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Mafia: si consegna Tommy Parisi, il mafioso neomelodico

tommyparisi

Si è consegnato nel pomeriggio all’autorità giudiziaria Tommy Parisi, figlio del boss del quartiere Japigia, Savinuccio. Il 33enne cantante neomelodico era ricercato dal 15 marzo, quando la maxioperazione antimafia “Do ut des” ha smantellato l’impero del clan più importante di Bari, svelando un pericoloso intreccio fra imprenditoria e criminalità organizzata. Restano ancora latitanti il fratello di Savino, Giuseppe Parisi detto “Mamès”, vero reggente del clan quando Savinuccio è detenuto, e il cognato Battista Lovreglio, anche lui ritenuto uomo di fiducia del capo.

In mattinata durante perquisizioni e appostamenti, gli uomini della squadra mobile della questuradi Bari avevano arrestato un altro ricercato, Donato Catinelli, 44 anni, considerato il referente dell’organizzazione mafiosa sulla zona di Polignano a Mare. Compare nelle indagini anche come l’istigatore di un violento pestaggio, commesso da Michele Parisi e da un altro uomo ai danni del cognato di Catinelli, perché convincesse sua sorella (ex moglie di Catinelli) a lasciare la casa popolare, già occupata abusivamente, e alla quale secondo loro non aveva più diritto dopo la separazione.

Gli investigatori della squadra mobile e i colleghi del Servizio centrale operativo hanno eseguito anche le misure patrimoniali disposte dal gip Alessandra Piliego con un decreto di sequestro preventivo. Sotto sigillo tre pizzerie, tre bar, due rivendite di frutta, pesce e carne, due imprese edili, tre immobili, sette auto, quattro moto, sei conti correnti bancari con un saldo attivo di 43mila euro, oltre a 3mila euro in contanti. E ancora: sette orologi di valore, oggetti d’oro (alcuni con particolare valore simbolico) per un peso di tre chili e pietre preziose. Il sequestro, operato fra Bari e Bitonto, è stato stimato per un valore di 5 milioni di euro.

 (fonte)

Do ut des ”Riti e conviti mafiosi”, gli anni che passano e le cose che cambiano

Erano gli anni in cui tutto sembrava terribilmente uno scherzo. Gli anni in cui “disonorare era un questione di onore” e non sapevamo nemmeno che quel messaggio poteva essere abbracciato così tanto, così bene, così in tanti. Lo spettacolo di per se soffriva di avere attori divertiti, oltre che divertenti. Ma guardandomi indietro sono fiero di avere partecipato a DO UT DES.

L’abbiamo messo tutto online, a vostra disposizione, qui:

 

Orizzonte Universitario intervista Giulio Cavalli

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da OrizzonteUniversitario.it

Giulio Cavalli, inizia la sua carriera di attore nel lodigiano. Dopo anni di teatro la svolta arriva nel 2008, quando debutta con lo spettacolo Do ut Des, spettacolo teatrale su riti  conviti mafiosi. In seguito a questa messa in scena riceverà della minacce di stampo mafioso, a causa delle quali gli verrà assegnata una scorta. Dal 2009 Giulio Cavalli inizia la sua lotta alle mafie sul palcoscenico con Radiomafiopoli, A cento passi dal duomo, e nel 2010 esce il suo primo libro Nomi, cognomi e infami. Nel 2009 è stato ricevuto dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Dal 2010 è stato consigliere regionale in Lombardia, come indipendente nella lista dell’Idv; oggi aderisce a SEL, è stato nuovamente candidato come consigliere alle regionali 2013, ma alla luce dell’1,8% ottenuto dal suo partito non è stato rieletto.

