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domenico zambetti

Le politica dentro le liste, per pensare un’altra Lombardia

elezioni-schede_interna-nuovaMi permetto un piccolo consiglio ad Ambrosoli e in generale a tutti i partiti della nostra coalizione: la stesura delle liste è il momento politico più “manifesto” e pericoloso per l’imprimatur della Lombardia che stiamo pensando sul campo dell’etica, della discontinuità e delle lobby di tutti i differenti colori.

Dico questo perché qualcuno mi aveva dato del visionario quando avevo parlato di un peso specifico elettorale della ‘ndrangheta in Lombardia del 4% e il pm Gratteri mi corregge di un punto percentuale parlando addirittura del 5%.

Il tema antimafioso è un tema serio e pericoloso che ha bisogno di modalità completamente differenti rispetto alle solite che hanno già ampiamente dimostrato di non funzionare. Il disfacimento di Formigoni è entrato nella sua fase irreversibile con l’arresto dell’assessore Zambetti accusato di avere comprato voti della ‘ndrangheta e non ci può bastare (o almeno a me no, di sicuro) esserne usciti indenni e avere acquisito una credibile narrazione.

Per questo sarebbe utile pubblicizzare le novità introdotte nel metodo di compilazione delle liste (se ci sono) e sottolineare la cura e l’attenzione di questo momento politico. Anche perché loro (i mafiosi) e gli altri (i cittadini disposti a vendere il proprio voto che troppo spesso ci dimentichiamo) sono là fuori indipendentemente da Zambetti & co e di solito votano chi ha più possibilità di vincere. Appunto. E magari sarebbe il momento buono anche per adottare da subito il codice etico che già avevamo proposto come punto del programma elettorale. Davvero.

Se si minaccia a Magenta

Sarà che costa fatica innamorarsi delle storie più piccole, quelle che non hanno boati nei nomi e nelle cose, quelle notizie che scivolano per qualche minuto nell’indignazione del dopo pranzo e tutti guardano la foto a tavola – la conosci?- è la figlia di? – e tutte quelle altre cose lì.

C’è anche un “giornalino”: li chiamano così i fogli di provincia, con un certo sgarbo, quelli che annaspano pronti a qualsiasi coltellata per una mezza colonna sui quotidiani nazionali.

E poi c’è il luogo, piccolo, periferico e con un nome pure cacofonico: Magenta.

Schermata 2012-12-22 alle 13.10.58Insomma, arriva un proiettile in busta gialla alla redazione del settimanale “L’Altomilanese” (destinatari: Ersilio Mattioni, direttore del settimanale Altomilanese e Giampiero Sebri, promotore della Carovana Antimafiadell’Ovest Milanese) e qualcuno in queste ore mi vorrebbe convincere che è una questione locale, roba da quattro righe, buona per cucinarci un’indignazione à la carte passeggera come un raffreddore che ti aspettavi. E invece no. No perché in Lombardia i quotidiani locali hanno alzato la testa sul tema delle mafie molto prima che ne scattasse la moda e perché nelle realtà lontane dagli schermi e gli scranni si rischia di concimare la solitudine e l’isolamento che è il migliore regalo alle mafie.

Come scrive Il Fatto Quotidiano (così bistrattato eppure sempre così presente su questi temi):

Altomilanese dà fastidio a destra e a sinistra. Ma soprattutto alla ‘ndrangheta, ben radicata nell’hinterland e a cui ogni settimana Mattioni e la sua redazione dedicano intere pagine di approfondimento. La cronista Ester Castano, per esempio, diffidata e accusata del reato di diffamazione pluriaggravata dal sindaco Pdl e professore di religione Alfredo Celeste, intercettato mentre parlava al telefono con presunti ‘ndranghetisti, per aver condotto un’inchiesta sul territorio.Una denuncia presentata da un sindaco agli arresti domiciliari per corruzione dal 10 ottobre 2012, stesso giorno in cui a Sedriano furono arrestati marito e padre di due consigliere della giunta Celeste: il medico del pavese Silvio Marco Scalambra accusato dalla magistratura di essere il collettore di voti della ‘ndrangheta e l’imprenditore dell’oro Eugenio Costantino legato alle coscheDi Grillo-Mancuso. Da parte di Silvia Stella Fagnani e Teresa Costantino, rispettivamente moglie e figlia dei due imputati detenuti al carcere San Vittore, l’intenzione di dimettersi chiesta a gran voce dalla cittadinanza è pressoché nulla.

