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elezioni

Elezioni: la differenza tra Renzi e Tsipras

E’ interessante la lettera che Lucia Annunziata, direttrice dell’Huffington italiano, scrive a Matteo Renzi:

Caro Presidente del Consiglio, leggendo di Tsipras, in queste ultime ore, ha provato qualcosa, una increspatura, un sobbalzo, un filo, anche solo un filo, di nostalgia? Nostalgia per quello che avrebbe potuto essere e non è stato?

Alexis Tsipras ha preso le decisioni che lei avrebbe potuto (e forse dovuto) prendere alcuni mesi fa. Sì, parlo di elezioni, di quelle che avrebbe dovuto (e potuto) chiedereappena eletto segretario del Pd, e che invece preferì dimenticare a favore di un passaggio di mano da nominato a nominato a Palazzo Chigi. E sì, lo so, è molto impopolare ricordargli di quelle elezioni mancate: a chi fin da allora le chiedeva di andare alle urne in rispetto del suo impegno con gli elettori, i suoi fan rispondevano con tracotanza, in giro per trasmissioni tv: “In sei mesi avrà fatto tante cose per questo paese che nessuno si ricorderà nemmeno più come è arrivato a Palazzo Chigi”.

Invece le elezioni – come dimostra la abilità con cui le manovra Alexis Tsipras – sono la migliore arma di rapporto con il popolo, e la loro efficacia sminuisce a strumenti vicari anche tv, web, twitter e tutti i media insieme. Cosi, oggi, sulla scorta di quel che è successo in Grecia, si potrebbe immaginare quanto diverso sarebbe stato il suo (e nostro) itinerario politico, e quanto più solido.

Continua qui.

 

A Platì dove abdica la politica

Platì, Calabria, Italia. Paese di ‘ndrangheta, qui comandano gli uomini del clan Barbaro nonostante molti di loro abbiano base nella lombardissima Buccinasco. A Platì le elezioni non si terranno: nessun candidato a sindaco. La politica abdica nei suoi territori più bui. Come si chiama: resa. Si dice resa. Ed è roba da omuncoli.

 La politica, a queste latitudini, non c’è. I partiti non esistono se non quando devono chiedere i voti per le regionali. La legge è quella della famiglia Barbaro e delle altre cosche mafiose. Il 27 marzo 1985 la ‘ndrangheta ha ucciso il sindaco Domenico Demaio. Da allora non è cambiato nulla. Le amministrazioni comunali vengono sciolte per mafia. Negli ultimi 12 anni per tre volte la prefettura ha inviato i commissari che gestiscono l’ordinario. Passano diciotto mesi e si ritorna a votare. Poco dopo, di nuovo la prefettura segnala che i boss condizionano l’attività dell’amministrazione comunale e chiedono lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Questa volta però è diverso. A fine maggio a Platì non si voterà. Non è stata presentata nessuna lista per le prossime elezioni comunali. La polemica riguarda il centrosinistra calabrese e, soprattutto, il Partito democratico di Renzi che, alle ultime regionali, è stato il più votato. La coalizione che ha sostenuto il governatore Mario Oliverio è arrivata al 77% dei voti mentre solo il Pd ha superato il 22%. Numeri che, in un Paese normale, avrebbero obbligato un partito a scendere in campo per dare un’alternativa a una cittadina dove i commissariamenti non hanno funzionato, una cittadina che non ha futuro se lasciata in mano a trafficanti di cocaina e famiglie mafiose.


(Fonte)

Quartum non datur

Ha ragione da vendere Pippo che dice di essere stato contattato da un’amica che gli ha riferito una frase appena detta da un giornalista televisivo:

Se cade il governo bisogna votare, mica si può avere il quarto presidente non eletto.

Già: quartum non datur. E fa niente se ne abbiamo avuti 3 di governi non eletti. Va bene così.

Tsipras: ascoltare per capire

(Sempre a proposito di quello che si diceva qui)

Sull’edizione greca dell’Huffington Post ieri è stato pubblicato un intervento di Alexis Tsipras, il primo che potrebbe anche essere l’inaugurazione di una più lunga collaborazione, intitolato “Sull’orlo di un cambiamento di portata storica”.