Funziona tutto al contrario sig. Cavalli? Lei nel suo teatro ha iniziato a parlare della mafia, e ad accorgersene non è stato il ceto civile del nostro paese (questo si che non sente, non vede e non parla), ma, paradossalmente, la mafia stessa. I primi a venire a teatro sono i figli di quei mafiosi che, come dice lei, non azzeccano un congiuntivo nemmeno per sbaglio. Questi guardano il suo spettacolo  e poi la minacciano, e così la minaccia diventa la prima vera pubblicità della sua attività. E le jeux son fait!

Effettivamente sembra che le mafie abbiano una sensibilità che le antimafie scoprono sempre un secondo troppo tardi. Per questo abbiamo ritenuto importante ritirare da subito lo spettacolo “contestato”, per evitare un perverso gioco di vouyerismo. Bisognava subito spazzare il campo da eventuali occasioni di lucro. Ma è importante ricordare sempre che chi ti minaccia sa benissimo che la prima cosa che si accende, nell’opinione pubblica, è il sospetto, che spesso diventa motivo isolamento per l’artista.

Ho sentito Saviano dire che la colpa di “quelli come voi” è di essere ancora vivi, di questo in fondo vi accusa la gente. Altra frase che mi ha colpito  è che “quelli come voi”, agendo, mettono in crisi l’intera comunità circostante, che riconoscendovi dei meriti verrebbe a sentirsi in difetto: “sporca” per non aver fatto altrettanto. In realtà la penso diversamente. Secondo me quello che non vi viene perdonato è la popolarità che avete acquisito, con questa “storia delle mafie” siete diventati dei veri e propri vip.

Non credo che la nostra colpa sia quella di essere vivi. Su questo non sono d’accordo con Saviano. Piuttosto la colpa può essere la tentazione di raccontarsi piuttosto che raccontare, e allora certo si cade in un’autocelebrazione che credo interessi poco (se non ai fans, ma le mafie non sono temi da isterie celebrative, sono punti di democrazia e Costituzione). Poi credo che un Paese in cui chiedere  legalità e normalità porta ad essere un’eccezione è un Paese che dovrebbe interrogarsi. Non è la media del coraggio o dell’onestà a definire i limiti consentiti. Certo questa storia di minacce e scorte è un vizio tutto italiano di questi ultimi anni, che assomiglia per alcuni meccanismi alla banalità del Grande Fratello dell’antimafia. In Italia ci sono quasi ottocento persone sotto scorta, mica solo quelli che finiscono sotto i riflettori. E tra l’altro siamo la nazione che dimentica spesso i testimoni di giustizia (coloro che hanno semplicemente avuto la sfortuna di essere testimoni di un reato e hanno avuto l’onestà intellettuale di denunciarlo) e per sopravvivere devono sparire piuttosto che finire sotto luci della ribalta.

Sig. Cavalli: teatro, televisione, giornali….ora anche la politica. E la ‘ndrangheta è sempre il tema principale, forse l’unico. Lo stesso vale per Saviano con la camorra (e mi scusi se ripropongo ancora questo  parallelismo). Sembra che il contatto, quello vero, diretto, con la malavita segni un punto di non ritorno. La mafia diviene argomento radicale della vostra vita, non c’è più spazio per altro. E’ come se vi fosse stata affidata una missione. E’ come se arrivare a conoscere davvero la mafia sia un pò come arrivae a conoscere davvero Dio.

Diceva Falcone che nella lotta alle mafie ci capiti per caso e per destino. In realtà non credo di occuparmi solo di mafie (basta seguirmi non solo sulle riviste patinate). Lavoriamo per la libertà e per la democrazia. E le mafie sono tra i nemici più pericolosi.

Nuove dichiarazioni di solidarietà per l’attore Giulio Cavalli

Ieri (27 Novembre), durante la seduta alla Camera per discutere del decreto legge 1857, l’on. Luisa Bossa ha espresso solidarietà all’attore e autore teatrale antimafia Giulio Cavalli:

(…) Abbiamo letto stamattina che la giunta di destra di Milano ha negato la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano, lo scrittore perseguitato dalla camorra. A Lodi, mentre era lì per uno spettacolo, Giulio Cavalli, nonostante viva sotto scorta, ha trovato scritte minatorie sulla sua auto. Milano chiama Lodi: comuni del nord. Non vi è alcuna preoccupazione per la vita di questi ragazzi (…).