Un’esigenza urlata ai megafoni e portata in piazza dalla Carovana Antimafia dell’Ovest di Milano di cui Giampiero Sebri, co-intestatario dell’augurio natalizio con bossolo, è fondatore ed esponente di spicco. Mattioni e Sebri si incontrano a Sedriano, all’indomani degli arresti di Celeste, Costantino e Scalambra. Nel frattempo la situazione di Ester Castano, cui Mattioni e Sebri restano vicini, è finita anche nelle relazioni di Ossigeno per l’Informazione, l’osservatorio sui giornalisti minacciati.

Per questo, oltre alla solidarietà scontata, è il caso di alzare il tiro anche noi. Per quello che possiamo e cercando di tenere salda la “rete”. E per questo abbiamo ritenuto di scrivere al Prefetto per accendere una luce, in tutto questo buio. Ecco qui:

Magenta, 23/12/2012

 spett. PREFETTO DI MILANO

dott. Gian Valerio Lombardi

Corso Monforte, 31 – 20122 MILANO

 

RICHIESTA DI INCONTRO: sospetti tentativi di infiltrazione mafiosa nel comune di Sedriano

Spett.le sig Prefetto, i sottoscritti Rappresentanti istituzionali chiedono un incontro di carattere urgente con la S.v. al fine di poter esprimere le più vive preoccupazioni in merito alle vicende giudiziarie inerenti il Sindaco Alfredo Celeste e l’Amministrazione comunale di Sedriano (MI), della quale siamo a chiedere un intervento rapido di scioglimento.

PREMESSA

Il sindaco di Sedriano si trova agli arresti domiciliari dal 10 ottobre 2012, arresti confermati dal Tribunale del Riesame in data 6 novembre 2012, con l’accusa di corruzione.

Il reato di corruzione del quale è imputato è aggravato dal fatto che i corruttori sarebbero due esponenti dell’imprenditoria locale, Eugenio Costantino e Marco Silvio Scalambra, a loro volta imputati, sottoposti a custodia cautelare in carcere per il reato di associazione di stampo mafioso (416bis).

Gli stessi Costantino e Scalambra, secondo l’Ordinanza di custodia cautelare, avrebbero legami con cosche della ‘ndrangheta e che avrebbero compravenduto voti delle famiglie mafiose all’ex assessore regionale Domenico Zambetti.

La moglie di Scalambra, Silvia Stella Fagnani, e la figlia di Costantino, Teresa, siedono tuttora tra i banchi della maggioranza in Consiglio comunale a Sedriano.

Dalle intercettazioni si possono evincere gli interessi particolari dei due presunti boss in merito a piani urbanistici proposti dalla Giunta sedrianese e in merito ad appalti per opere e srevizi.

Sempre dalle intercettazioni si è potuto constatare il grado di confidenza e di famigliarità del sindaco Celeste con i due soggetti, ad esempio quando lo stesso sindaco chiese aiuto al Costantino al fine di fronteggiare presunte contestazioni ad una cerimonia che avrebbe visto protagonista la consigliera regionale Nicole Minetti.

RITENUTO CHE

più volte i Carabinieri e la GDF hanno perquisito gli uffici comunali e requisito documentazione, anche dopo gli arresti del sindaco e l’indagine è tuttora in corso;

nella stessa inchiesta che vede imputato Celeste sono stati arrestati, con l’accusa di associazione mafiosa, diversi esponenti della ‘ndrangheta nella zona del magentino;

l’amministrazione comunale non ha alcun intenzione di dimettersi;

chiari avvertimenti e intimidazioni di stampo mafioso stanno giungendo a chi si è esposto negli ultimi mesi a denunciare il pericoloso connubio mafia-politica a Sedriano, per ultimo l’invio di una busta contenente un proiettile alla redazione del periodico locale L’Altomilanese avvenuto il 20 dicembre 2012;