Il leader di Syriza parla del suo movimento e del suo rapporto con l’Europa e con l’euro. In particolare, il cambiamento di cui parla nel titolo è quello che la Grecia affronterà, in positivo, dopo le elezioni del prossimo 25 gennaio, ed è un cambiamento che deve riguardare tutta l’Europa, infatti scrive:

“Il 25 gennaio il popolo greco verrà chiamato a cambiare la storia col proprio voto, a disegnare uno spazio di cambiamento e di speranza per tutti i popoli d’Europa, condannando i fallimentari memoranda dell’austerity, e dimostrando che quando la gente lo vuole, quando osa, e quando vince la propria paura, le cose possono cambiare”

Tsipras spiega che Syriza “non è l’orco, né la grande minaccia per l’Europa”, ma è la “voce della ragione” e una “sveglia” che tara svegliare l’Europa dal letargo e dal sonnambulismo. Non è dunque un pericolo, ma uno stimolo al cambiamento.

Poi ammette che c’è una minoranza che non la percepisce come tale, in particolare la leadership conservatrice del governo tedesco e una parte della stampa che “insiste nel riciclare vecchie storielle e leggende sul Grexit”. Poi si scaglia contro il premier attuale Antōnīs Samaras che, dice, “non offre alcun programma”, ma solo la prosecuzione dell’austerity e continuerà a tagliare gli dipendi e le pensioni mentre dall’altra parte aumenterà le tasse perché

“sta occultando il fatto che la Grecia, in quanto membro dell’Eurozona, si è impegnata nel raggiungimento di alcuni obiettivi, e non piuttosto nella valutazione degli strumenti politici necessari al loro raggiungimento”

Siryza, invece, applicherà il Programma di Salonicco, indipendentemente dal negoziato con i suoi finanziatori, e adotterà una serie di azioni mirate per contenere la crisi umanitaria, con la giustizia fiscale e un piano di rilancio dell’economia. Inoltre, Tsipras punta ad attuare riforme radicali del modus operandi dello Stato nel settore pubblico per “cambiare tutto ciò che ha spinto il Paese sull’orlo di una bancarotta economica, ma anche morale”.

Poi Tsipras passa a parlare dell’euro e dice che Syriza non ne vuole il crollo, ma il salvataggio, ma sarà impossibile salvarlo finché il debito pubblico dei suoi Stati Membri sarà fuori controllo. Spiega che il problema del debito pubblico non è solo greco, ma europeo e dunque è l’Europa nel suo insieme che è in debito e che deve cercare una soluzione sostenibile. Poi chiarisce:

“Syriza e la Sinistra Europea sostengono che nella cornice di un accordo europeo, la stragrande maggioranza del valore nominale del debito pubblico debba essere cancellata, bisognerà imporre una moratoria sulla sua restituzione, e bisognerà introdurre una clausola per la crescita che si occupi della parte rimanente del debito, così da poter impiegare le rimanenti risorse per la crescita”

Tsipras sostiene che davanti al futuro dell’Europa ci sono due strategie completamente diverse:

– quella del ministro dell’Economia tedesco Schäuble, secondo il quale, “indipendentemente dal fatto che leggi e i principi concordati funzionino, dovremmo continuare ad applicarli”
– quella del “costi quel che costi” per salvare l’euro (espressione usata nel 2012 da Mario Draghi, Presidente della BCE)

e queste due strategie si scontreranno proprio in occasione delle elezioni greche del 25 gennaio. Tsipras è convinto che la seconda prevarrà perché, scrive,

“la Grecia è il paese di Sofocle, che con l’Antigone ci ha insegnato che esistono momenti in cui la legge suprema è la giustizia

(fonte)

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(La vignetta è di Mauro Biani, of course)

Finalmente, in Calabria.

Qualcuno decide di decidere una data per le nuove elezioni dopo l’arresto di Giuseppe Scopellitti. Sarebbe bello che fosse stato qualche partito con senso di responsabilità e invece, come spesso succede in questo Paese, è dovuto intervenire il TAR:

Le elezioni vanno fissate al più presto. Entro dieci giorni. ll Tar della Calabria ha accolto il ricorso presentato da un gruppo di associazioni e ha imposto alla presidente facente funzione della Regione, Antonella Stasi, di stabilire quando i cittadini dovranno tornare alle urne. E questo dovrà avvenire entro dieci giorni dalla notifica dell’ordinanza. I giudici si sono spinti oltre ed hanno già nominato il prefetto di Catanzaro, Raffaele Cannizzaro, commissario ad acta nel caso in cui la Regione non emetta il decreto per fissare le elezioni. Il Prefetto, nel caso in cui dovesse scendere in campo, avrà a sua volta altri cinque giorni di tempo per indire i comizi elettorali.