Ieri pomeriggio è arrivato anche l’attestato di solidarietà da parte del responsabile dei giovani dell’Associazione Mafia Contro di Palermo, Giancarlo Russello: « a Giulio Cavalli va tutta la nostra solidarietà. Non fermarti davanti a gesti così ignobili e compiuti da anonimi codardi! »

Dopo le minacce mafiose a Cavalli, continuano ad arrivare attestati di solidarietà e di stima nei confronti dell’attore lodigiano. Oltre le rilevanti e già citate di mercoledì da parte di Giovanni Impastato, Paolo Rossi, Antonio Ingroia, Pino Maniaci, Leoluca Orlando, Carlo Lucarelli (tornato sull’argomento stamattina con un editoriale sull’Unità), Giuseppe Lumia, Sergio Nazzaro, Pino di Maula, Vito lo Monaco, Vincenzo Conticello e Rosario Crocetta, giungono quelle di:

Salvatore Borsellino, Benny Calasanzio: Non esprimiamo soltanto solidarietà, ma ci impegnamo a partecipare in prima persona agli spettacoli e alle manifestazioni che vedranno protagonista Giulio, coscienti che non debba essere prerogativa solo dello Stato proteggere Cavalli, ma anche impegno dei suoi spettatori e dei suoi colleghi, perché a queste minacce si deve rispondere con la partecipazione, con la diffusione del messaggio di Giulio.
Solo così minacciare uno come Cavalli diventerà controproducente. Giulio rappresenta la prosecuzione di quello che fu il messaggio di Peppino Impastato e mette a nudo la pochezza e la nullità di questa gentaglia senza arte né parte che si fa chiamare “d’onore”.
Se vogliono far del male a Giulio devono prima farlo ai suoi spettatori, e Salvatore Borsellino e Benny Calasanzio saranno in prima fila.

Carlo Lucarelli (dall’editoriale di questa mattina sul quotidiano L’Unità): Giulio Cavalli come Peppino Impastato ride di mafia, (…) così Giulio è sotto protezione da parte delle forze dell’ordine (…), allora non dimentichiamoci che siamo in Italia, perché è da un po’ che sta succedendo questa cosa, che oltre a quelli che stanno in prima linea nella lotta alla mafia, come magistrati, forze dell’ordine, amministratori e giornalisti, vengono minacciati e colpiti anche gli scrittori, anche gli attori, anche i giullari, oltre che i semplici
cittadini. E questo significa due cose. Che la cultura fa paura come la legge e l’informazione perché è lei stessa legalità e informazione.

Davide Enia (attore teatrale): sono assolutamente solidale con Giulio. Il fatto che stia rompendo i coglioni è indice della bontà del lavoro che sta facendo ed è altresì evidente che questo sia il nervo scoperto di un paese che disconosce la legalità e la correttezza. Giustizia e legalità non sono parole, ma prospettive. In quanto tali hanno una capacità di raccontare il presente e questo presente, è fatto di strada che puzza di pisci, eroina che è tornata nei quartieri e di mala amministrazione.

Lorenzo Guerini, Sindaco di Lodi e Andrea Ferrari, Assessore alla Cultura: la nuova minaccia che ha colpito la Bottega dei Mestieri Teatrali e l’attore Giulio Cavalli che da molti mesi portano avanti un importante progetto di controinformazione rispetto alla criminalità mafiosa è un fatto grave che preoccupa, anche per le modalità con cui è avvenuto e in territorio, quello lodigiano, sostanzialmente estraneo a simili episodi.
Il Comune di Lodi è stato tra i promotori principali insieme al Comune di Gela e alla Bottega dello spettacolo Do Ut Des che ha aperto una importante collaborazione tra due Comuni apparentemente distanti ma uniti dalla voglia di combattere la cultura della illegalità.
La nostra solidarietà non è quindi formale ma vuole sottolineare il nostro impegno a non lasciare solo chi tenta di aprire, anche al nord, una importante operazione di carattere culturale rispetto a dei temi che, troppo spesso, vengono sottovalutati.

