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diritti

Fattorie sociali

In questi tempi politici anafettivi di algebra e alleanze una proposta di legge che è una boccata di aria fresca:

L’attività agricola si presta particolarmente per l’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati e l’integrazione dei diversamente abili. Le esperienze di fattorie sociali già operanti sul territorio nazionale sono la dimostrazione concreta che si possono coniugare solidarietà, efficienza aziendale e un nuovo rapporto con i consumatori.

Con la nostra proposta di legge  si provvede a collocare l’agricoltura sociale nella definizione giuridica di agricoltura multifunzionale, consentendo l’applicazione del regime fiscale delle attività connesse. Per promuovere la diffusione di queste esperienze proponiamo inoltre che siano estesi a tutti gli operatori svantaggiati impiegati gli sgravi contributivi già in vigore per la cooperazione sociale, che sia attribuita alle fattorie sociali una priorità nell’assegnazione di terreni demaniali e immobili confiscati alla criminalita’, che sia istituito un osservatorio nazionale presso il ministero delle politiche agricole per il monitoraggio e la diffusione delle migliori pratiche.

Dritti ai diritti (civili). Martedì in Regione.

Milano alla fine ha approvato il registro delle Unioni Civili. Ha ragione Giuliano Pisapia a dire che la decisione del Consiglio Comunale riduce lo spread dei diritti. Oggi qualcuno mi scriveva che comunque la mediazione è stata trovata al ribasso, certo, ma il passaggio è importante e significativo. Tra l’altro era scritto nel programma elettorale, e quando la politica si assume la responsabilità di onorare gli impegni porta sempre un buon vento. Difficilmente a Milano sarebbe stato immaginabile nelle scorse legislature ascoltare le parole di un sindaco che difende l’autonomia della politica in risposta alle osservazioni della Curia.

Ora i voti e le parole pronunciate in aula sono verbalizzate. Scritte. Restano. Sarebbe bello che a tutti venisse un po’ di appetito e si trovasse il tempo di andare a rileggerle con calma sul sito del Comune di Milano.

Il dibattito quindi è aperto. Anche se qualcuno insiste goffamente nel dire che riguarda una minoranza dimenticandosi che i diritti civili sono sostanzialmente i diritti degli altri, come diceva già Pasolini.

Noi martedì li portiamo all’attenzione della Regione Lombardia. Perché siamo qui anche per questo. E ovviamente il risultato sarà scontato. Ma il dibattito credo riserverà delle sorprese.

MOZIONE

Il Consiglio regionale,

Premesso che:

  • L’articolo 2 dello Statuto della Regione Lombardia cita: “la Regione opera per il superamento delle discriminazioni e delle disuguaglianze civili, economiche e sociali”;
  • La creazione di nuovi status personali è di competenza legislativa esclusiva dello Stato;
  • Numerosi comuni, tra i quali anche grandi città, hanno adottato il registro delle unioni civili come strumento per rimuovere condizioni di svantaggio rivolte a diverse forme di convivenza;
  • Il registro delle unioni civili è un atto amministrativo che riconosce di fatto una realtà plurale e in continua trasformazione;

Evidenziato inoltre che:

  • La composizione socio-anagrafica della società evidenzia il crescere di forme di legami affettivi e di convivenze stabili che non si possono o non si vogliono concretizzare nel matrimonio;
  • Promuovere le pari opportunità, favorire l’accesso a percorsi di integrazione sociale, agevolare l’eliminazione di condizioni di fragilità o disagio, indipendentemente dalle forme di convivenza o dai legami affettivi, rappresenta un obiettivo importante.

Considerato che:

  • Diverse Regioni italiane hanno previsto norme che tutelano altre forme di convivenza oltre il matrimonio;
  • Il riconoscimento delle unioni civili, attraverso la costituzione di registri, nulla toglie all’istituzione del matrimonio e non crea nessuna condizione di favore nei confronti delle persone conviventi;
  • L’allargamento di alcuni diritti a forme di convivenza diverse, ma importanti dal punto di vista affettivo, relazionale, assistenziale, introduce un elemento di uguaglianza rispetto ad un fenomeno già in atto;

Impegna/invita il Presidente e la Giunta regionale:

  • A promuovere e sostenere la costituzione di registri delle unioni civili nei comuni della Lombardia, affinché vi sia una diffusione omogenea  di tale opportunità sul territorio lombardo;
  • A prevedere negli atti di competenza di Regione Lombardia condizioni di riconoscimento e di tutela delle  forme di convivenza;
  • Ad estendere la partecipazione alle opportunità, ai servizi e alle agevolazioni previste da Regione Lombardia anche a coloro che risultino iscritti ai registri delle unioni civili.

