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edilizia

“Bene il ministero verde, ma il M5S in questi tre anni ha fatto solo danni all’Ambiente”: la portavoce di Green Italia a TPI

Quindi ora si esulta per il super ministero per la Transizione ecologica, come l’ha chiamato con enfasi Beppe Grillo. Ma serve davvero? Come siamo messi con le politiche ambientali? Ne abbiamo parlato con Annalisa Corrado, portavoce del movimento Green Italia, ingegnera meccanica specializzata in Ricerca Energetica, che si occupa di impianti alimentati da fonti rinnovabili, di efficienza energetica, di gestione virtuosa di rifiuti e sotto-prodotti e di  valutazione degli aspetti ambientali dei sistemi energetici.

Ora torna di moda l’ambientalismo. Grillo dice di avere ottenuto da Draghi un super ministero per la Transizione ecologica e il tema esplode sui media. È comunque un bene o rischia di essere l’ennesimo fuoco di paglia che passerà presto?
A Grillo ha fatto molto comodo intestarsi questa proposta con un colpo di teatro. Ma, avendo avuto a disposizione tre anni con il primo partito in Parlamento, avrebbe potuto fare molto se ci avesse tenuto tanto. Contano i fatti: i fatti dicono che non solo i Cinque Stelle non hanno fatto molto, ma anche che, di tutte le cose che si sono intestati come battaglie politiche sull’ambientalismo, non hanno fatto praticamente nulla, se non alcuni danni piuttosto importanti.

Fa un po’ sorridere che adesso l’ambientalismo emerga come una vittoria di Grillo, anche se il fatto che abbia spinto anche lui su questa soluzione torna comunque utile, soprattutto perché finalmente se ne parla nel dibattito politico e mediatico, cosa che non accade quasi mai. A mio avviso l’istituzione di questo ministero è un’ottima notizia: tutto si giocherà su quali deleghe avrà il ministero, su chi lo guiderà e con quale visione, con quali risorse e con quale sostegno politico.

Noi avevamo chiesto addirittura una cabina di regia in sede alla Presidenza del Consiglio perché combattere il cambiamento climatico prevede un’interdisciplinarietà tale che rende insufficiente un dipartimento del ministero dell’Ambiente com’è ora. Ci vuole delega sull’Energia, sui Trasporti, sulla Mobilità, sull’Industria, sull’Allevamento, sull’Innovazione, sulla Cultura, sulla Formazione, praticamente tutto deve essere organizzato per essere sinergico. Se il nuovo ministero sarà così, allora sarà esattamente quello che serve. Solo dall’annuncio comunque c’è stato un dibattito culturale e politico sicuramente positivo.

Qualcuno fa notare che al ministero esistesse già un dipartimento che avrebbe dovuto occuparsi proprio di questo. Ritiene utile che venga creato un ministero appositamente?
Sì, esiste un dipartimento, ma è totalmente insufficiente anche perché il ministero per l’Ambiente in Italia non ha deleghe forti, non ha disponibilità e importante e non ha una struttura forte. Basti pensare che al ministero per l’Ambiente non è mai stato fatto un concorso specifico: sono tutti funzionari e dirigenti che vengono da altre realtà e tutti i tecnici sono stati consulenti esterni con contratti super precari, con un turnover spaventoso per cui metterci le mani adesso è complicato. È un ministero super depotenziato che quando andava a interloquire con altri ministeri non ne aveva la forza.

Come valuta il governo Conte dal punto di vista delle politiche ambientali?
La valutazione è piuttosto desolante, anche se il M5S aveva fatto promesse e creato consenso intorno a temi come l’abolizione dei sussidi alle attività dannose per l’ambiente o i sussidi alle fossili. Nei due governi in cui il M5S avrebbe avuto modo di agire non ha fatto nulla,. Solo ipotesi, i soldi sono sempre tutti là belli fermi. Anche perché quando c’è da fare una battaglia meno comprensibile per le persone, penso alla plastic tax, ci si tira immediatamente indietro.