Nuova minaccia a Giulio Cavalli

Nuova minaccia a Giulio Cavalli

Solidarietà all’attore dal mondo politico, dello spettacolo e della società civile

Giulio Cavalli, autore, attore e regista teatrale, ha ricevuto l’ennesima, insostenibile, minaccia mafiosa lunedì sera.

Durante le prove del suo spettacolo nel teatro di Tavazzano (Provincia di Lodi), infatti, alcuni sconosciuti hanno imbrattato, il furgone della Compagnia di Cavalli con le scritte “Smettila” con una croce accanto, “Non dimentichiamo” e “Riina Libero” – scritta, quest’ultima, che riprende quelle apparse a Palermo pochi giorni fa.

Non è la prima volta che accade. In aprile Cavalli ha ricevuto una email con minacce di morte e successivamente è stata disegnata una bara sul teatro Nebiolo di Tavazzano, di cui è direttore artistico. Le intimidazioni arrivarono dopo il suo spettacolo “Do ut Des” che ridicolizzava la mafia. A causa di queste e altre minacce da 7 mesi l’attore è sotto programma di protezione anche nelle trasferte per i suoi spettacoli.

Giulio Cavalli è da anni impegnato a teatro contro la mafia, e da tre mesi cura una rubrica, RadioMafiopoli, in onda su AgoraVox Italia e FascioeMartello, che si rifà a Onda pazza, la trasmissione di Peppino Impastato, dove l’attore  disonorava la mafia. Nella penultima puntata di RadioMafiopoli (12 novembre) l’attore si scagliava contro il boss Totò Riina e probabilmente a qualcuno, questo, non è piaciuto.

Nel frattempo arrivano i primi attestati di solidarietà da parte del mondo civile, dello spettacolo e del giornalismo:

Giovanni Impastato (fratello di Peppino Impastato): “Questi atti sono deplorevoli per una persona impegnata dal punto di vista culturale e artistico che cerca di contribuire a tenere alti i valori della legalità, con la stessa ironia che Peppino, che poi purtroppo è stato zittito, ha portato avanti in quegli anni con la sua trasmissione Onda pazza. L’ironia è un’arma micidiale. Come Giovanni Impastato sono solidale con Giulio Cavalli e cercheremo di stargli vicino in tutti i modi possibili

Paolo Rossi (attore con cui ha esordito Cavalli): “È  un momento molto brutto, ma questo significa che il teatro ha ancora valore e allora su quello bisogna puntare. Tutta la mia solidarietà, tutta.

Leoluca Orlando (deputato IDV): “Esprimo tutta la mia solidarietà a Giulio Cavalli in questo momento così complicato per le inaccettabili intimidazioni a chi vuole coniugare libertà ed arte a chi vuole denunciare la violenza mafiosa e i suoi inaccettabili legami istituzionali.

Antonio Ingroia (Sostituto Procuratore di Palermo): “Massima solidarietà e preoccupazione, purtroppo questo segue altri avvenimenti intimidatori come quelli di Partinico nei confronti di Pino Maniaci, e questo dimostra che c’è sempre una maggiore insofferenza delle mafie, non solo contro i giudici, ma anche contro le persone di cultura

Pino Maniaci (giornalista di TeleJato minacciato dalla mafia): “Giulio Cavalli è un autore e un attore che sta dando tanto alla Sicilia e per questo merita tutto il nostro sostegno. Sono i momenti duri in cui bisogna fare fronte comune per non lasciare che la scure della mafia cada silenziosa. Siamo tutti Giulio Cavalli

