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dimissioni

La deputata Aiello a TPI: “Lascio il M5S, vanno avanti solo i soliti nomi”

La deputata Piera Aiello ha lasciato oggi il Movimento 5 Stelle pur continuando la sua attività di parlamentare. L’abbiamo intervistata per comprendere meglio la sua scelta.

Perché questa decisione di abbandonare il M5S? Quali sono le cose che l’hanno delusa?
Ero partita con un’idea ben precisa: quella di aiutare la categoria a cui appartengo, i testimoni di giustizia ma anche quella dei collaboratori e degli imprenditori vittime di racket e di usura. Quando io ho messo a disposizione la mia esperienza trentennale sono rimasta inascoltata, nessuno mi dava contezza di quello che si stava facendo. Molti testimoni, collaboratori e imprenditori si sono rivolti a me fiduciosi poiché sono nella commissione parlamentare antimafia e pensavano che io avessi il potere di aiutarli. Ma io quel potere non ce l’ho, non l’ho mai avuto e non l’ho cercato. Il potere adesso ce l’ha sicuramente Crimi che ha le deleghe al ministero con la commissione ex articolo 10 e quando io porto avanti le richieste di aiuto non vengo nemmeno sentita. Non mi sento valorizzata. L’ho sempre detto: non ho mai preteso nessun posto apicale ma la cosa che pretendevo di più era quella di essere ascoltata sulla base della mia esperienza. A me interessava poter aiutare le persone che mi chiedevano aiuto. E questa è stata la mia prima delusione. Io non sono un animale politico, sono una persona molto semplice, una donna del popolo cerco di risolvere le problematiche e da quello che ho visto problematiche non si risolvono.

Cosa non è stato fatto per i testimoni di giustizia che invece andava fatto?
I testimoni di giustizia alcuni sono stati auditi ma da quello che mi risulta non è stata risolta nessuna situazione, né economica e né di sicurezza. Andava fatto questo prima di tutto, mettere in sicurezza i testimoni e non fargli correre rischi inutili, come è capitato a Marcello Bruzzese, fratello di un testimone di giustizia, ucciso il 25 dicembre 2018 in una località protetta. Doveva essere una località sicura ma così non è stato. Molti corrono ancora questo rischio. Non è stato fatto nulla, non si sono risolte situazioni che sono incancrenite da moltissimi anni. Tante promesse ma nulla di fatto.

C’è stata un’effettiva involuzione del Movimento in questi anni?
Il movimento è cambiato, non rispecchia più il pensiero di Casaleggio, vedi il terzo mandato per la Raggi, cosa ci si deve aspettare che lo tolgano del tutto per far candidare i soliti?
È pentita della sua scelta della politica?
Non sono pentita della scelta che ho fatto, sono delusa, ma comunque faccio tesoro di tutto, metto un punto e vado avanti.

Ora inevitabilmente partiranno gli attacchi, le richieste di dimissioni, le accuse di tradimento: come risponde?
Si ho visto gli attacchi, me ne farò una ragione. A tutti quelli che pensano che rimango in parlamento dico che prima di entrare in politica ero un’impiegata regionale, la mia famiglia non se la passa poi male perché lavoriamo tutti onestamente, resto per completare il lavoro che ho iniziato in antimafia, resto perché ho depositato due leggi, una su testimoni e collaboratori l’altra su imprenditori vittime di racket ed usura, leggi che ha oggi sono insabbiate, che non vanno avanti, che sarebbero state il fiore all’occhiello. Sinceramente non mi sembra di aver tradito nessuno, direi il contrario, non ho intenzione di abbassare la testa davanti a nessuno, non lo ho fatto trent’anni fa con i mafiosi, non lo faccio adesso. Nella sua vita si è ritrovata sempre a prendere scelte che sono state coraggiose e che le sono costate molto dal punto di vista personale.
Crede che la politica sia pronta per dare il giusto spazio a testimonianze come la sua?
La politica è pronta se fa un programma forte contro le mafie, se tutto questo non viene preso in considerazione non andremo avanti, la criminalità e dappertutto, specialmente dove ci sono i soldi, questo lo abbiamo già costatato e lo costerneremo con l’arrivo dei soldi per l’emergenza Covid.