CONSIDERATO CHE

fermo restando il principio di presunzione di innocenza degli imputati sino al terzo grado, è più che giustificato il sospetto che la malavita organizzata stia entrando nella vita e nelle scelte dell’Amministrazione comunale;

è fondamentale dare un segnale di fermezza e ridare dignità all’istituzione più vicina ai cittadini, i quali non possono essere più rappresentati da soggetti sopra i quali aleggiano sospetto tanto preoccupanti;

CONSAPEVOLI DEL FATTO

che i tentativi di infiltrazione mafiosa riguardano gran parte della provincia di Milano e che il fenomeno della presenza mafiosa riguardi tutto il Nord Italia, ma a Sedriano vi è l’espressione più palese di questi tentativi;

che il sig. Prefetto detiene tutti i poteri in ambito di prevenzione alle infiltrazioni mafiose e di scioglimento di consigli comunali in via preventiva e cautelativa;

SIAMO A CHIEDERE

che il sig. Prefetto ci conceda udienza il prima possibile;

che voglia intervenire in maniera urgente sciogliendo il consiglio comunale di Sedriano e la sua Giunta.

 

Ringraziando per l’attenzione

siamo ad augurarLe buone festività natalizie

firmato

GIULIO CAVALLI, Consigliere regionale Lombardia, MASSIMO GATTI, Consigliere provinciale Milano, SERGIO MAESTRONI, Sindaco di Pregnana Milanese, ALFIO COLOMBO, Vice sindaco di Arluno, IGOR BONAZZOLI, Consigliere comunale di Arluno, LUIGINA MILANESE, Consigliera comunale di Corbetta, MANUEL VULCANO, Consigliere comunale di Magenta

Ma L’Aler?

Teresa, figlia del boss Eugenio Costantino, chiama il padre per informarlo di essere stata chiamata dalla direzione generale dell’Aler, l’ente che gestisce il patrimonio pubblico di case. “Sicuramente avrà chiamato Zambetti, come mi aveva promesso”

Negli atti che hanno portato all’arresto dell’ex assessore della Lombardia Domenico Zambetti c’è l’assunzione all’Aler della figlia del boss. Per non rischiare di guardare il dito e perdersi il resto bisogna dirci che l’Aler è una delle tante “sovrastrutture” regionali che in questi anni sembrano diventate isole indipendenti di favori e prebende dispensate con leggerezza e una certa facilità. Forse il formigonismo non è incarnato solo dal governatore ferito che in queste ore tenta la strenue ultima difesa ma anche, e soprattutto, dalle scatole cinesi (Aler, Infrastrtture Lombarde, Eupolis e molte altre) che sono risultate essere più bisacce a disposizione del portatore che enti effettivamente congrui al proprio ruolo. Perché la moralizzazione passa dal ridisegnare l’impianto di governo. Ma con coraggio. Davvero.

 



Se la ‘ndrangheta entra al Pirellone: intervista per Famiglia Cristiana

Intervista da FamigliaCristiana.it

Da attore e regista teatrale di denuncia, Giulio Cavalli parla da anni di ‘ndrangheta in Lombardia. Consigliere regionale di minoranza per Sel, dal 2010 siede nella stessa aula consiliare dell’assessore alla Casa Domenico Zambetti, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di aver pagato 200 mila euro a esponenti delle cosche per 4 mila voti di preferenza, decisivi ai fini della sua elezione nello stesso 2010. Cavalli al Pirellone ci va con la scorta, a causa di tutte le minacce ricevute per i suoi spettacoli e ora anche per la sua attività politica: “Essere in Consiglio regionale è ancora più pericoloso”, sostiene.

Nella conferenza stampa per l’arresto di Zambetti, il procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini, capo della Dda, ha detto: “E’ la prima volta che un voto di scambio viene accertato durante le indagini”, aggiungendo che quanto è successo “è devastante per la democrazia”. L’articolo del codice penale alla base dell’arresto è il 416 ter, “che punisce chi chiede i voti alle cosche e in cambio paga”. Ormai la Regione Lombardia ha toccato quota 14 tra arrestati e indagati. Lo stesso governatore Formigoni è indagato per corruzione aggravata e finanziamento illecito. Fatte salve tutte le presunzioni di innocenza, da molte parti si invoca un rinnovamento che passi da nuove elezioni regionali. Che al momento non risultano in programma. Commenta Giulio Cavalli: “Credo che Lega e Pdl abbiano già un accordo, ma hanno messo insieme un teatrino in cui la Lega, per sopravvivere, deve fingere di alzare la voce, e come sempre alza i toni e mai i contenuti. Formigoni continua il mandato perché sa che il suo progetto di leadership nazionale è crollato dopo tutti gli ultimi eventi, e da buon andreottiano sa benissimo che il balsamo della riabilitazione politica è il tempo”.

