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dimissioni

Minetti(ti)

Ma cosa vuol dire questa improvvisa perentoria insistenza di Alfano e Berlusconi sulle dimissioni di Nicole Minetti? Non è una domanda retorica, mi chiedo davvero quale argomento venga presentato pubblicamente a sostegno di questa richiesta: è chiaro che di argomenti concreti ce ne potrebbero essere molti, ma nessuno può essere coerentemente sostenuto dalla leadership del PdL. Dire che Minetti è inadeguata significherebbe ammettere che fu candidata per ragioni diverse dalle sue qualità politiche, visto che queste non sono diminuite da allora. Dire che le controversie giudiziarie che la riguardano e le accuse contro di lei rendono inopportuno il mantenimento della sua carica equivarrebbe a dire che si deve dimettere anche Silvio Berlusconi da parlamentare, vista la stretta correlazione delle accuse.

Ha ragione Luca Sofri. Anche se la Minetti non è stata eletta democraticamente e non partecipa alle sedute (forse Luca è poco informato). Ma il punto è non fermarsi al dito.

Formigoni go home! Il sito e l’appello.

Il tanto decantato modello lombardo, tuttaltro che un buon governo, ha favorito lo svilupparsi di un sistema clientelare e non ha risposto ai problemi dei cittadini: partendo dal lavoro per arrivare alla tutela dell’ambiente. 17 scandali in 17 anni, il Presidente di Regione indagato per corruzione, 1/5 del Consiglio Regionale indagato o condannato oggi ne sono la prova provata e sono tutte ottime ragioni per chiedere di tornare al voto.

E allora noi glielo ricordiamo. Con una mail alla sua segreteria.

Formigoni go home, il sito e l’appello da sottoscrivere lo trovate qui.

Tutti a casa (e due!)

L’avevamo già detto come gruppo SEL in occasione dell’arresto di Nicoli Cristiani: il PD chiedeva a Formigoni di riferire e io scrivevo di non dare più fiducia al celeste e andarsene tutti a casa. Poi l’abbiamo ripetuto per la vicenda Ponzoni.  Non si è visto giubilo per la nostra richiesta, anche nel centrosinistra. Ieri Pippo Civati finalmente comincia ad essere della mia stessa idea. Ottimo. Adesso magari sarebbe bello che arrivi anche il PD. O magari che arrivi Pippo, che sarebbe più facile e veloce.

Libertà e Giustizia chiede le dimissioni di Formigoni

E forse sarebbe il caso di firmare qui. Noi siamo sulle stesse posizioni.

Già nello scorso dicembre LeG aveva chiesto le dimissioni di Formigoni, della Giunta, del Consiglio a fronte dei gravissimi fatti commessi da esponenti di rilievo.

A partire da Filippo Penati che ancora siede nei banchi del consiglio regionale all’ex vice presidente Nicoli Cristiani sorpreso con la mazzetta in casa per una vicenda legata a cave di amianto e a pezzi di autostrada costruiti con rifiuti proibiti. Per arrivare a Nicole Minetti indagata per induzione alla prostituzione, senza dimenticare le pericolose commistioni nel crack del San Raffaele.

L’ultimo caso dell’ex assessore, membro dell’ufficio di presidenza Massimo Ponzoni, arrestato per bancarotta, corruzione, concussione e finanziamento illecito è la goccia che fa traboccare il vaso. Sullo sfondo legami con la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta del nord.

LeG chiede nuovamente, con forza, che si torni alle elezioni, per ridare la parola ai cittadini. Formigoni non può continuare a trincerarsi dietro il “Io non sapevo” gridando al complotto politico. Lui è il responsabile della regione Lombardia e di tutta la ciurma. Si assuma le sue responsabilità invece di cercare una penosa via d’uscita sulla scialuppa di salvataggio.
Twitter #formigonidimettiti

