiamo di occuparsi di Denise Cosco, la figlia della testimone di giustizia Lea Garofalo uccisa a Milano, sciolta nell’acido come negli incubi peggiori. E Formigoni sta con Casillo.

Quando dici le priorità e le differenze.

Una ferita di nome Lea (Garofalo)

Carlo Cosco poco dopo ha deciso di parlare e, direttamente dalla cella, ha ricordato come in questo processo “noi vogliamo la verità su Garofalo Lea, mica su tutto”. A questa dichiarazione ne è seguita una dell’imputato Massimo Sabatino che, dal banco dei testimoni, ha letto una dichiarazione scritta in cui chiede che vengano ascoltate le registrazioni dei suoi interrogatori e non siano solo letti i verbali, poiché in esse sarebbe possibile rintracciare il suo animo spaventato. L’imputato ha asserito che gli sembrava “che si volesse dire a tutti costi delle cose su circostanze non vere durante gli interrogatori.” A Milano si svolge il processo sull’omicidio della collaboratrice di giustizia Lea Garofalo. Tutto sotto un sinistro silenzio come se nessuno volesse sapere per evitare di farsene carico. L’uccisione di Lea Garofalo mi ha sempre lasciato stordito e spaventato: stordito dall’efferatezza dell’omicidio e spaventato dalle risposte che un giorno dovremo dare alla figlia di Lea, Denise. Se noi siamo stati abbastanza vivi. I ragazzi di Stampo Antimafioso seguono tutte le udienze del processo. Vale la pena passarci.

Occupiamoci di Denise Cosco

“Per un serio percorso, non solo legislativo, ma di sensibilizzazione e alfabetizzazione sulle convergenze mafiose in Lombardia è necessario dimostrare il proprio impegno, la propria attenzione e la propria vicinanza ai buchi neri aperti dalla presenza della ‘ndrangheta. E in primis sono chiamate a farlo le istituzioni.

Il 24 novembre 2009 Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, è stata rapita a Milano, torturata e sciolta nell’acido dai complici del marito ‘ndranghetista Carlo Cosco. Una vicenda terrificante che non ha risvolti solo giudiziari, ma anche profondamente umani.

Oggi sua figlia, Denise Cosco, combatte – e lo fa da mesi con grande dignità e inesauribile forza – il dolore per la perdita della madre e il peso delle deposizioni in Aula. Perché si è costituita parte civile al processo contro il padre, insieme alla nonna materna, alla sorella di Lea e al Comune di Milano. Lontanissima dai canoni dell’antimafia tutta telecamere e lustrini, come molti altri sconosciuti in Italia, porta avanti la sua battaglia sotto il programma di protezione per i testimoni di giustizia, con il bisogno di sparire per salvarsi.

Pensiamo che Regione Lombardia abbia il dovere e l’obbligo morale di esprimerle il proprio sostegno, con atti concreti. In tal senso, abbiamo presentato una mozione che impegna Formigoni e la Giunta a supportarla nel suo percorso di studi, anche attraverso la costituzione di un apposito fondo. Ora ci aspettiamo che venga al più presto discussa e votata all’unanimità.

I nostri figli ci chiederanno perché siamo stati così troppo poco vivi per permettere un omicidio tanto efferato. E ci chiederanno cosa abbiamo fatto per Denise, almeno per lei. Questo può essere un primo piccolo passo”.