Carlo Lucarelli (scrittore). “È molto inquietante e molto importante quello che è accaduto. Molto inquietante perché in un paese civile non dovrebbe accadere, vista anche la pericolosità dell’organizzazione criminale. È un pezzo che iniziano a minacciare intellettuali e persone che fanno cultura e questo significa che la cultura fa paura, che raccontare le cose inizia a essere importante e ti porta ad essere considerato pericoloso. Non bisogna lasciare solo chi è oggetto di questo tipo di minacce, e allo stesso tempo darci da fare tutti assieme“.

Giuseppe Lumia (Senatore PD ed ex Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia): “La sua battaglia culturale è la nostra e deve essere fatta proprio dallo Stato, dalla parte dello stato che si vuole finalmente liberare dalla mafia. Riina padre e figlio devono essere contrastati in tutti i  modi. Col 41 bis Riina padre parla e detta funzioni per la presenza del figlio nel milanese e a Corleone. Per un ragazzo che vuole incamminarsi sulla via di cosa nostra e che vuole scalarne i gradini c’è solo una strada, quella della abiura delle famiglie mafiose e della denuncia. Altre opzioni non ne possiamo concedere.

Sergio Nazzaro (scrittore): “Come volevasi dimostrare: più che i proclami e le grandi dichiarazioni di guerra o analisi sistemiche, trionfa l’ironia. Già, perchè Cavalli prende per il culo la mafia e  li riporta a terra, togliendo l’aurea di mitologia che tanti se non troppi celebrano sempre e comunque. Prendere per il culo la criminalità, combattendola con una risata invece che con facce lugubri e pensierose, intellettual’mpegnat’ sempre pronte a spiegare. Radio Mafiopoli oltremodo cerca di dirci qualcosa: con quelle facce che hanno veramente possono tenere sotto scacco una nazione? Con l’aiuto di chi? Chissà se i grandi media daranno spazio presto all’ironia e allo sfottò su scala nazionale contro le mafie, sarebbe un passo di civiltà. Piccolo per il mondo, grande per noi italiani“.

Pino Di Maula (direttore di Left-Avvenimenti): “La redazione di Left Avvenimenti e Notizie Verdi esprime la propria solidarietà nei confronti di Giulio Cavalli e della sua compagnia teatrale per l’ennesimo vigliacco tentativo di azzittire con le intimidazioni le voci libere, indipendenti e coraggiose che denunciano il sistema mafioso attraverso l’arte e la comunicazione esponendosi in prima persona. Come fa, appunto, Giulio“.

Vito Lo Monaco (Presidente “Centro Studi Pio La Torre”): “Il fatto che avvenga a Lodi dimostra come la mafia sia ormai un fenomeno esteso su scala nazionale, conferma quello che diciamo da tempo. La mafia è un problema che riguarda tutta l’Italia non solo la Sicilia. Le politiche del governo quindi devono tener conto di questa cosa e non seguire l’emergenza del momento. Tutto questo in concomitanza con le dichiarazioni del figlio di Riina di trasferirsi al nord sembrano frutto di una strategia ben precisa. Mi associo e do solidarietà a Giulio Cavalli”.

Vincenzo Conticello (Proprietario della Focacceria San Francesco di Palermo): “Grande solidarietà a Giulio che si senta accompagnato da chi, come me, porta avanti in prima persona la lotta al racket e alla mafia. Da un altro punto di vista penso che non bisogna mai abbassare la guardia perché questo silenzio da parte di Cosa Nostra non va mai sottovalutato perché bisogna sopprimere sul nascere qualunque tipo di focolaio mafioso. Se diamo il consenso alle richieste del figlio di Riina, evidentemente, stiamo già cominciando a scardinare le regole“.