Per Renzi è un referendum

Alla fine come potevamo immaginare Matteo Renzi ha deciso di trasformare la campagna elettorale per le elezioni europee in un altro referendum su sé stesso. Poco male se non fosse che il gesto, al di là dell’amor proprio che di sicuro a Renzi non manca, non tiene conto del fatto che queste elezioni e questa Europa stiano entrando sempre di più nel condizionamento economico e sociale della quotidianità di tutti: anziani, imprenditori, agricoltori, artigiani e più di tutti i disoccupati. La scelta di Matteo Renzi proprio per questo è antipatica ma soprattutto ingiusta: queste elezioni dovrebbero essere il passaggio fondamentale di una nuova alfabetizzazione all’Europa e invece finiscono in show.

Poi succederà che per “mascariare”, delegittimare e isolare gli avversari senza dovere affondare nei contenuti diranno che gli euroscettici sono pericolosi. Ah sì, è già successo: mettere insieme in un unico calderone chi vorrebbe disfare l’Europa con chi è scettico con questa Europa solidale solo tra sodali.

Siamo già avanti.

La massoneria va al voto

Con l’ombra della ‘ndrangheta:

Massimo Bianchi è definito da qualcuno dentro le logge “candidato di disturbo”: ha fatto una campagna elettorale d’opposizione alla gestione Raffi, dopo essere stato però per 15 anni il suo numero due, come Gran Maestro Aggiunto. Gli oppositori della passata gestione faranno dunque confluire i voti sul notaio messinese Silverio Magno. C’è chi, dentro il Grande Oriente, mostra preoccupazioni per il pericolo di infiltrazioni mafiose. Tra questi, l’avvocato calabrese Amerigo Minnicelli, che già nel 2012 segnalava che molti tra gli indagati e gli arrestati in Calabria per mafia e corruzione erano appartenenti al Goi. Per tutta risposta, è stato accusato di fomentare una campagna denigratoria contro la massoneria ed è stato espulso dal Grande Oriente. Un anno dopo, lo stesso Raffi ha dovuto evidentemente prendere atto che il problema era reale, tanto che ha provveduto a sospendere la Loggia Verduci, nella Locride, proprio per infiltrazioni mafiose. Oggi Minnicelli solleva di nuovo il problema. Delle tre regioni ad alta presenza massonica – Piemonte, Toscana e Calabria – quest’ultima ha ben 2 mila iscritti, di cui circa 1.500 Maestri votanti. Minnicelli calcola che si può risultare eletti con 4-5 mila voti validi. I massoni calabresi sono dunque determinanti: lo furono alle ultime elezioni, quando Raffi vinse grazie ai mille voti ricevuti in Calabria, che gli permisero di superare per una manciata di voti (meno di 400) il suo sfidante Natale Di Luca. Ma per sapere quale sarà il futuro della massoneria italiana dovremo aspettare l’equinozio di primavera.

L’articolo di Gianni Barbacetto.

Un endorsement per la Sardegna

Murgia-Left-800x597Ne scriverò ancora di sicuro perché sto leggendo il libro della più bella campagna elettorale per chiunque abbia una visione di politica come cultura e perché lei è un’amica a cui auguro tutto il bene possibile in ogni campo si ritrovi: la #sardegnapossibile di Michela Murgia è una campagna elettorale di ascolto, pensiero, coesione culturale e politica alta. Non so perché le elezioni regionali dell’isola più bella d’Italia debbano passare così silenziose rispetto ad ogni ruttino provenga dalle segreterie romane ma ancora una volta (era successo per Renato Accorinti a Messina) i partiti sembrano non riuscire ad uscire dal fango dei soliti tatticismi e un gruppo di cittadini invece si sta mettendo in gioco in un campo difficile come quello delle elezioni. L’idea di cultura che propone Michela, ad esempio, dovrebbe essere un manifesto nazionale e non solo relegato alla possibile Sardegna.

Qualcuno negli ultimi giorni scrive che non ci si può permettere in Sardegna di votare la Murgia per non consegnare la regione alle destre: bene Michela, è il segnale migliore per capire che la campagna funziona.

La campagna elettorale con la borsa della spesa? Succede a Lodi.