Ma soprattutto il M5S ha fatto danni rispetto all’economia circolare, che è un tema da loro molto cavalcato, perché ogni volta che in un territorio c’è un loro comitato contro un qualsiasi tipo di impianto sono sempre in prima linea. C’è una grande ambiguità tra il consenso popolare e le cose che si devono fare. La rivoluzione verde non sarà indolore: prevede uno stravolgimento importante delle nostre abitudini, del modo di fare produzione, di fare industria, di spostarsi. Tutte le rivoluzioni vanno costruite con attenzione ai più fragili, alle disuguaglianze sociali, però sono stravolgimenti che vanno spiegati e compresi con competenza e che vanno governati.

Noi abbiamo perso molti treni come tessuto industriale proprio perché non siamo stati in grado di capire che questa era la nuova direzione in tutta Europa. Faccio un esempio: ora che la plastica monouso è messa da parte, l’industria del nord Italia, che produce il 70% del monouso che viene venduto in Europa, è in crisi. Quando 15 anni fa gli ecologisti dicevano di investire in economia circolare li guardavano tutti come dei pazzi. Forse adesso un poco lo stiamo comprendendo.

Quali dovrebbero essere le priorità del governo Draghi sul tema, anche in previsione dei soldi che arriveranno dal Recovery Fund?
Serve una visione sistemica, mancano gli indicatori, manca una visione complessiva, mancano gli strumenti e mancano le indicazioni delle riforme per portare a termine gli obbiettivi. Noi già siamo in difficoltà nella gestione ordinaria delle risorse europee figuriamoci in una situazione del genere. C’è troppo poco sulle fonti rinnovabili, pensando solo a un potenziamento del bonus sull’edilizia residenziale.

Servirebbe una riconversione di tutto il sistema industriale verso l’economia circolare, che non può essere solo una nicchia: l’economia circolare è la lente attraverso cui progettare tutta la filiera industriale italiana. Ad esempio: vogliamo tornare a contare nell’automotive? Dobbiamo convertire le nostre produzioni, ancorate a un modello vecchissimo per i soliti interessi fossili che ci hanno penalizzato.

Ci sono tante voci scoperte e non c’è un sistema di rendicontazione dei risultati. Poi non si può dire “il 37% va alle rinnovabili e il resto lo mettiamo dove ci pare”: serve una strategia complessiva che nemmeno un euro vada contro l’obbiettivo della de-carbonizzazione. L’altra priorità di Draghi deve essere l’infrastrutturazione di questo Paese, un welfare che crei una salubrità come concetto molto più profondo del semplice concetto sanitario e poi la ristrutturazione sociale per l’emersione della parità di genere e dei talenti femminili. Non dimentichiamoci che l’approccio ecologista segue l’agenda 2030 dell’Onu quindi il Pnrr deve essere illuminato da quel documento.

Com’è messa l’Italia in termini di politiche ambientali nello scacchiere europeo?
Siamo messi male, molto male. Abbiamo procedure d’infrazione su tantissimi temi come la qualità dell’aria e la gestione dei rifiuti. Le cose in Italia succedono solo quando le procedure d’infrazione diventano insostenibili: vedi la chiusura della discarica di Malagrotta. C’è stato un breve periodo in cui abbiamo fatto parecchio per le rinnovabili a cavallo del 2010 dopodiché ci siamo completamente fermati.

Abbiamo un territorio dove servono moltissime bonifiche, abbiamo zone aggredite dall’industria dove le industrie se ne sono andate e sono rimasti i danni. I numeri epidemiologici a causa dell’inquinamento sono spaventosi e le politiche non sono all’altezza. Ci sono nazioni che hanno uno sguardo molto più alto del nostro, come la Francia, la Germania e i Paesi del nord. Addirittura a prescindere dal colore del governo del momento.