 Cavalli, l’ha sorpresa l’arresto dell’assessore Zambetti con questa accusa?

“No. La Commissione parlamentare antimafia, per bocca di Angela Napoli (che è membro di Fli, quindi non certo di centro-sinistra), aveva già parlato di otto uomini all’interno della Regione Lombardia eletti con i voti della ‘ndrangheta. Inoltre si sapeva chiaramente che l'”operazione Infinito” (che nel 2010 mostrò un’ampia presenza di clan in più zone lombarde, ndr) andava a toccare la “zona grigia”, ma mancavano i nomi e i cognomi dei collettori e della cerniera con il “terzo livello”. Quindi era inevitabile che le indagini sarebbero arrivate lì”.

Nel 2009 mi disse “L’infiltrazione mafiosa in Lombardia non è nei centri nevralgici del potere”. E oggi?

“Oggi, per la frantumazione del senso dell’etica e della responsabilità, sono i centri nevralgici del potere, che siano politici o imprenditoriali, che vanno a cercare la ‘ndrangheta. Il caso avvenuto in Lombardia secondo me è molto significativo, perché si tratta di un politico che bussa alla porta della ‘ndrangheta per ottenere un servizio. Un po’ come quel pezzo di imprenditoria che bussa per ottenere appalti o liquidità. Allora, a questo punto non è più la mafia che si infiltra nella politica, è la politica che si infiltra nella mafia”.

L’intercettazione ambientale dei due “esattori” di Zambetti è impressionante. Che cosa la colpisce?

“Loro hanno una concezione che è rimasta immutata dopo il ’92, e anche molto simile alle parole di Bernardo Provenzano e di altri: la concezione che i politici siano al loro servizio, unita alla soddisfazione di poter esercitare prepotenza su un potere che evidentemente spesso hanno invece visto come nemico. Poi, secondo me, c’è nelle vittime (per quanto possiamo considerare Zambetti una “vittima”) un’incredibile e gravissima mancanza di capacità nel cogliere la situazione che si è venuta a creare. Mi chiedo se un politico come Zambetti, un assessore di una Regione così importante come la Lombardia, possa immaginare quali risultati produca chiedere un favore a “famiglie” di questo tipo. Evidentemente no, visto quello che si legge”.

Risultano inoltre evidenti le manovre mafiose per infiltrarsi nell’Expo.

“Anche su questo punto, è qualcosa che sto dicendo da mesi. C’è stata un’inchiesta sul clan di Ciccio Valle. Ricordo un’intercettazione in cui si parlava dell’acquisto di un terreno per farci poi un’attività commerciale in previsione di Expo. E noi, in Consiglio regionale, non sapevamo ancora quali fossero i confini di Expo. Allora sembra che, soprattutto la ‘ndrangheta, in Lombardia abbia notizie di prima mano dalla politica prima ancora che diventino politica, prima che passino dalle aule consiliari, cioè dai luoghi di dibattito e di democrazia. Se non sono notizie di prima mano, una visione un po’ più pessimistica ci potrebbe far dire che sono loro i suggeritori di alcune iniziative politiche. Il problema di Expo, secondo me, non sta tanto nelle regole e solo nelle regole. Sta, come per tutti questi grandi eventi, nello spessore etico e morale della classe dirigente”.

Impressiona anche che le cosche riescano a controllare migliaia di voti.