 

Milano, 25 luglio 2012

Giulio Cavalli, Chiara Cremonesi

Dalla Fornero alla Società del Mulo

Perché non è vero – come recita ad esempio la retorica anticasta – che “ognuno vale uno”: alla base del principio personalistico c’è che il valore di un essere umano non può essere quantificato, se non in astratto. Se si dà un numero a quel valore, si crea la premessa perché la ragione possa intervenire in concreto sulla vita che lo incarna. Agli occhi del carnefice, per esempio, la vita della vittima ha un valore prossimo allo zero. All’amico cui è morta la persona amata è difficile dire “vabbè, valeva uno”.

Dunque la Società del Mulo ha un orizzonte radicalmente diverso da quello delineato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: forse va in direzione opposta, se valuta la legittimità di un diritto umano in base ai sacrifici che si è disposti a fare. Non pensate che sia per la crudeltà dei suoi aderenti, non è affatto così. Nella Società del Mulo, infatti, il posto del carnefice non spetta alle persone, ma a dei numeri alquanto capricciosi: lo Spread, l’Inflazione, il Btp, il Pil, e altri ancora. E chi comanda nella Società del Mulo è assai solerte nel consultare questi numeri con la saggezza di chi consulta un oracolo per il bene di chi compie sacrifici.

Matteo Pascoletti sulla Fornero e la Società del Mulo. Da leggere. Su Non Mi Fermo.

Vaghiamo come zombie

Dalla prigione per innocenti di via Corelli questo è quanto siamo riusciti a raccontare.
Luoghi fallimentari sotto ogni punto di vista: da quello scontato e minimo dei diritti umani, a quello di chi vuole espulsioni e politiche repressive verso i migranti: c’è da chiedersi, dal loro punto di vista, come possa essere considerato funzionante ed efficiente un sistema che tiene ingabbiata una persona fino a 18 mesi perchè non è in grado di identificarla.
Con tutto quello che questo comporta in termini di esasperazione nei centri e di soldi pubblici pagati. E di mesi di vita rubati.

I giornalisti entrano nel CIE di via Corelli, a Milano. Lo raccontano MilanoX, e Redattore Sociale.

Cara Curia, concordiamo un concordato

Che la Curia milanese abbia tutto il diritto di dire cosa ne pensa del registro delle coppie di fatto della Giunta di Pisapia. Ci sta. Magari con teoremi meno sciocchi del “rischio poligamia” perché così offendono l’intelligenza di troppi fedeli e degli studiosi che le appartengono. Facciamo finta di non leggere parole come quelle del Movimento Cristiano Lavoratori che scrivono “per un cattolico appoggiare l’operazione Pisapia significa cancellare il senso del peccato e dare copertura giuridica a devianze sessuali e sociali”.

Ma che la Curia milanese si faccia difendere da Formigoni, da questo Formigoni di questi ultimi tempi, dal Formigoni su cui non ha speso una parola una, allora proprio non si tollera. No. Perché la pietà cristiana non è ad uso e consumo. La pietà cristiana è una critica intellettualmente onesta su quello che accade intorno. E se concordano tra lestofanti il principio e il valore diventano un coagulo antisociale. Sulla pelle di qualcuno. Oggi i gay. Domani altri. E allora si facciano partito. Per partito preso. Piuttosto.

Voi

Ha detto così Rosy Bindi riferendosi agli omosessuali mentre veniva contestata a Roma durante il suo intervento alla festa dell’Unità.

Voi.

Parlava a qualcuno a cui non appartiene. E non vuole appartenere. Come la maestrina che sa cosa è giusto e pretende di essere ringraziata per la pazienza che dimostra ascoltando i “sbagliati”.

Voi.

C’è un ponte levatoio e lo chiama dialettica pluralista. Ma le chiavi le ha solo lei.

Voi.

Come se non avessimo capito l’orrore di tutti questi ultimi anni quando sembrava buono e giusto dire che “anche voi avete i vostri diritti”, dimenticando che era già una discriminazione.