Ha intenzione di continuare comunque il suo percorso politico? Se sì, come?
Come dicevo prima ultimo i lavori iniziati difendendoli a spada tratta, anche se non ho un simbolo di appartenenza non vuol dire che non posso continuare, anzi direi che non avendo le mani legate, non stando agli ordini di scuderia, posso fare meglio e informare i cittadini di ciò che succede in parlamento.

Leggi anche: 1. Piera Aiello, storia della prima testimone di giustizia italiana, eletta con il M5S / 2. La deputata Piera Aiello dice addio al M5S: “Non mi rappresenta più”

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Prima i 49 milioni, poi il pieno di furbetti del bonus: è la Lega, quella che urlava contro la “casta”

I nomi escono a grappoli, dentro c’è di tutto: il bonus da 600 euro che è finito nelle tasche di parlamentari e consiglieri regionali, gente che sicuramente non aveva bisogno di quei soldi e soprattutto gente che avrebbe dovuto mantenere un comportamento etico rispettando il proprio ruolo con disciplina e onore come chiede la Costituzione, è l’argomento di cui tutti parlano nelle chat dei parlamentari. È una di quelle cose che fa schifo a tutti ma che non ne parla quasi nessuno perché si rischia di farsi molto male e così accade, nell’indifferenza generale, che lo stesso Salvini che chiedeva le immediate dimissioni dei parlamentari che si sarebbero ritrovati coinvolti ora cambia linea e parla semplicemente di “immediata sospensione”.

Perché? Perché sono leghisti Elena Murelli e Andrea Dara, i due parlamentari che hanno deciso di venire allo scoperto prima di essere scoperchiati dall’audizione del presidente Inps Pasquale Tridico e volendo vedere è leghista anche il vicepresidente del Veneto Gianluca Forcolin, quello che ha provato a spiegarci che la sua richiesta è partita “in automatico” (ma davvero, ma che significa?): probabilmente si è giocato la ricandidatura. Zaia, a differenza di Salvini, sembra molto più duro del suo segretario. In Veneto ci sono anche due consiglieri regionali leghisti: Riccardo Barbisan e Alessandro Montagnoli (che ha provato fuori tempo massimo a stornare i 600 euro alla Protezione Civile). Male anche per loro, Zaia ha già detto che non ci sarà nessuna ricandidatura.

È leghista anche il consigliere regionale dell’Emilia Romagna Stefano Bargi, come Ivano Job, consigliere leghista in Trentino che con il contributo della Provincia si è messo in tasca 5mila euro. Eppure i leghisti sono i moralisti, quelli della “Roma padrona” e della politica che avrebbero dovuto “ripulire”. Sono quelli che a parole difendono i soldi dei lavoratori contro gli sprechi della politica e poi si intascano i soldi dei lavoratori. Sono quelli che sull’indignazione e sull’antipolitica (quella politica che usano a tradimento svilendola nei fatti e nelle parole) costruiscono le platee elettorali e poi balbettano quando si tratta di loro che sono presi con le mani nel sacco.

Lo stesso accade per il deputato 5 stelle Rizzone e per il pentastellato sindaco di Campobasso: contribuire alla pessima politica con le scelte imperfette della propria classe dirigente è un errore imperdonabile. Eppure alla fine sono loro: i duri e puri che basta che gratti un po’, appena appena, e scopri che sono ancora peggio degli altri.

Leggi anche: Bonus Inps, il leghista Bocci e quelli che “è sempre colpa dei commercialisti” 

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Consip: ci pensa il cda a fare quello che non è riuscito a fare Renzi

“Hanno deciso di farmi fuori. Io che in questa vicenda sono l’unico non indagato”. Luigi Marroni l’aveva capito venerdì, alla presentazione della mozione Pd che chiedeva l’azzeramento dei vertici Consip, ma forse non pensava che la questione si sarebbe risolta automaticamente nel giro di 24 ore. Si sono dimessi i consiglieri del Tesoro nel consiglio di amministrazione: il presidente Luigi Ferrara e la consigliera Marialaura Ferrigno. Di conseguenza, essendo formato da tre componenti (l’altro è appunto l’ad) decade l’intero board della società controllata dal Mef al centro dello scandalo che vede indagato, tra gli altri, il ministro dello Sport Luca Lotti. Marroni, accerchiato dai partiti e annientato dai colleghi, resta in carica con il solo compito di convocare, entro otto giorni, l’assemblea dei soci che dovrà nominare il nuovo cda. E’ dunque questa la “soluzione” al caso Consip, al centro di un fitto lavorio nelle ultime ore mentre per martedì era stata messa in calendario al Senato la discussione sulle mozioni, compresa quella del Pd che avrebbe chiesto l’azzeramento dei vertici.