Ritiene che quella stessa parte politica che per anni ha negato i cambiamenti climatici possa ora ravvedersi in nome della “responsabilità” invocata da Mattarella?
No, quella parte politica che nega i cambiamenti climatici con battute di spirito cambi le sue posizioni che sono sempre state sui fossili e sulla conversazione. Sono anche partiti antiscientifici, l’abbiamo visto anche per il Covid. Non credo cambieranno improvvisamente idea. Potrebbe essere ora che intuiscano che anche negli interessi dei loro interlocutori (industriali, piccole e medie imprese) è ora di mettere al centro la sostenibilità e la conversione ecologica.

Vince chi investe su questo e si fa trovare preparato alle crisi e i numeri dicono che sopravvivono le aziende più indipendenti dal punto di vista energetico, più pronte a affrontare un mercato che sta cambiando. Sta diventando un tema anche economico, con le linee guida dell’Europa bisogna sviluppare questa visione. In Germania i temi della transizione sono bipartisan, a parte Trump anche negli Usa i repubblicani parlano di carbon tax da anni.

Leggi anche: Verdi tedeschi contro Grillo: “Un partito che insulta le donne e fa annegare i migranti non sarà mai come noi”

L’articolo proviene da TPI.it qui

Come Maroni combatte la povertà: rendendo abitabili gli scantinati. Per riempirli di povera gente.

Uno strumento di rilancio per l’edilizia, un «provvedimento di buon senso», oppure «una deregulation selvaggia che riempirà gli scantinati di povera gente». Nello spettro di opinioni c’è la realtà di una legge, approvata ieri dall’aula dal Pirellone, che renderà abitabili 40mila seminterrati che potranno nel caso essere trasformati anche in bar o negozi.

Tutto, o quasi, ruota intorno a una norma tecnica: uno dei parametri a cui il nuovo provvedimento permetterà infatti di derogare è l’altezza dei locali da recuperare, che in ogni caso non potrà essere inferiore a 2,40 metri. Nel caso di incremento dei volumi urbanistici è comunque previsto l’obbligo di trovare nuovi spazi per parcheggi e servizi ed è fissato un termine perentorio di 120 giorni dall’entrata in vigore del testo, entro il quale a ciascun Comune resta in ogni caso la facoltà di disporre l’esclusione di parti del territorio dall’ applicazione della legge stessa, per esigenze legate alla necessità di tutela dei luoghi.

La legge è passata con 37 voti a favore (la maggioranza di centrodestra) e 32 contrari (centrosinistra e Movimento Cinque Stelle). Le norme possono essere applicate agli immobili realizzati successivamente all’entrata in vigore della legge solo dopo 5 anni dalla loro costruzione. A inizio seduta per soli due voti era stata peraltro bocciata l’eccezione di costituzionalità sollevata dalle opposizioni.

Durante il dibattito in aula il provvedimento ha subito alcune correzioni, anche per le riserve del gruppo della Lega. Un emendamento, fatto proprio dal M5S, ha per esempio stabilito che i vani e i locali seminterrati non potranno essere oggetto di mutamento di destinazione d’uso nei dieci anni successivi al conseguimento dell’agibilità. Via libera (a scrutinio segreto) anche alla proposta di modifica con la quale si prescrive che nel caso il recupero del seminterrato comporti la creazione di un’autonoma unità abitativa, i Comuni dovranno trasmettere comunicazione alle Ats locali.

Per il relatore del provvedimento Fabio Altitonante (Forza Italia), «si tratta di una legge innovativa, facile e veloce, senza nuove tasse né burocrazia. Aumenterà l’offerta per imprese e cittadini e ci saranno effetti importanti per il rilancio del settore edile. È una legge green: zero consumo di suolo e più efficienza energetica». Soddisfatto anche il governatore leghista Roberto Maroni. «È stata approvata una legge utile e importante, esattamente come fu quella contro il consumo di suolo ingiustamente accusata dalla sinistra di favorire il partito del cemento». «Un condono preventivo», «un orrore urbanistico destinato a creare ghetti negli scantinati», protestano invece le opposizioni per una volta compatte. È in arrivo, pronosticano i consiglieri di centrosinistra, il decimo provvedimento regionale impugnato dal governo davanti alla Consulta «per ragioni di palese incostituzionalità».