“Questo non dovrebbe stupire, perché in realtà è la sconfitta dei cittadini onesti. Io dico spesso che per combattere la mafia non serve l’anti-politica: serve l’ultra-politica. Ad esempio, il fatto che lo strumento delle preferenze non venga usato dai cittadini onesti, permette alla ‘ndrangheta di riuscire a vincere in un campo perfettamente democratico, e seguendone le regole. Se la ‘ndrangheta riesce a cogliere le opportunità democratiche degli strumenti elettorali più dei cittadini onesti, il problema secondo me è che ci sarebbe bisogno di ultra-politica. Vede, le informazioni che ho io sono disponibili per qualsiasi politico voglia sapere, non ho canali preferenziali. Semplicemente, me ne occupo da tempo. Il problema principale per alcuni politici (ma direi anche per alcuni cittadini, altrimenti perpetuiamo questa distinzione) è che sono ricattabili. In secondo luogo, il muscolo della curiosità va esercitato. In questo Paese ce ne siamo un po’ dimenticati”.

Da consigliere regionale, cos’ha capito in più rispetto a prima?

“Diciamo che ho visto dal vivo i protagonisti dei miei spettacoli. In realtà, quando facevo solo teatro mi accusavano di essere un teatrante troppo politicizzato, oggi mi accusano di essere un politico troppo teatrale. Tutto quello che sta succedendo qui è molto teatrale, c’è moltissimo da raccontare, perché sono i personaggi che si ripetono, sono come eterne maschere della commedia dell’arte. Per esempio, il faccendiere Daccò non è diverso dall'”amico degli amici” di cui parlava Buscetta nella politica siciliana. Secondo me tutto è tragicamente molto drammaturgico”.

Cavalli, lei perché si è candidato alle regionali del 2010?

“Perchè credo nella politica, anche se oggi è in una fase che fa rizzare i capelli in testa. Certo, questa fede nella politica è molto legata alle mie battaglie e denunce precedenti sulla trasparenza, sulla legalità. Però, siamo riusciti a rimuovere un direttore dell’Asl (Pietrogino Pezzano, fotografato con alcuni boss calabresi, ndr) come l’Asl 1 di Milano, la più importante d’Italia e forse d’Europa per dimensioni e fatturato, ed è riuscito a farlo un consigliere regionale come me, di un minuscolo gruppo di minoranza, senza bisogno di rinvii a giudizio, ma parlando di fatti, portati in aula consiliare. Allora significa che la politica può essere anche uno strumento” .

Rosanna Biffi

Le ‘ndrine al Nord non sono degli alieni (l’editoriale per Pubblico di oggi)

Abbiamo perso l’esercizio del senso dell’opportunità. L’abbiamo lasciata in qualche vecchio cassetto o forse l’abbiamo sempre lì appoggiata sulla solita mensola ma ci siamo dimenticati come si usa, abbiamo perso le istruzioni. Gli ultimi arresti hanno soffiato sull’indignazione e su  un molle senso di allarme generale sulle mafie ma in qualche caso sembrano avere dato inizio ad un’erezione passeggera.
In Lombardia c’è in agenda un’iniziativa antimafia al giorno: è una bella abitudine di questi tempi, roba da fregarsi le mani rispetto ai prefetti che ne negano l’esistenza o ai sindaci che balbettano imbarazzati parlando flebilmente di presunte, possibili, circostanziate possibilità di infiltrazioni future.
Eppure le mafie qui su sono una cosa a sé: un mostro un po’ peloso che ha bisogno di essere raccontato perché faccia meno paura. E mentre ci si convince di compierne l’analisi si finisce per sublimarlo, così la pulsione aggressiva sparisce e la criminalità organizzata diventa un buon tema per le disquisizioni padanamente saccenti davanti al thé.
Quando qualcuno alza la voce e tira fuori questa vecchia storia dell’opportunità invece viene zittito come si zittiscono i molestatori. L’opportunità – ci dicono – è sancita dalla magistratura, niente tribunali del popolo – inorridiscono, sono sensibili – e niente teoremi! 
Oggi la Lombardia è ferita dalla ‘ndrangheta, ossessionata dall’avere i boss sullo stesso pianerottolo ma analfabeta: analfabeta nei modi, nei tempi, nelle meccaniche delle collusioni e nel coraggio. Celebra l’avvocato Ambrosoli ammazzato dal sicario di Sindona ma non invita il figlio Ambrosoli alla commemorazione del padre. Bisogna parlarne ma non superare il confine, contenersi in una buona educazione che si limiti per i più coraggiosi a riportare le notizie giudiziarie. Bisogna imparare in fretta il bon ton dell’antimafia lombarda come la vorrebbe la politica: tanti boss, qualche morto ammazzato per rendere truce la scenografia e al massimo qualche assessore di un paesino piccolo piccolo. Non un centimetro in più.
Poi non è importante che il riciclaggio giù al nord, la corruzione e la privatizzazione incessante delle regole siano il giaciglio perfetto per l’onnivora ‘ndrangheta che ridisegna le economie e i territori, sembra che non sia importante che le ultime indagini ci dicano che  la merda sotto terra per qualche centesimo al chilo sia sotto le autostrade che porteranno a Expo, non importa che Lea Garofalo sia stata uccisa in pieno giorno in centro a Milano o che brucino i beni confiscati: la mafia qui è un alieno atterrato tra i civili. Ma i civili sono innocenti. Altrimenti che civili padani sarebbero?