La decisione dei due consiglieri, di fatto, si rivela un provvidenziale favore al Pd che si è trovato a rincorrere l’opposizione nella richiesta di rimuovere i vertici “in tempi celeri” e che a questo punto potrà evitare l’imbarazzante prova dell’aula. Il gruppo dem a Palazzo Madama ha firmato venerdì una mozione-fotocopia di quella presentata a marzo dai senatori di Idea Augello e Quagliariello cui sono arrivate ben 73 sottoscrizioni provenienti praticamente da tutti i gruppi parlamentari: Forza Italia, Lega, M5s, Gal, Ala, Alternativa Popolare, gruppo per le Autonomie, gruppo Misto. Mancava giusto il Partito Democratico che, per evitare la trappola della mozione, aveva depositato la propria al fine di neutralizzare quelle altrui. Ma la maggioranza risicata al Senato non escludeva affato il rischio di andare allo scontro parlamentare e di finire sotto, con conseguenti, prevedibili, polemiche.

Così a togliere le castagne dal fuoco al segretario del Pd Matteo Renzi– il cui padre Tiziano è indagato dallo scorso febbraio – ci hanno pensato gli altri due consiglieri chiamandosi fuori: con l’addio di due membri su tre decade l’intero consiglio di amministrazione e l’oggetto del contendere. Le dimissioni non cancellano ovviamente lo scontro politico cresciuto intorno alla società dopo l’emergere dell’inchiesta sulle pressioni intorno al maxi-appalto da 2,7 miliardi per il Facility management, vale a dire la gestione e la manutenzione, degli immobili pubblici.

In questa inchiesta Marroni è stato sentito più volte come testimone, diventando il “grande accusatore” del ministro dello Sport Luca Lotti sulla rivelazione del segreto d’ufficio. Lotti, indagato insieme al generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, ha sempre respinto ogni addebito. Ad aggravare l’intreccio è intervenuto poi il caso-Scafarto, il vicecomandante del Noe che ha seguito l’inchiesta della Procura di Napoli ed è ora indagato per depistaggio con l’accusa di falsi nell’informativa sui presunti incontri tra l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e Tiziano Renzi.

(fonte)

Proteggere

Ilaria Capua è una delle più apprezzate ricercatrici italiane all’estero. Ilaria è finita in Parlamento per la sua eccellenza professionale:incredibile di questi tempi. Ilaria Capua ha subito un processo che ne ha messo in discussione non solo la lealtà ma anche tutta la carriera. Ne è uscita pulita, alla fine, ma ha deciso di dimettersi. L’editoriale più bello sono le parole delle dimissioni di Ilaria Capua dal Parlamento. Perché ci vuole coraggio a versare umanità lì dove viene considerata una debolezza e ci vuole dignità, tanta dignità, a scrivere parole così pulite nonostante il sudore e la polvere. Se questo buongiorno deve essere un buon mattino allora meglio lasciarlo a Ilaria:

«Sì, perché non ci piace pensarlo, ma ognuno di noi ha un tempo limitato che gli resta da vivere – e utilizzare al meglio quel tempo è una forma di rispetto verso se stessi e verso gli altri. Anzi un dovere. Ho sentito quindi, che fosse giunto il momento di tornare ad usare il mio tempo al meglio, di tornare nel mondo scientifico, purtroppo non in quello italiano, in un ambiente nel quale non avessi mai perso la credibilità e nel quale fossi riconosciuta ed apprezzata. Ho accettato, su richiesta di una organizzazione internazionale, un incarico di Direttore di un Centro di Eccellenza all’Università della Florida. Ho deciso di trasferire la mia famiglia negli Stati Uniti per proteggerla dalle accuse senza senso ma nel contempo infamanti che mi portavo sulle spalle.

Perché una mamma ed una moglie deve farsi carico anche di questo. Proteggere. E aggiungo, una donna di scienza nel quale questo Paese e l’Europa hanno investito ha il dovere di non fermarsi. Ha il dovere di continuare a condurre le proprie ricerche nonostante tutto, perché la scienza è di tutti ed è strumento essenziale per il progresso.