Ti chiediamo di firmare il nostro appello

Si sgretolano le accuse, dice lui

MILANO – Una passeggiata di Filippo Penati. Recente, a metà maggio. Sotto la sede della Regione Lombardia. Con il costruttore Giuseppe Pasini, proprio uno dei due imprenditori che a quell’epoca lo stavano già accusando davanti ai magistrati: ecco cosa, in termini di «inquinamento probatorio», ha rischiato di costare al dirigente pd l’arresto, evitato invece solo per la differente qualificazione giuridica delle tangenti (non concussioni, ma corruzioni già prescrittesi) scelta dal giudice. Una passeggiata che per i pm monzesi sarebbe servita a dare un messaggio a Pasini perché edulcorasse il suo interrogatorio, al punto da spingerli a una osservazione di infrequente asprezza: «È desolante constatare come un uomo politico con importanti incarichi istituzionali passati e presenti (sindaco di Sesto San Giovanni, presidente della Provincia di Milano, portavoce del segretario del Partito democratico e vicepresidente del Consiglio tegionale) adotti le stesse cautele di un delinquente matricolato». Il 16 maggio Pasini racconta alla GdF di aver incontrato, a una cena sociale della Bcc di Sesto San Giovanni, «la ex moglie di Penati che mi ha detto che suo marito voleva parlarmi». D’accordo con gli inquirenti, Pasini fissa per il giorno dopo un appuntamento. Penati non si siede con lui al bar, ma gli parla camminando (il che impedirà ai militari di registrare la conversazione): «Caro Giuseppe – sostiene Pasini d’essersi sentito dire – so che ti hanno chiamato a Monza (i magistrati, ndr ) per conoscere qualche cosa della situazione e vorrei sapere che cosa hai detto e in particolare se ti hanno chiesto di me». Poi Penati avrebbe aggiunto: «Lei, Giuseppe, sa che io non ho preso una lira, sa che io di quattrini non ne ho. Di Caterina sparla di me, ma lei sa che non è vero niente, lui ha preso i soldi per sé». A questo punto, riferisce Pasini, «io ho ammiccato ed ho percepito che queste erano le indicazioni da tenere presente in caso di convocazione da parte dell’Autorità giudiziaria. L’incontro è durato poco, a lui interessava solo darmi il segnale su come comportarmi». Dicono in Procura come riferisce il Corriere della Sera.

No, caro Penati, la difesa è offensiva

“Gli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari dimostrano l’esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione posti in essere da Filippo Penati e da Giordano Vimercati nell’epoca in cui rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali prima presso il Comune di Sesto San Giovanni e poi presso la Provincia di Milano”.

Diceva qualcuno che le parole sono importanti: l’intervenuta prescrizione chiude il caso giudiziario ma apre una voragine politica e, ancora una volta, dimostra la goffaggine difensiva di una sinistra che gioca tutto sulla presunta ‘superiorità morale’ lasciando da parte i fatti. Mi ha irritato leggere le dichiarazioni di Penati che sornione ci annuncia che ‘il castello di accuse si sta sgretolando’ mentre intanto perde le briciole (lui) ogni ora che escono maggiori dettagli sulle motivazioni. E’ una questione di vocabolario, come dice bene Patrick Fogli, e soprattutto una questione di verità. E la verità può essere ricostruita, può essere difesa con i denti ma è intollerabile provare a camuffarla.

Ora l’indagine è chiusa ma il caso politico è aperto più di prima (è anche il pensiero di D’Ambrosio, uomo tutto democratico) perché i tempi della politica non possono sempre usare l’alibi di volere aspettare i tempi della giustizia prima di esprimere giudizi e azioni. E perché nel Paese del più vergognoso prescritto della nostra Repubblica ci si dovrebbe ricordare che alla prescrizione si potrebbe rinunciare (un certo Giuliano Pisapia, ad esempio, l’ha fatto) o si potrebbe pensare di farsi doverosamente da parte e tornare al proprio lavoro (già…).

L’autosospensione dal PD e l’uscita dal gruppo in Consiglio Regionale crea il primo caso di candidato presidente che diventa indipendente. Ma di dipendenze (oltre che di pendenze) qui ce ne sono almeno quante i voti della coalizione di centrosinistra che ha corso alle ultime elezioni regionali, e non si può scegliere di fare il capitano e poi alle prime onde arrogarsi il diritto di stare nell’ombra e in silenziosa solitudine come un mozzo.

No caro Penati, la tua difesa è offensiva. E mica nel senso di contrattacco.

(E adesso sono curioso di sapere cosa c’è scritto nel ricorso presentato dai PM per chiederne la carcerazione)