Francesco Staltari è un consigliere comunale uscente di Lodi e candidato sindaco in questa tornata elettorale. Nato a Rosarno (RC) il 14 febbraio del 1966 lavora nel campo dell’edilizia con la T.C. COSTRUZIONI. Politicamente è stato eletto nelle scorse amministrative a Lodi per il PDL, al 2° posto della lista con 143 preferenze, ad Aprile 2011 ne è uscito per aderire ai PiD ( Popolari per l’Italia di Domani) di cui è stato coordinatore territoriale. I PiD, detto per inciso, sono la formazione politica che fa capo a Francesco Saverio Romano, ex Ministro dell’Agricoltura nel Governo Berlusconi. Poi è passato a Unione Popolare e si è candidato sindaco. I primi risultati dicono che non abbia racimolato nemmeno un misero 2%.

Tra le stranezze di questa campagna elettorale (e alcune coincidenze segnalate curiosamente in questo post) c’è un pacco arrivato ad alcuni elettori lodigiani: un pacco di generi alimentari. Pasta, riso e altro (con una strana dicitura “AIUTO UE”) e un santino elettorale. Indovinate di chi? Di Francesco Staltari. Vedere per credere:

Per capire il suo programma elettorale ecco un’intervista di qualche giorno fa:

C’è un bel vento, a Lodi

Le proposte che hanno un senso e valgono. Un programma semplice: quello di SEL Lodi e di come immagina la mia (ex) città: Lodi. Fare politica, a volte, è un temerario esercizio di rivoluzione. Anche a Lodi.

A Lodi come in tutto il paese la crisi impatta il mondo del lavoro in modo sempre più violento, disoccupazione e precariato si tengono compagnia, mentre i diritti si assottigliano e la pensione, più che un traguardo, diventa un miraggio. Lodi e il lodigiano non fanno eccezione con aziende in liquidazione, fabbriche, uffici, negozi chiusi o a rischio chiusura e la cassa integrazione ormai diventata prassi. E’ necessario liberare risorse per rimettere in moto l’economia locale, produrre servizi pubblici di qualità per i cittadini e pensare ad una città più viva e accessibile per tutti. Bisogna investire nella “Green economy”, puntando davvero sul futuro e sui giovani, favorire l’insediamento di attività innovative e la pratica della filiera corta, valorizzando le peculiarità del nostro territorio e collegando l’agricoltura e i produttori locali attraverso la Piccola Distribuzione Organizzata. Bisogna difendere le piccole realtà commerciali dalla grande distribuzione, inibendo l’insediamento di grandi centri commerciali – che già assediano Lodi – con gli strumenti urbanistici contenuti nel Piano di Governo del Territorio comunale e provinciale (PTCP). L’Amministrazione Comunale deve essere protagonista e non spettatrice nello scenario di questa crisi che rende il lavoro una merce sempre più rara; si può e si deve puntare, in collegamento con le realtà sindacali, alla sicurezza nel mondo del lavoro e investire nella formazione perché la “scommessa del lavoro”, certamente tra le sfide più difficili da raccogliere, ci impone di mettere in campo uno sforzo fatto, innanzitutto, di “volontà politica”, affinché Lodi sia in grado di dare risposte concrete.

Le proposte per il lavoro, le attività economiche e il commercio

– Stop alla logistica ed alla grande distribuzione, favorendo l’insediamento e la creazione di imprese ad alto contenuto occupazionale e fortemente innovative anche attraverso incentivi di tipo fiscale;
– Promozione della Piccola Distribuzione Organizzata (PDO) che favorisca l’incontro fra consumatori e produttori a “Km. zero”, aziende della filiera certificate o che riutilizzano beni confiscati alle mafie;
– Creazione di un Distretto di Economia Solidale (DES);
– Valorizzazione delle peculiarità territoriali (agro-alimentare, economia verde) e della presenza di know-how scientifico (Istituti di ricerca, Università) all’interno di un progetto che sappia favorire la riconversione ecologica delle aziende e promuovere la Green-economy;
– Potenziamento del pacchetto di misure economiche di sostegno (Fondo anticrisi) a favore di senza-lavoro, cassintegrati, famiglie in difficoltà anche tramite la realizzazione di convenzioni per l’uso agevolato di beni e servizi;
– Creazione di forme di sostegno all’imprenditoria giovanile e femminile attraverso la creazione di un “incubatore” di start-up, l’uso del micro-credito e di incentivi fiscali;
– Recupero e reimpiego di strutture pubbliche attualmente inutilizzate per l’allestimento di spazi lavorativi condivisi (co-working) stimolando la nascita di nuove imprese soprattutto in ambito giovanile e femminile;
– Valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico locale per il rafforzamento di una rete di turismo culturale ed eco-compatibile.

Il candidato sindaco è il Simone di cui scrivevo qui. C’è un bel vento, a Lodi.