Diritto e rovescio
Ha la trama di un giallo la scomparsa della tennista cinese Peng Shuai, ex numero uno in doppio al mondo che con la taiwanese Hsieh Su-wei che ha reso popolare il tennis in Cina e che nel suo Paese è diventata un seguitissimo personaggio pubblico. Ma in questa storia c’è anche tutta la fragilità di un mondo che celebra superpotenze economiche sempre intente a stringersi la mano per accordi commerciali e politici perdendo di vista la differenza di diritti e democrazia.
La Cina è troppo golosa per fare indignare
Ricordate quante volte avete letto che l’Italia «non è un Paese attrattivo per gli investitori» anche solo per una frase sconclusionata di qualche politico goffo? Ecco, appunto: miracolosamente la Cina riesce a essere la prevedibile regina del fatturato mondiale permettendosi di agire come l’assassino maggiordomo senza nemmeno sporcarsi il polsino, godendo di una riverenza che fa poi avvento degli spaventosi accadimenti. Anche i gialli nel mercato mondiale pesano solo per il peso dei soldi. Accade in Egitto, accade in Siria, accade in Libia, ma quelli sono Paesi che ci possiamo permettere di dipingere come “sporchi e cattivi”, sta nelle cose. La Cina no, la Cina è troppo golosa per permettersi di dire che fa schifo e allora tutti a cuccia con la Cina.
Peng Shuai, la denuncia di stupro e il miraggio di un MeToo cinese
Peng Shuai qualche settimana fa aveva denunciato di essere stata vittima di uno stupro da parte del vice-primo ministro del consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese dal 2013 al 2018, il 75enne Zhang Gaoli: «Perché sei dovuto tornare da me, portarmi a casa tua per costringermi a fare sesso con te? Sì, non ho alcuna prova, ed è semplicemente impossibile avere prove. Non riesco a descrivere quanto fossi disgustata, e quante volte mi sono chiesta se sono ancora un’umana? Mi sento un cadavere che cammina», scrisse Peng Shuai su Weibo, il social cinese che da quelle parti sostituisce Twitter perché perfino i social sono roba da maneggiare con cura. A proposito di globalizzazione. Quella diretta è rimasta online solo una trentina di minuti poiché Weibo è sotto la stretta sorveglianza del governo: in quella mezz’ora la tennista ha incassato migliaia di messaggi di solidarietà e a qualcuno è venuto in mente che forse anche in Cina finalmente si potesse assistere a un MeToo che desse una spallata al patriarcato violento che esercita il proprio potere attraverso il proprio ciondolante organo sessuale.
Messaggi finti e depistaggi oltre il senso del ridicolo
E invece di Peng Shuai si sono perse le tracce e la vicenda, se possibile, ha assunto risvolti ancora peggiori. Dopo qualche giorno il media cinese CGTN Europe ha trasmesso un messaggio, attribuito alla stessa Peng Shuai, e inviato a Steve Simon, direttore della WTA in cui si leggerebbe «Ciao a tutti, sono Peng Shuai. Per quanto riguarda le informazioni recenti pubblicate sul sito Web ufficiale di WTA, questo non è stato verificato o confermato con me ed è stato rilasciato senza il mio consenso. Le informazioni in questa versione, comprese le accuse di violenza sessuale, non sono vere. Non sono scomparso, né sono in pericolo. Sto solo riposando a casa e va tutto bene». Il messaggio ha il sapore inquietante della ritrattazioni dettate dal potere se non addirittura scritto da altri. Mica per niente Simon ha risposto senza mezze misure: «Trovo difficile credere che Peng Shuai abbia effettivamente scritto l’email che abbiamo ricevuto, o che creda a ciò che le viene attribuito. Le sue accuse di aggressione sessuale devono essere rispettate ed essere indagate in modo trasparente e senza censura. Le voci delle donne devono essere ascoltate e rispettate, non censurate o dettate». A questo punto sarebbe bastato vedere Peng Shuai di persona, in carne e ossa, spiegare tutto per filo e per segno, libera e in salute. Invece la Cina, che ha un abbondante tolleranza del senso del ridicolo, non si è nemmeno accorta di vere reso pubblica una mail in cui appare il cursore che lampeggia solo (questo lo sanno tutti) mentre si scrive. Chi ha mandato quella mail? Ovviamente nessuna risposta.
Può una super potenza mondiale trattare il mondo così?
In compenso dopo 17 giorni di assenza di Peng Shuai compare un segnale che vorrebbe essere rassicurante: un giornalista cinese molto vicino al governo, Shin Shiwei, mostra tre foto che Peng Shuai avrebbe postato su WeChat (un’app di messaggistica simile a WhatsApp, diffusissima in Cina) tre foto recenti. Qui la tragedia come sempre diventa addirittura farsa e si vede la tennista apparentemente serena, seduta in una stanza circondata da tanti peluche, assieme a un gatto grigio. Peng Shuai sorride tenendo in braccio il gatto e si mette in posa per un primo piano a fianco di un pupazzo di Kung Fu Panda. Eppure niente appare come dovrebbe essere: una tennista di fama mondiale scompare, i giornali di mezzo mondo la mettono in prima pagina gonfi di preoccupazione (qui in Italia, come al solito, ci metteremo ancora un po’), la federazione tennistica è allarmata, perfino le organizzazioni internazionali si stanno muovendo e questa si fotografa con i peluche? Sembra un pessimo libro giallo scritto di fretta e controvoglia senza nessun lavoro di editing sull’organicità della trama. La domanda è sempre la stessa: dov’è Peng Shuai? E poi c’è una spaventosa constatazione: una superpotenza mondiale è davvero convinta di poter trattare il resto del mondo così, come una massa di idioti da inzuccherare con un po’ di propaganda posticcia. E, badate bene, questi sono quelli con cui si dovranno stringere mani per salvare il capitalismo mondiale. Auguri a tutti.
L’articolo Diritto e rovescio proviene da Tag43.it.