Esultano invece, come prevedibile, i costruttori. Secondo Achille Colombo Clerici di Assoedilizia «si tratta di una legge di grande saggezza amministrativa che va nella direzione di rendere utilmente funzionali strutture edilizie già regolarmente esistenti, ma sottoutilizzate. In questo modo la legge ovvia ad un nonsenso. Si tratta infatti di intervenire per realizzare abitazioni o locali ad uso diverso dove già esistono spazi legittimamente costruiti; si amplia l’offerta di funzioni e non si consuma nuovo suolo». Altrettanto prevedibile l’opposizione di Legambiente che punta il dito, tra l’altro, contro le possibili conseguenze sanitarie della deregulation abitativa: «Rendere abitabili i seminterrati — dice Damiano Di Simine — implica una gravissima sottovalutazione del rischio dell’inquinamento da radon, gas radioattivo spesso presente nelle nostre cantine».

(fonte)

Soldi a forme di case

Ormai sono anni che parlo di ambienti sfigurati da soldi che hanno bisogno di assumere una forma qualsiasi, l’importante è che non abbiano la forma e l’odore dei soldi.
Bene, i soldi a forma di case trovano uno degli esempi (e degli scempi) peggiori nel piccolo comune di San Giovanni in Marignano:

La costruzione di centinaia di nuovi appartamenti è quello che i cittadini di San Giovanni in Marignano, piccola città nella provincia di Rimini, potrebbero vedere approvare oggi (18 agosto) dal loro consiglio comunale. Un piano particolareggiato, il cosiddetto “Compartone”, che prevede su una superficie territoriale complessiva di quasi 120 mila metri quadrati, la realizzazione di 333 unità immobiliari fra alloggi privati ed edilizia residenziale pubblica, suddivisi in fabbricati di diversa tipologia. Un progetto da capogiro, per di più da realizzare nel pieno centro urbano dove ci sono già numerose case sfitte o invendute, per una cittadina che conta appena 9mila abitanti.

La politica di plastica

Nel 2011 l’11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8,1 milioni di persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. Lo rileva l’Istat e lo scrive questa mattina il Corriere della Sera. In questa macelleria sociale (dei redditi, dei diritti, del lavoro, delle famiglia, del futuro e della dignità) oggi in Aula stiamo discutendo di EXPO. E Formigoni come un incantatore di serpenti ci racconta che sarà bellissimo, partecipassimo, importantissimo. Tutto in -issimo, insomma. Tutto eccellente. Tutto luci. Poi ha usato un aggettivo che mi ha colpito, forse perché ho passione per gli aggettivi: divertente. Ha detto proprio così: divertente. E qui in aula non si diverte nessuno. I suoi assessori applaudono. Bravo, bene,bis.

Intanto la Minetti(ti) mentre il governatore(issimo) racconta le proprie gesta si alza per andare in bagno. Forse a truccarsi. O forse un caffè. C’è da dire che la Minetti(ti) ha sempre i tempi della diva. Formigoni parla e lei se ne va. E se ne vanno tutti: giornalisti, fotografi. Tutti.

E in aula si continua. Proviamo a sollevare qualche tema, ricordiamo che forse Formigoni commissario straordinario di un evento su cui si gioca la credibilità internazionale non sia una scelta fortunata, chiediamo che in EXPO si parli di lavoro (con un ricollocamento degli esodati o licenziati ad esempio come da nostro ordine del giorno). Chiediamo dei dubbi (giusti e condivisi) di Basilio Rizzo sulla speculazione sulle aree confermata anche da alcuni studi. Chiediamo spiegazioni sulle infiltrazioni mafiose.