L’arresto dell’assessore Zambetti di ieri è l’ennesimo segnale di una ‘ndrangheta che non è più infiltrazione, ma è parte integrante del sistema politico lombardo. Le persone che hanno rovinato la mia vita in questi ultimi anni dialogano con un assessore che siede poco distante da me in Aula. Non c’entra la responsabilità penale è molto di più: è la difficoltà di raccontarlo ai miei figli. Semplicemente.

Salvini e la Lega scelgono di non scegliere

Alla fine il conciliabolo della Lega si conclude con un finto ultimatum della Lega a Formigoni: azzeramento Giunta o dimissioni.

Praticamente hanno deciso che Formigoni deve decidere. Come quegli adolescenti che per la paura di lasciare fanno di tutto per essere lasciati e intanto issano la bandiera dell’impresa.

Eppure la spiegazione è semplice: la Lega sa di non avere i voti per raggiungere la decenza nel caso in cui si vada al voto, cerca di ammaestrare il proprio elettorato continuando ad abbaiare sempre più forte ma in realtà ha una paura blu che Formigoni perda la pazienza. Domani Maroni e Salvini metteranno in scena un bel siparietto con Formigoni fingendo l’ennesimo penultimatum che si chiuderà con la solita mediazione. Diranno che la Lega ha la voce grossa e intanto il nuovo corso leghista 2.0 si sarà sdraiato anche su un concorso esterno in associazione mafiosa. Com’è nel DNA della Lega degli ultimi vent’anni.

Noi ci prepariamo alle primarie, intanto.

Scioglierci

Ci sono due aspetti sull’arresto dell’assessore Zambetti per concorso esterno in associazione mafiosa. Distinti ma confusi per dolore e rabbia.

Le persone che hanno rovinato la mia vita in questi ultimi anni dialogano con un assessore che siede poco distante da me in Aula. Non c’entra la responsabilità penale è molto di più: è la difficoltà di raccontarlo ai miei figli. Semplicemente.

C’è il punto politico: smettiamo di credere che sia criminalità organizzata, qui siamo alle macerie democratiche, all’incendio delle regole e per anni nessuno ha voluto vedere la brace. Nessuno. Anche dalle nostre parti abbiamo creduto (in troppi) che fosse roba da commissione o quelle cose lì e invece è il cuore del potere. Per la rabbia e l’indignazione non voglio nemmeno chiedere le dimissioni, vorrei gridare la sconfitta di tutti: la ‘ndrangheta gestisce pacchetti di voti perché la politica non riesce a farlo, le mafie usano le preferenze (un’opportunità che sta nelle regole) battendo gli onesti anche negli strumenti democratici, per dire.

Faccia una cosa il Governo, ma davvero: sciolga Regione Lombardia. Le inchieste degli ultimi anni parlavano di zona grigia, ora cominciano a galleggiare i nomi e i cognomi, la commissione antimafia aveva parlato di consiglieri eletti con i voti delle mafie, Massimo Ponzoni viene definito dagli atti della magistratura “capitale sociale della ‘ndrangheta” e ora Zambetti.

Scioglieteci. Da questo laccio che ogni giorno sembra più un cappio.