Venti giorni dopo il trasferimento negli Stati Uniti la Procura di Verona in sede di udienza preliminare ha smontato il castello accusatorio pezzo per pezzo, prosciogliendomi dai molteplici capi d’accusa perche «il fatto non sussiste». Secondo la giudice una sola accusa meritava di essere eventualmente approfondita in dibattimento, ma il presunto reato era ormai prescritto da tempo e quindi sarebbe stato inutile proseguire. La sentenza è passata in giudicato e nessuno l’ha impugnata. Nessuno. Ora che è finita, potrei tornare indietro, ma vi dico la verità, non me la sento. Devo recuperare forze, lucidità e serenità, devo lenire la sofferenza che è stata provocata a mia figlia e a mio marito. Devo recuperare soprattutto fiducia in me stessa, appunto perché voglio usare al meglio il tempo che ho a disposizione. Lo devo ai miei genitori che mi hanno fatto studiare, ai miei maestri, ai miei amici e ai miei allievi di ieri e di domani.»

(il mio buongiorno per Left continua qui)

E nessuno dei suoi, paurosi, ha il coraggio di dirglielo.

Già: quello che Renzi non ha capito è che tanto più la realtà è impermanente, contraddittoria e liquida, tanto più qui in basso abbiamo bisogno di un minimo di certezze, di coerenze, di dignità a dispetto delle conseguenze immediate.

E quanto più è gonfiata e farlocca la narrazione, quanto più abbiamo bisogno di realtà concreta, di cose vere.

Per questo il premier sta perdendo terreno.

E non se ne accorge.

E nessuno dei suoi, paurosi, ha il coraggio di dirglielo.

(Alessandro Gilioli su Matteo Renzi che si contraddice per l’enzima volta. Il suo post è qui)

Il senso delle dimissioni di Montanari

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Sarebbe bello che qualcuno trovasse il coraggio di scriverlo che si incrociano nomi altisonanti che sottovoce confessano di non essere nella condizione di poter contraddire il potere. Sarebbe bello ricordarsi che gli intellettuali (o accontentandosi: gli operatori culturali) anticipano la Storia, ne prevedono le nefandezze, ne annusano profeticamente i bisogni e non sono i leccapiedi ludici del potere. Sarebbe bello, insomma, riconoscere che i forbiti allineati sono portavoce. Tutt’altra cosa.

Per questo anche il piccolo gesto di Tomaso Montanari merita di essere sottolineato: lo storico dell’arte ha deciso di dimettersi dal proprio ruolo di membro di commissione del Ministero dei Beni Culturali con una lettera indirizzata direttamente al ministro Franceschini.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

Marino, fatti sfiduciare piuttosto che dimetterti

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In cosa ha sbagliato politicamente il sindaco secondo il PD? Come il PD pensa di differenziarsi nella gestione di Roma dal suo sindaco dimissionato? Come può un partito sfiduciare un Sindaco che inevitabilmente stato è appoggiato in tutte le sue mosse dai consiglieri comunali piddini? Quali sono quindi le responsabilità personali che ci dovrebbero convincere a fare meno di Marino eppur di tenersi il PD alla guida di Roma? Queste sono le risposte che ci mancano. E per questo Marino farebbe bene a farsi sfiduciare dal PD.

Ne ho scritto per Fanpage qui.

Marino: i forti con i deboli e la differenza tra sindaco e testimonial.

marino-dimissioniDetto questo Ignazio Marino ha compiuto una lunga serie di azioni poco opportune per di più comunicate nel modo più sbagliato. Oggi noi discutiamo quindi del fallimento politico o del fallimento del comunicatore? Questo è il punto da chiarire. E dobbiamo essere consapevoli, ovviamente ognuno con le proprie idee, che nel giudizio che da oggi per il sindaco di Roma è diventata una difficilissima pressione c’è dentro tutta la superficialità e il malpensare popolare che è montato come panna ma è rimasto nascosto nel merito. Ignazio Marino è un testimonial sprovveduto per la capitale. Forse sì. Non ha le spalle larghe per sopportare la lava vomitata dai fanfaroni. Ma se deve essere fatto fuori, si parli anche di politica. Anche.

Ne ho scritto (poco prima delle dimissioni) qui.

(La vignetta è di Mauro Biani, azzeccatissima. Al solito.)