Voi.

Come dice bene Alessandro:

Un po’ come se, si parva licet, la questione delle leggi razziali nel ‘38 fosse stato un problema degli ebrei, e non di tutti gli italiani. Come se le discriminazioni contro i neri negli Stati Uniti, nella prima metà del secolo scorso, fosse stata una questione che riguardava solo i neri, e non tutti i cittadini americani.

E’ questo il grande solco che ci separa, signora Bindi.

Io credo invece di non potermi sentire davvero libero se liberi non sono tutti gli altri.

Proprio come – trasposto dai diritti civili a quelli sociali – non mi sento davvero felice di avere un lavoro e un reddito dignitoso se non ce l’hanno anche gli altri.

Che poi mi perdoni, signora Bindi, ma questo è proprio l’abc dell’essere di sinistra.

E poi ci vorrebbero insegnare la responsabilità di stare insieme. Per dire.

Dieci anni di Bossi-Fini

Nel luglio 2002 il Parlamento approvava la legge Bossi-Fini. Dieci anni dopo, insieme al più recente “pacchetto sicurezza” lascia un’eredità pesante. Il suo obiettivo non era quello di frenare gli ingressi, bensì di ridurre la permanenza sul territorio dei lavoratori immigrati. Tanto che oggi è previsto un sistema di crediti e debiti che può portare anche alla revoca del permesso di soggiorno. L’esatto contrario di quanto suggerito dall’Unione Europea: politiche di integrazione per chi è già all’interno di un paese, con flussi di ingresso più contenuti.
Andrea Stuppini propone un’analisi dei (pessimi) risultati raggiunti. Noi ne abbiamo parlato con Non Mi Fermo e un’agorà a Bergamo. E il tema in questi ultimi dieci anni è stato un continuo incartarsi tra chi ha rincorso una xenofobia moderata e all’apparenza democratica o tra chi ha preferito non parlarne.
Per evitare alle prossime politiche di essere sbiaditi (come dieci anni fa) proviamo a partire da qui.

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La politica di plastica

Nel 2011 l’11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8,1 milioni di persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. Lo rileva l’Istat e lo scrive questa mattina il Corriere della Sera. In questa macelleria sociale (dei redditi, dei diritti, del lavoro, delle famiglia, del futuro e della dignità) oggi in Aula stiamo discutendo di EXPO. E Formigoni come un incantatore di serpenti ci racconta che sarà bellissimo, partecipassimo, importantissimo. Tutto in -issimo, insomma. Tutto eccellente. Tutto luci. Poi ha usato un aggettivo che mi ha colpito, forse perché ho passione per gli aggettivi: divertente. Ha detto proprio così: divertente. E qui in aula non si diverte nessuno. I suoi assessori applaudono. Bravo, bene,bis.

Intanto la Minetti(ti) mentre il governatore(issimo) racconta le proprie gesta si alza per andare in bagno. Forse a truccarsi. O forse un caffè. C’è da dire che la Minetti(ti) ha sempre i tempi della diva. Formigoni parla e lei se ne va. E se ne vanno tutti: giornalisti, fotografi. Tutti.

E in aula si continua. Proviamo a sollevare qualche tema, ricordiamo che forse Formigoni commissario straordinario di un evento su cui si gioca la credibilità internazionale non sia una scelta fortunata, chiediamo che in EXPO si parli di lavoro (con un ricollocamento degli esodati o licenziati ad esempio come da nostro ordine del giorno). Chiediamo dei dubbi (giusti e condivisi) di Basilio Rizzo sulla speculazione sulle aree confermata anche da alcuni studi. Chiediamo spiegazioni sulle infiltrazioni mafiose.

Ma non c’è nessuno in aula. Oggi l’argomento è la scendiletto di Berlusconi e poco altro. Oggi la politica qui dentro è più di plastica della Minetti. Sul serio.

Federmeccanica marchionizzata

Mi scrive l’amico Alessandro Diano:

Buongiorno Giulio.

Se interessa per i prossimi incontri/proposte/temi sul lavoro, un valido sindacalista CGIL mi segnala un grave comunicato FIOM di ieri (vedi allegato) sul delicato rinnovo CCNL (l’unico strumento efficace poiché unitario) per cui -com’era prevedibile- anche Federmeccanica si adegua all’ipotesi di eliminazione di un contratto nazionale (negazione del ruolo negoziale della RSU, etc.).