Rosario Crocetta (Sindaco di Gela) : “In Italia non si ha la possibilità di fare liberamente arte. Evidentemente sono stati toccati dei nervi scoperti, do la mia solidarietà netta a Giulio e dichiaro sin da ora la mia disponibilità a partecipare ad un incontro pubblico a Lodi insieme a lui per spiegare alla gente del luogo la mafia e la necessità di combatterla”.

Per informazioni:

Bottega dei Mestieri Teatrali:335-7686218

AgoraVox Italia:redazione@agoravox.it 0033-153324604

FascioeMartello:redazione@fascioemartello.it 389-1855235

Teatro civile?

La vertigine mi è arrivata ad un incontro organizzato contro le mafie, dopo che si era finiti come spesso mi capita ultimamente a parlare del programma di protezione nei miei confronti per il mio spettacolo Do Ut Des, riti e conviti mafiosi: una ragazza tra il pubblico mi ha chiesto chi me l’avesse fatto fare di uscire dai binari comodi delle storielle teatrali per approfondire e scontrarmi mettendo in pericolo la mia sicurezza e quella della mia famiglia. Lì per lì devo aver avuto in faccia una delle espressioni più sconsolate del mio repertorio.
C’è un malinteso di fondo in quello che è etichettato come “il teatro civile” di seconda generazione in Italia: il mezzo teatrale si è trasformato in un alibi per mediare contenuti e posizioni. Allora forse sarebbe opportuno fermarsi tutti, operatori e critici, per riconsiderare l’obbiettivo di un’orazione civile. Perché l’onda lunga del monologo in quanto commercialmente più appetibile (in un momento nero di mercato teatrale), l’abitudine della favoletta con sullo sfondo la tragedia recente e il suo bacino di affezionati, l’umorismo facile appoggiato sulla comodissima indignazione cronica, l’impacchettamento lacrimevole da scaffale o i funerali da palcoscenico non hanno nulla a che vedere con la funzione di informazione e approfondimento di uno spettacolo  intellettualmente onesto. E così si alimenta sempre di più quel teatro da cassetta che assomiglia nei tempi e nei modi alla Beneamata tivù. Quando i famigliari delle vittime dell’incidente di Linate dell’8 ottobre 2001 hanno fatto irruzione nelle fasi di scrittura e preparazione del mio spettacolo per quella strage ci siamo subito resi conto delle unicità del modus che avevamo a disposizione: il tempo e la vicinanza fisica del nostro pubblico per chiarire (uscendo da quest’informazione commerciale tutta a spot), una faccia e un corpo per accusare guardando fissi negli occhi, un posto fisico dove prendere una posizione. Per questo mi piace pensare ad un teatro partigiano piuttosto che civile dove sia obbligo morale prendere una parte, svelare una tesi e appoggiare informazioni desuete o volutamente dimenticate: un’azione teatrale di svelamento contro la normalizzazione controllata delle opinioni e delle sensazioni. Oggi noi narratori abbiamo la grande occasione di metterci in rete con tutto quel giornalismo non normalizzato che si è definito e ha preso coscienza del proprio ruolo e diventare l’uno per l’altro strumenti di amplificazione e affilatori di contenuti. Recuperare la forza rovesciatrice delle Nuvole o della Rane di Aristofane, la giullarata non mediata dei cantastorie per far fruttare il momento teatrale come occasione ormai sempre più rara di comunicazione profondamente genuina e non manipolabile.
Non è un caso che abbia scelto come compagni di studi e scrittura per i miei spettacoli dei giornalisti, per  rispettare e non sprecare  un’opportunità difficilmente ripetibile:  un palcoscenico che si prenda il lusso di fare luce. Lasciamo i compromessi ai romanzi storici da autogrill, la strumentalizzazione lacrimevole alle trasmissioni tutte da ridere, l’esibizionismo del monologo agli onanisti d’accademia  e il racconto scorrevole alle riviste da spiaggia. Noi prendiamoci la responsabilità della fiducia di un pubblico intelligente alimentandola ad ogni battuta.