Ma non c’è nessuno in aula. Oggi l’argomento è la scendiletto di Berlusconi e poco altro. Oggi la politica qui dentro è più di plastica della Minetti. Sul serio.

Se l’albero è parte lesa

Una riflessione (che sembra così ardita di questi tempi in cui già il consumo di suolo è eversivo nel suo significato politico) di Corman Cullinan sul Corriere della Sera che apre uno scenario di pensiero che può solo portare buoni frutti. Appunto.

C’è una Magna Carta universale che gli umani faticano a riconoscere e però sovrasta qualsiasi Costituzione scritta dagli umani stessi. Cormac Cullinan, socio fondatore della Cullinan&Associates Inc., studio legale di Città del Capo, in Sud Africa, la chiama Wild Law (guarda i dieci punti caldi del pianeta), o legge della natura: «Siamo così abituati a conformarci a un diritto che punta al controllo e allo sfruttamento della natura, che la sola idea che la legge debba piuttosto essere al servizio delle forze naturali ci pare assurda, una contraddizione. Invece, dovremmo riflettere sul fatto che gran parte delle nostre leggi contribuisce alla soppressione della wildness, l’ambiente incontaminato». Insomma, è tempo di ribaltare la filosofia antropocentrica che ha forgiato la giurisprudenza moderna e recuperare quei principi universali che governano l’esistenza di tutti i membri della comunità terrestre.

E per chi già pensa che si uno squilibrio troppo laico rispetto al liberismo che deve crescere senza moralismi Cullinan mostra di avere pesato con attenzione e intelligenza la misura:

Negli ultimi anni, anche grazie alla spinta delle convenzioni internazionali, si è ampliato il campo della cosiddetta «giurisprudenza ambientale». Eppure Cormac mette subito in chiaro che la Wild Law è un’altra cosa: «Le leggi ambientali modificano i sistemi legali esistenti proibendo o limitando la possibilità di danni all’ambiente, per esempio attraverso l’introduzione di permessi per l’attività mineraria, il disboscamento, l’edilizia, l’inquinamento ». Leggi che non contrastano, però, la concezione di base della nostra giurisprudenza, e cioè che il mondo è una collezione di «oggetti» (o risorse naturali) a disposizione dell’uomo. «Le leggi ambientali impongono alcune restrizioni al diritto di proprietà ma continuano a considerare il mondo naturale come una proprietà. In base alla Wild Law, invece, lo scopo del sistema legale non è di permettere agli uomini di dominare e sfruttare gli altri membri della comunità terrestre, con un’attitudine coloniale, ma di mantenere un equilibrio fra gli interessi degli uni e degli altri, garantendo l’integrità dell’intero ecosistema. «Le leggi ambientali sono l’equivalente delle leggi che limitavano il diritto di punizione di un possidente sul proprio schiavo, mentre la Wild Law vuole abolire la schiavitù, cioè impedire all’uomo di trattare la Natura come uno schiavo», sostiene Cormac. Un passo in più anche rispetto ai cosiddetti «diritti animali», perché secondo la Wild Law sono soggetti legali, e quindi detentori di diritti, anche fiumi, montagne, mari, piante… «Il diritto umano alla vita, all’acqua, al cibo, perde ogni significato se l’ecosistema che produce quell’acqua e quel cibo non ha diritti e se la popolazione non può far causa contro chi quei diritti non rispetta». Realtà o utopia? La maggior parte delle attività umane emette CO2. Nel mondo ideale di Cormac, sarebbero tutte illecite? «L’intenzione non è di proibire qualsiasi attività umana che impatti sulla natura. Significherebbe che non potremmo neppure mangiare. Il punto è come impedire agli umani di danneggiare la natura per motivi futili o egoistici. Se riusciamo a costruire auto che non impattano sui sistemi ecologici, non è necessario rinunciare alla guida. Se invece l’industria automobilistica mette a repentaglio la vita delle generazioni future, è meglio spegnere i motori».