Credo che se questo paese di distratti non si sveglia, si rischia davvero di non avere più né il CCNL con le sue tutele, né lo stato sociale né la sanità pubblica, né la scuola pubblica, poiché temo basti semplicemente smantellare per ultimo il “diritto al calcio” (che crea anche l’incostituzionale indifferenza) per far passare proprio di tutto.

Anche la negazione ministeriale della prima parte del tuo articolo Costituzionale preferito.

Doverosi saluti di diritto,
ale

Il comunicato di cui mi parla Alessandro è poco reperibile in rete ma parla chiaro:

Nella propria assemblea annuale a Bergamo Federmeccanica ha varato le «linee guida» per il rinnovo del Ccnl e ha affermato, senza mezzi termini, che il Contratto nazionale dei metalmeccanici non deve essere rinnovato a tutti i costi ma solo se risponde positivamente alle necessità delle imprese. Dalle linee guida di Federmeccanica emergono i seguenti punti:

  • il salario flessibile che cancella la certezza dei minimi contrattuali; saranno le imprese e le loro condizioni produttive e di mercato a stabilire se in azienda verrà erogato o meno il minimo salariale stabilito nel Ccnl;
  • la cancellazione di tutti gli automatismi salariali definiti a partire, come hanno dichiarato, dagli scatti di anzianità; ma gli automatismi interessano anche i passaggi di categoria, i passaggi temporanei di mansioni, le trasferte ecc.;
  • cancellare il diritto al pagamento dei primi tre giorni di malattia e legare il salario alla presenza;
  • l’aumento dell’orario di lavoro individuale, dei turni, dei giorni lavorativi attraverso la massima flessibilità degli orari individuali e collettivi e il massimo utilizzo degli impianti (24 ore al giorno per 7 giorni);
  • la piena esigibilità della flessibilità di orario attraverso la cancellazione del ruolo negoziale della Rsu nella definizione degli orari di lavoro in fabbrica; rendere obbligatorio, senza contrattazione in fabbrica, lo straordinario anche al sabato e fino a 200/250 ore all’anno;
  • rendere ancora più semplice la possibilità di derogare alle leggi e al Ccnl, recepire nel testo del Contratto le recenti modifiche legislative che hanno peggiorato pensioni, ammortizzatori sociali e lavoro precario, rendere la contrattazione aziendale sempre più alternativa al Contratto nazionale.

 Federmeccanica affronta anche il problema che oggi, senza una legge, il Ccnl non ha validità erga omnes e riconosce che, per superare le divisioni in atto tra i metalmeccanici, è essenziale dare attuazione all’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Federmeccanica afferma che il primo passo per dare qualità alle relazioni industriali consiste nel definire la effettiva rappresentatività dei soggetti negoziali perché giova alla democrazia sindacale e porta maggiore certezza nella contrattazione collettiva. Su questo punto la Fiom ritiene prioritaria l’applicazione tra i metalmeccanici dell’Accordo interconfederale del 28 giugno sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria. La condizione necessaria per evitare la pratica degli accordi separati e riconquistare un contratto nazionale di tutti i lavoratori metalmeccanici è la definizione di procedure per la certificazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di regole democratiche per la validazione di piattaforme e accordi attraverso il voto referendario di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori. All’avvio della trattativa, a cui saremo presenti, se Federmeccanica presenterà ufficialmente la sua “piattaforma” si assumerà la responsabilità di cancellare l’esistenza del Contratto nazionale e anche Fim e Uilm dovranno riflettere sul fatto che in realtà questa strada porta a cancellare il Contratto nazionale e a estendere il modello Fiat in tutte le aziende metalmeccaniche. Per difendere le libertà sindacali e la democrazia nei luoghi di lavoro il diritto a contrattare salario, orario e condizioni di lavoro per impedire i licenziamenti e contrastare la precarietà RICONQUISTIAMO UN VERO CONTRATTO NAZIONALE DI TUTTE LE LAVORATRICI E DI TUTTI I LAVORATORI (Roma, 10 luglio 2012)

Ora io vorrei tanto capire se esiste un partito che la smetta di interrogarsi sulle alleanze partitiche e decida di raccontare questa clinica, spietata, continua omertà sui diritti che si appannano mentre il lavoro nemmeno riprende.